Opera immensa, ma eccessiva
Premetto che adoro i romanzi lunghi di fantascienza. Li adoro perché hanno delle trame complesse e non finiscono subito. E, se un romanzo è bello, non vuoi che finisca. Per questo motivo ho affrontato senza timore le 1300 pagine di “Limit”. Ne sono uscita con pareri contrastanti.
Gli ho assegnato quattro stelline perché alla fine l’autore se l’è cavata. La parte finale (diciamo l’ultimo terzo del libro) è infatti la più riuscita e nel complesso devo dire che mi sono divertita. Ma non sono potuta andare oltre perché, con tutta la buona volontà, il libro ha più di qualche problema.
Prima di tutto l’autore impiega forse un centinaio di pagine all’inizio per presentare tutti i personaggi. Va da sé che si crei una grande confusione in testa, in quanto non si ha il tempo di assimilarli. C’è alla fine l’elenco di tutti i personaggi, ma non mi pare corretto che il lettore debba consultarlo ogni volta. Sarebbe stato più opportuno presentarli pian piano nello svolgersi della storia, anche per non ammazzare l’interesse e il ritmo nella parte iniziale.
Altro aspetto che mi ha lasciato perplessa è il passare dell’autore da un punto di vista onnisciente (che vede anche ciò che i personaggi non possono vedere) a un punto di vista limitato, anche all’interno della stessa scena. Più di una volta ho dovuto rileggere un paragrafo dall’inizio per capire chi stava pensando ciò che veniva scritto. Insomma, l’ho trovato un po’ confusionario. Man mano che la storia prosegue, però, il problema si riduce poiché l’autore tende ad assegnare le scene al singolo personaggio ed evitare di mostrare ciò che nessuno potrebbe vedere.
In tutto questo, però, tendo a trovare una certa incoerenza.
Ma in assoluto il più grande problema di questo libro è l’eccesso di info-dump. Almeno un terzo del romanzo è costituito da informazioni che potevano essere riassunte o semplicemente omesse. Pagine e pagine di improbabile fantapolitica o di background dei personaggi, che il lettore dimentica un secondo dopo averle lette, sempre che non le salti a pie’ pari o le legga in diagonale. Per non parlare del fatto che l’inserimento di queste parti assolutamente posticce interrompe del tutto l’azione anche per cinquanta pagine di seguito, creando delle pause innaturali nelle scene. I personaggi si ritrovano a fare lunghe e complicate conversazioni, di conseguenza improbabili, che sembrano delle vere e proprie lezioni e non certo chiacchiere. Sinceramente non riuscivo a immaginare che certi personaggi potessero rimanere così a lungo concentrati a parlare di robe del genere.
Insomma, noia.
Infine il finale è telefonato. Una volta che ammazzi quasi tutti e rallenti troppo l’azione, dai al lettore tutti gli strumenti per capire chi è il capo dei cattivi, ben prima della rivelazione. D’altronde un lettore che si cimenta in un romanzo di 1300 pagine è scaltro, quindi a maggior ragione si sente sottovalutato se gli si propone un finale così ovvio.
Dopo tutte queste critiche vi chiederete il perché di un voto così altro. Semplice. Le parti sulla Luna e nello spazio sono stupende. Le scene d’azione sono ben orchestrate ed entusiasmanti. L’ambientazione è quanto di più suggestivo abbia letto negli ultimi tempi. Ma soprattutto ho adorato il personaggio di Julian Orley, folle, visionario e ottimista, come pure i suoi figli Lynn (matta da legare) e Tim (amorevole e pratico), e la moglie di quest’ultimo Amber (quella che li capisce tutti). Sono costruiti benissimo e riesci veramente a sentirti in sintonia con loro.
Al contrario ho apprezzato meno Owen Jericho, che si è misurato con luoghi e situazioni molto meno affascinanti, ma anche lui a tratti non è riuscito a tenere testa alla maestosità della trama. È un personaggio con molte debolezze, che avrebbe preteso un maggior approfondimento reale e magari una vera crescita alla fine della storia. L’autore ha provato ad approfondirlo e a dire (ma non mostrare) una sua crescita, ma a mio parere non c’è riuscito. Yoyo è fastidiosa e inutile.
Infine un accenno ai cattivi. Mi ha dato fastidio che sia sopravvissuto quello, per così dire, privo d’anima, stereotipato, insomma supercattivo, mentre sia stato fatto fuori in maniera alquanto stupida quello che tutto sommato si comportava in base a una sua logica, mostrando anche di avere una coscienza.
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