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Riflessioni dopo la Buchmesse: pubblicare come self-publisher un libro tradotto in un mercato straniero
Di Carla (del 17/10/2014 @ 19:22:22, in Eventi, linkato 7712 volte)
Lo scorso 9 ottobre sono stata protagonista insieme all’autore tedesco Matthias Matting e alla manager europea di Kobo Writing Life, Camille Mofidi, di un evento che si è tenuto nell’ambito della Fiera Internazionale del Libro di Francoforte (Frankfurter Buchmesse 2014), intitolato “Think Local, Act Global: How to Reach a Global and Successful Audience through Self-Publishing”. È stata un’esperienza costruttiva, poiché mi ha permesso di confrontarmi in un contesto internazionale con un autore di un altro Paese e davanti a un pubblico attento di addetti ai lavori dell’editoria, non ostile nei confronti del self-publishing, diversamente da quanto ancora accade in Italia, e da cui sono emerse delle domande rilevanti, segno di una conoscenza approfondita di questo modello editoriale.
 

La raccolta di “Deserto rosso” tra i libri esposti nello stand di Kobo alla Frankfurter Buchmesse 2014.
Nelle foto sotto: Camille Mofidi, Matthias Matting e io durante l'evento.
 
L’argomento della nostra discussione era relativo all’opportunità per un self-publisher di uscire dai propri confini linguistici e pubblicare i propri libri tradotti in un’altra lingua.
Ogni mercato è diverso e le strategie da seguire variano secondo le sue caratteristiche, ma alcuni aspetti sono dei prerequisiti imprescindibili per riuscire ad avere successo in una tale impresa.
 
Il primo fra tutti è, come sempre, pubblicare il miglior libro possibile, sia per quanto riguarda il contenuto che la sua confezione (copertina, descrizione, formattazione). Può sembrare una cosa ovvia, visto che parliamo di un autore che ha già pubblicato lo stesso libro nella propria lingua, ma non lo è affatto, poiché il libro deve andare incontro a un processo di traduzione.
 
Il problema non è solo economico. Tradurre un libro costa tanto per via della sua lunghezza, ma ancora più difficile è trovare il traduttore giusto per quel libro. Pagare poco o molto per il suo lavoro non sempre è un indice della qualità del traduttore, anche se è chiaro che, se si paga poco, non ci si può poi lamentare se il risultato non è perfetto.
In realtà il processo di traduzione di un libro, in particolare se si tratta di narrativa, non consiste semplicemente nel prendere il testo e tradurlo in un’altra lingua. Si tratta, invece, di un processo di transcreazione, cioè il testo deve essere compreso a fondo, il suo contenuto deve essere trasferito nella lingua di destinazione, pur mantenendo, oltre al contenuto, lo stile e la voce dell’autore. E in ultima analisi deve apparire agli occhi di un lettore come se fosse scritto da un autore madrelingua.
Il traduttore letterario deve essere un bravo scrittore nella sua lingua, ma deve anche conoscere il genere letterario in cui il libro è scritto, che può avere una terminologia precisa, deve documentarsi sulle tematiche trattate (luoghi, argomenti storici, scientifici e così via), se già non le conosce, per essere certo di comprendere ciò che sta leggendo e di tradurlo nella maniera corretta, deve revisionare la traduzione più volte per assicurarsi di avere sempre trasferito correttamente il significato, di non aver inserito errori grammaticali o di sintassi dovuti alla lingua d’origine (pensate a quanti libri tradotti dall’inglese sono carenti di congiuntivi: questi errori sono dovuti al fatto che il congiuntivo in inglese non esiste).
Anche se ha fatto bene tutte queste cose, il suo lavoro non sarà mai sufficiente. Allo stesso modo di come il vostro libro originale deve essere letto e giudicato da altre persone oltre a voi durante la fase di revisione e correzione di bozze, anche la traduzione deve essere corretta da almeno un revisore. Il traduttore deve affidarsi ad almeno un’altra persona per assicurarsi che il testo scorra bene, che tutto abbia senso al suo interno, che siano rispettate le regole base di stile e ortografia della lingua di destinazione (es. evitare l’uso smodato di avverbi di modo quando non esiste un verbo specifico corrispondente; la punteggiatura deve essere adattata alle regole della propria lingua, anche per quanto riguarda il discorso diretto, gli incisi, i pensieri, e così via), e soprattutto che non ci siano errori grammaticali, sintattici e i famigerati refusi.
 
Insomma, si tratta di un lavoro complesso, che deve essere controllato con attenzione. Se l’autore non ha la minima conoscenza della lingua di destinazione o ne ha una conoscenza non approfondita (a meno che non sia bilingue, certe cose comunque non è in grado di coglierle mai), questa fase essenziale della pubblicazione del proprio libro all’estero può diventare molto delicata. La cosa migliore sarebbe rivolgersi sempre ad almeno due professionisti: un traduttore e un correttore di bozze (proofreader) madrelingua.
Chiaramente questo implica dei costi maggiori, ma, se il libro alla fine non è ben tradotto, difficilmente avrà qualche possibilità di essere apprezzato nel mercato di destinazione e potrebbe compromettere l’immagine dell’autore nello stesso mercato anche per libri futuri.
 
