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 Hyde Park e il cielo... di Carla
 

“Quindi usavate queste capsule per andare a invadere altri pianeti.” Nave stellare Aurora

 

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 12/10/2011 @ 21:33:00, in Lettura, linkato 1833 volte)
More about The Evolutionary Void


 La fine di un grande viaggio

Recensione originariamente scritta e pubblicata su aNobii il 14 lottobre 2010. 

Quest'ultimo capitolo della trilogia del vuoto di Hamilton è, a mio parere, il più bello della saga, non solo perché porta a compimento una grande storia, ma soprattutto perché lo fa sorprendendoti continuamente durante la lettura e cambiando continuamente i punti di riferimento del lettore, che assolutamente non è in grado di anticipare le sue mosse. Qui l'autore dà letteralmente libero sfogo alla propria fantasia senza il minimo timore di apparire eccessivo. E riesce a farlo, rimanendo sempre credibile.
 Leggere questi tre libri è stato un viaggio fantastico, che mi ha permesso di guardare alla fantascienza con occhi diversi. Lo consiglio a chiunque ami le storie complesse e ben costruite, non soltanto agli amanti del genere.

Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su aNobii:
http://www.anobii.com/anakina/books

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Di Carla (del 11/10/2011 @ 22:31:14, in Cinema, linkato 2233 volte)

© 2011 20th Century FoxSono andata a vederlo con nessuna aspettativa, anzi mi ero detta che se non avessi trovato l'orario giusto, avrei potuto farne anche a meno e aspettare a vederlo su Sky.
Devo dire che mi sono dovuta ricredere.
La bellezza di questo film prescinde il fatto di voler essere un prequel del famoso "Pianeta delle Scimmie" nelle sue varie incarnazioni. Infatti può essere visto e apprezzato da chiunque, sia che si tratti di un amante della fantascienza e conosca bene questa saga sia che non ne abbia la minima conoscenza.
È un bel film oltre ogni aspettativa perché ti prende e ti fa soffrire con il protagonista, che non è umano, ma è come se lo fosse. Ciò che però è ancora più eccezionale è il fatto che si provi pena per ciò che gli accade, poiché sembra talmente reale che nella nostra mente è un vero scimpanzè esistente e non una creazione di computer grafica.
Più volte durante la visione mi sono ritrovata a mormorare "poverino", come se si trattasse di un cagnolino o altro animale in difficoltà, per poi rendermi conto che stavo provando empatia per un essere che non esisteva né fisicamente (non era una vera scimmia ma il risultato di fantastici effetti speciali) né idealmente (una vera scimmia non potrebbe essere mai tanto intellingente). Insomma mi ha emozionato come se non si fosse trattato di un film di fantiscienza, ma quasi di una storia vera. Se un film riesce a fare questo con una trama completamente fuori dalla realtà è veramente un bel film. Tanto di cappello.
Non solo. Il mio coinvolgimento è stato tale proprio da ripromettermi di non riguardarlo più in seguito, proprio perché in certe parti mi sono immedesimata un po' troppo e in un certo senso mi hanno turbato.
Credo che il personaggio di Cesare meriterebbe una sorta di Oscar per personaggi virtuali. Sarebbe proprio l'occasione perché l'Academy ne creasse uno, in modo da premiare la capacità di coloro che l'hanno disegnato di dare luogo ad un personaggio così realistico da sembrare dotato di vita propria.
A chi non ha ancora visto questo film posso solo consigliare: vedetelo, ma soprattutto andate a vederlo al cinema.

Foto: © 2011 20th Century Fox

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Di Carla (del 10/10/2011 @ 18:41:21, in Lettura, linkato 3216 volte)
More about Il Re dei torti


 Il favoloso mondo delle class action

 In un libro come questo si vede il vero Grisham, che ti affascina semplicemente raccontando il contesto delle sue storie. Alla fine non importa che alcuni eventi salienti non vengano vissuti direttamente dal lettore e magari il romanzo finisca un po' in sordina, poiché ciò che veramente ti cattura è tutto il resto.
 In questo caso si parla di class action e di come tantissimi avvocati le sfruttino per arricchirsi all'inverosimile, trasformandole in una vera droga e usando metodi non sempre ortodossi per arrivare a guadagnare sempre di più, perdendo spesso il contatto con la realtà.
 Tutto ciò basta a tenerti incollato alle pagine fino alla fine.

