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 Malta... di Carla
 

"Tu ami essere un astronauta, fa parte della tua essenza." Deserto rosso - Ritorno a casa

 

NAVE STELLARE AURORA
Il viaggio di ritorno sta per iniziare. L’intento sarà compiuto.

La parte finale del ciclo dell’Aurora è su Amazon, Google Play, Apple, Kobo, Mondadori Store, laFeltrinelli e Smashwords.

Scopri gli altri libri del ciclo, DESERTO ROSSO, L’ISOLA DI GAIA, OPHIR. CODICE VIVENTE e SIRIUS. IN CADUTA LIBERA, su: www.desertorosso.net


SELF-PUBLISHING LAB. IL MESTIERE DELL'AUTOEDITORE
E se diventassi tu l'editore del tuo libro?

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LA TRILOGIA DEL DETECTIVE ERIC SHAW
Cosa faresti se una persona che ami fosse un serial killer?

www.anakina.net/detectiveshaw

PER CASO - Conosci il tuo nemico.
www.anakina.net/percaso

AFFINITÀ D’INTENTI - 24 ore. 2 persone. 1 obiettivo.
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Di Carla (del 31/12/2024 @ 15:30:00, in Propositi, linkato 246 volte)
Quest’anno il tradizionale articolo sui nuovi propositi sarà forse meno interessante del solito. Infatti, diverse cose che intendevo fare le ho portate a termine solo a metà o quasi, mentre di altre mi sono un po’ dimenticata strada facendo. Ciononostante vivo questa fine dell’anno in maniera più serena della precedente. Mi sento in generale più soddisfatta di ciò che ho fatto negli ultimi dodici mesi, anche se non so esattamente perché.
 
Sospetto che la recente vacanza a Malaga (a novembre), i risultati positivi del tennis italiano durante quest’anno (queste due cose sono correlate, come potete leggere in uno dei miei ultimi articoli) e il fatto che in questo ultimo mese stia facendo attività fisica in maniera costante siano tra le principali cause di tale senso di appagamento.
In generale, al di là di quelli che sono i risultati, ciò che mi soddisfa maggiormente è riuscire a fare sempre ciò che mi ripropongo, cancellare con una linea rossa ogni giorno tutte le voci relative alle cose da fare sulla mia agenda. E da un po’ di tempo a questa parte ci sto riuscendo.
 
Ma ammetto che, appena mi sono messa a rileggere l’articolo dell’anno scorso, mi sono quasi sentita in colpa: in questo 2024 ho realizzato molto meno rispetto al 2023 (in cui avevo pubblicato e promosso due libri in inglese) in ambito editoriale e non ho portato a termine i pochissimi propositi che avevo elencato.
Eppure, ripensandoci, mi dico: che importa?
 
Alla fine cosa ho fatto nel 2024?
 
In ambito editoriale, ho finalmente completato e messo online la nuova versione del mio sito: www.anakina.net.
Ci ho lavorato per tanti mesi e mi piace molto come è venuto (qui trovate l’articolo in cui lo presento), sia perché è molto più fruibile su tutti i dispositivi sia perché, grazie al modo un po’ più logico in cui l’ho strutturato, mi è più semplice adesso tenerlo aggiornato ed eventualmente espanderlo con altre sezioni, se ce ne fosse la necessità.
 
Sono inoltre riuscita a realizzare la nuova versione del minisito di “Deserto rosso e il Ciclo dell’Aurora”: www.desertorosso.net.
Sono particolarmente orgogliosa del risultato, sia dal punto di vista estetico che della fruibilità. Anche di questo ho pubblicato una presentazione accurata in un articolo.
 
Invece, non ho ancora messo mano alla versione inglese del mio sito. So che sarà abbastanza semplice, poiché posso partire da quello italiano e adattarlo, senza doverlo strutturare da zero, ma finora non l’ho fatto, un po’ per poca voglia, un po’ perché non credo abbia senso dedicarci del tempo, finché non avrò terminato la revisione di tutti i libri in inglese.
 
E qui arriviamo a un’altra cosa che ho fatto: ho completato la revisione del terzo libro di Red Desert, vale a dire “Invisible Enemy”, che è online con una nuova versione. Quindi mi sono messa al lavoro sulla quarta, “Back Home”, ma ahimè non l’ho ancora terminata. Sto andando lentissima, dedicandoci un’ora circa alla settimana, quando va bene. Sono comunque arrivata al penultimo capitolo. Insomma, inizio a vedere la luce alla fine del tunnel.
 
Sempre per quanto riguarda la scrittura, avrete notato che sono diventata più attiva qui nel blog, soprattutto negli ultimi mesi. Mi sono riproposta di sfruttare ciò che scrivo (o che ho scritto in passato) sulla pagina Facebook per realizzare nuovi articoli in cui parlo delle cose che mi piacciono, dai libri (sebbene quest’anno abbia registrato forse il mio peggior record negativo in quanto a libri letti) alle serie TV, dai film alla musica, ovviamente passando per il tennis.
Dai miei post su Facebook nascono quindi degli articoli che finiscono qui sul blog e che poi, dopo averli tradotti, ripropongo in inglese su Medium, successivamente su Substack (dove gestisco una delle mie mailing list in inglese) e infine sul mio blog in inglese. E tutto viene ricondiviso sugli altri social network.
 
Inoltre, ho aggiunto altri due articoli al blog di Self-publishing lab [https://medium.com/self-publishing-lab]. Ne vorrei scriverne degli altri, ma fatico a trovare qualche tema interessante e originale, cioè non qualcosa di cui parlano già tutti, da approfondire.
 
Ho anche scritto una breve serie di articoli in inglese su una pubblicazione disponibile su Medium, che si chiama Babel, relativi al mio lavoro di traduttrice professionista, in cui racconto come lo sono diventata (Why I Am a Translator) e come si svolge (What is Translation? e Use of Translation Software).
Se volete leggerli, li trovate qui, qui e qui, se siete utenti a pagamento di Medium, oppure qui, qui e qui, se non lo siete.
 
