Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carla (del 18/01/2013 @ 02:17:06, in Lettura, linkato 3600 volte)
Nostalgia dei Cyloni
Lo ammetto, nel dare cinque stelline a questo libro ho esagerato, ma io sono di parte e il mio giudizio deve essere in ogni caso soggettivo.
Si tratta di uno di quei romanzi, definiti tie-in, che vengono scritti unicamente per far spendere soldi a noi fan della serie, ma non aggiungono nulla alla storia. Anzi è corretto dire che "Il segreto dei Cyloni" è pieno di incongruenze rispetto a "Battlestar Galactica", ma il motivo è semplice: è stato scritto quando ancora la serie non era finita, prima che certe decisioni sulla trama venissero prese o modificate.
Come tutte le serie TV anche "Battlestar Galactica" è partita da un concept iniziale, che negli anni si è evoluto, anche in base al gradimento del pubblico. Questo ha generato qualche piccola incongruenza al suo interno, anche se veramente trascurabile, ma ha influenzato anche prodotti come "Il segreto dei Cyloni". E nell'iniziare a leggere questo libro bisogna avere chiaro in mente questo fatto. Una volta che si accetta ciò, alla fine non ha molta importanza se quanto narrato sia tutto plausibile. Possiamo scegliere di ignorare ciò che non va e divertirci col resto, perché questo libro serve a un unico scopo: divertire i fan di "Battlestar Galactica".
Con me ci è riuscito. Affamata come sono di nuove trame basate sui personaggi della serie e nostalgica nei confronti degli stessi Cyloni (sono sempre stata dalla loro parte!), mi sono divertita moltissimo a leggere questo romanzo che si configura, come è ovvio, nel genere della space opera e che dà la sensazione, con un po' di fantasia, di ritrovarsi in quelle ambientazioni televisive.
La storia ha luogo nel passato rispetto alla serie, quando Adamo e Tigh erano giovani ufficiali. I protagonisti però non sono loro, ma servono solo a creare il contorno in cui si muove Tom Zerek. Anche lui c'è nella serie, ma il background proposto in questo libro non corrisponde con quello usato in "Battlestar Galactica". Poco importa. Il personaggio è ben riconoscibile e nella sua versione giovane risulta molto godibile da seguire.
Insomma, se comprate questo libro in cerca di un grande romanzo di fantascienza, lasciate perdere. Questo è un libro per fan, appena un gradino più in alto di una fan-fiction, e come tale va considerato. Da qui le cinque stelline, tutte meritate, perché da fan l'ho divorato in pochi giorni e mi è piaciuto. Ed è solo questo ciò che conta.
Continua il blog tour di "Deserto rosso - Abitanti di Marte" che giunge alla sua quarta tappa (l'ottava in assoluto di "Deserto rosso"). Questa volta a ospitare una mia intervista, rilasciata all'inizio di dicembre, non è un blog ma il sito web eBookGratis.net di Alessio Valsecchi, che è uno dei più importanti siti italiani che raccoglie ebook gratuiti di autori indipendenti. All'interno del sito è anche distribuito il mio romanzo gratuito "La morte è soltanto il principio" (trovate qui la pagina a esso dedicata), che proprio da eBookGratis.net ha ricevuto almeno la metà degli oltre 3000 download assoluti.
In questa intervista molto particolare si è ovviamente parlato di ebook, nel perché pubblicare in questo formato, di chi ha lavorato alla creazione dei miei ebook e di come li ho promossi. Ma ci siamo anche soffermati a parlare del mio rapporto con gli ebook, in qualità di lettrice, sia riguardo ai miei store preferiti e il mio ereader. Inoltre ho avuto modo di segnalare alcune opere interessanti disponibili in digitale e alcuni siti che potrebbero risultare utili per chi si vuole cimentare in questo tipo di pubblicazione. Infine ho espresso il mio parere sulla situazione degli ebook in Italia e su cosa ci aspetta per il futuro.
Volete conoscere le mie risposte? Allora allora andare a leggere l'intervista facendo clic sull'immagine o su questo link e condividetela con i vostri amici. Sul sito non è possibile lasciare commenti, ma potete farlo qui.
Vi siete persi le precedenti tappe del tour? Eccovi i link diretti: tappa uno, due e tre. Le tappe del tour di "Punto di non ritorno", invece, le trovate nella pagina della rassegna stampa del primo episodio.