Una volta che si è sicuri di avere un prodotto editoriale di ottima qualità, bisogna risolvere il secondo grande problema: fare in modo che il prodotto arrivi ai potenziali acquirenti. Anche in questo aspetto non ci discostiamo dalle problematiche del nostro mercato d’origine, ma all’estero le regole posso essere diverse. Ed ecco quindi il secondo punto essenziale per andare avanti in un tale processo: conoscere il mercato di destinazione.
Bisogna conoscere quali sono i retailer più importanti. Amazon è il primo praticamente dappertutto, ma non esiste solo Amazon. Come sapete, in Italia Kobo ha un’importante fetta del mercato, grazie all’accordo con inMondadori e laFeltrinelli. Allo stesso modo Kobo ha accordi importanti su altri mercati, come quello britannico. Sul mercato americano c’è anche Barnes & Noble, che è ancora molto forte e col suo Nook sta iniziando a muoversi all’esterno. In Germania c’è Tolino, col suo lettore proprietario. In India ha un ruolo importante Flipkart (ci si arriva tramite Smashwords). E così via.
Questo vale anche per il cartaceo, sebbene per un self-publisher l’attenzione principale vada all’ebook. A parte negli Stati Uniti dove ormai la penetrazione degli ereader o delle app per leggere gli ebook è maggiore che in qualsiasi altro Paese, in altri ci potrebbe essere la possibilità di farsi un piccolo spazio nel mercato dei libri stampati.
Un altro aspetto di cui tenere conto sono i prezzi. In Italia i prezzi medi degli ebook dei self-publisher sono bassi, poiché i lettori sono poco propensi a spendere più di 3 euro per acquistarli, anzi la stragrande maggioranza è poco propensa a spendere più di 99 centesimi.
I prezzi però sono un po’ più alti nel mercato tedesco e ancora di più in quello americano. In generale nei mercati dove i prezzi sono in media più alti, il lettore potrebbe guardare con sospetto un ebook che costa poco e ciò potrebbe avere delle conseguenze importanti sul successo del libro.
In altre parole, bisogna studiare a fondo il mercato di destinazione per individuare la strategia migliore per commercializzare il proprio libro.
 
E arriviamo al terzo punto fondamentale. Anche questo lo conosciamo bene, se già pubblichiamo nel nostro Paese. Si tratta di fare in modo che i potenziali acquirenti comprino il libro.
La cosiddetta discoverability del libro in parte dipende dai fattori sopra riportati, relativi a retailer, diverse edizioni e prezzi, ma manca l’elemento essenziale che serve per mettere in moto le vendite: la promozione.
Ora, se conosciamo la lingua del mercato di destinazione, le cose sono relativamente più semplici. È necessario rimboccarsi le maniche e, prendendo spunto dalle strategie promozionali vincenti di altri autori (come si è già fatto nella propria lingua), costruire la propria presenza online da zero. Possibilmente sarebbe meglio iniziare a farlo prima di pubblicare. Parlo delle solite cose: blog, social network, associazioni, forum e gruppi di altri autori indipendenti, web magazine, siti e podcast che si occupano del proprio genere, e così via. Ogni mercato è un mondo a parte da scoprire.
In certi mercati, come quello in lingua inglese, ci sono degli strumenti pubblicitari a pagamento basati sul direct e-mailing marketing alla portata delle tasche di un self-publisher (come Bookbub), che possono essere efficaci secondo il target del proprio libro. Niente del genere esiste in Italia (gli strumenti DEM sono carissimi e per niente specifici per il target dei lettori di ebook), per cui sono uno strumento in più da conoscere.
 
 
E se non conosciamo la lingua del mercato di destinazione?
Qui le cose si complicano. Non possiamo sperare in un colpo di fortuna, né piazzare il libro su Amazon KDP Select (laddove c’è Amazon) e metterlo gratis per cinque giorni sperando che questo basti per scatenare le vendite. Magari si è fortunati, magari il libro ha un tema così irresistibile che si scatena il passaparola e questo basta, ma nella maggior parte dei casi non sarà così. E non possiamo certo investire tanti soldi per tradurre un libro per poi affidarci alla dea bendata.
Come possiamo fare allora?
Abbiamo bisogno di un alleato, un altro autore nel mercato di destinazione, col quale riusciamo a comunicare bene (conosce la nostra lingua o conosciamo entrambi un’altra lingua, tipicamente l’inglese), che scriva nello stesso genere, che sia popolare (ciò significa che conosce bene il proprio mercato, non solo che ha molti fan) e che abbia almeno un libro pubblicato nella nostra lingua o intenda pubblicarlo e quindi abbia bisogno di noi nel mercato italiano. Con questo alleato possiamo iniziare un proficuo rapporto di collaborazione fatta di scambi di promozione, guest post, interviste, podcast e tutto quello che vi viene in mente.
Possiamo anche pensare di pubblicare qualcosa insieme. Per esempio, possiamo fargli scrivere la prefazione del nostro libro e ricambiare il favore nel suo. Far inserire alla fine di un suo libro un nostro breve racconto (e ancora ricambiare). Possiamo chiedergli di revisionare il nostro libro prima della pubblicazione e fare altrettanto col suo (così si può fare a meno di pagare un proofreader  e assicurarsi di avere un prodotto editoriale di alta qualità).
È essenziale che questa persona apprezzi i nostri libri e che noi apprezziamo i suoi, poiché verranno proposti ai rispettivi lettori che nessuno dei due vuole in alcun modo deludere.
 
Tutto ciò, come potete immaginare, porta via un sacco di tempo, ma solo all’inizio. Una volta che si riesce a innescare il meccanismo del passaparola e il proprio libro prende piede nel mercato straniero, si può ridurre il proprio impegno in questo senso e dedicarsi ad altro.
Se il mercato in questione è particolarmente ricco di lettori nel genere del nostro libro, si possono ottenere delle buone soddisfazioni. Inoltre non bisogna dimenticare che essere presenti in più luoghi possibili aumenta la probabilità di imbattersi di opportunità interessanti, di ricevere proposte, di iniziare nuove collaborazioni, in grado di stimolare la nostra creatività, migliorare la qualità dei nostri libri e la nostra immagine, e di guadagnare di più e soprattutto di divertirci nel portare avanti questo nostro mestiere.