 
E, a proposito del mio lavoro come traduttrice freelance, ho aggiornato anche il sito web della mia ditta individuale, Anakina Web: www.anakina.net/translations.
Come vedete, è sempre un sotto-sito del mio dominio principale.
Era un’altra cosa che dovevo fare e sono riuscita a portarla a termine.
 
Tra l’altro, quest’anno ho avuto un bel po’ più di lavoro rispetto al precedente. Sospetto che anche questo rientri tra i motivi della mia soddisfazione a fine anno e allo stesso tempo del perché ho combinato meno a livello editoriale.
D’altronde, i giorni durano 24 ore per tutti e comunque non è poi così male quando a un buon numero di quelle ore corrisponde un ritorno economico certo, non vi pare? Soprattutto quando esiste una stretta correlazione la quantità di lavoro svolto (nello specifico, il numero di parole che traduco) e tale ritorno economico. Diciamo che le si affronta con tutt’altro piglio!
 
E, rimanendo sul discorso linguistico, durante l’anno ho continuato in maniera costante a rispolverare il mio tedesco, aggiungendo al ripasso di un vecchio corso della De Agostini e alla lettura di due libri anche un corso di approfondimento di Assimil. Cerco di dedicargli almeno una mezz’ora al giorno e, col passare del tempo, la comprensione sta migliorando sempre di più, come pure si sta facendo più concreta la speranza di riportarlo al livello di circa vent’anni fa.
 
Sul piano personale sono diverse le cose di cui mi sento soddisfatta.
Sto facendo attività fisica in maniera più costante. In questo mese di dicembre, in cui da qualche anno a questa parte mi ritrovo ad avere più tempo del solito, sono riuscita nell’intento di fare 20 sessioni da un’ora. So già che a gennaio dovrò ridurre questo numero probabilmente a metà, ma va bene così.
 
 
Quest’anno sono riuscita a fare tre piccole vacanze. Ad aprile io e il mio compagno siamo stati qualche giorno a Napoli, mentre a maggio abbiamo visitato Norimberga. Infine, a novembre, come già detto, siamo andati a Malaga. Avevamo già visitato la città durante un crociera di 15 anni fa, ma stavolta eravamo lì anche per altro, cioè la finale della Billie Jean King Cup (ho fatto l’azzardo di acquistare i biglietti sperando che le ragazze arrivassero in finale e mi è andata bene!) e i quarti di finale della Davis Cup, Italia-Argentina.
 
E, sempre parlando di tennis, oltre a questa esperienza in Spagna, abbiamo replicato quella del Challenger 175 di Cagliari, il Sardegna Open.
 
Bene!
Adesso che ho dato di nuovo un’occhiata ai miei pochi propositi condivisi un anno fa, mi rendo conto che ho portato a termine in parte il primo, cioè ho aggiornato i miei siti in italiano. Purtroppo non ho fatto lo stesso per quelli in inglese, a eccezione dei minisiti dedicati ai singoli libri o alle serie, ma tutto sommato non posso lamentarmi, perché gran parte del lavoro è fatto.
Il secondo proposito, quello di fare attività fisica e rispolverare il tedesco, lo sto portando avanti con costanza.
Riguardo al terzo, vale a dire trovarmi nella situazione di aver concluso tutte le faccende in sospeso e di potermi chiedere cosa avrei fatto dopo, be’, non ci siamo ancora per niente!
 
Se vado a rivedere la mia famosa lista della cose da fare, di cui vi avevo fatto cenno lo scorso anno, noto che le voci eliminate sono passate da 18 a 22. Non è un grande progresso, ma è sempre meglio di niente.
 
 
Invece, quali sono i miei propositi per il 2025?
A parte continuare ad allenare il fisico e la mente (con il tedesco e altre lingue straniere, ma possibilmente anche con altro), eccoli qui:
1.       Finire la revisione di “Red Desert – Back Home”. Ormai manca poco.
2.       Aggiornare la versione inglese del mio sito con il nuovo design.
3.       Aggiornare “Self-publishing lab. Il mestiere dell’autoeditore” con le ultime novità del mercato dell’autoeditoria. L’aggiornamento precedente risale a maggio 2023, quindi è il caso che ci rimetta mano. Si tratta di un lavoretto non molto impegnativo, poiché ho già una lista delle modifiche da fare. Devo solo dedicarci un po’ di tempo.
4.       Passare a un’altra grossa voce di quella famosa lista. Se completerò i punti 1 e 2, sarò infatti costretta a farlo. Ho già una chiara idea di quale sarà, ma preferisco non anticipare nulla.
 
Inoltre, l’anno prossimo dovrei scrivere qualcosa di nuovo o, in alternativa, tradurre in inglese qualcun altro dei miei libri (probabilmente “Per caso”).
La scelta dipenderà da un evento esterno totalmente estraneo alla mia attività editoriale. È un po’ un modo per non dover prendere tale decisione.
Scrivere però non vuol dire pubblicare. Non mi voglio mettere questo tipo di pressione. Se scriverò, sarà un modo per vedere se ho ancora piacere di cimentarmi in qualcosa di più lungo di una serie di articoli, qualunque cosa ne esca fuori. Mi servirà per capire dove indirizzare i miei sforzi futuri e dove non farlo.
 
C’è poi un’altra serie di cose cui vorrei dedicarmi nel 2025, anche se non sono veri e propri propositi.
Come sapete, sono una biologa, ma non esercito più la professione da tanti anni. Il mio interesse per la biologia non è mai scomparso e qua e là ha fatto capolino nei miei libri, sia nei thriller (scienze forensi) che soprattutto nei romanzi di fantascienza.
Mentre scrivevo questi ultimi, mi sono ritrovata ad approfondire l’astrobiologia (cioè quella branca della biologia che studia la comparsa della vita e le possibilità di vita al di fuori della Terra), anche perché uno dei personaggi principali dei miei libri, Anna Persson, è appunto un’astrobiologa/esobiologa (i due termini sono sostanzialmente sinonimi).
Nel 2014 ho anche seguito un MOOC sull’argomento, tenuto dal prof. Charles Cockell del Centro di Astrobiologia del Regno Unito (con sede a Edimburgo). Visto che per Natale ho ricevuto in regalo tra le varie cose due libri di astrobiologia, tra cui quello di Cockell basato sul suo corso universitario, voglio cogliere l’occasione per approfondire la materia in maniera un po’ più articolata.
 
