Di Carla (del 11/11/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 133 volte)
Nelle scorse settimane ho guardato su Amazon PrimeVideo la prima stagione della serie “Those About to Die”, ambientata nella Roma del 79 d.C e ispirata al romanzo omonimo di Daniel P. Mannix, che aveva a sua volta ispirato “Il Gladiatore” di Scott (ma la storia della serie e quella del film non hanno praticamente nulla in comune).
Vengono narrate alcune vicende relative all’ultimo periodo di vita di Flavio Vespasiano e a quello immediatamente successivo alla sua morte, avvenuta proprio nell’anno della famosa eruzione del Vesuvio che portò alla distruzione di Pompei.
La serie include ingredienti già visti in altre simili, come “Roma” (bellissima!) e “Spartacus” (bella la prima stagione e poi sempre peggio), con intrighi politici, violenza a fiumi (di sangue!), sesso e una continua sensazione che i personaggi possano da un momento all’altro morire male.
In linea generale mi è piaciuta, ma specifico, prima di tutto, di averla vista nella versione originale in inglese. Ho letto in giro che il doppiaggio non è un granché, soprattutto quello degli attori italiani, che immagino abbiano doppiato se stessi, ma non posso commentare su questo aspetto.
Cosa mi è piaciuto?
La ricostruzione dell’antica Roma a livello visivo, soprattutto le riprese panoramiche, ovviamente create in computer grafica, ma anche le scelte di fotografia nelle singole ambientazioni dove si muovono i personaggi sono molto suggestive.
Molto belle, in particolare, le scene delle corse con le bighe.
Purtroppo in alcuni casi l’uso del computer si vede, soprattutto quando entrano in scena gli animali che interagiscono con gli attori in carne e ossa.
Fin troppo realistici invece gli aspetti più truculenti dei combattimenti tra i gladiatori.
Il titolo si riferisce al famoso saluto attribuito a questi ultimi (morituri te salutant) rivolto all’imperatore prima di iniziare a combattere e devo dire che mi ha fatto un po’ ridere sentirlo pronunciato in inglese.
All’inizio ho avuto difficoltà ad affezionarmi ai personaggi, anche perché sono tanti. In generale sono tutti più o meno negativi e chi inizialmente non lo è finisce per rivelarsi come tale con l’andare avanti della storia. Tutto è permeato da un senso di violenza e cattiveria.
Alla fine quello che è riuscito a conquistarmi è Tenax, l’allibratore che viene definito il re di Suburra e che finisce per avere una parte nei conflitti di potere tra i due figli di Vespasiano.
Nel complesso c’è qualcosa che non mi ha convinto fino in fondo nel modo in cui è stata sviluppata la trama, ma non mi sento di bocciare la serie, perché in fin dei conti l’ho guardata con interesse dall’inizio alla fine.
Ciò di cui mi rendo conto, invece, è che tutte queste serie ambientate nell’antica Roma finiscono per darci la stessa immagine dei nostri antenati: cattivi, violenti, volubili, incapaci di una qualsiasi forma di fedeltà, vendicativi, depravati, freddi e calcolatori. Di certo sono tutti aspetti che favoriscono il conflitto e, d’altronde, le storie per esistere richiedono la presenza di un conflitto. Ma credo che un popolo che è stato in grado di costruire un impero così esteso, anche e soprattutto grazie al proprio ingegno e alle tecnologie derivate da quest’ultimo, abbia in sé tanti altri aspetti da mostrare che sono decisamente più positivi e interessanti.
Ecco, mi piacerebbe che anche questi aspetti trovassero posto in unaserie di genere storico.
Chiedo troppo?
Renderebbe tutto un po’ più tridimensionale e realistico e toglierebbe la fastidiosa sensazione di vedere sempre gli stessi ingredienti rimescolati all’infinito anche se in un contesto diverso, che magari è pure bello, ma finisce per apparire vuoto, senz’anima.