Grazie mille ad Alessio per avermi intervistato! Alla prossima tappa!
Il fantasy è un genere molto amato dai giovani, in particolare nella sua accezione definita urban gothic. Quest’ultima racconta storie caratterizzate dalla presenza di esseri soprannaturali inseriti in contesti contemporanei, in una sorta di mondo alternativo in cui convivono con gli essere umani.
E oggi ho il piacere di ospitare sul blog un’autrice di questo genere, Aurora Torchia, che insieme a suo fratello Alessandro Torchia ha pubblicato il libro “ Favole del crepuscolo”.
Salve Aurora, benvenuta nel mio blog!
È un piacere per me averti qui per parlare un po’ con te del tuo libro e in generale dello urban gothic. Come è nata l’idea di cimentarsi nella scrittura di un romanzo di questo tipo?
Il piacere è mio!
In verità, scrivo libri (o almeno ci provo) fin da quando ero una ragazzina: questo è il primo però che non interrompo dopo solo alcuni capitoli ma porto a compimento.
Io ho sempre amato il genere fantasy e ho sempre scritto storie di questo tipo. Quindi, è stata quasi una scelta naturale orientarsi verso il fantasy anche per questo primo romanzo lungo! Quando ho lavorato alla storia avevo in mente due idee precise: metterci dentro un po’ tutto quello che mi piace, e cercare di creare un’ambientazione originale rispetto ai classici. Per quanto riguarda il primo punto, sono sicura della riuscita. Quanto al secondo… beh, lascio decidere ai lettori!
So che il tema del freak, il cosiddetto mostro, ti è molto caro. Mi chiedevo: anche nel tuo libro attribuisci a esso il significato metaforico di persona diversa dalla normalità? Oltre a essere un’opera di intrattenimento, è corretto dire che con “Favole del crepuscolo” tu e tuo fratello avete voluto anche trasmettere un messaggio riferito alla realtà di tutti i giorni?
Per quanto riguarda me, sicuramente sì. Ma niente prediche, non temete! Non sono il tipo. Con messaggio non intendo il venire a dire alla gente come dovrebbe vivere. Semplicemente, mostro quello che è per me un mondo possibile e auspicabile – un mondo in cui non esistano concetti come normalità. In questo mondo che vorrei, tutti hanno il loro posto e nessuno è da solo.
Probabilmente sono rimasta traumatizzata dal finale di “Edward Mani di Forbice”, e ho deciso di creare un luogo in cui l’amore e il rispetto siano più importanti dell’avere un paio di forbici al posto delle mani e di bucare qualche materasso ad acqua per sbaglio ogni tanto.
L’augurio è che un giorno un mondo simile smetta di essere solo nella mia testa ma riesca a vederlo anche semplicemente camminando per la strada.
Siamo abituati a leggere storie di vampiri, licantropi e simili ambientati nei posti più disparati. La storia del vostro libro invece si sviluppa in quella che è poi la vostra città, Venezia, scelta che a mio parere è azzeccatissima. Nell’immaginario comune, non solo quello degli italiani, Venezia è sempre avvolta da una sorta di alone di mistero, quasi fosse una città senza tempo.
In qualche modo la città stessa vi ha ispirato nella creazione della storia? Ci sono dei luoghi particolari dai quali sono scaturite alcune idee della trama?
Insomma raccontami un po’ del legame tra Venezia e la genesi di questo libro.
Venezia è un luogo effettivamente unico (perdonatemi un po’ di campanilismo): penso sinceramente che non esista un’altra città uguale in tutto il mondo, ed è ricchissima di leggende misteriose. Quindi, avendo a disposizione un simile ambiente, perché non sfruttarlo?
Sono poi particolarmente affezionata a ognuna delle descrizioni, perché sono spesso una resa fantasy di posti che frequentavo andando all’Università: il Midnight Cafè non è niente altro che la versione gotica di un bar molto carino in cui mangiavo spesso con gli amici, per fare un esempio.
Quanto alla descrizione finale di Piazza San Marco, era doveroso che avesse un posto da regina nella storia. Uno dei ricordi più forti, che ho di Venezia di quando ero bambina, sono le campane che suonavano dopo il tramonto, e io col naso all’insù a guardare il campanile. Consiglio a tutti una passeggiata da quelle parti di notte: basterà solo quello a vedere quanto di magico c’è in Italia, senza dover cercare ambientazioni esotiche.