Un’altra cosa che vorrei fare è ascoltare più musica.
Sono sempre stata appassionata di musica. Per un periodo della mia vita, negli anni zero, mi sono anche dedicata al canto. Da qualche anno a questa parte, però, mi limito a metterla in sottofondo mentre faccio altro. La sento, ma non la ascolto. Vorrei riprendere un po’ l’abitudine di ritagliarmi di tanto in tanto del tempo per ascoltare un album dall’inizio alla fine.
 
Infine, voglio prendermi cura non solo della mia salute fisica, ma anche di quella mentale. Non ho più la pazienza né il desiderio di riporre tutte le mie energie in un solo progetto. Ho bisogno di diversificare.
 
Mi sono fatta un nuovo programma su come utilizzare al meglio le giornate lavorative senza stressarmi.
Essere una lavoratrice autonoma significa dover trovare nuovi modi per mantenere una certa disciplina ed è difficile riuscirci quando ci si sente sotto pressione. Il fatto che io mi trovi in questa situazione da ormai vent’anni, in realtà, non rende tutto ciò per niente più semplice, poiché la mente oppone resistenza al protrarsi infinito di determinate routine. Poco importa se all’inizio sembrano funzionare: a un certo punto qualcosa si spezza e bisogna escogitare nuovi metodi per ingannarla ed evitare lo stallo.
Il mio obiettivo è quello di provare a eliminare o almeno mitigare il senso di ansia con cui mi sveglio ogni giorno al pensiero della lista di cose da fare (indipendentemente dal loro numero), che alla fine condiziona la mia produttività e non mi fa vivere con tranquillità la giornata, anche quando ciò dipende solo da impegni su cui ho il controllo.
 
 
Mantenere questa serenità e ridurre al minimo le cause di ansia autoinflitta è essenziale, affinché io sia pronta ad accogliere qualsiasi opportunità interessante mi si dovesse presentare.
 
Non so se scriverò un altro di questi articoli alla fine del 2025, per questo motivo nel titolo ho indicato che si tratta dell’ultima volta. È uno di quegli impegni superflui che mi ritrovo negli ultimi giorni dell’anno, quando ho tante altre cose da fare. Insomma, è un’altra di quelle cause di ansia che non è per niente necessaria. Ma di certo continuerò a raccontarvi in queste pagine ciò che faccio durante tutto l’anno.
Se avete voglia di restare aggiornati, iscrivetevi alle notifiche push del blog!
 
Concludo ringraziandovi ancora una volta di cuore per il vostro sostegno. Spero che il 2025 vi dia tutto quello che desideriate.
 
Come al solito, mi farebbe piacere leggere il vostro bilancio del 2024 e i vostri propositi per questo nuovo anno. Se vi va, lasciate un commento qui o nei vari social network.
 
Buona fine e buon inizio!
 
Le foto sono tutte © Rita Carla Francesca Monticelli, in ordine: 1) io a Norimberga; 2) io al mare nella spiaggia di Fiumesanto (Sassari); 3) Matteo Berrettini e Jannik Sinner durante i quarti di Davis Cup a Malaga; 4) io durante lo stesso evento nel palazzetto; 5) io a Natale.
 
Di Carla (del 23/12/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 126 volte)
Oggi vi segnalo la miniserie (8 puntate) “Un gentiluomo a Mosca” disponibile su Paramount+ e tratta dall’omonimo romanzo storico di Amor Towles.
 
Tutti i personaggi della serie nella hall dell'Hotel Metropol di Mosca
 
Ho visto questa serie in un lasso di tempo abbastanza lungo (una puntata alla settimana o anche meno) e mi sono resa conto che un ritmo del genere era particolarmente adatto alla storia, che si svolge in un periodo di 30 anni.
 
Il protagonista, il conte Alexander Rostov, dopo la rivoluzione russa viene messo agli arresti domiciliari presso l’Hotel Metropol di Mosca. Costretto ad abbandonare la sua suite e (quasi) tutti i suoi oggetti personali, verrà trasferito in una soffitta piccola, buia e fredda, ma potrà utilizzare tutti i servizi dell’albergo.
 
Ewan McGregor è perfetto nel ruolo del nobile che ha perso di colpo tutti i suoi privilegi, ma che prova a adattarsi e, anche grazie al rapporto con i personaggi che lavorano o soggiornano spesso l’hotel, a plasmare l’ambiente che lo circonda per costruirsi una vita soddisfacente, a tratti pure felice.
Là fuori la Russia affronta un difficile periodo di cambiamenti e un’evoluzione dagli esiti incerti, la cui eco raggiunge in parte l’universo dorato del Metropol, dove Alexander deve destreggiarsi tra le minacce di un agente della Cheka (polizia segreta sovietica) di porre fine alla sua prigionia con la morte, l’interesse più o meno romantico per l’attrice Anna Urbanova, quello nei suoi confronti della piccola Nina Kulikova, figlia di uno dei dipendenti, che diventerà per lui una sorta di figlioccia, e i morsi della tristezza, che a un certo punto lo portano molto vicino ad assecondare il desiderio di farla finita.
 
 
Questa serie offre un punto di vista originale sugli eventi storici della Russia tra il 1917 e il 1947 e, mescolando dramma e ironia, si lascia guardare con piacere e con un discreto coinvolgimento.
Ho trovato particolarmente azzeccato il finale quasi aperto (anche se, purtroppo, sappiamo bene che non è così), che ti fa sorridere ma con una lacrimuccia sempre lì in agguato.
 
