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Un finale perfetto
Dopo diversi mesi torno a leggere le storie di Harry Bosch nate dalla penna di Michael Connelly e lo faccio col quinto libro della serie, che è ormai vecchio di vent’anni.
Stavolta Bosch si trova a dover risolvere l’omicidio di un produttore cinematografico che viene trovato morto nel bagagliaio della propria auto. La modalità sembra quella della tipica esecuzione mafiosa, che viene appunto chiamata in gergo “Musica dura”, come il titolo del libro, ma la realtà sarà molto più complessa di ciò che appare ovvio all’inizio delle indagini.
Come sempre, Connelly ci mostra la faccia ambigua delle investigazioni di polizia a Los Angeles e, in questo caso, anche in una Las Vegas che cerca di ripulire la propria immagine dall’influenza negativa dell’ormai passato dominio completo da parte della Mafia sulla città. C’è però ancora un boss che la polizia non vede l’ora di eliminare, Joey Marks, e tra lui e la vittima ci sono dei legami. Ma la soluzione del delitto potrebbe trovarsi altrove.
Qua e là c’è qualche coincidenza di troppo, che permette al protagonista di portare avanti il proprio lavoro e di non lasciarci la pelle.
È stato bello rivedere la Las Vegas di quei tempi nelle pagine di questo romanzo, la stessa che ho avuto modo di vedere con i miei occhi pochi anni prima della sua pubblicazione. Quando Bosch descrive la hall del Mirage con le tigri bianche dietro il vetro blindato e gli squali nell’acquario, mi sono ritrovata lì osservare con meraviglia le medesime cose. Ciò mi ha permesso ancora di più di immedesimarmi nel suo punto di vista e di sperimentare la storia come se fosse reale.
Al di là dell’investigazione, però, ciò che mi è piaciuto di più di questo libro è il ritorno di un personaggio del passato di Bosch che ha un ruolo importante nel suo svolgimento e soprattutto nell’epilogo. Peccato che la personalità e il punto di vista dello stesso Bosch sia preponderante, rendendo questo personaggio meno tridimensionale di come era apparso nell’altro libro in cui si era visto. In generale Bosch dà minimo spazio agli altri personaggi, invade tutta la scena, rendendo tutti gli altri semplicemente degli strumenti asserviti alla trama.
Il finale è assolutamente perfetto, come lui stesso dice, senza la solita amarezza o incertezza che caratterizzava i precedenti. Nel leggerlo mi è venuto da pensare che l’autore avesse intenzione di concludere qui le sue vicende e che solo successivamente abbia deciso di andare avanti, magari su insistenza dell’editore.
Per quanto mi riguarda, se non avessi già il successivo, potrei fermarmi qui ed esserne completamente soddisfatta. Di certo aspetterò ancora diversi mesi prima di proseguire con la lettura.
Consiglio a tutti gli amanti dei crime thriller la lettura di questo libro, ma per apprezzarlo veramente dovete leggere i quattro precedenti, poiché il cuore di questi romanzi è indiscutibilmente il personaggio di Bosch, di cui l’autore ogni volta ci mostra qualche nuovo aspetto facendocene sperimentare l’evoluzione attraverso il suo punto di vista.
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