I personaggi del libro sono giovani. Quanto ti sei immedesimata in loro durante la scrittura? Quanto c’è di te nei singoli personaggi?
Questa è una domanda piuttosto difficile per me. Mio fratello ti risponderebbe che assomiglio molto alla protagonista, ma io cerco sempre di rendere i miei personaggi più diversi da me possibile – purtroppo, non sempre ci riesco. È una questione di gusti, immagino: mi diverto molto di più a lavorare su personalità che non hanno nulla a che vedere con la mia.
Ma si, temo che la protagonista Gaia abbia davvero qualcosa di simile a me… tranne l’altezza.
“Favole del crepuscolo” è un romanzo scritto a quattro mani con tuo fratello. Come si scrive un romanzo a quattro mani? Tecnicamente come vi siete organizzati?
Ha funzionato meglio di quanto mi aspettassi! Probabilmente anche grazie al fatto che sul lavoro sono un mastino e non davo tregua a mio fratello finché non scriveva.
In pratica, ho buttato giù una prima stesura del libro, che mio fratello ha riletto aggiungendo sue idee e suoi personaggi. Da qui è iniziata una lunga fase fatta di riletture incrociate, aggiunte, tagli e così via: divertente e sicuramente utile a rendere il libro ancora più vario.
Quali altre persone sono state coinvolte durante la stesura dell’opera nelle sua varie fasi (stesura iniziare, editing, correzione di bozze, rilettura, formattazione, ecc…)?
Devo prima di tutto ringraziare sentitamente un sant’uomo di nome Pierpaolo Cocchi che, nonostante ci conoscessimo pochissimo, ha provveduto a creare una versione epub del libro.
Poi non posso non citare la mia amica Erica, che ha letto questo libro tanto da saperlo a memoria…
Ultimo ad averci lavorato – ma di certo non ultimo per impegno speso – è stato l’illustratore e amico Walter Brocca, autore anche della copertina che vedete, nonché di altre tavole – presenti purtroppo solo nel pdf del libro, ma che mando volentieri via mail a chiunque me le chieda.
Come mai avete deciso di diventare autori indipendenti?
Autore sconosciuto + genere fantasy + quasi 500 pagine = difficilmente una casa editrice ha tempo e voglia di leggere quello che scrivi.
Triste forse, ma vero.
E io sinceramente sono sempre stata una persona molto poco paziente, quindi sono partita in carica e mi sono messa a pubblicarmi e pubblicizzarmi da me.
Di certo non escludo di poter pubblicare per qualche casa editrice un giorno, anzi, ma al momento non ho ricevuto nessuna proposta interessante.
Cosa bolle in pentola? State scrivendo qualche altro libro (separatamente o insieme)?
Per quanto riguarda il mio impegnatissimo fratello, quando i suoi impegni di musicista e organizzatore eventi gli danno tregua, scalpita per scrivere il seguito – cosa che ci stanno chiedendo in molti, e non sono tutti parenti, nonni e amici!
Io al momento mi sto divertendo a scrivere “Chiodi Nelle Ali”, un breve romanzo horror, e una storia a puntate dal titolo “La Città dei Mostri”, primo credo di una serie di progetti legati a un’ambientazione a cui lavoro da un po’.
Grazie ancora ad Aurora per la bella chiacchierata.
Grazie ancora a te!
Vi lascio con la biografia di Aurora Torchia e qualche link per conoscerla meglio.
AURORA TORCHIA è nata il 20 aprile 1983, è laureata in Lingue Orientali all'Università Ca' Foscari di Venezia e in procinto di prendere la specializzazione nella stessa università.
Traduttrice per passione, spera che questa diventi presto anche la sua professione. “ Favole del crepuscolo” è il suo primo romanzo, scritto insieme al fratello Alessandro.
Di sé dice che, un pò come un vecchio menestrello di altri tempi, ama raccontare storie e parlare di mondi di onore e incanto a tutti coloro che abbiano la pazienza di ascoltarla. E naturalmente spera di avere l'opportunità di farlo tramite i libri.
