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Fantascienza e spiritualità: vita post-fisica (parte 2)
Di Carla (del 21/07/2014 @ 10:00:00, in Fantascienza e spiritualità, linkato 4381 volte)



Nel precedente post di questa serie (che trovate qui, mentre qui trovate il podcast) ho introdotto l’argomento della vita post-fisica nell’ambito della fantascienza, individuando i tre approcci con i quali viene rappresentata (soft, intermedio e hard) e facendo degli esempi dei primi due.
 
Oggi, invece, voglio presentarvi alcuni esempi del cosiddetto approccio hard, che è tipico del cyberpunk e di tutta quella fantascienza in cui il ruolo della rete (comunque questa venga rappresentata) e della realtà virtuale è predominante.
Il cyberpunk a dire il vero nasce negli anni ’80, cioè prima di internet (che arriva per la prima volta al pubblico nel 1991), ma è proprio l’accesso alla rete e il concetto di realtà virtuale che hanno aggiunto a questo sottogenere della fantascienza la capacità di rappresentare la vita post-fisica. Ciò avviene grazie al presenza nelle storie di una qualche tecnologia in grado di digitalizzare la coscienza di un essere umano, dando l’illusione di renderla eterna, sconfiggendo così la morte.
Al di là del fatto che si stia sconfiggendo o meno la morte, se si accetta il concetto che un software creato come copia di una coscienza organica di fatto sia vivo (e ciò viene dato per scontato in questo tipo di storie), si può a tutti gli effetti parlare di vita post-fisica.
 
Visto il tema attualissimo, esistono numerosi esempi di questo tipo di approccio. Quelli che seguono riguardano alcune mie letture e un film visto di recente, ma ci si potrebbe scrivere un trattato sull’argomento.
 
In realtà ho già parlato di vita post-fisica in alcuni miei post (e podcast) precedenti dedicati al rapporto tra fantascienza e spiritualità.
Nell’ambito della Trilogia del Vuoto di Peter F. Hamilton (trovate qui la serie di post a essa dedicati) abbiamo visto il cosiddetto ANA-Governo, dove ANA sta per Advanced Neural Activity. L’ANA altro non è che un’insieme di coscienze digitalizzate di tutti gli esseri umani che stanchi della vita fisica (la storia è ambientata nel 36esimo secolo dove la vita fisica può essere protratta in maniera pressoché indefinita), decidono di migrare verso la Terra per poi scaricare la propria coscienza digitalizzata nell’ANA, all’interno del quale possono comunicare tra di loro in una realtà virtuale, mentre, grazie alla rete e/o alla possibilità di scaricarsi temporaneamente in cloni o proiezioni solide, possono continuare a interagire col mondo fisico.
 
Nel franchise di Battlestar Galactica (qui trovate il post a esso dedicato), invece, in particolare nello spin-off Caprica, abbiamo visto un tipo diverso di vita post-fisica. Zoe Greystone crea una sua copia virtuale grazie a un programma di sua invenzione che la genera tramite un processo di estrapolazione a partire da tutte le attività in rete dell’originale. Questa copia di Zoe non solo ha tutti i ricordi dell’originale, ma non si sente affatto una copia e, quando Zoe muore, viene considerata come una sua versione post-fisica.
 
Ma vediamo brevemente altri due esempi.
 
Criptosfera di Iain M. Banks è un romanzo cyberpunk in cui in un futuro lontano, dopo aver usato le 8 vite fisiche concesse, le coscienze digitalizzate passano a una vita post-fisica nella criptosfera (una realtà virtuale molto complessa) dove vengono loro concesse altre 8 vite digitali. Con la differenza che le coscienze digitali non invecchiano, ma possono comunque venire uccise in seguito a incidenti o ammazzate.
 
Transcendence è film recente con Johnny Depp in cui, nel tentativo di creare un’intelligenza artificiale forte, si arriva alla conclusione che l’unico modo per avere con certezza una IA che abbia una coscienza sia copiarne una esistente. Will Caster che sta per morire fa l’upload della sua coscienza (tramite un lungo processo spiegato in maniera pseudo-scientifica) creando una copia immortale di sé, che ha con sé tutto il bagaglio di esperienze e sentimenti dell’originale tanto da sentirsi come tale.
 
Un aspetto curioso di (quasi) tutte queste storie che parlano di coscienze virtuale è che si tende a considerare la copia digitale al pari dell’originale, come se la vera coscienza/anima sia passata alla realtà virtuale, in un processo paragonabile a quello dell’approccio soft (ascensione dell’anima). In verità non è affatto così.
L’originale muore e ciò che resta è sola una copia.
Raramente questo aspetto viene affrontato, perché chi interagisce con questa copia ha l’impressione, o preferisce illudersi, di farlo con l’originale. Difatti però la digitalizzazione della coscienza non sconfigge la morte, è solo un’illusione di sconfiggerla, perché l’originale non esiste più. L’originale muore comunque. Chi pensa di diventare immortale digitalizzando la propria coscienza sta solo creando un’altra forma di vita (non organica) con i suoi ricordi e il suo carattere, una sorta di gemello virtuale (che come tutti i gemelli è uguale ma comunque un’altra persona).
 
Chi avrà l’illusione di aver vinto la morte è solo la copia che, avendo i ricordi dell’originale, ha la percezione di essere passato da uno stato fisico a uno post-fisico. Ma niente del genere è avvenuto.
Se ci pensate, dall’idea originale di combattere le proprie paure nei confronti della morte si arriva al fatto che, pur morendo, nessuno ti piangerà, perché per gli altri tu non sarai morto.
Personalmente trovo tutto ciò abbastanza inquietante. Più che vittoria sulla morte questa è semplice negazione della morte. Sarebbe interessante vedere questo aspetto affrontato nella fantascienza. (Magari qualcuno mi sa suggerire qualche libro o film?)
Persino in Caprica, in cui il fatto che la Zoe digitale sia una copia è palese, essendo stata creata dall’originale e avendo convissuto con lei per un certo tempo, quando la vera Zoe muore, gli altri personaggi, pur essendo consapevoli della vera natura di quella virtuale, decidono di ignorare questo fatto.
Alla fine la digitalizzazione della coscienza appare un metodo per evitare di soffrire per la morte altrui piuttosto che evitare di temere per la propria morte.
 
Con queste considerazioni quasi filosofiche chiudo il post.
Nel prossimo, che sarà anche l’ultimo dedicato alla vita post-fisica (lo trovate qui), riporterò altri due esempi di libri decisamente meno conosciuti rispetto a quelli della Trilogia del Vuoto, nei quali però riappare il ritorno dalla vita post-fisica a quella fisica. A partire da questo ultimo aspetto farò alcune considerazioni finali sulle similitudini e differenze fra l’argomento della vita post-fisica e un altro che compare per vie traverse nella fantascienza, cioè la reincarnazione.

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