Inusuale ma piacevole
Ciò che mi piace di Matheson è che ogni volta nei suoi libri riesce a tirare fuori qualcosa di originale che trascende i generi, ma allo stesso tempo ognuno di essi ha in comune con gli altri una serie di elementi legati allo stile, alle caratteristiche dei protagonisti e alla totale imprevedibilità delle storie, che rifuggono qualsiasi cliché.
“Altri regni” è una favola che mescola elementi del fantastico, romantici e storici, che non si sviluppa né finisce come ci si aspetterebbe.
Tra gli elementi che mi hanno fatto apprezzare questo romanzo c’è il tono colloquiale e spesso ironico con cui il giovane protagonista narratore si rivolge al lettore. Si crea tra i due una sorta di complicità alimentata dalla curiosità di leggere quale altra assurdità si sarà inventato nella pagina successiva.
A ciò si aggiunge la ricostruzione storica, sebbene limitata dal punto di vista del protagonista, che riesce a portarci nelle trincee della Prima Guerra Mondiale e poi in un paesino dell’Inghilterra.
E poi c’è elemento fantastico (in questo caso si parla di fate e streghe) che viene mescolato alla realtà.
Il tutto viene messo insieme con una narrazione sotto forma di resoconto, che avevo già visto in “Appuntamento nel tempo”. Rispetto a quest’ultimo “Altri regni” è meno riuscito nell’ambito della sospensione dell’incredulità. Neanche per un momento mi sono dimenticata che stavo leggendo una storiella inventata, nonostante il fatto che il protagonista ripetesse che era tutto vero. Anzi, proprio per questo motivo. Ma d’altronde penso che fosse voluto dall’autore, che, già in tarda età, scrisse questa favola in onore della moglie Ruth Ann (da cui prende il proprio nome la creatura fatata Ruthana), come dice nella dedica. E come tale deve essere considerata.
Proprio per questa sua decisione di scrivere un libro che sentiva suo, piuttosto che qualcosa che sarebbe potuto piacere al pubblico, apprezzo ancora di più questo autore. Mi spiace solo che adesso avrò un suo libro in meno da leggere.