Di Carla (del 25/01/2013 @ 03:37:29, in Lettura, linkato 2805 volte)
Un buon passatempo, ma niente di più
Libro senza infamia e senza lode. Sono stata un po’ ingannata dal fatto che venisse catalogato come un libro di fantascienza. Lo definirei più che altro un thriller a metà tra tecnologico e psicologico. L’argomento è la clonazione e uno dei modi in cui questa può andare male. L’ambientazione è un po’ statica e tutt’altro che originale. I personaggi sono costretti a rimanere in una casa in mezzo ai boschi, mentre una bufera di neve li isola dal mondo; se aggiungiamo un bambino un po’ particolare, tutto questo vi ricorda qualcosa? In questo contesto si sviluppa la trama un po’ thriller e un po’ horror, anche nel modo in cui si svolge, con i protagonisti braccati da qualcuno che da solo riesce a essere più pericoloso di tutti e che più volte tentano di scappare senza riuscirci, fino allo scontato epilogo.
Può essere una lettura carina, ma non mi ha lasciato molto, una volta terminata. Già l’inizio con una linea di dialogo mi ha spiazzata e di conseguenza non mi ha fatto una buona impressione. Sono comunque andata avanti. Le dinamiche dei personaggi si sono presto chiarite, compresi i risvolti sentimentali. Non una volta, però, l’autrice è stata in grado di stupirmi. I colpi di scena sono risultati abbastanza telefonati.
Non mi sento di condannare completamente questo libro, perché è comunque scritto abbastanza bene, ma non è di certo un capolavoro. Il problema non è stilistico, ma è proprio la trama a mancare un po’ di originalità. Sono sicura che la Gaines abbia le capacità per scrivere libri di ben altro valore e probabilmente sarò curiosa di leggerli.
Ieri sono state annunciate le nomination per i Booktrailers Online Awards, una sorta di "Oscar" dei booktrailer organizzata dai blog www.booktrailers.ilcannocchiale.it e www.futuroscrittura.altervista.org, che vedrà annunciati i vincitori il prossimo 10 febbraio.
Facendo clic qui o sull'immagine potete leggere la lista dei nominati, che include anche il booktrailer di "Deserto rosso - Punto di non ritorno", realizzato da Fabio Delfino (che ha ricevuto altre quattro nomination per un altro booktrailer), per la categoria Migliore Sintesi.
In attesa di conoscere la scelta finale dei giurati, rimane in sospeso un'altra categoria di premio, che dipende direttamente dal feedback degli utenti: Migliori commenti del pubblico. Per questa ho bisogno del vostro aiuto. Vi invito a visitare la pagina del mio booktrailer sul sito dei BTO Awards, scorrere in basso, votare il trailer e soprattutto lasciare un commento su di esso (non sul libro).
Ringrazio tutti quanti finora abbiano contribuito a questo piccolo successo!
Vi riporto ancora una volta il trailer, invitandovi a condividerlo con i vostri amici!
Nel leggere libri di fantascienza o guardare film e serie TV di questo genere mi è capitato spesso di notare come tra i temi preferiti ci sia quello di dare una risposta ad alcune delle grandi domande che l’Uomo si pone, quali: “Chi sono? Da dove vengo? Dove vado?”
Lo si fa chiaramente attingendo a piene mani dal fantastico e legando a esso elementi scientifici, in maniera tale da non permettere al lettore (o spettatore) di comprendere il sottile confine che li delimita. Ma c’è un altro campo a cui la fantascienza spesso e volentieri trae spunto. Sto parlando di spiritualità e in particolare di religione.
D’altronde le domande sopraccitate sono le stesse che fungono da fondamento al concetto stesso di religione, sebbene in tal caso le risposte vengono cercate in qualcosa di tutt’altro che tangibile. Il bisogno di dare una risposta a queste domande è infatti alla base della nascita di tutte le religioni del mondo. Non ci deve quindi stupire se all’interno di molte storie di fantascienza facciano capolino alcuni tra i più noti archetipi religiosi, rielaborati in un contesto diverso.
Qualche tempo fa ho affrontato questo tema a grandi linee nell’ambito della mia rubrica “ Life On Mars?” su FantaScientificast.it e tornerò a parlarne nella mia prossima incursione nel programma, che avrà luogo a metà febbraio.
Nel frattempo vorrei approfondire questo argomento anche qui nel mio blog, per mostrarvi alcuni dei modi in cui la spiritualità e la religione appaiono in forme diverse in ambito fantascientifico, talvolta senza che ce ne rendiamo conto.
L’argomento è complesso e non è affatto semplice affrontarlo in maniera schematica. Proverò quindi a muovermi con una certa libertà da una tematica all’altra, facendovi alcuni esempi tratti dalla fantascienza.