 Romanzo consigliatissimo. Meriterebbe più di 4 stelline, ma non ancora le 5, che vedo più adeguate ad alcuni suoi veri capolavori, come "La Giuria".








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Di Carla (del 07/10/2011 @ 05:57:53, in Lettura, linkato 2863 volte)


 Una superba prova di scrittura... ma niente più di questo

 È una storia triste, senza speranza, tra il sogno e la follia, fatta di un continuo balzare avanti e indietro nel tempo da parte del protagonista, che ne è la voce narrante.
 Sicuramente si tratta di una superba prova di scrittura creativa da parte di James Braziel, che guarda caso insegna questa materia all'università.
 Ma oltre a questo non c'è molto altro da dire.
 Potrei capire se tutto questo dramma, questa tristezza e follia fosse stata usata per vedere tramite gli occhi di un personaggio una situazione realistica, che potrebbe essere accaduta in un contesto reale. Lo sforzo creativo avrebbe avuto anche un che di meritevole, benché io avrei evitato il libro a priori, perché quando leggo voglio divertirmi non deprimermi.
 Ma qui si parla di un prossimo futuro post-apocalittico assolutamente improbabile, insomma dramma e tristezza fine a se stessa, allo scopo di deprimere chi legge, tutto il contrario di quello che sembra leggendo la quarta di copertina, che pare volutamente fuorviante (per vendere il libro o forse chi l'ha scritta non l'ha neanche letto).
 Nel leggere questo romanzo di Braziel si ha la sensazione più che altro che si tratti di una sorta di lungo triste prologo alla storia vera e propria, che però non c'è.
 Sarà forse nel seguito "Snakeskin Road" pubblicato l'anno dopo e che segue le vicende della moglie del protagonista?
 Non so se vorrò rischiare e leggere anche questo libro.
 Di positivo c'è però che il romanzo è abbastanza corto. Alla fine dei conti l'autore non è affatto prolisso e ci racconta con maestria le vicende passate del protagonista, che l'hanno portato fino all'epilogo, in parte preannunciato già dall'inizio.
 La lettura scorre leggera e il romanzo ti prende, questo non posso negarlo, ma quando compro un romanzo di Urania mi aspetto ben altro.

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Di Carla (del 06/10/2011 @ 05:09:02, in Varie, linkato 2506 volte)

Non sono mai stata una fanatica della Apple, l'unico prodotto che ho è un vecchio iPod Mini di seconda mano, che uso tantissimo e spero di usare ancora per molto. Della Apple per la maggior parte non condividevo la filosofia e i prezzi elevatissimi, a mio parere non giustificati. L'ho sempre considerata roba per chi ha soldi da spendere e che si fa influenzare dalle mode. Da smanettona quale sono ho sempre preferito tutto ciò che potesse essere manipolato, adattato alle mie esigenze e al mio modo di essere, che mi distinguesse dagli altri, ma soprattutto che fosse in primo luogo utile, insomma non dei giocattolini.
Nonostante questo non posso negare che la creatura di Steve Jobs abbia fatto storia nell'industria dell'Information Technology, influenzando radicalmente direttamente o indirettamente la vita di moltissime persone, comprese quelle come me che non ne erano particolarmente affascinate.
Anche soltanto questo è un motivo sufficiente per sentirsi toccati dalla sua morte. Era sicuramente un genio dei nostri tempi, un visionario che ha avuto il coraggio di portare avanti i propri sogni fino a realizzarli e che come tale resterà nella storia. Un uomo di successo che ha ispirato le ultime generazioni e continuerà a farlo.
Ma era allo stesso tempo un uomo come tanti, colpito purtroppo da quella malattia che non guarda in faccia nessuno.
Ciao Steve.

