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Technothriller fantascientifico, ma soprattutto psicologico
In genere, quando leggo un libro da cui è stato tratto un film, mi piace fare dei confronti, per comprendere le scelte operate per rendere possibile questo tipo di trasposizione, e dare ai personaggi i volti degli attori, mentre vivo la lettura.
In questo caso non ho potuto farlo, poiché non ricordavo assolutamente nulla del film. Pensavo che andando avanti nella lettura la mia memoria si sarebbe risvegliata, e invece no, nulla. Non so se sia dovuto al fatto che il film non mi avesse favorevolmente impressionato (eppure mi pare che mi fosse piaciuto) o alle eccessive differenze tra i due prodotti. Fatto sta, che mi sono ritrovata a leggere questo libro senza sapere nulla della storia e ho potuto quindi godermi tutti i colpi di scena.
Questo romanzo rientra in uno schema tipico di molte opere di successo di Crichton. Al centro c’è un argomento scientifico/tecnologico, in questo caso le condizioni estreme di una base sottomarina cui si aggiunge la “scoperta” fantascientifica (non specifico per evitare spoiler), su cui l’autore ci fornisce numerose informazioni durante tutto il libro. Intorno a esso crea una storia con un protagonista, lo psicologo Norman, e attraverso il suo punto di vista la racconta. Poi aggiunge tutta un’altra serie di personaggi, ognuno con un suo ruolo e delle sue caratteristiche. In questo contesto, l’elemento scientifico/tecnologico appare perfettamente sotto controllo, ma in realtà questo è solo ciò di cui sono falsamente convinti i personaggi. A un certo punto però qualcosa va storto, a ennesima dimostrazione che fare un uso non del tutto considerato della scienza e della tecnologia, spinti dalla curiosità e dal desiderio di scoperta, è sempre un grosso errore. E da quel momento in poi i personaggi iniziano a morire, tranne pochi, che alla fine si salvano.
A tutto ciò, in questo romanzo, si aggiunge il forte elemento psicologico. Sì, perché le risposte che i personaggi stanno cercando non sono nell’oggetto della loro ricerca, ma dentro di loro. E “Sfera” non è altro che il viaggio psicologico di Norman, che da uomo normale in una situazione eccezionale tira fuori il peggio e il meglio di sé.
Il tutto si svolge tenendo il lettore attaccato alle pagine e costringendolo a continuare a leggere un libro che ha una struttura tutt’altro che tradizionale (non ci sono capitoli numerati, ma una serie di scene senza soluzione di continuità, di tanto in tanto intervallate da un titolo), fino ad arrivare al finale, che, se ci pensiamo bene, è l’unico possibile per una storia del genere.
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