In questo post vorrei trattare in particolare del trinomio scienza-religione-magia. Queste tre discipline che al giorno d’oggi sono chiaramente distinte e distinguibili nell’ambito della civiltà contemporanea occidentale, non lo erano altrettanto se si va indietro nel passato. Esse sono spesso tre diverse interpretazioni di certi fenomeni in base agli occhi dell’osservatore. Nelle civiltà antiche, come quella egizia, la scienza, la religione e la magia erano di fatto la stessa cosa. Non avendo le conoscenze scientifiche di adesso, gli antichi egizi tendevano a fondere i tre ambiti come diverse espressioni del volere dei loro dei, che non erano considerati come delle entità irraggiungibili da adorare, ma erano parte integrante della loro vita. Ed erano proprio certi eventi, che ai loro occhi apparivano magici o prodigiosi, che diventavano di fatto la prova della presenza divina. Gli stessi eventi con le conoscenze attuali sarebbero, invece, potuti essere più semplicemente spiegati in maniera scientifica, spogliandoli di tutto il loro aspetto mistico.
Questo sottile confine che separa la scienza, la religione e la magia è spesso argomento di molte storie di fantascienza. L’esempio forse più eclatante è Star Wars, dove la Forza viene all’inizio presentata, nella vecchia trilogia, come una sorta di religione che si manifestava con poteri apparentemente soprannaturali e che veniva spesso tacciata col termine “superstizione”. Nella nuova trilogia questo aspetto è venuto meno dal momento in cui si è voluta dare una spiegazione scientifica al fenomeno (tramite i midichlorians), portando sempre più l’equazione scienza/religione/magia verso il lato scientifico, a discapito di quello prodigioso o magico.
L’esempio che facevo prima dell’antico Egitto trova forse la sua massima espressione in un’altra saga fantascientifica, quella di Stargate. In essa si sfrutta in pieno il concetto per cui l’ignoranza dell’Uomo lo porta a dare spiegazioni spirituali a eventi di natura scientifica. Nella fattispecie si trattava di alieni che si fingevano divinità e come tali venivano adorati, permettendo loro di soggiogare la popolazione umana di migliaia di anni fa. Gli stessi alieni messi a contatto con l’Uomo moderno vengono smascherati dalla loro aura magica e appaiono per quello che sono: esseri provenienti da pianeti lontani con tecnologie enormemente superiori alle nostre, ma che altro non sono che frutto della scienza, che come tale può essere compresa, controllata e combattuta.
Non è un caso che i due esempi che ho fatto rientrino nel sottogenere della space opera. Quest’ultima infatti, oltre a raccontare storie di viaggi spaziali e di tecnologie estremamente avanzate, che spesso prendono spunto da conoscenze scientifiche reali, di norma affronta argomenti di natura politica, sociologica e anche religiosa o più in generale spirituale, nel tentativo di trasferire temi della realtà odierna in altri universi immaginari. Un’operazione, questa, che ha sempre molta presa sul pubblico.
C’è un saga in cui questo meccanismo viene sfruttato al meglio tanto da diventare il suo tema portante, facendo addirittura venire meno il semplice dualismo tra bene e male e trasformando quest’ultimo in qualcosa di soggettivo. Sto parlando di Battlestar Galactica (la serie reinventata proposta a partire dal 2004). Questa sarà, però, oggetto proprio della mia prossima apparizione su FantaScientificast e coglierò l’occasione di parlarvene più diffusamente in un prossimo post, in cui tratterò dell’uso della religione e della spiritualità nella fantascienza come strumento che aumenta la credibilità della storia.
Ed eccoci alla quinta tappa del blog tour di "Deserto rosso - Abitanti di Marte" (la nona in assoluto di "Deserto rosso"). Questa sarà la prima di una serie di incursioni nel blog "Bastions of Illusion", durante le quali Cordelia Hel (al secolo l'autrice Aurora Torchia) mi sottoporrà ad alcune brevi interviste, esplorando da vicino il mio lavoro di scrittrice e autrice indipendente.
In questo primo post, dove presenta la serie di "Deserto rosso", partendo da "Punto di non ritorno", mi ha fatto alcune domande molto interessanti sulla mia bizzarra routine di scrittura, sulla musica legata ai miei scritti e sull'uso dei booktrailer per la promozione di un romanzo.