Di Carla (del 07/10/2024 @ 09:30:00, in Musica, linkato 203 volte)
Non posso esattamente definirmi una fan della band, perché non l’ho mai seguita con particolare attenzione, ma ascolto la loro musica da quando esistono e mi piace molto. Ho persino il loro primo album su CD. E nel 2017 fui molto dispiaciuta nell’apprendere la notizia della morte di Chester Bennington.
Al di là della tragicità dell’evento, che mi fece un certo effetto (Chester era più giovane di me di un paio d’anni, ne aveva solo 41 quando si è tolto la vita), tra le varie cose, ricordo di aver pensato che non avrei mai avuto l’occasione di vederli suonare dal vivo.
Adesso Mike Shinoda e gli altri (tranne uno) hanno deciso di portare avanti il gruppo con una nuova voce, Emily Armstrong, e un nuovo album, “From Zero”, che uscirà il 15 novembre.
Quando l’ho saputo, ho subito pensato che fosse un’idea sensata optare per una voce femminile, in modo da non dare l’impressione di voler soppiantare Chester, ma mi chiedevo come fosse possibile per una donna cantare quei brani.
Be’, un paio di settimane fa ho visto su YouTube una registrazione del primo concerto a Los Angeles e ho dovuto ricredermi.
È possibile eccome e lei è bravissima!
Le sue doti tecniche e la sua estensione vocale la rendono, a mio parere, una buona erede di Chester.
È chiaro che si tratta di qualcosa di diverso, ma penso che sia decisamente meglio di niente.
Sono curiosa di ascoltare il nuovo album e, soprattutto, sto iniziando a cullare l’idea di vederli finalmente dal vivo.
Il solo fatto che esista questa possibilità è proprio una bella cosa!
Se non avete avuto ancora modo di ascoltare la voce di Emily Armstrong e avete un paio di ore di tempo libero, potete farlo qui sotto.
È il video del concerto in questione.
Se invece avete solo un’oretta, potete guardare questa registrazione di un live set più breve, quello con cui hanno presentato la cantante, disponibile sul canale YouTube della band. La qualità è decisamente migliore, poiché si tratta di un prodotto professionale.
Di Carla (del 23/09/2024 @ 09:30:00, in Cinema, linkato 209 volte)
“Challengers” è un film di Luca Guadagnino (aprile 2024).
Ma che bello!
Finalmente un po’ di cinema con la C maiuscola, in cui gli strumenti della settima arte vengono sfruttati al meglio per raccontare una storia nata e sviluppata per il grande schermo.
Ciò che lo rende bello non è solo la storia in sé (che è comunque ben congegnata), ma il modo in cui viene mostrata al pubblico un pezzetto alla volta con una serie di flashback sapientemente inseriti lungo il corso di un incontro di tennis.
I protagonisti del triangolo amoroso rivelano scena dopo scena la propria natura e quella del rapporto che li lega, attraverso dialoghi efficaci, piccoli dettagli, una colonna sonora a dir poco perfetta e un montaggio da urlo.
E poi ci sono alcune chicche pazzesche, come in una delle ultime scene, quando il punto di vista della cinepresa diventa quello di uno dei giocatori e poi dell’altro, finisce sotto il campo, come se la sua superficie fosse di vetro, e a un certo punto passa a quello della pallina da tennis.
Insomma, che vi piaccia o meno il tennis, ve lo consiglio, ma, se amate e seguite il tennis, non potete perdervelo.
Anche se il film non è sul tennis, che è solo il contesto in cui è narrato il triangolo amoroso, se conoscete un po’ questo sport e i suoi protagonisti del presente e del passato, non potranno sfuggirvi quegli elementi della realtà (fatti e persone) che hanno ispirato alcuni aspetti della storia e soprattutto dei personaggi.
Di Carla (del 19/09/2024 @ 09:30:00, in Cinema, linkato 222 volte)
Ho visto “Beetlejuice Beetlejuice” ed era davvero tanto tempo che non mi divertivo così al cinema!