 

 

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Di Carla (del 05/10/2011 @ 18:26:03, in Lettura, linkato 2979 volte)
More about State of Fear


 Grande opera di Crichton tra romanzo e saggio

 A due anni dalla morte di Crichton scopro finalmente il suo grande valore come scrittore e lo faccio con questo libro, acquistato quasi casualmente senza sapere esattamente di cosa parlasse e che si è rivelato interessantissimo per me, in quanto pienamente in linea col mio pensiero.
 L'argomento è quello della cosiddetta teoria del riscaldamento globale, alla quale personalmente, anche in qualità di ecologa, non ho mai creduto, che viene affrontata mentre l'autore ci racconta una grande storia di azione ed avventura, e nel farlo ci riporta tantissime informazioni scientifiche, tutte sopperite da riferimenti reali, che possono essere controllati, visto che sono poi elencati nella nutrita bibliografia del volume.
 Considerando il modo in cui l'autore smonta la teoria del riscaldamento globale e denuncia la speculazione e il sensazionalismo, che la accompagnano, capisco perfettamente perché questo libro non sia mai diventato un film. È troppo contro corrente. Va contro gli interesse economici del momento.
 Non sia mai che la gente poi lo legga e ci creda!
 Un giorno forse, quando l'opinione pubblica ne avrà abbastanza di questo finto dramma ecologico a cui stiamo assistendo, si farà strada la teoria opposta (magari verranno a dirci che stiamo andando verso l'era glaciale?) e allora magari salterà fuori questo libro, che verrà adeguatamente manipolato.
 Ciò che il libro dice invece è semplicemente che l'uomo non è assolutamente in grado di dimostrare se il nostro pianeta stia veramente andando verso un riscaldamento globale (non siamo neppure in grado di sapere con certezza che tempo farà domani!!!), tant'è che ogni teoria di 20 anni fa è stata poi smentita. Tanto meno l'uomo è in grado di dimostrare se lui stesso sia in grado di influenzare questi eventi (sia in senso positivo che negativo) ed eventualmente in che misura.
 Personalmente ne dubito, perché in realtà, come lo stesso Crichton dice, noi siamo fragili di fronte alla potenza della natura e l'unica cosa che possiamo fare è correre e nasconderci.
 Essere davvero in grado di influenzarla è pura presunzione.

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Di Carla (del 04/10/2011 @ 19:42:20, in Scrittura & pubblicazione, linkato 2366 volte)
http://www.plottopunctuation.com/blog


Ci vuole poco per far contento un lettore accanito: basta regalargli un libro, uno qualsiasi. E così ieri, dopo aver saputo che avevo vinto una copia di "Lolita" (in inglese) nel contest Banned Book Week del blog di Jason Black (http://www.plottopunctuation.com/blog), ero chiaramente felicissima, anche se tra i sette libri in palio forse era quello che mi interessava di meno, perché conoscevo perfettamente la storia (avendo visto il film). In ogni caso a libro donato non si guarda in bocca (più o meno) e credo che sfrutterò l'occasione fare una lettura diversa. D'altronde i libri di seconda mano, soprattutto se regalati, portano con sé un che di speciale.
Oggi però è arrivata una "brutta" notizia. Il libro "L'affare Tutankhamon" di Jacq che avevo ordinato insieme ad altri ad agosto, per sfruttare gli ultimi supersconti, non è più disponibile. Sono cose che ti mettono la luna di traverso, perché ad averlo saputo prima ne avrei ordinato un altro a prezzo superscontato. E invece niente. Si vede che non era destino.
Adesso però mi ritrovo con un credito di 7,22 euro sul conto di Amazon.it, che finirà per spingermi a comprare altro (c'è poco da fare). Mah, si vedrà.
Nel frattempo continuo con le mie letture. Adesso sto leggendo "Il pianeta del silenzio" di Stanislaw Lem. Evito di fare commenti finché non è finito, ma ho l'impressione che la recensione sarà bella lunghetta, perché c'è molto da dire.
Anticipo solo che questa lettura mi ha ricordato uno dei miei post precedenti, quello sull'opportunità o no di raccontare la "magia" nei libri di fantascienza (cioè come funzionano le cose). Me lo ricorda, perché in questo libro di Lem si racconta fin troppo la magia, tanto da sembrare più un resoconto tecnico-(fanta)scientifico che un romanzo. Ma sono ancora a metà, quindi sospendo per il momento ogni giudizio.
Non a caso quel mio post era nato da una riflessione su di un articolo del blog di Jason Black e quindi, giusto per essere un po' ripetitiva, se siete tra quelli che oltre leggere amano anche scrivere (e che leggono l'inglese), la lettura di questo blog è un vero must. Anche se non si può forse essere d'accordo su tutto, fa comunque riflettere su come si stanno creando i propri personaggi.
Termino questo post quasi inutile (!), annunciando che sto finalmente iniziando l'ultima sospirata parte del mio romanzo e sto valutando l'intenzione di collegare questo blog ad un profilo pubblico su Facebook, in modo da aumentarne la visibilità.
Che ne pensate?
(Non spingete per rispondere: c'è posto per tutti! :)