Però c’è qualcosa che di tanto in tanto riesce a rompere la magia, vale a dire la scelta di fare un casting colour-blind, cioè senza tenere conto dell’etnia degli interpreti.
È una cosa che comprendo e ha un suo senso in ambito teatrale, in cui lo sforzo immaginativo dello spettatore è da sempre parte stessa dell’esperienza, ma in una serie televisiva storica, che in moltissimi aspetti riproduce in maniera fedele la Russia di quel periodo, ritrovarsi con circa un quarto o più dei personaggi di colore (tra cui un bolscevico con i dreadlock!) è abbastanza straniante.
Non metto in dubbio che gli attori scelti siano bravissimi. Lo sono senza dubbio, spesso però i personaggi che interpretano sono talmente poco sviluppati da rendere qualsiasi bravura del tutto irrilevante, facendo quindi sorgere il “dubbio” che si tratti di una scelta puramente retorica.
Ma il vero problema è che, anche se il casting è “cieco”, lo spettatore non lo è per niente. L’aspetto di questi personaggi è di fatto una distrazione che riporta quest’ultimo costantemente alla realtà, infrangendo il coinvolgimento di cui parlavo prima.
E questo non va per niente bene.
 
Di Carla (del 18/12/2024 @ 09:30:00, in Tennis, linkato 212 volte)
Questo 2024 è stato davvero un anno indimenticabile per il tennis italiano. Da appassionata, sono ancora incredula di fronte ai risultati ottenuti dai nostri giocatori.
 
Jannik Sinner alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Già il 2023 era finito davvero alla grande, con l’exploit di Jannik Sinner nell’ultima parte della stagione, culminato con la conquista della Coppa Davis per l’Italia, che, sebbene si tratti di una competizione per squadre, è stata raggiunta per gran parte per merito suo.
Sapevo che per il 2024 c’erano i presupposti di un’ottima stagione per lui, ma non immaginavo minimamente che sarebbe diventato in maniera così schiacciante il giocatore più forte del mondo, vincendo due Slam, tre ATP Masters 1000, due ATP 500 e le ATP Finals (cui si aggiunge la vittoria al 6 Kings Slam, che pur essendo un’esibizione l’ha visto dominare, in sequenza, Medvedev, Djokovic e Alcaraz), terminando l’anno nella prima posizione del ranking con un margine di distanza dal secondo in classifica tale da dargli la certezza di trovarsi ancora lassù almeno fino a febbraio, indipendentemente da come andrà l’inizio del 2025.
 
Jannik Sinner alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
E poi c’è stata la ciliegina sulla torta: un’altra Coppa Davis, stavolta vinta insieme a Matteo Berrettini, che nonostante i numerosi infortuni degli scorsi anni e anche di questo che sta per finire, è riuscito a concluderlo da protagonista, dopo aver conquistato anche tre titoli stagionali.
 
La nazionale italiana maschile di tennis (Filippo Volandri, Jannik Sinner, Lorenzo Musetti, Matteo Berrettini, Andrea Vavassori e Simone Bolelli) alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Insomma, più ci penso e più mi devo dare dei pizzicotti per rendermi conto che, sì, è tutto vero.
Ancora una volta non posso che confermare ciò che mi sono detta a giugno, quando Jannik ha raggiunto per la prima volta la posizione n. 1 del ranking: i sogni si avverano.
E questo a volte succede se si lavora seriamente per raggiungerli. Non basta desiderarlo, né basta crederci. È necessario impegnarsi, prendendosi tutto il tempo necessario per cercare di migliorare: i risultati non sono altro che la conseguenza di questo incessante lavoro.
A noi possono sembrare quasi incredibili, se paragonati a un passato molto recente, ma chi li raggiunge, in questo caso Jannik Sinner, sa esattamente cosa ha dovuto fare per riuscirci e come ci è riuscito.
 
Jannik Sinner e Matteo Berrettini alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Di recente, in un’intervista, gli è stato chiesto di definirsi con un’unica parola e, dopo averci pensato per qualche breve istante, ha detto: determinato.
Credo che lo descriva davvero in maniera perfetta.
Lui aveva un sogno e con determinazione ha cercato e trovato il modo migliore di perseguirlo, finché non l’ha trasformato in realtà. Non è stata magia, né fortuna, ma solo il risultato del suo lavoro.
 
Jannik Sinner alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Non so voi, ma io trovo tutto questo, oltre che fonte di grande ispirazione, anche assolutamente rassicurante.
 
E lo rende ancora di più il fatto che il successo di Jannik Sinner non è affatto un caso isolato.
 
Jasmine Paolini alla Billie Jean King Cup 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
C’è quello di Jasmine Paolini, che, a 28 anni, ha avuto una stagione ricca di soddisfazioni. Non qualche fiammata improvvisa, ma una serie di risultati importanti per tutto il corso dell’anno: un WTA 1000 e due finali Slam in singolare, oltre che tanti ottimi piazzamenti nella maggior parte dei tornei cui ha partecipato, due WTA 1000, un WTA 500, una finale Slam e una medaglia d’oro alle Olimpiadi in doppio insieme a Sara Errani, la partecipazione alle WTA Finals sia in singolare che in doppio e, anche in questo caso ciliegina sulla torta, la vittoria con la nazionale della Billie Jean King Cup, giocando sia in singolare che in doppio (grazie anche all’importantissimo contributo di Lucia Bronzetti come seconda singolarista in semifinale e in finale), che l’anno scorso aveva solo sfiorato.
A tutto ciò si aggiunge l’aver terminato l’anno da n. 4 del mondo, cosa mai riuscita a nessun’altra tennista italiana.
 
Jasmine Paolini alla Billie Jean King Cup 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Ho già citato i successi in doppio di Jasmine con Sara Errani, ma quest’ultima nel 2024 ha vinto un altro Slam (oltre ai cinque conquistati con Roberta Vinci in passato), questa volta in doppio misto con Andrea Vavassori.
 