Parto dalla premessa che io sono una fan di Tim Burton e adoro “Beetlejuice”, che è senza dubbio il film che ho visto più volte in assoluto. C’è stato un periodo negli anni 90 in cui conoscevo praticamente tutte le battute della versione in italiano a memoria, ma, soltanto quando negli anni zero ho comprato il DVD e ho potuto guardarlo in lingua originale, ne ho potuto comprendere fino in fondo la genialità.
Ma, proprio perché amo questo film, da una parte ero felice per il sequel e dall’altra temevo che potesse deludermi, dopo oltre 30 anni di attesa (il film è del 1988, ma io lo vidi la prima volta nei primi 90).
Fortunatamente si trattava di un timore infondato.
Per prepararmi adeguatamente, qualche ora prima di andare al cinema mi sono rivista “Beetlejuice”, anche perché dall’ultima volta erano passati forse 15 anni, e si tratta di una cosa che consiglio a chiunque sia intenzionato a vedere il sequel. Se non avete mai visto il primo, dovete vederlo, perché i collegamenti sono troppi e viene dato per scontato che lo spettatore li conosca. Ma, anche se l’avete visto, non è una cattiva idea rinnovare un po’ quel ricordo.
Devo dire che, man mano che lo riguardavo, mi ricordavo tutto, ma fissare nella memoria l’aspetto visivo del film è risultato essenziale nel godimento della visione del sequel.
Infatti, meno di un’ora e mezza dopo aver terminato la visione mi trovavo nella mia poltrona reclinabile al cinema e partiva la proiezione. L’impressione che ho avuto è di totale continuità tra le due opere, a iniziare dalla schermata col logo della Geffen e dal font usato per i titoli iniziali che scorrevano sul paesaggio di Winter River, mentre veniva riprodotta l’inconfondibile colonna sonora di Danny Elfman.
Successivamente ad accogliere lo spettatore c’è Winona Ryder, che 36 anni dopo riprende il personaggio di Lydia Deetz. Ed è proprio lei, Lydia. È come se lo fosse sempre stata. Semplicemente è cresciuta, come lo sono io, d’altronde.
Un’altra cosa che temevo era di essere travolta da un senso dolceamaro di nostalgia nei confronti di un tempo cui apparteneva una me adolescente che adesso non esiste più, ma non è stato affatto così.
Mi sono sentita a casa, perché quella particolare parte di me esiste ancora, e sono stata felice di sapere cos’era accaduto a Lydia e agli altri personaggi in tutto questo tempo, come pure di seguirli in questa nuova avventura.
Che dire poi di Michael Keaton?
Grazie al pesantissimo trucco è quasi impossibile notare la differenza tra come era negli anni 80 e come è adesso, e ciò aggiunge un tocco di “realismo” al tutto (le virgolette sono d’obbligo!).
Non posso dirvi nulla della storia, ma proprio nulla, perché è bello vederla così. Tutto sommato, il trailer si limita a rivelare i personaggi coinvolti, ma non in che modo questi si muovono nella storia.
Posso solo dirvi che sono rimasta per tutto il tempo con gli occhi incollati allo schermo, dimenticandomi di chi fossi e di dove fossi, proprio come mi accadeva quando andavo al cinema negli anni 90, e che ho riso davvero tanto per gran parte dei 105 minuti del film.
E ancora di più nell’ultimo quarto d’ora, incluso lo spumeggiante epilogo (ma è davvero finita la storia?).
Sono perfettamente consapevole che in questa prima visione ho colto soltanto in minima parte tutti i dettagli di cui questo film è pregno. Con “Beetlejuice” ogni volta che lo rivedevo, anche dopo la quarantesima, mi capitava sempre di individuarne qualcuno che mi era sfuggito. Mi aspetto che accada lo stesso con “Beetlejuice Beetlejuice” e non vedo l’ora di poter mettere le mani sul Blu-ray.