Vi ho incuriositi? Non vi resta che andare a leggere l'intervista facendo clic sull'immagine o su questo link e condividerla, se volete, con i vostri amici. Vi invito anche a lasciare dei commenti sul post.
Vi siete persi le precedenti tappe del tour? Eccovi i link diretti: tappa uno, due, tre e quattro. Le tappe del tour di "Punto di non ritorno", invece, le trovate nella pagina della rassegna stampa del primo episodio.
Grazie mille a Cordielia per avermi intervistato! Alla prossima tappa!
Di Carla (del 06/02/2013 @ 21:23:27, in Lettura, linkato 4788 volte)
Un esercizio di speculazione scientifica a tratti eccessivo
La trilogia di Marte di Kim Stanley Robinson è senza dubbio un must per chiunque ami leggere o scrivere di questo pianeta. Di certo è un’opera immensa sotto molteplici punti di vista.
Questo primo libro si concentra sulla prima colonizzazione del pianeta immaginata in un futuro molto prossimo rispetto al presente, mentre il libro è stato scritto nel 1993. Continua poi in un arco di tempo di alcuni decenni descrivendo l’inizio di un progetto di terraformazione.
Da una parte si nota il solito ottimismo di questo tipo di fantascienza nell’immaginare un evento di proporzioni titaniche in tempi relativamente brevi, che verrà di certo sbugiardato dalla realtà dei fatti. Al di là di questo, si può difficilmente definire questo libro un romanzo. Certo, ci sono dei personaggi con le loro storie, legate le une con le altre, ma dal punto di vista strettamente narrativo appare più come una serie di episodi, mostrati da punti di vista diversi, offrendoci così una narrazione corale, in cui non esiste un vero protagonista se non lo stesso Marte.
Le singole storie, però, appaiono essere solo un pretesto per il tentativo dell’autore di immergersi in altri campi, per lo più scientifici, sebbene tenda spesso a sfociare nella sociologia, nella politica e persino nella psicologia. Il risultato è un libro che tende più a sembrare un trattato speculativo che un vero romanzo. Ne soffrono un po’ i personaggi, che finiscono ai margini. La maggior parte di loro non fa molto per farsi amare. Ammetto che ho avuto difficoltà ad affezionarmici. L’unico che mi è veramente piaciuto è Frank, forse perché l’ho trovato il più umano, con i suoi pregi e soprattutto con i suoi difetti. Peccato che sia stato poi colpito dal karma di certe storie americane un po’ troppo politically correct, secondo cui, se fai qualcosa di riprovevole, alla fine in qualche modo devi pagare.
Il libro è comunque per larga parte interessante, soprattutto se quello che cerchi è un approfondimento pseudoscientifico. Alla base della speculazione c’è una scienza molto accurata, frutto di notevoli ricerche. Forse il difetto peggiore di questo libro è proprio l’aver voluto eccedere in questo senso, soffermandosi troppo su aspetti puramente tecnici a scapito della finzione.
In alcune parti mi sono annoiata e ho saltato a pie’ pari delle pagine. Non me ne pento. A un certo punto, nella parte raccontata dallo psicologo della spedizione, l’autore parte per la tangente con una noiosissima e inutile disquisizione psicologica. Quando l’ambito trattato era più puramente scientifico, ho letto con maggiore interesse.
Una cosa che stride è il voler essere ossessivamente accurato dal punto di vista scientifico per poi espandesi senza limiti nella parte speculativa, arrivando a mio parere a eccedere.
Il finale scade nel catastrofismo, argomento che non sopporto e non solo nella narrativa, lasciandoti con l’amaro in bocca, poiché il mood della storia parte da una base ottimistica per poi arrivare in un crescendo di drammaticità a un epilogo eccessivo.
Dovendo dare un giudizio complessivo, è senza dubbio un libro notevole, ma non una lettura facile, vista la sua complessità e soprattutto lunghezza. Di certo, però, ti lascia qualcosa.
Di Carla (del 12/02/2013 @ 23:45:48, in Lettura, linkato 4054 volte)
La vita “pensata” è meglio di quella reale?
Ho avuto un impatto non felicissimo con il cyberpunk. È successo un paio d'anni fa quando ho letto per la prima volta un libro di William Gibson (“ Luce virtuale”). Ciò che allora mi aveva però lasciata perplessa non era tanto l'argomento in sé, ma il modo farraginoso in cui era stato presentato all'interno del libro.
