Oggi ho il piacere di ospitare sul mio blog l’autore di fantascienza Michele Amitrani, che in questo articolo ci parla di uno dei temi tecnologici che fa spesso la propria comparsa nei romanzi di questo genere e che forse un giorno potrebbe diventare realtà: l’ascensore spaziale.
Guardate in alto. No. MOLTO più in alto.
Avete di fronte l’oggetto più imponente mai costruito dal genere umano.
Si tratta sostanzialmente di un cavo, un cavo molto lungo, più lungo della circonferenza della Terra, ma anche molto sottile, appena qualche centimetro di spessore, e composto interamente da nanotubi di carbonio.
Ci sono delle vetture che lo percorrono in alto e in basso, e ognuna di queste trasporta su base giornaliera persone e materiali oltre l’orbita terrestre.
I razzi non sono più necessari per raggiungere le stelle, così come non lo sono costosi carburanti. La probabilità di incidenti è quasi azzerata. L’impatto sull’ambiente è nullo. E la buona notizia è che anche tu puoi permetterti di salire a bordo, perché il costo di un biglietto è quello che pagheresti per un viaggio su un aereo.
Ho appena descritto il Santo Graal di ogni scrittore di fantascienza hard che si rispetti, un oggetto teorizzato per la prima volta nel 1895 dal fisico e scienziato russo
Konstantin Ciolkovskij (che nel suo saggio “
Sogni sulla Terra e sul cielo” si ispirò alla Torre Eiffel per ipotizzare un’analoga struttura) e impresso a fuoco nell’immaginario collettivo nel 1979 dallo scrittore
Sir Arthur Clarke nel suo insuperato best-seller “
Le fontane del Paradiso”.
Un’idea presa in prestito dalla fantascienza, dunque, ma vi sorprenderebbe scoprire la semplicità del principio alla base di un ascensore spaziale.
Pensateci. Se io attaccassi l’estremità di un filo su una palla da tennis e l’altra estremità alla mia testa e cominciassi a girare su me stesso, il filo rimarrebbe teso e la palla continuerebbe a seguire il mio movimento rotatorio. La Terra ruota a una velocità molto maggiore di quanto io potrò mai fare.
Se seguissi questo esempio e attaccassi un filo incredibilmente resistente sulla superficie terrestre all’altezza dell’equatore e l’altra estremità a una massa abbastanza grande, come ad esempio un piccolo asteroide oltre l’orbita geostazionaria del pianeta per tenere il filo teso, otterrei niente di meno che un collegamento stabile tra la Terra e lo spazio.
Una volta costruito il cavo che collega le due estremità, posso agganciarvi vetture capaci di viaggiare su e giù, in grado di trasportare cargo in orbita senza l’uso di costosi razzi.
A questo punto molti di voi si staranno facendo la seguente domanda: se l’ascensore spaziale è un’idea così appetibile, perché continuiamo a usare razzi e a spendere milioni di dollari per un lift-off?
Le ragioni sono diverse. Una delle più pressanti è che, sebbene abbiamo a disposizione i mattoni teoricamente in grado di costruire l’ascensore spaziale (sappiamo come creare nanotubi di carbonio), la nostra capacità di metterli assieme è molto, ma MOLTO limitata (non abbiamo idea di come creare un cavo di nanotubi che sia lungo anche solo quanto il nostro braccio. E noi avremmo bisogno di un cavo lungo parecchie migliaia di chilometri per realizzare un ascensore spaziale!).
Per quanto suoni assurdo, comunque, al giorno d’oggi sempre più persone trattano questa idea come un’alternativa capace di abbassare i costi dei viaggi spaziali.
E non prendete quello che dico io per oro colato.
Michio Kaku (
ne parla in questo video), uno dei fisici teorici e futuristi più famosi del pianeta, è uno dei più grandi sostenitori dell’idea dell’ascensore spaziale.
E che cosa dire di
Neil deGrasse Tyson (ne parla in questo video), il famosissimo astrofisico e divulgatore scientifico direttore dell'Hayden Planetarium del Rose Center for Earth and Space di New York che si è visto addirittura protagonista di un documentario che sponsorizza questo titanico mezzo di trasporto?
Ci sono centinaia di esperti pronti a puntare tutto sull’idea dell’ascensore spaziale, e molti di loro hanno un profilo su Wikipedia lungo quanto l’Enciclopedia Britannica.
Per quanto riguarda il sottoscritto, mi ritengo semplicemente una persona che osserva con curiosità i possibili sviluppi dell’idea, anche se riconosco i suoi limiti.
A modo mio, mi sono cimentato in
un esercizio di prognostica che ha cercato di superare quegli stessi limiti, e l’ho fatto scrivendo e pubblicando il romanzo di fantascienza “
Onniologo”, il primo di una serie di quattro libri che cercano di rispondere alla domanda:
“L’umanità riuscirà mai a diventare una civiltà spaziale?”
Per compensare i limiti insiti nell’idea dell’ascensore spaziale ho dovuto forzare alcune componenti, ma soprattutto ho dovuto creare un personaggio alquanto eterodosso, ossessionato dall’idea di rendere l’umanità una civiltà stellare, qualcuno insomma incapace di accettare un ‘no’ come risposta e abbastanza sognatore da credere che l’impossibile sia soltanto una possibilità che non è stata scoperta da nessuno.
Oggigiorno l’idea dell’ascensore spaziale rimane confinata nei libri di fantascienza, su alcune riviste scientifiche di avanguardia e in blog post come quello che state leggendo.
Ma ci sono delle verità innegabili che rendono il concetto incredibilmente affascinante.
Abbiamo la tecnologia. Abbiamo le menti. Mancano la volontà politica e gli investimenti.
Sir Arthur Clarke stesso disse che potremo costruire un ascensore spaziale cinquanta anni dopo che tutti quanti avranno smesso di ridere a un’idea apparentemente così assurda.
Ebbene, diverse persone hanno smesso di ridere da un bel pezzo, e non vedono davvero l’ora di rendere la fantascienza il vostro prossimo viaggio.
E tu? Che cosa pensi dell’idea dell’ascensore spaziale? Destinata a rimanere fantascienza o una possibilità in grado di far progredire l’umanità in una civiltà spaziale?
In occasione dell’uscita del quarto e ultimo volume della serie dell’Onniologo, “Dodekatheon” (di cui è riportata la copertina nella figura sopra), dal 17 al 20 aprile 2017 tutti i libri della serie saranno in offerta su Amazon a 99 centesimi.
MICHELE AMITRANI è un autore indipendente nato e cresciuto a Roma. Dopo aver vissuto in due continenti e viaggiato in diverse dozzine di paesi, oggi vive a Vancouver, nella bellissima Columbia Britannica. Michele pubblica indipendentemente dal 2011.
Da autore indipendente duro e puro, scrive, corregge, traduce, pubblicizza i suoi lavori e pianifica le copertine dei suoi libri comportandosi a tutti gli effetti come una vera e propria casa editrice