Speriamo esca presto, come pure spero che pubblichino una versione CD della colonna sonora per aggiungerla alla mia collezione.
Concludo dicendo che sono davvero felice di constatare che il cinema, quello vero, esiste ancora grazie a menti esplosive e folli come quella di Tim Burton.
Viva il cinema, viva Tim Burton, viva Beetlejuice!
Anche in questo caso nelle scorse settimane ho guidato i miei follower sui social network in un breve tour tra le sue pagine.
Adesso ne ripropongo qui una piccola panoramica.
Dopo aver rinnovato il mio sito principale, infatti, ho iniziato a lavorare a una nuova versione del minisito dedicato alla mia serie di fantascienza.
I contenuti sono più o meno gli stessi, ma ho cambiato il layout, che ora ha un aspetto più ordinato e dinamico, e la navigazione, che consente di trovare in maniera più agevole i contenuti e soprattutto di usare il sito senza problemi anche sui dispositivi mobili.
Facendo clic sulle singole immagini si accede al rispettivo post della mia pagina Facebook in cui è possibile visualizzarle alla massima risoluzione.
Quello che vedete in alto è uno screenshot della parte superiore della pagina HOME.
Nella pagina, scorrendo in basso, è già possibile trovare un’anteprima dei contenuti più importanti: informazioni su tutti i libri, link per l’acquisto e le opinioni dei lettori.
Poi potete approfondire entrando in una delle sezioni del menù:
La seconda pagina è quella dell’INTRODUZIONE, di cui vedete la porzione superiore nello screenshot in alto.
La pagina include:
1) una breve introduzione su di me;
2) l’introduzione a Deserto rosso (storia, nascita ed evoluzione della serie);
3) l’introduzione a L’isola di Gaia;
4) l’introduzione a Ophir. Codice vivente;
5) l’introduzione a Sirius. In caduta libera;
6) l’introduzione a Nave stellare Aurora.
I testi delle introduzioni alle cinque parti del ciclo sono quelli riportati all’inizio dei singoli libri e consentono di farsi un’idea del contenuto, ma anche, in parte, di quello che è successo nei libri precedenti, quindi attenzione a eventuali spoiler!
Le pagine dei quattro libri della quadrilogia di Deserto rosso includono anche i rispettivi booktrailer e nel caso del primo un lettore audio con la lettura della prima scena.
Sul fondo di ogni pagina è possibile andare direttamente a quella del libro successivo in ordine di pubblicazione senza dover passare dal menù.
Lo screenshot è riferito all’ultima parte del ciclo: Nave stellare Aurora.
Potete iniziare la navigazione dalla pagina del primo libro di Deserto rosso qui:
La sezione successiva è quella dei PERSONAGGI e include una serie di elenchi divisi per le cinque parti del ciclo.
Per evitare anticipazioni sulla trama, solo per “Deserto rosso” riporto accanto ai nomi dei riferimenti relativi a ogni singolo personaggio, mentre per tutte le altre parti del ciclo mi limito ha elencarne i nomi. Anzi, l’elenco relativo a “L’isola di Gaia” non è completo, di proposito, poiché sarebbe di per sé troppo spoilerante!
Ho messo a disposizione questi elenchi per semplificare la lettura dei libri, soprattutto quando non tutti erano stati pubblicati e quindi c’era il rischio che i lettori si dimenticassero di qualche personaggio, ma credo che possano essere utili anche adesso per orientarsi tra i tantissimi nomi che si ritrovano davanti nelle pagine dei vari volumi.
Andando avanti nel menù, troviamo la voce RECENSIONI.
Negli anni la serie ha ricevuto tantissime recensioni, che indicano ciò che i lettori hanno apprezzato dei singoli libri. Ho pensato di raccoglierne alcune (o alcuni passaggi, nel caso fossero particolarmente lunghe) in questa pagina per consentire a chi vorrebbe leggerli, ma non sa ancora se rientrano nei suoi gusti, di farsi un’idea su cosa aspettarsi.