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Di Carla (del 04/10/2011 @ 05:47:22, in Lettura, linkato 1740 volte)

More about The Temporal Void
 Il viaggio continua

Recensione originariamente scritta e pubblicata su aNobii il 23 luglio 2010.

 Confermo la buona opinione sul primo libro della trilogia, aggiungendo magari qualcosa in più.
 Probabilmente l'ho apprezzato maggiormente in parte perché l'ho letto in lingua originale, senza il disturbo causato da una traduzione non sempre felice e una montagna di refusi (ne ho notato davvero appena un paio in 745 pagine), ma anche perché, essendo il secondo di una trilogia, questo episodio è caratterizzato da meno chiacchiere e più azione (come piace a me) e finalmente la storia entra nel vivo (o meglio, le storie).
 Le ultime 100 pagine in particolare sono fantastiche.

 Adesso non resta che attendere "The Evolutionary Void" per vedere come va a finire.

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Di Carla (del 30/09/2011 @ 12:55:02, in Lettura, linkato 2723 volte)

More about The Scarpetta Factor
 Un ritorno dal passato non graditissimo

Dopo aver letto l'ottimo "Libro dei morti" e soprattutto il fantastico "Kay Scarpetta", devo ammettere che questo "The Scarpetta Factor" ("Il fattore Scarpetta" nella versione italiana) mi ha un bel po' deluso. Ci ho visto un eccessivo ritorno ai libri precedenti, ma non in senso positivo.
 In primo luogo, forse l'elemento che spiazza di più è il riemergere in maniera inattesa dal passato di un personaggio, del quale sinceramente non si sentiva la mancanza. Ero impegnata a cercare di unire tutti i fili di questo complicato caso e sono stata particolarmente contrariata da questa trovata, che non poteva essere in alcun modo prevista. L'autrice di mette davanti un sacco di informazioni, ma poi quelle vitali va a tirarle fuori da 3-4 libri più indietro. Non è una mossa molto "corretta", che sicuramente infastidisce il lettore.
 Altro aspetto che non ho gradito è il fatto che gran parte di questo romanzo, che è più lungo della media di quelli con Scarpetta (non che questo sia per sé un punto a sfavore, anzi), sia sotto forma di ricordi, riflessioni (elucubrazioni?) o dialoghi lunghi ed estenuanti, mentre l'azione svolta nel tempo della narrazione è ridotta all'osso e a tratti per niente coinvolgente.
 E così ci ritroviamo di fronte a pagine e pagine di pensieri di Lucy mentre fa atterrare un elicottero e nel frattempo litiga col controllore di volo. Oppure di Marino che rimugina sul passato, mentre si sposta lentamente nella scena. I tempi in questo modo sono così dilatati che ci vuole senza dubbio molto di più a leggere che quanto ci mettono i personaggi per svolgere le azioni descritte.
 Va bene che la Cornwell ama caratterizzare in maniera approfondita i personaggi e noi tutti l'amiamo per questo, ma qui a tratti è stata un tantinello prolissa!
 Allo stesso modo parecchio improbabili sono certi dialoghi incrociati, in cui gli interlocutori riescono a parlare per lungo tempo di due cose diverse senza confondersi, tanto più che i personaggi principali passano tranquillamente una notte in bianco e poi sono più attivi di prima. Ammesso e concesso che non sia il lettore a confondersi, quest'ultimo sicuramente si rende conto di quanto nella realtà tutto ciò sia altamente improbabile.
 Ma chiaramente questo romanzo non è fatto solo di elementi negativi. Se ho messo quattro stelline qualche motivo c'è. Prima di tutto sicuramente per distinguerlo da altri libri, ai quali ne ho dato tre, che sono senza dubbio peggiori.
 "The Scarpetta Factor" è sicuramente un romanzo ben scritto. La bravura della Cornwell è come sempre indubbia. Districarsi in una trama così complessa, ma soprattutto inventarla, non è affatto facile. Le tecniche narrative di cui parlavo prima, sebbene sotto un certo punto di vista non mi siano tanto piaciute (forse perché un po' troppo abusate), sono sicuramente usate in maniera originale e, se dovessi giudicare il suo lavoro basandomi solo sull'aspetto tecnico, avrebbe sicuramente pieni voti.
 Come detto, i personaggi sono caratterizzati alla perfezione. E anche qualche trovata della trama non è affatto male.
 Alla fine l'autrice è riuscita con destrezza a unire i mille fili di questa storia, creando un intreccio complesso. Peccato per il fatto che spesso questi fili fossero troppo sottili e dessero la sensazione di una certa forzatura nel collegare gli uni con gli altri.
 Un ultimo appunto è sul finale (con questo intendo il penultimo capitolo), che è purtroppo prevedibile e per certi versi molto simile ad altri visti nei libri precedenti della serie: cioè Scarpetta è in pericolo, ma ovviamente qualcuno la salva e tutto accade in tre righe, tanto che (come al solito) sono dovuta tornare indietro, perché mi ero persa cos'era successo. Peccato.