E poi lo stesso Vavassori insieme a Simone Bolelli ha raggiunto quest’anno due finali Slam, vinto due ATP 500 e un ATP 250, partecipato alle ATP Finals, vinto la Coppa Davis con la nazionale e tuttora si trova nella top 10 del doppio.
 
Elisabetta Cocciaretto, Jasmine Paolini, Tathiana Garbin e Sara Errani alla Billie Jean King Cup 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Infine, abbiamo i già citati tre titoli di Berrettini (che raggiunge quota dieci in carriera), cui si aggiungono il primo in assoluto di Luciano Darderi e il quarto di Lorenzo Sonego (che ora può vantarsi di aver vinto un titolo su tutte le superfici e in tutte le condizioni).
 
Matteo Berrettini alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
In pratica, quest’anno, quasi ogni settimana avevamo uno o più tennisti italiani in finale e in molti casi vincitori di titoli. Una roba esagerata!
 
Che dire, se non che è un gran momento per essere un appassionato di tennis in Italia?
 
La nazionale italiana femminile di tennis (Lucia Bronzetti, Sara Errani, Tathiana Garbin, Elisabetta Cocciaretto, Jasmine Paolini e Martina Trevisan) alla Billie Jean King Cup 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Io non posso che esserne felice.
E, proprio adesso che quest’anno sta per finire, voglio solo fermarmi un attimo per godermi questo momento e tutta la serenità che trasmette alla mia vita.
Non so cosa succederà nella prossima stagione, ma di certo nulla e nessuno potrà togliermi la soddisfazione che ho provato durante il 2024.
 
Lucia Bronzetti alla Billie Jean King Cup 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli) 
 
Le foto di questo articolo non le ho prese dalla rete. Le ho scattate io.
Ho avuto la fortuna di vedere di persona le ragazze trionfare a Malaga, alla Billie Jean King Cup, il 20 novembre scorso e i ragazzi vincere i quarti di finale (il 21 novembre) di quella Coppa Davis che avrebbero poi conquistato qualche giorno dopo.
In questi anni sono riuscita a veder giocare dal vivo molti giocatori italiani (qualcuno, come Sonego, in più occasioni), ma stavolta ho potuto aggiungere a questa mia personale “raccolta” Lucia Bronzetti, Jasmine Paolini, Matteo Berrettini (che mi era “sfuggito” in passato) e soprattutto il mio tennista preferito già da alcuni anni (ben prima che diventasse il preferito di mezzo mondo!): Jannik Sinner.
 
Jannik Sinner alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
L’ho visto giocare e vincere letteralmente a pochi passi da me sia in singolare che in doppio.
Ho potuto osservare dal vivo la sua grande concentrazione, la sua forza, velocità e precisione, il modo con cui si isola dalle migliaia di persone che lo circondano e affronta ogni punto. Ho percepito proprio quella determinazione di cui lui stesso ha poi parlato e mi sono lasciata ispirare da essa, constatando direttamente con tutti i miei sensi che, in realtà, non c’è niente di incredibile, miracoloso o magico.
È tutto semplicemente vero.
 
E questa è un’altra soddisfazione che nessuno potrà togliermi.
 
Jannik Sinner e Matteo Berrettini alla Coppa Davis 2024 (foto © Rita Carla Francesca Monticelli)
 
Tutte le foto sono © 2024 Rita Carla Francesca e sono state scattate il 20 e il 21 novembre 2024 a Malaga.
Dall’alto: 1) Jannik Sinner; 2) Jannik Sinner; 3) la nazionale italiana maschile di tennis durante l'inno italiano; 4) Matteo Berrettini e Jannik Sinner; 5) Jannik Sinner; 6) Jasmine Paolini; 7) Jasmine Paolini; 8) Elisabetta Cocciaretto, Jasmine Paolini, Tathiana Garbin e Sara Errani; 9) Matteo Berrettini; 10) la nazionale italiana femminile di tennis dopo la premiazione della Billie Jean King Cup; 11) Lucia Bronzetti; 12) Jannik Sinner; 13) Jannik Sinner e Matteo Berrettini.
 
Di Carla (del 16/12/2024 @ 09:30:00, in Cinema, linkato 136 volte)
Uno dei film che ho visto al cinema di recente è “Megalopolis” di Francis Ford Coppola.
Sono andata a vederlo dopo aver letto qua e là critiche feroci e lapidarie, e proprio per questo ne ero ancora di più incuriosita.
 
I due protagonisti del film in una scena in cima a un grattacielo su delle travi sospese
 
“Megalopolis” non è un film facile, lineare, convenzionale. Non è adatto a una visione passiva. Richiede attenzione, motivo per cui vederlo al cinema è senza dubbio la scelta migliore, in quanto annulla le distrazioni (si spera!).
È una favola onirica, ricca di allegorie e scene surreali, traboccante di citazioni.
 
La storia nei suoi punti salienti è abbastanza semplice, per questo credo sia inutile che io ne parli (potete leggerne la trama ovunque sul web), ma ciò che la rende interessante è il modo in cui Coppola ha deciso di mostrarla, giocando con la sceneggiatura, i suoni, le scenografie, gli effetti visivi, la musica e il montaggio.
“Megalopolis” è un’esperienza cinematografica a tutto tondo.
Può piacere a chi ama il cinema come strumento per creare arte e non semplicemente per raccontare una storia.
 
È comprensibile che Coppola abbia dovuto autoprodurserlo e che lo spettatore medio l’abbia trovato confusionario, perché pensava di andare semplicemente a vedere una storia, non di vivere dentro un’opera d’arte.
Molti dei suoi aspetti che sembrano folli o casuali, in realtà, hanno uno scopo. Ogni inquadratura, ogni parola pronunciata dai protagonisti, ogni suono. Probabilmente per coglierli tutti servono più visioni e un certo bagaglio culturale potrebbe essere di aiuto, ma non è essenziale, poiché credo che chiunque possa apprezzarli in maniera istintiva, se lascia da parte gli schemi e si limita a seguire il flusso del film.
 