Laddove possibile, ho inserito anche il nome (o nickname) del recensore e il link dove è stata pubblicata la recensione.
Le recensioni sono suddivise per libro ed è possibile passare direttamente a quelle di un libro specifico utilizzando i link a inizio pagina, visibili anche nello screenshot.
La pagina è raggiungibile direttamente a questo link:
Facendo clic sulla voce successiva del menù principale del sito, STAMPA, si arriva alla pagina dedicata alle rassegne stampa dei libri.
Al suo interno potete trovare:
- Articoli in evidenza, dove sono elencati il titolo, la testata e il link degli articoli più interessanti che sono stati pubblicati su magazine, web magazine e quotidiani;
- Rassegne stampa suddivise per libro, dove sono raccolti i link alle rassegne stampa complete di ciascun volume, che sono ospitate sul mio blog.
Per fare questo screenshot, ho fatto scorrere un po’ in basso la pagina, in modo che scomparisse l’immagine dell’header e potessi mostravi un’area maggiore del testo.
Qui è raccolto un sacco di materiale di approfondimento sui libri.
La sezione include:
◾ la cronologia del ciclo dell’Aurora (sia quella di pubblicazione che quella della storia);
◾ i booktrailer dei 4 volumi di “Deserto rosso”;
◾ i comunicati stampa relativi all’uscita di ogni libro (casomai foste curiosi di leggerli);
◾ il podiobook della scena di apertura del primo libro (la prima scena letta da me);
◾ una raccolta di sfondi da utilizzare su PC, tablet o cellulare;
◾ la bibliografia completa di tutti i libri del ciclo (con tanti spunti di lettura e visione);
◾ la prefazione a “Deserto rosso” di Omar Serafini (fondatore e podcaster di FantascientifiCast.com);
◾ un’intervista ad Anna Persson (sì, a uno dei protagonisti della serie!);
◾ le raccolte di immagini relative ai libri e ai loro lettori ospitate su Pinterest;
◾ un link al gruppo di discussione su Facebook.
Per realizzare questo screenshot, ho fatto scorrere un po’ in basso la pagina, in modo che scomparisse l’immagine dell’header e potessi mostravi un’area maggiore del testo.
Per visualizzare direttamente la pagina sul materiale extra, seguite questo link:
Be’, credo proprio che il titolo sia abbastanza chiaro!
Al suo interno, infatti, sono raccolti tutti i link disponibili per acquistare i singoli libri online.
Sono inoltre riportate informazioni per un eventuale acquisto in libreria e anche per i librai che volessero offrire questa opportunità ai propri clienti.
A fondo pagina, in tutto il sito, c’è anche un link intitolato “Biblioteche”, che porta alla pagina del mio sito principale in cui spiego ai bibliotecari come ottenere maggiori informazioni sui miei libri e sul loro contenuto.
Anche in questo caso per fare lo screenshot ho fatto scorrere un po’ in basso la pagina.
Se volete passare direttamente a questa pagina, eccovi il link diretto:
Di Carla (del 09/09/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 184 volte)
La trilogia “Deutschland” (le cui tre stagioni si intitolano rispettivamente “Deutschland 83”, “Deutschland 86” e “Deutschland 89”) è una serie Sky Original che racconta la fase finale della DDR, la Germania dell’Est, fino alla caduta del Muro di Berlino.
Si tratta di una serie spionistica in cui la finzione si va a innestare nella storia vera.
Il protagonista è il giovane Martin Rauch (interpretato dal bravissimo Jonas Nay), diventato, suo malgrado, spia della HVA (un ramo della Stasi) e che nel tempo diventerà molto bravo nel suo lavoro.
