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Fantascienza e spiritualità: la Trilogia del Vuoto di Peter F. Hamilton [parte 3]
Di Carla (del 22/01/2014 @ 10:13:39, in Fantascienza e spiritualità, linkato 4792 volte)

Ed eccoci arrivati al post conclusivo della serie di articoli dedicata alla Trilogia del Vuoto dell’autore britannico Peter F. Hamilton e anticipata dal mio intervento a FantascientifiCast dello scorso novembre.
Nel primo post vi ho illustrato brevemente i libri che costituiscono la trilogia, sia nell’edizione inglese che in quella italiana, e vi ho raccontato l’antefatto della trama. Nel secondo, invece, mi sono soffermata sugli aspetti religiosi e spirituali presenti all’interno della storia, analizzandone alcuni e mettendo in evidenza come l’autore ami partire da queste tematiche per poi riportare tutto in termini materiali.
In questo ultimo post vorrei, infine, esprimere un mio commento su questo autore.
 
Peter F. Hamilton è senza dubbio uno dei miei autori preferiti. Lo è diventato proprio leggendo la Trilogia del Vuoto. Lo è, prima di tutto, perché scrive delle storie complesse con diversi piani di lettura. Questo che riguarda la spiritualità è solo uno di essi, che può essere tranquillamente ignorato dal lettore che non è interessato a questo tipo di tematiche, poiché la bravura di questo autore, a mio parere, è data dalla capacità di misurare i vari elementi che costituiscono i suoi libri, senza che alcuno di essi risulti troppo invadente. E così i romanzi di Hamilton sono in grado di soddisfare l’appassionato di fantascienza che predilige per esempio l’azione, oppure l’aspetto socio-politico, anch’esso tipico della space opera, o ancora quello relativo all’uso della realtà virtuale, l’approfondimento dei personaggi, che sono sempre molto ben caratterizzati anche dal punto di vista emotivo, e così via.
 
A dire la verità, alcuni lo considerano un po’ prolisso, d’altronde stiamo parlando di un autore che difficilmente scrive romanzi sotto le 600 pagine (a caratteri minuscoli). La lunghezza delle sue storie non riguarda solo la complessità della trama, che già di per sé basterebbe, ma anche il modo dilatato in cui narra certe scene, soffermandosi spesso su lunghi dialoghi o dettagli dell’azione, dando l’impressione di un certo rallentamento del tempo durante il loro svolgimento.
Facendo un esempio banale, in una scena in cui un personaggio apre una porta e spara, Hamilton è capace di raccontare il fiume di pensieri che passano per la mente dell’interessato in quella frazione di secondo, ma anche il processo mentale, fisico e tecnologico dell’atto compiuto. Questa sua caratteristica ha il pregio di permettergli di mostrarci per davvero la scena, facendoci quasi sentire parte del libro, soprattutto laddove ciò che ci sta raccontando va molto al di là dell’immaginario comune.
 
Numerosi passaggi della Trilogia del Vuoto si svolgono nella mente dei esseri umani potenziati che nell’arco di un istante vedono icone, attivano processi virtuali, richiamano applicazioni, comunicano tramite l’Unisfera e così via. Si tratta di atti che non possono essere trasferiti in immagini, per esempio ne è impossibile una trasposizione cinematografica, ma tramite le sue parole, l’autore rallenta l’azione riuscendo a farci comprendere tutti questi dettagli, che in breve tempo la nostra immaginazione riesce a gestire con facilità, senza per questo influenzare negativamente la sospensione dell’incredulità.
 
Mi sono trovata più volte a leggere queste scene lunghissime, divertendomi nel farlo e allo stesso tempo soffrendo per la curiosità di sapere cosa sarebbe successo dopo, un dopo che tardava ad arrivare. E andava a finire che leggevo decine e decine di pagine senza neanche rendermene conto. E così i suoi libri con capitoli di 100 pagine in media e questa stessa trilogia che supera abbondantemente quota 2500 si leggono in tempi più brevi di quanto si possa pensare.
 
Al di là di questo, ciò che mi piace di lui è la capacità di immaginare scenari inediti, mescolare elementi noti della letteratura fantascientifica con idee originalissime, e di mettere davvero tanta roba nei suoi libri, capace di aprirti la mente e ispirare anche chi la fantascienza, come me, la scrive. E Hamilton mi è stato di grande ispirazione nei romanzi scritti finora, compresi quelli non pubblicati, persino di generi diversi dalla fantascienza. Oltre ad alcuni spunti da cui ammetto di aver attinto (in fondo lo scrivere è sempre un po’ caratterizzato dal copiare, talvolta non intenzionalmente, le idee altrui ed rielaborarle), la lettura dei suoi libri mi ha insegnato a non avere fretta nel portare a termine le scene, a fermarmi ad analizzarne i dettagli, emotivi, sensoriali, o relativi al ragionamento, per poter mostrare meglio l’azione al lettore, nella speranza di coinvolgerlo il più possibile. Facendo così mi sono ritrovata io stessa a sentirmi più coinvolta nelle scene che scrivevo e, credo, ad avere una vaga idea di quanto lo stesso Hamilton possa divertirsi a concepire e realizzare delle narrazioni così complesse.
 
C’è poi da dire che questo autore non si tira mai indietro quando deve inserire aspetti controversi nelle sue storie, di certo adatti soltanto a un pubblico adulto. Nei romanzi di Hamilton non manca mai il sesso, raccontato nelle situazioni più variegate, e dei concetti di famiglia decisamente alternativi (poligamia, rapporti sentimentali e sessuali con entità virtuali, con più persone di vari generi, con personaggi la cui coscienza è condivisa da più corpi, reali o virtuali, ecc…), ma il tutto viene trattato in maniera naturale, senza alcun senso di proibito, e rappresenta solo un altro dei piani di lettura cui facevo riferimento prima, che il lettore può decidere o meno di trascurare.
 
Per me Hamilton è stato, in un certo senso, una rivelazione e ha contribuito non poco nell’accrescere il mio amore per la narrativa di fantascienza, sia come lettrice che come scrittrice. Una cosa che dico sempre è che se leggi Hamilton e ne esci vivo, cioè riesci ad apprezzarlo nonostante la sua complessità e l’eccessiva lunghezza delle sue opere, dopo puoi leggere davvero di tutto. E ne sono tuttora convinta.
Se non avete mai provato a leggere un suo libro, non posso che consigliarvi di farlo, magari proprio con la Trilogia del Vuoto. Dopo sarà tutto in discesa!