 
Adam Driver è bravissimo, ma questa non è certo una novità.
Una scena che mi è piaciuta particolarmente è quella con le travi sospese in cima al grattacielo (da lì viene l’immagine a corredo di questo articolo). È molto suggestiva dal punto di vista visivo e allo stesso tempo, nella parte iniziale, rappresenta bene lo stato d’animo del protagonista in uno dei momenti chiave della storia.
 
 
Coppola specifica all’inizio del film che si tratta di una favola e lo spirito con cui va affrontata la visione è proprio questo: bisogna sospendere l’incredulità.
Questo film parte da una realtà alternativa distopica per tendere verso l’utopia. È carico di elementi fantastici, dal soprannaturale (la capacità di fermare il tempo) alla pseudo-scienza fantascientifica dal sapore alchemico (il materiale inventato dal protagonista: il megalon). Ed è una gioia per gli occhi degli amanti del cinema.
 
Qualcuno potrà anche cogliere e magari apprezzare la morale di questa favola, altri, come me, semplicemente godersi il film senza farsi troppi problemi.
Alla fine dipende da ognuno di noi, da cosa cerchiamo quando ci accomodiamo davanti al grande schermo.
 
 
Se siete dei sognatori e fin da bambini, come me, vedevate nella sala cinematografica un luogo dove annullare voi stessi e diventare parte di qualcos’altro, anche per fuggire dai piccoli e grandi problemi della realtà, dovreste andare a vederlo e giudicarlo per conto vostro.
 
Di Carla (del 09/12/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 142 volte)
Di recente ho visto su Paramount+ la miniserie “Un letto per due” (The Flatshare, nella versione originale), tratta dall’omonimo romanzo di Beth O’Leary e composta da 6 puntate di 45 minuti circa.
 
I protagonisti di Un letto per due
 
Dopo aver visto “The Lovers”, di cui vi ho parlato tempo fa, mi sono buttata su un’altra commedia romantica britannica, prima di passare a qualcosa di più impegnativo.
 
L’idea di base da cui parte la storia è abbastanza originale: Tiffany e Leon, a causa di problemi economici, sono costretti a dividersi un piccolo appartamento a Londra, ma in maniera tale da non incontrarsi mai. Ne condividono infatti tutto, incluso il letto, solo che lei può usarlo dalle 20 alle 8 e nei weekend, mentre a lui spetta la fascia oraria dalle 8 alle 20 (i weekend li passa a casa della sua ragazza).
Tiffany lavora per un web magazine e si è appena lasciata con il suo ex, Justin, con cui aveva (e in parte ha ancora) una relazione tossica. Ritrovatasi senza un posto dove vivere e con pochi soldi, ha accettato la proposta di Leon.
Lui, invece, lavora di notte in un hospice e vuole mettere dei soldi da parte per cercare di tirare fuori il fratello di prigione.
I due non si sono mai visti, non conoscono l’uno l’aspetto dell’altra, e viceversa, non possono incontrarsi, né parlarsi al telefono o tramite messaggi col cellulare, ma comunicano esclusivamente attraverso dei post-it.
 
L’idea è sicuramente stuzzicante, anche se non viene mai chiarito come siano arrivati a questo accordo, visto che appunto non si sono mai incontrati!
L’esecuzione è a tratti molto divertente, grazie anche alla bravura dei due attori principali, Jessica Brown Findlay e Anthony Welsh, ma per tutta la visione ho avuto l’impressione che mancasse qualcosa. Sì, perché in una storia ambientata a Londra c’è ben poca traccia dello humour britannico che tanto avrebbe giovato alla sua narrazione.
I comprimari, poi, sono appena accennati, bidimensionali, cosa che non si spiega, vista la durata delle puntate e il loro ritmo non particolarmente serrato.
La storia è costellata qua e là da diversi spunti, anzi, troppi: relazioni tossiche, problemi giudiziali, relazioni omosessuali, relazioni interrazziali (praticamente tutte, tranne quella tossica), malattie terminali, abbandono degli anziani e così via, ma tutti appena accennati e spesso proprio buttati lì, quasi si stesse, volta per volta, mettendo un segno di spunta a una casella. Sarebbe stato meglio concentrarsi su pochi e svilupparli meglio.
 
A questo aggiungiamo alcune svolte importanti nell’economia della storia un po’ telefonate, mentre altre impreviste che però non sono molto convincenti, come, per esempio, situazioni senza speranza che si risolvono inspiegabilmente di colpo.
 
D’altra parte, la curiosità di scoprire in che modo si arriverà all’atteso lieto fine viene tenuta viva attraverso un continuo complicarsi degli eventi e dall’astuzia degli sceneggiatori nell’interrompere la storia a fine puntata sempre nel momento giusto.
 
Insomma, è una serie divertente, con alcuni ottimi punti di forza che riescono almeno in parte a farci chiudere un occhio sui tanti deboli.
Mi sento di consigliarvela.
 
Di Carla (del 02/12/2024 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 173 volte)
  Il tennis e la vita, il tennis è la vita
 
 
Nel leggere questo libro, soprattutto nei primi capitoli in cui Agassi racconta la sua infanzia, non sembra affatto di trovarsi di fronte a una storia vera. Sembra uno di quei romanzi di narrativa non di genere i cui protagonisti vivono una vita talmente strana che non può essere altro che scaturita dalla fantasia di qualcuno.
Un padre così ossessionato dal tennis da costringere tutti i suoi figli ad allenarsi e giocare finché uno di loro non diventerà un campione? Ma che roba è?
È proprio vero che talvolta la realtà è così incredibile da superare ampiamente la fantasia.
 