Nella prima stagione viene costretto a infiltrarsi nell’Ovest, dove si ritrova coinvolto in una serie di situazioni rocambolesche e tripli giochi carpiati, ma in un modo o nell’altro finisce per cavarsela. La sua storia continua tre anni dopo in Africa, dove, se possibile, riesce a complicarsi l’esistenza ancora di più. Quindi arriva il 1989, che segna il capitolo finale del suo paese, che porterà alla riunificazione della Germania. E lui è lì, quando cade il Muro.
La ricostruzione storica è molto accurata nelle ambientazioni, nei costumi e persino nelle musiche. La sigla della serie è “Major Tom (Coming Home)” di Peter Schilling, che, se siete abbastanza grandi, riconoscerete subito.
L’argomento può sembrare serio e drammatico, e ovviamente lo è, ma il taglio spesso ironico con cui è stata sviluppata questa serie, a partire dai personaggi fino alle situazioni estreme in cui si vengono a trovare, le conferisce una marcia in più che ti costringe a stare incollato allo schermo, tenendoti in tensione e scaricando tale tensione di tanto in tanto con una bella risata.
Oltre a divertire, la visione di questa serie è anche una buona occasione per rispolverare o imparare qualcosa sulla storia recente, ma anche per riflettere sui parallelismi con il presente, poiché il tempo passa ed eventi sempre diversi hanno luogo, eppure certi meccanismi tendono inesorabilmente a ripetersi.
Ho visto questa serie nel corso degli anni e ciò ha fatto sì che qualche dettaglio che collega le stagioni mi sia inevitabilmente sfuggito, anche perché è caratterizzata da numerose storie intrecciate che coinvolgono tanti personaggi diversi (e un sacco di nomi!). Per questo motivo vi consiglio di vederla tutta di seguito.
La trilogia di “Deutschland 83”, “Deutschland 86” e “Deutschland 89” è disponibile on demand su Sky e Now.
Di Carla (del 04/09/2024 @ 09:30:00, in Cinema, linkato 391 volte)
Qualche giorno fa ho visto “Trap” al cinema, l’ultimo film di M. Night Shyamalan, con Josh Hartnett nel ruolo del protagonista.
Cooper porta la figlia adolescente al concerto di una popstar, Lady Raven (interpretata da Saleka, cantante americana figlia del regista), come tanti altri genitori, ma una volta lì si accorge che c’è qualcosa di strano. Nel luogo del concerto c’è uno spiegamento eccessivo di forze dell’ordine.
Il problema è che Cooper non è un genitore come gli altri: lui è “il macellaio”, un serial killer.
La prima ora del film è veramente eccezionale. Anche se il trailer aveva già spoilerato l’elemento alla base della storia (l’identità di Cooper), il modo in cui viene mostrato allo spettatore è magistrale.
Le cose diventano un po’ più difficili nella seconda parte del film, ma nel complesso è un ottimo thriller, che mi ha tenuto incollata allo schermo per tutta la sua durata (complice anche l’assenza di pausa tra il primo e il secondo tempo).
Non posso dirvi molto su come si sviluppa la storia, poiché il bello è proprio scoprirlo sul momento, ma posso dirvi cosa mi è piaciuto di più e di meno.
Sicuramente l’interpretazione di Josh Hartnett è fantastica. Il modo con cui passa da padre premuroso a mostro con uno sguardo mette i brividi. Il bello è che, nonostante venga svelata la sua identità di serial killer, agli occhi dello spettatore rimane lui il protagonista, l’eroe della storia (chiaramente un anti-eroe), mentre le forze dell’ordine insieme alla profiler che le guida assumono il ruolo di cattivi. Vogliamo che la scampi, anche perché le sue nefandezze vengono giusto accennate, senza mostrare nulla che ce lo faccia veramente odiare.
Nel complesso la storia è ben raccontata attraverso le immagini, nel modo di incastrare le scene e nelle scelte di inquadratura, il tutto contornato dalla musica di Lady Raven/Saleka.
Ci sono però alcune cose che funzionano meno.
