Stupisce senza essere credibile
Nonostante la valutazione positiva data complessivamente a questo romanzo, sono tanti gli aspetti che mi hanno lasciato perplessa.
La trama è quella del classico serial killer superefferato che per motivi imperscrutabili se la prende con le coppie, ma con la peculiarità di far scegliere a uno dei due chi deve morire, e finisce per iniziare un gioco perverso con la polizia.
Una delle prime cose che ho notato durante la lettura è la totale assenza di un riferimento geografico. Ho capito che era ambientato nel Regno Unito solo quando hanno parlato di sterline, ma per il resto ho avuto difficoltà a visualizzare un’ambientazione precisa. Questa cosa mi ha disorientato e ha dato da subito alla storia un senso di irrealtà.
A un certo punto ho intuito l’identità l’assassino, ma non tutta la sua complessa macchinazione e tuttora mi sfugge il senso di quest’ultima, poiché è autodistruttiva. Si ha l’impressione che il 50/50 Killer non avesse alcuna intenzione di farsi beccare, eppure finisce per fare a se stesso delle cose che gli avrebbero reso la vita più difficile in futuro, se fosse sfuggito alla polizia. Non capisco questo eccesso solo per mettere in atto un piano così complesso. Non capisco il suo dare una tale importanza a questo piano, nonostante le circostanze. L’autore non è riuscito a convincermi. Questo personaggio è così centrale nella storia che non mi accontento della follia come motivazione per le sue azioni.
Non mi ha convinto neppure il suo comportamento alla fine. È stato troppo facile batterlo e ciò mi ha dato ben poca soddisfazione. Mi è sembrata una soluzione escogitata con l’unico scopo di portare a compimento la storia, ma che manca di una propria logica intrinseca.
Non sono riuscita a legare in particolare con nessun personaggio, inclusa la voce narrante in prima persona (Mark, il giovane detective). Ho trovato l’interiorità di ognuno di essi poco convincente, anche perché supportata da una realtà esterna priva di riferimenti chiari.
In particolare ho trovato irritante il comportamento paranoico di Eileen (la moglie del capo di Mark). Non ne capivo la necessità, finché alla fine mi è stato chiaro che si trattava soltanto di un espediente per creare un colpo di scena. Anche in questo caso è assente una logica intrinseca o almeno non è stata mostrata a sufficienza nel testo da renderla credibile.
Ho odiato l’uso del nome all’inizio di ogni sezione del libro per indicare il personaggio del punto di vista. È assolutamente superfluo e di conseguenza fastidioso. Sembra che l’autore pensi che i lettori non siano in grado di desumerlo dal testo, il che è grave perché presuppone che ritenga il proprio testo non ben scritto o i lettori non abbastanza intelligenti (o entrambe le cose!).
Nel complesso ho trovato la storia deprimente e non solo per il fatto che inizia e finisce con un funerale.
Sono stata tentata di dargli solo tre stelle, ma alla fine sono salita a quattro, perché l’inganno del killer è davvero ben pensato e sviluppato e bisogna dare merito all’autore di una notevole originalità, non tanto nell’idea in sé, ma nel modo in cui è riuscito a metterla in atto.
Una nota sulla traduzione: perché chiamare il personaggio che dà il titolo al libro 50/50 Killer, all’inglese, invece che Killer 50/50, come sarebbe stato corretto in italiano? Mistero.
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