La storia di Agassi è interessante, al di là della sua particolare gioventù travagliata e dei grandi successi che ha avuto nella sua carriera (d’altronde è stato uno dei più grandi tennisti della storia). Ciò che la rende davvero avvincente è che offre al lettore, e soprattutto all’appassionato di tennis, come sono io, una finestra nella mente di un tennista. Infatti, noi che amiamo anche solo guardare questo sport osserviamo i giocatori durante gli incontri e soffriamo un po’ con loro, ma non abbiamo idea di ciò che passi nella loro mente. Non veramente. Possiamo fare solo delle supposizioni in base alle loro azioni, ai loro sguardi, al loro linguaggio del corpo. Sentiamo e leggiamo le loro interviste, ma anche in quel caso non sappiamo cosa stiano realmente pensando, né se combaci o meno con le loro parole.
Poter accedere ad aspetti così intimi della mente di Andre Agassi ci fornisce un’idea, anche se solo da un solo punto di vista, di ciò che non possiamo vedere dei nostri beniamini, di cosa può significare trovarsi soli su quel campo ad affrontare un avversario e a lottare contro le proprie emozioni, la concentrazione che tende a perdersi, il corpo che a volte tradisce, le speranze e le delusioni.
 
Alla fine della lettura non solo Agassi è diventato quasi un amico, per quanto abbiamo imparato a conoscerlo, ma ci sembra di essere un po’ più vicini e consapevoli nei confronti di chiunque gioca a tennis ad alto livello, che lo fa per lavoro, che lotta continuamente contro il peggiore degli avversari: se stesso.
 
Al di là di quanto si ami il tennis, credo che “Open” possa essere una lettura coinvolgente e istruttiva per chiunque.
 
Ho solo un appunto da fare all’edizione, che è quella del 2015, ma immagino che la prima edizione del 2011 avesse lo stesso problema: tutti gli accenti delle “i” e delle “u” sono sbagliati, tutti! Si tratta di una cosa assolutamente inconcepibile per un libro della Einaudi, che in un’edizione per così dire economica costa più di 15 euro.
 
 
Open (Kindle, cartaceo) su Amazon.it.
Open (Kindle, cartaceo) su Amazon.com.
 
Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su:
aNobii:
http://www.anobii.com/anakina/books
Goodreads: http://www.goodreads.com/anakina
 
Di Carla (del 25/11/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 215 volte)
Una delle ultime serie che ho visto è “The Lovers”. Si tratta di una commedia romantica Sky Original, di sei puntate da 30 minuti l’una, decisamente spumeggiante!
 
I due protagonisti di The Lovers
 
La storia è quella dell’egocentrico Seamus, presentatore televisivo inglese, ma di origini irlandesi, che durante le registrazione di un programma a Belfast è preso di mira da un gruppo di giovani locali che lo vogliono picchiare e, nel fuggire, finisce nel cortire di Janet, una cassiera depressa che proprio in quel momento sta per uccidersi.
Tra i due, che sono l’uno l’opposto dell’altra (lui egocentrico e vanitoso; lei depressa, cinica e con uno spiccato humour nero), scatta qualcosa.
Solo che lui è fidanzato con una nota attrice (interpretata dalla bravissima Alice Eve) e lei, be’, nasconde qualcosa.
 
La loro vicenda si svolge in sei rapide puntate scoppiettanti che, con un ritmo forsennato, un alternarsi di situazioni bizzarre e continui cambiamenti di direzione, vi stupiranno, vi faranno ridere a crepapelle, ma talvolta anche riflettere, e alla fine vi lasceranno con un piacevole senso di appagamento.
 
Merito di tutto ciò va dato a una sceneggiatura che sa dosare ironia e romanticismo, senza esagerare in nessuno dei due aspetti, con dialoghi brillanti in cui i due protagonisti, perfettamente interpretati da Johnny Flynn e Roisin Gallagher, si confrontano in maniera schietta, a tratti rude e soprattutto imprevedibile, rivelandosi così l’uno all’altra e al pubblico.
Il tutto si svolge in un contesto in cui ciò che è giusto e ciò che è sbagliato vengono sospesi, lasciando spazio alla sincerità più cruda ed esilarante.
 
Assolutamente da vedere!
 
Di Carla (del 11/11/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 210 volte)
Nelle scorse settimane ho guardato su Amazon Prime Video la prima stagione della serie “Those About to Die”, ambientata nella Roma del 79 d.C e ispirata al romanzo omonimo di Daniel P. Mannix, che aveva a sua volta ispirato “Il Gladiatore” di Scott (ma la storia della serie e quella del film non hanno praticamente nulla in comune).
Vengono narrate alcune vicende relative all’ultimo periodo di vita di Flavio Vespasiano e a quello immediatamente successivo alla sua morte, avvenuta proprio nell’anno della famosa eruzione del Vesuvio che portò alla distruzione di Pompei.
 
Tutti i personaggi principali della serie Those About to Die (Sky Original)
 
La serie include ingredienti già visti in altre simili, come “Roma” (bellissima!) e “Spartacus” (bella la prima stagione e poi sempre peggio), con intrighi politici, violenza a fiumi (di sangue!), sesso e una continua sensazione che i personaggi possano da un momento all’altro morire male.
 
 
In linea generale mi è piaciuta, ma specifico, prima di tutto, di averla vista nella versione originale in inglese. Ho letto in giro che il doppiaggio non è un granché, soprattutto quello degli attori italiani, che immagino abbiano doppiato se stessi, ma non posso commentare su questo aspetto.
 
 
Cosa mi è piaciuto?
La ricostruzione dell’antica Roma a livello visivo, soprattutto le riprese panoramiche, ovviamente create in computer grafica, ma anche le scelte di fotografia nelle singole ambientazioni dove si muovono i personaggi sono molto suggestive.
Molto belle, in particolare, le scene delle corse con le bighe.
 
Purtroppo in alcuni casi l’uso del computer si vede, soprattutto quando entrano in scena gli animali che interagiscono con gli attori in carne e ossa.
 
Fin troppo realistici invece gli aspetti più truculenti dei combattimenti tra i gladiatori.
Il titolo si riferisce al famoso saluto attribuito a questi ultimi (morituri te salutant) rivolto all’imperatore prima di iniziare a combattere e devo dire che mi ha fatto un po’ ridere sentirlo pronunciato in inglese.
 