Tanto per iniziare, la motivazione che spinge la polizia a tentare di individuare un uomo di cui non conoscono il volto a un concerto dove ci sono la bellezza di circa 3000 altri uomini è debole (un pezzo di scontrino). Per cercare di verificare che ognuno di essi potesse essere o meno la persona che cercavano, nella realtà ci sarebbe voluto davvero troppo tempo. Inoltre, c’era il rischio tutt’altro che improbabile che lui non fosse affatto lì (e se fosse stata la madre, o chiunque altro, ad accompagnare la figlia al concerto?).
Inoltre, durante lo svolgimento del film ci sono diverse forzature. Per esempio, Cooper riesce troppo facilmente a fare amicizia con persone che lavorano lì e che involontariamente lo aiutano. D’altra parte, però, chi gli dà del filo da torcere, creando un colpo di scena, potrebbe fare qualcosa di più semplice e meno rischioso, ma che non permetterebbe di mantenere altrettanto elevata la tensione del film.
Infine, sono rimasta un po’ delusa dal colpo di scena finale. Quando vado a vedere un film di Shyamalan mi aspetto un super colpo di scena nella parte finale che fa macerie di qualsiasi aspettativa precedente. Nel film ci sono diversi colpi di scena interessanti e alla fine c’è un colpo di scena che dovrebbe essere più potente degli altri, ma in realtà non funziona affatto. È troppo spiegato dal personaggio che ne è autore e, onestamente, la spiegazione e le sue conseguenze sono fin troppo tirate per i capelli. E poi ha un che di già visto.
A dirla tutta, nella mia mente avevo elaborato una teoria ancora più sconvolgente e ci sono rimasta un po’ male nel constatare che il regista non avesse voluto spingersi così in fondo nel caratterizzare il protagonista. Cooper è il classico serial killer con un’infanzia difficile di cui però non viene detto nulla di veramente specifico e l’assenza di un vero approfondimento del personaggio (il protagonista!), che avrebbe aumentato la quota drammatica della storia, è una mancanza che si fa sentire proprio nelle fasi finali del film.
L’unica nota positiva è il finale aperto anche se solo appena accennato, quasi che Shyamalan non abbia voluto prendersi totalmente la responsabilità di lasciare una porticina aperta sulla sorte di un serial killer.
Peccato.
Comunque mi sono divertita e mi sento di consigliarvi di andare a vederlo al cinema, proprio per godere del massimo coinvolgimento possibile.
Di Carla (del 02/09/2024 @ 09:30:00, in Cinema, linkato 539 volte)
Il film “Lola” (disponibile su RaiPlay) è un mockumentary, cioè un documentario finto, di fantascienza basato sul ritrovamento di un filmato misterioso relativo a un passato alternativo.
Le protagoniste sono due sorelle, Tomasina e Martha, che nel 1938 ereditano dal padre un’apparecchiatura (chiamata Lola, come la madre) in grado di captare le trasmissioni radio e televisive del futuro. Inizialmente la utilizzano per divertimento, ma poi pensano che possa tornare utile per fornire informazioni alla propria patria dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Il problema è che, così facendo, finiranno per modificare quello stesso futuro con conseguenze catastrofiche.
Non vi dico altro. Il film in sé dura molto poco, appena 75 minuti, ma vi assicuro che è una vera chicca, sia come idea che come è stato strutturato.
All’inizio può essere un po’ straniante seguire la storia con tutti questi filmati in bianco e nero, in parte danneggiati, ma poi ci sia abitua. E si rimane affascinati dal modo in cui viene mescolato il girato del film con filmati reali dell’epoca.
Non è semplicemente una storia ucronica, poiché a essa si aggiunge l’uso dei paradossi temporali, che di solito vediamo nelle storie in cui si viaggia nel tempo. Qui però a viaggiare non sono le persone, bensì le trasmissioni radiofoniche e televisive.
