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Ottima suspense, anche se non mantiene fino alla fine la propria originalità
Questo thriller mi è senza dubbio piaciuto. Ha tutto ciò che serve per essere un buon libro: un tema di base non ancora abusato, un buon colpo di scena verso la fine con un precipitare degli eventi che porta alla risoluzione e un finale aperto azzeccato.
Quello della perdita della memoria durante il sonno profondo, infatti, è un tema non semplicissimo da utilizzare in un romanzo, soprattutto se è tutto narrato dal punto di vista del personaggio che soffre di questo particolare tipo di amnesia. Credo che l’autore sia riuscito bene nell’immedesimarsi nella mente di Christine e nel trasmettere questa immedesimazione al lettore.
È anche evidente che ha fatto delle ricerche.
Alcuni passaggi mi hanno ricordato un documentario che vidi diversi anni fa su un uomo che soffriva di un grave disturbo alla memoria a breve termine: questa si resettava ogni sette secondi, mentre ricordava bene i tempi precedenti all’insorgere della malattia. E così lui viveva in un stato di confusione, con la continua sensazione di essersi appena svegliato dal coma, e il tutto avveniva ogni sette secondi. Un vero inferno, testimoniato dai suoi inutili tentativi di tenere un diario in cui continuava a scrivere, in un crescendo di frustrazione, che si era appena svegliato e che ciò che era scritto nelle pagine precedenti non era opera sua.
Qualcosa del genere compare anche in questo romanzo in relazione alle condizioni di Christine all’inizio della sua infermità (forse l’autore ha visto lo stesso documentario?), poi evolute in una forma di amnesia più “maneggevole”, che quindi permette di crearci intorno una storia dal punto di vista della persona che ne è colpita.
Anche in questo caso c’è un diario, che poi di fatto costituisce la maggior parte del testo del libro.
L’idea di usare un diario è azzeccata, sebbene ci costringa a sospendere di tanto in tanto la nostra incredulità per accettare il fatto che la protagonista faccia in tempo ogni volta a leggerlo tutto, vista la sua lunghezza (o anche che nel leggere solo alcune parti becchi sempre quelle che poi le torneranno utili in quel preciso giorno), ma d’altronde la finzione ci ha abituato a ben altri artifici.
Il colpo di scena verso la fine era ovviamente atteso, perché era chiaro che nel mare di insicurezza in cui l’autore ci aveva fatto navigare per tante pagine doveva celarsi una qualche verità che non era stata ben sviluppata (di proposito). Piuttosto, il modo in cui viene evitato il più possibile un certo argomento mi ha subito portato a sospettare che la soluzione si trovasse lì. Io rispetto alla protagonista, infatti, sapevo di leggere un thriller e che quindi doveva esserci un cattivo. E in un contesto del genere era ovvio che il cattivo fosse una certa persona, ma il modo in cui tale persona era collocata nella storia difficilmente poteva essere desunto dagli elementi messi a disposizione del lettore. Ed è per questo che per me è stato nonostante tutto un colpo di scena.
C’è però una critica che mi sento di muovere a questo proposito. Non mi è chiara fino in fondo la figura del cattivo. Il modo in cui non è stato adeguatamente sviluppato, proprio per evitare di portare lì i dubbi del lettore, lo rende l’ennesimo cliché. Forse questa storia sarebbe stata davvero originale se non fosse stato lui il cattivo.
Ed è questo l’unico elemento che stona in un libro decisamente godibile, alle cui pagine tornavo ogni sera con curiosità.
Forse anche la risoluzione della storia è un tantino affrettata, e un po’ fortunosa per la protagonista, ma nonostante questi difetti ho deciso comunque di dare a questo romanzo cinque stelle, merito soprattutto del finale aperto, che è molto più onesto e, soprattutto, realistico di qualsiasi lieto fine.
Da questo libro è stato tratto il film omonimo con Nicole Kidman, Colin Firth e Mark Strong.
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