Fortunatamente, pur avendo deciso di mettere da parte la lettura di altri libri di Gibson, non ho fatto altrettanto con questo sottogenere della fantascienza, le cui premesse mi affascinano. La possibilità di esistere, di avere coscienza di sé, di vivere una vita “pensata” come creatura digitale all'interno di una realtà virtuale è qualcosa che non è semplicissima da concepire, ma che contiene in sé delle implicazioni di grande interesse.
Se la nostra coscienza non è altro che il risultato di reazioni chimiche ed elettricità, dal punto di vista concettuale immaginare una coscienza digitale non appare una cosa assurda. E all'interno di questo romanzo Marco Santini prova a delineare uno scenario futuro in cui questa pratica rappresenti la normalità fino a fare di questo popolo virtuale quasi una minaccia per quello reale, limitato dal proprio corpo. Il bello infatti di essere digitali è il non avere limiti. Si possono creare mondi virtuali in cui vivere, ma allo stesso tempo si può scaricare la propria coscienza in androidi che vivano nel mondo reale, inoltre si può esistere per sempre e viaggiare nello spazio senza preoccuparsi delle distanze, visto che il tempo non è un nemico. Questa assenza di limiti permette all'autore, dotato di grande fantasia, di creare una storia intricata e avvincente. A dire la verità all'interno di questo libro c’è materiale per ben più di un semplice romanzo. Santini avrebbe potuto farne una trilogia o addirittura un ciclo di romanzi, permettendo al lettore di divertirsi più a lungo e allo stesso tempo di approfondire un tema non sempre facile da comprendere.
In ogni caso il risultato è più che buono. Si tratta di una lettura piacevole, con aspetti controversi, ma che offrono numerosi spunti di riflessione. E tutto questo a costo zero, visto che nella versione ebook il libro è addirittura gratuito. Sempre in questa versione inoltre l’autore sfrutta al meglio le potenzialità del digitale aggiornando periodicamente il testo. Se volete immaginare un futuro lontano che sia completamente diverso dal presente in cui viviamo, “Il progetto Alfa Centauri” può darvi ciò che cercate.
La copertina sopra riportata è quella della versione in brossura.
Di Carla (del 14/02/2013 @ 01:13:09, in Lettura, linkato 3255 volte)
Un giretto in orbita
Se amate aerei, navette spaziali, stazioni orbitanti e vi piacciono le storie che hanno a che fare con la NASA, dovete leggere questo libro.
Lo comprai semplicemente perché mi piacque la copertina e il titolo. Quella specie di aereo, che poi scoprii essere uno spaceplane (un aereo che funziona sia nell’atmosfera che nello spazio), sperduto in orbita, che aveva tutta l’aria di essere nei guai, mi fece subito presagire una storia interessante. E non sono stata delusa.
La trama di questo tecno-thriller è intrigante. È ambientata in un prossimo futuro in cui vengono usati degli spaceplane per viaggiare tra due punti agli antipodi della Terra. Questi velivoli, chiamati clipper, hanno una propulsione tale da portarli quasi in orbita, disegnando una traiettoria parabolica, per poi scendere verso la destinazione finale, che viene raggiunta in un paio d’ore. Durante il viaggio, molto costoso, i passeggeri provano per un breve periodo di tempo, in cui il clipper si trova in caduta libera, la sensazione di assenza di gravità.
L’autore, Patrick Chiles, è un pilota, ha fatto diversi lavori nel campo dell’aviazione ed ha scritto numerosi articoli in riviste che si occupano anche di voli spaziali. Insomma si tratta di un esperto, sia della parte tecnica che di quella umana riguardante il volo e lo spazio. Leggendo il suo libro, tutto questo appare evidente. Il ritmo della storia è avvincente, i dialoghi sono ben orchestrati e ti danno l’impressione di trovarti lì sul clipper o il controllo missione o sulla stazione orbitante. Nuove emozioni sono sempre dietro l’angolo, rendendo la lettura davvero molto divertente oltre che istruttiva. Questa è caratterizzata da un buon equilibro tra la parte tecnica e quella romanzata, che ne assicura la credibilità. È un peccato che libri del genere non arrivino al mercato italiano, perché ce ne sarebbe davvero bisogno. Questo libro è uno dei tanti esempi di prodotti di gran valore scritti da autori indipendenti.
Se dovessi definirlo con una parola, sarebbe entusiasmante, sotto tutti i punti di vista. Leggetelo.
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