Di Carla (del 26/08/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 273 volte)
“Then You Run” è una serie Sky Original del 2023 di produzione britannico-tedesca, disponibile al momento in Italia (su Sky e Now) solo in versione originale con i sottotitoli attivabili in italiano o in inglese.
Sembrerebbe una miniserie, poiché ha 8 episodi ed è tratta da un romanzo (“You” di Zoran Drvenkar).
La protagonista, Tara, orfana di madre, a seguito della morte della nonna deve trasferirsi a Rotterdam per vivere col padre. Tre sue amiche e compagne di scuola (sono teenager) partono per fare una breve vacanza nei Paesi Bassi, ospiti a casa sua, ma la situazione rapidamente precipita. Al loro arrivo, Tara non risponde al telefono e, quando finalmente raggiungono la sua villa, fanno una macabra scoperta.
Braccate da una banda di spacciatori, le quattro ragazze sono costrette a fuggire da Rotterdam in Germania e poi in Norvegia.
A peggiorare le cose, durante la loro fuga sono coinvolte nella morte di una persona molto vicina a un serial killer.
Si tratta di una via di mezzo tra un thriller on the road e una commedia nera.
Le protagoniste si ritrovano nelle situazioni più assurde e, talvolta, veramente ridicole e, mentre i cadaveri si accumulano, ne escono sempre più incattivite e anestetizzate alla violenza.
Una volta che si affronta la visione avendo ben chiaro di che tipo di storia si tratta, ci si diverte di fronte ai continui colpi di scena del tutto imprevisti.
L’estremizzazione della violenza, del linguaggio e della cattiveria dei personaggi, tale che bisogna essere almeno un po’ cattivi se non si vuole morire male e che chi uccide gli innocenti può tranquillamente farla franca, ne fanno un’opera decisamente europea e che non avremmo mai potuto trovare tra i prodotti americani.
Che dire? Mi sono divertita a guardarla e sono rimasta inchiodata fino all’ultimo minuto davanti allo schermo, poiché non avevo la minima idea di cosa sarebbe accaduto nel minuto successivo.
Di Carla (del 19/08/2024 @ 09:30:00, in Cinema, linkato 249 volte)
“L’ultima vendetta” è un film di Robert Lorenz e con Liam Neeson.
La storia, ambientata nel 1974 durante i “Troubles” in Irlanda del Nord, è quella di Finbar Murphy, un vedovo che conduce un’esistenza tranquilla in una cittadina costiera, tra il pub, le gare di tiro con l’amico poliziotto (Ciarán Hinds) e le chiacchierate con la vicina di casa.
Ma Finbar è in realtà un killer su commissione che ne ha abbastanza di questo lavoro e vuole andare in pensione. Dovrà però rimandare la sua intenzione a causa dell’arrivo in città di un gruppo di terroristi dell’IRA che si sono appena resi colpevoli di un attentato a Belfast, in cui, per errore, sono morti anche dei bambini.
Siamo abituati a vedere Neeson in storie di azione dove c’è di mezzo una vendetta e probabilmente questo è il motivo per cui è stato scelto questo titolo in italiano. L’originale era “In the Land of Saints and Sinners” (nella terra di santi e peccatori), che invece rende molto meglio l’anima drammatica della storia e il desiderio di redenzione di cui è impregnata.
In essa si uniscono, infatti, uno sguardo attento a un periodo storico ben particolare, le ambientazioni suggestive dell’isola di smeraldo e l’elemento di azione e violenza legato al tema del terrorismo e alla figura di vendicatore del protagonista.
Il tutto è così ben misurato, che ne viene fuori un’opera gradevole e per niente scontata nello sviluppo e nella conclusione.
Il risultato è poco meno di due ore di ottimo cinema, che passano in un batter d’occhio nel seguire le vicende di una serie di personaggi imperfetti, tutti però ben costruiti e credibili, attraverso una storia che, una volta conclusa, lascia lo spettatore con un dolceamaro senso di soddisfazione.
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