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Di Carla (del 29/09/2011 @ 21:59:51, in Serie TV, linkato 2665 volte)


Gli americani mettono le mani, finanziariamente parlando, sullo spin-off di "Doctor Who", dando così origine alla quarta stagione di "Torchwood", sottointitolata "Miracle Day".
Ho sempre seguito un po' a macchia di leopardo le vicende della serie originale inglese, ma sufficientemente da trovarmi ad affrontare questo nuovo prodotto proposto dalla Starz (la stessa di "Spartacus", per intendersi) senza particolare difficoltà. Non che ce ne siano eccessive per lo spettatore che abbia a che fare per la prima volta con le vicende di Jack, Gwen e compagni. Basta informarsi un po' e poi il divertimento è assicurato.
Questa volta i nostri eroi si trovano di fronte ad un problema di proporzioni immerse. Un bel giorno la gente smette di morire, rimanendo intrappolata nel proprio corpo, anche se gravemente malata o fatta a pezzi. Nello stesso giorno Jack, che era immortale, scopre di essere di nuovo mortale.
Chi c'è dietro tutto questo?
Difficile dirlo, ma qualunque sia la causa di questo "miracolo" si tratta senza dubbio di un caso per l'Istituto Torchwood o meglio per i suoi ultimi due membri rimasti: appunto Jack e Gwen.
Grazie al contributo economico dei produttori americani, la storia ovviamente si sposta negli Stati Uniti, ma non è questo l'unico cambiamento. Il budget superiore permette una maggiore qualità tecnica della serie, per quanto riguarda ambientazioni ed effetti speciali, a cui si aggiunge però l'immutata ironia, trasgressione e soprattutto originalità inglese. Tutto ciò rende "Torchwood: Miracle Day" un prodotto assolutamente godibile dagli amanti della fantascienza, la quale una volta tanto sembra non essere costretta a sottostare al perbenismo (o meglio puritanesimo) americano (nonostante sia una co-produzione Stati Uniti/Regno Unito), fatto che rappresenta sicuramente un enorme punto a suo favore.
La serie viene trasmessa su FOX (canale Sky) ogni lunedì, già da tre settimane, dopo la sicuramente meno riuscita "Falling Skies", ed è composta da 10 puntate.

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