Qualcuno di voi avrà notato, nella sezione dei lavori in corso qui nel mio blog, che sto lavorando a due libri.
Il 2016 sarà per quanto mi riguarda l’anno dei sequel. Infatti “
Sindrome”, di cui ho terminato la prima stesura il 22 dicembre, è il sequel de “
Il mentore”, ma
anche il secondo libro di una trilogia dedicata al detective Eric Shaw. “
Ophir”, invece, è
il terzo libro del ciclo dell’Aurora, ma di fatto è il sequel cronologico della serie di “
Deserto rosso”.
Quella di pubblicare dei sequel può sembrare una scelta facile, anche perché in questo caso parliamo dei
seguiti dei miei libri di maggior successo: la serie di “
Deserto rosso” che vanta quasi 8000 copie vendute solo in Italia, e circa 2000 nella versione inglese, e “
Il mentore” che complessivamente
grazie all'edizione inglese ha raggiunto più di 160.000 lettori in tutto il mondo. So già di partenza che una volta pubblicati non mancheranno i lettori interessati ad acquistarli, sia in italiano che in inglese, nonostante il calo fisiologico nel passare da un libro all’altro di una serie.
Ma tutte queste cose non hanno nessuna importanza nell’affrontare la scrittura di un sequel. Si potrebbe pensare che avere dei personaggi e delle ambientazioni pronte rendano più facile la creazione di una storia. Il problema è che
rendono altrettanto facili i rischi di essere ripetitivi, poco originali. In più c’è il fatto che non sempre si ha voglia di rimettersi nei panni di certi personaggi. La mente vuole inventarne altri completamente nuovi ed è recalcitrante quando si tratta di calarsi di nuovo in personalità create anni prima.
È difficile riafferrare l’emozione che si era provata nel crearli per poter partire da lì e dare vita a nuovi sviluppi.
Infine c’è la cosiddetta ansia da prestazione.
No, non parlo del fatto che il risultato possa piacere o meno al lettore. Questo è un aspetto che, quando scrivo, non mi interessa affatto. Il problema è che io stessa potrei non essere soddisfatta del risultato. Considerando che scrivo i romanzi che mi piacerebbe leggere, se dovesse non piacermi ciò che ho scritto, avrei fallito, anche se lo stesso libro dovesse piacere a tutti gli altri lettori.
Questi timori sono assolutamente normali, ma l’esperienza (dopo aver scritto dieci libri credo di averne acquisita un po’) mi ricorda che sono sensazioni che vanno e vengono durante la prima stesura di un libro, per poi
sparire nel mettere la parola fine. E, se qualcosa resta, verrà eliminata del tutto durante il processo di editing.
Così è successo per “Sindrome”, di cui ho completato la prima stesura appena una settimana fa dopo un lavoro di poco più di cinquanta giorni (le prime 50 mila parole le ho scritte nell’ambito del NaNoWriMo) che mi ha restituito un manoscritto di oltre 78 mila parole, destinate probabilmente a crescere un pochino durante le prossime revisioni.
Nel mettere la parola fine sono stata felicissima, non solo perché avevo finito, ma soprattutto perché adoravo (e tuttora adoro) il finale del romanzo.
“Sindrome” è un romanzo più cupo de “Il mentore”. Il protagonista, il
detective Eric Shaw, si trova ad affrontare nel breve arco di tempo di una settimana due casi indipendenti ma che in qualche modo lo coinvolgono. Nel contempo vive una situazione personale complessa.
A ventuno mesi dalla terribile scoperta fatta alla fine de “
Il mentore”,
Eric vive con un segreto che lo incatena a un difficile rapporto con la sua “allieva”. Si sente imprigionato, anche se solo psicologicamente, e allo stesso tempo incapace di fuggire. Non solo non riesce a farlo. In realtà lui non vuole farlo.
Tra i suoi vari tentativi di distrarsi dalla propria condizione c’è la relazione con una fiamma del passato, la dottoressa Catherine Foulger, primario di pediatria in un ospedale di Londra. Questa sua scelta finirà per riportare a galla eventi che credeva di aver sepolto nella memoria e per i quali, decenni dopo, sente ancora il rimorso.
E poi ci sono due casi. Nel primo un’infermiera che lavora con la Foulger accusa una madre di essere responsabile dei peggioramenti del proprio figlio. Intanto qualcuno semina cadaveri di spacciatori di droga, torturati e poi uccisi.
Nel giro di pochi giorni Eric dovrà individuare due colpevoli e tentare di riprendere il controllo della propria vita. Ci riuscirà?
Sono molto contenta di come è venuto fuori questo romanzo, almeno in questa prima stesura. Sono riuscita a portare il
filo principale della trama (il rapporto mentore-allieva) nella direzione che volevo in maniera credibile, o almeno spero che sia credibile.
Mi sono ritrovata a sfruttare alcuni spunti che avevo “seminato”, senza saperlo, nel primo libro, un po’ come se i personaggi sapessero già quello che io dovevo ancora inventare. Alcune scene, inoltre, sono per così dire turistiche, con luoghi famosi divenuti teatri di delitti e inseguimenti.
Il finale atipico e aperto (ricordate: questi libri non sono dei gialli, ma dei crime thriller!) apre la porta a ciò che accadrà nell’ultimo libro, il cui titolo provvisorio è “Oltre il limite”. Una rivelazione al protagonista di qualcosa che il lettore intuisce già da due scene prima viene seguita da una sorta di colpo di coda nelle ultimissime battute, che definisce l’inattesa evoluzione del personaggio e lo proietta verso il terzo libro.
Volete un po’ di numeri?
In “Sindrome” ci sono 13 morti ammazzati, un po’ meno di 80 mila parole, 9 capitoli e la storia, eccetto la prima scena, si svolge in 6 giorni.
Per saperne di più dovrete attendere il 21 maggio 2016.
Con “
Ophir” invece torno alla
fantascienza. Ho già scritto la prima stesura della prima parte, mentre le altre due rimanenti conto di scriverle entro aprile. La sua lunghezza sarà simile a quella de “
L’isola di Gaia”.
La storia si divide
tra la Terra e Marte (con alcuni capitoli sulla
Luna) e inizia tre anni dopo la fine di “
Deserto rosso”. Dopo un salto temporale, questa continua dodici anni dopo la serie marziana.
In questo romanzo vedremo
una parte degli eventi accaduti tra “Deserto rosso” e “L’isola di Gaia”. Ritroveremo tutti i principali personaggi del primo e alcuni, molto giovani, del secondo. La voce narrante non è però quella di Anna Persson, che svolge un ruolo di comprimaria, bensì
del personaggio femminile che chiude “Deserto rosso” (chi l’ha letto sa di chi parlo).
Sullo sfondo degli eventi che coinvolgono i protagonisti emerge il tema di questo romanzo:
l’intelligenza artificiale, “incarnata” dal personaggio virtuale di CUSy (Susy per gli
amici) che abbiamo già brevemente incontrato in entrambi i libri precedenti del
ciclo dell’Aurora. Scopriremo come da Marte è poi giunta sulla Terra e intuiremo le sue responsabilità in alcuni eventi narrati ne “
L’isola di Gaia”.
Vi saprò dire di più su questo romanzo, quando terminerò la prima stesura.
In ogni caso, se tutto andrà secondo le previsioni,
“Ophir” uscirà il 30 novembre 2016.