 
All’inizio ho avuto difficoltà ad affezionarmi ai personaggi, anche perché sono tanti. In generale sono tutti più o meno negativi e chi inizialmente non lo è finisce per rivelarsi come tale con l’andare avanti della storia. Tutto è permeato da un senso di violenza e cattiveria.
Alla fine quello che è riuscito a conquistarmi è Tenax, l’allibratore che viene definito il re di Suburra e che finisce per avere una parte nei conflitti di potere tra i due figli di Vespasiano.
 
 
Nel complesso c’è qualcosa che non mi ha convinto fino in fondo nel modo in cui è stata sviluppata la trama, ma non mi sento di bocciare la serie, perché in fin dei conti l’ho guardata con interesse dall’inizio alla fine.
 
Ciò di cui mi rendo conto, invece, è che tutte queste serie ambientate nell’antica Roma finiscono per darci la stessa immagine dei nostri antenati: cattivi, violenti, volubili, incapaci di una qualsiasi forma di fedeltà, vendicativi, depravati, freddi e calcolatori. Di certo sono tutti aspetti che favoriscono il conflitto e, d’altronde, le storie per esistere richiedono la presenza di un conflitto. Ma credo che un popolo che è stato in grado di costruire un impero così esteso, anche e soprattutto grazie al proprio ingegno e alle tecnologie derivate da quest’ultimo, abbia in sé tanti altri aspetti da mostrare che sono decisamente più positivi e interessanti.
Ecco, mi piacerebbe che anche questi aspetti trovassero posto in una serie di genere storico.
Chiedo troppo?
Renderebbe tutto un po’ più tridimensionale e realistico e toglierebbe la fastidiosa sensazione di vedere sempre gli stessi ingredienti rimescolati all’infinito anche se in un contesto diverso, che magari è pure bello, ma finisce per apparire vuoto, senz’anima.
 
Di Carla (del 07/10/2024 @ 09:30:00, in Musica, linkato 276 volte)
Non posso esattamente definirmi una fan della band, perché non l’ho mai seguita con particolare attenzione, ma ascolto la loro musica da quando esistono e mi piace molto. Ho persino il loro primo album su CD. E nel 2017 fui molto dispiaciuta nell’apprendere la notizia della morte di Chester Bennington.
Al di là della tragicità dell’evento, che mi fece un certo effetto (Chester era più giovane di me di un paio d’anni, ne aveva solo 41 quando si è tolto la vita), tra le varie cose, ricordo di aver pensato che non avrei mai avuto l’occasione di vederli suonare dal vivo.
 
I Linkin Park
 
Adesso Mike Shinoda e gli altri (tranne uno) hanno deciso di portare avanti il gruppo con una nuova voce, Emily Armstrong, e un nuovo album, “From Zero”, che uscirà il 15 novembre.
Quando l’ho saputo, ho subito pensato che fosse un’idea sensata optare per una voce femminile, in modo da non dare l’impressione di voler soppiantare Chester, ma mi chiedevo come fosse possibile per una donna cantare quei brani.
 
Be’, un paio di settimane fa ho visto su YouTube una registrazione del primo concerto a Los Angeles e ho dovuto ricredermi.
È possibile eccome e lei è bravissima!
Le sue doti tecniche e la sua estensione vocale la rendono, a mio parere, una buona erede di Chester.
 
È chiaro che si tratta di qualcosa di diverso, ma penso che sia decisamente meglio di niente.
 
Sono curiosa di ascoltare il nuovo album e, soprattutto, sto iniziando a cullare l’idea di vederli finalmente dal vivo.
Il solo fatto che esista questa possibilità è proprio una bella cosa!
 
Se non avete avuto ancora modo di ascoltare la voce di Emily Armstrong e avete un paio di ore di tempo libero, potete farlo qui sotto.
È il video del concerto in questione.

 
Se invece avete solo un’oretta, potete guardare questa registrazione di un live set più breve, quello con cui hanno presentato la cantante, disponibile sul canale YouTube della band. La qualità è decisamente migliore, poiché si tratta di un prodotto professionale.

 
Buon ascolto!
 
Di Carla (del 23/09/2024 @ 09:30:00, in Cinema, linkato 280 volte)
Challengers” è un film di Luca Guadagnino (aprile 2024).
 
Due dei protagonisti di Challengers
 
Ma che bello!
 
Finalmente un po’ di cinema con la C maiuscola, in cui gli strumenti della settima arte vengono sfruttati al meglio per raccontare una storia nata e sviluppata per il grande schermo.
 
Ciò che lo rende bello non è solo la storia in sé (che è comunque ben congegnata), ma il modo in cui viene mostrata al pubblico un pezzetto alla volta con una serie di flashback sapientemente inseriti lungo il corso di un incontro di tennis.
I protagonisti del triangolo amoroso rivelano scena dopo scena la propria natura e quella del rapporto che li lega, attraverso dialoghi efficaci, piccoli dettagli, una colonna sonora a dir poco perfetta e un montaggio da urlo.
 
E poi ci sono alcune chicche pazzesche, come in una delle ultime scene, quando il punto di vista della cinepresa diventa quello di uno dei giocatori e poi dell’altro, finisce sotto il campo, come se la sua superficie fosse di vetro, e a un certo punto passa a quello della pallina da tennis.
 
Insomma, che vi piaccia o meno il tennis, ve lo consiglio, ma, se amate e seguite il tennis, non potete perdervelo.
Anche se il film non è sul tennis, che è solo il contesto in cui è narrato il triangolo amoroso, se conoscete un po’ questo sport e i suoi protagonisti del presente e del passato, non potranno sfuggirvi quegli elementi della realtà (fatti e persone) che hanno ispirato alcuni aspetti della storia e soprattutto dei personaggi.
 
Buona visione!
 

 

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05/01/2025 @ 08:39:21
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