Ottimo crime thriller, nonostante una certa mancanza di originalità rispetto al precedente della serie
Ultimamente la Cornwell sta prendendo l’insana abitudine di uccidere un personaggio ricorrente per libro, o almeno questo è ciò che è accaduto negli ultimi due che ho letto. Spero che si dia una calmata, altrimenti non ne resteranno molti!
Ma veniamo al libro.
Parte con ritmo molto lento nella prima parte, tanto che il primo cadavere arriva molto tardi. Mi è comunque piaciuto il modo in cui l’autrice costruisce tutta la storia dal solo punto di vista della Scarpetta, sfruttando i dialoghi con altre persone, e la chiude nel giro di poco più di un giorno.
A mio parere, però, la scelta di questo approccio per questo romanzo presenta due problemi. Il primo è che per gran parte del libro, che è abbastanza lungo, ci sono solo lei e pochi altri personaggi, rendendo lo sviluppo della trama ancora più statico. Per fortuna c’è Marino, ma Lucy e Benton arrivano tardi e sembrano quasi insignificanti nell’ambito della storia. Il secondo è che la Cornwell ha usato una struttura molto simile nel libro precedente, quindi si ha la sensazione che quest’ultimo manchi di originalità.
D’altra parte non mi dispiace affatto che il caso sia strettamente connesso al libro precedente, poiché dà continuità alle sottotrame, che diventano perciò preponderanti. Ciò rende il libro fruibile solo da chi ha letto almeno il precedente, ma in tal modo le continue spiegazioni riferite a esso diventano inutili e contribuiscono alla lentezza del libro.
È molto difficile se non impossibile capire l’identità del colpevole. Col senno di poi ci si rende conto di alcuni dettagli che potevano essere notati dal lettore, solo che si perdono nella marea di informazioni che la Cornwell mette nei suoi libri, la maggior parte delle quali non ha una reale rilevanza nell’economia della trama.
Ho invece trovato molto sfizioso l’elemento scientifico utilizzato per spiegare gli omicidi. Una biologa come me non ha potuto fare a meno di apprezzarlo!
Anche stavolta la risoluzione finale mi ha fregato. Arriva in un singolo capoverso, anzi in un singolo periodo. Per la fretta di sapere cosa sarebbe accaduto, non ho letto bene l’ultima proposizione e poi al capoverso successivo ho scoperto che il colpevole era stato colpito, ma io non me n’ero accorta. Per l’ennesima volta sono dovuta tornare indietro a rileggere. Non c’è niente da fare: succede sempre così.
Il capitolo finale di epilogo serve unicamente per unire tutti i punti e uccide di nuovo il ritmo che si era creato, portando a una conclusione senza infamia e senza lode.
Vi chiederete perché ho dato 5 stelle nonostante tutti questi difetti. Be’, perché, preso singolarmente, questo è un libro costruito ottimamente e ben scritto (sebbene io non ami certe scelte stilistiche della Cornwell, ma apprezzo la sua coerenza nell’utilizzarle). Di certo avrebbe avuto un impatto maggiore su di me, se il precedente non avesse presentato una struttura così simile.
So che la Cornwell preferisce scrivere in prima persona dal punto di vista della Scarpetta. Ammetto che, invece, io preferisco i suoi libri in terza persona, poiché le storie sono più aperte e meno statiche, e perché così lei ha l’opportunità di esplorare dei punti di vista diversi da quelli di Kay Scarpetta che, diciamocelo, non è proprio simpaticissima!
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