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Patricia Cornwell: la regina del crime thriller
Di Carla (del 28/07/2016 @ 09:30:00, in Autori preferiti, linkato 6200 volte)
Immagine da http://www.telegraph.co.uk/content/dam/Travel/leadAssets/31/12/patriciacornwell_3112874a-large.jpg
Non avevo più di diciotto anni quando mi capitò di leggere il mio primo libro di Patricia Cornwell ed era in inglese. Si trattava di “Oggetti di reato” (Body of Evidence) e mi piacque così tanto che decisi di continuare con “Postmortem”. Solo allora mi accorsi non solo che erano collegati, ma che li avevo letti nell’ordine sbagliato! Un errore che non ho più ripetuto e che invito qualsiasi lettore che intenda avvicinarsi alle opere di questa autrice a non commettere.
 
Sicuramente la serie più famosa della Cornwell, che a oggi include ben venticinque romanzi (tra cui “Chaos” del 2016), è quella che vede come protagonista il medico legale Kay Scarpetta. Un personaggio di origine italiana che pare sia ispirato a una persona reale, la dottoressa Marcella Farinelli Fierro, con cui la stessa Cornwell ha lavorato negli anni ’80. La realtà e la finzione si mescolano nei suoi romanzi, nei quali racconta con minuzia di particolari il lavoro del medico legale e porta alla ribalta della narrativa il tema della scienza forense, tanto che pare che essi abbiano avuto un’influenza notevole nelle serie TV su questo argomento, come CSI.
 
La scienza forense è sicuramente un elemento essenziale in questa serie di romanzi. L’autrice attinge a piene mani dalla propria esperienza di lavoro presso l’Ufficio del Medico Legale Capo della Virginia. Lei non è un medico, ma lavorava come analista informatica, cosa che ha senza dubbio contribuito alla creazione in un altro personaggio, quello di Lucy Farinelli (ancora questo cognome), la nipote della Scarpetta.
Nei primi libri Lucy è una ragazzina con una grande abilità nell’uso del computer, ma poi la vediamo crescere e diventare un personaggio complesso e a tratti problematico. E infatti, benché i romanzi di questa serie rientrino nella cosiddetta crime fiction, ciò che davvero conta, ed il motivo per cui vanno letti in ordine, non è il singolo caso narrato, bensì le sottotrame che seguono Kay Scarpetta, Lucy, Pete Marino e tutti gli altri personaggi ricorrenti. Alla fine il criminale di turno, spesso e volentieri un serial killer (ma non sempre), è uno strumento per costruire atmosfere cupe, mostrare l’investigazione che parte dal cadavere della vittima e dalle altre prove fisiche, ma è solo uno degli elementi di conflitto dei singoli libri.
Non a caso, una cosa che notai già da quella prima lettura, è che la risoluzione,che spesso porta alla morte del cattivo, si realizza in fretta, nel giro di un paio di capoversi, tanto che ogni volta mi ritrovo a tornare indietro e a rileggere perché me la sono quasi persa!
 
Eppure continuo a leggere i suoi libri, perché trova sempre un modo diverso di sorprendermi. Ci si potrebbe chiedere come sia possibile per un autore continuare a raccontare per venticinque libri gli stessi personaggi, riuscendo a rendere le loro vicende interessanti.
La Cornwell in qualche modo ci riesce, spesso sperimentando. Alcuni suoi libri sono scritti in prima persona, altri in terza, alcuni addirittura al presente. Nell’ultimo che ho letto, “Autopsia virtuale” (sono quasi sei romanzi indietro, ma li tengo da parte e me li leggo sempre con calma; tanto i romanzi non scadono!), riesce a sviluppare una storia in prima persona nell’arco di circa ventiquattro ore. Scarpetta non era presente all’omicidio, ovviamente, e partecipa solo in parte alle investigazioni, ma tramite tutta una serie di espedienti l’autrice riesce comunque a rendere il romanzo avvincente e a fare in modo che il caso tocchi da vicino i personaggi principali, divenendo un’unica cosa con le sottotrame.
Questa sua capacità fa sì che i suoi libri siano dei crime thriller e non dei gialli o polizieschi.
 
Ma la Cornwell non ha scritto soltanto la serie di Scarpetta. Si tratta solo della sua serie più famosa e che continua a sviluppare per via nel successo che continua ad avere.
Ha provato a scrivere altro e, come spesso capita, il suo tentativo non è stato apprezzato da molti dei suoi fan (soprattutto quelli che rientrano nella poco interessante categoria di lettori che amano fossilizzarsi in un certo tipo di letture).
 
Un’altra sua serie che conta solo tre libri (“Il nido dei calabroni”, “Croce del sud” e “L’isola dei cani”) è quella di Judy Hammer e Andy Brazil. Nel terzo si scopre che è ambientata nella stessa realtà della serie di Scarpetta (che appare in un breve cameo), ma non ha nulla a che vedere con le storie di quest’ultima.
Abbiamo sempre a che fare con dei crimini, ma il tono è molto più leggero, ironico. Durante la lettura ci si ritrova spesso a ridere. L’autrice sperimenta mostrando delle scene persino dal punto di vista degli animali (ne “L’isola dei cani” ce n’è una favolosa dal punto di vista di un granchio!) e si sofferma a raccontare interessanti storie sulla gente del posto. Il primo dei libri di questa serie è diventato nel 2012 anche un film per la TV con Virginia Madsen.
 
Poi c’è la serie di Win Garano, costituita da due brevi romanzi (“A rischio” e “Al buio”), che ha come protagonista un detective di colore, ma di origini italiane. I toni sono più cupi, ma la storia galoppa ad alta velocità e ha la caratteristica di essere narrata al presente in terza persona, quasi fosse una sceneggiatura. E guarda caso entrambi i romanzi sono stati tradotti in film per la TV con Daniel Sunjata e Andie MacDowell (in entrambi la stessa Cornwell è apparsa nel ruolo di una cameriera), anche se la storia di questi ultimi ha delle differenze rispetto ai primi e il finale è diverso.
 
Non ho avuto invece modo di leggere alcuna delle sue opere di non-fiction, come per esempio quella su Jack Lo Squartatore, perché non mi interessano particolarmente o per niente (specialmente i libro di ricette della Scarpetta!).
Comunque sia, posso tranquillamente dire che Patricia Cornwell è uno dei miei autori preferiti, e soprattutto uno dei pochissimi di cui compro sempre il libro cartaceo. Sono affascinata dal suo modo di scrivere tanto che da qualche tempo a questa parte ho deciso di non acquistare le edizioni in italiano (anche perché nelle ultime che avevo letto la qualità della traduzione era diminuita drasticamente, con un’imbarazzante carenza di congiuntivi) e di leggerla in lingua originale. Però, da sua ammiratrice, sia come lettrice che come autrice di crime thriller (come la trilogia del detective Eric Shaw, in cui ho preso in prestito l’espediente del blog all’interno del romanzo, che viene usato ne “L’isola dei cani”), mi auguro che riesca a svincolarsi (editore permettendo) di nuovo dalle grinfie della Scarpetta (non sarà il caso che vada in pensione?) e che ci mostri presto la propria bravura con nuove storie e nuovi personaggi.
 
Potete trovare un elenco completo dei suoi libri su Wikipedia, ma in particolare vi consiglio di leggere la sua pagina in inglese, perché è più completa.