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Scrivere a puntate: un passo avanti nel proprio impegno come scrittore
Di Carla (del 08/11/2012 @ 01:43:43, in Scrittura & pubblicazione, linkato 8091 volte)



L’idea di scrivere a puntate ha iniziato a ronzarmi in testa l’anno scorso, quando mi sono imbattuta nella serialized fiction di una coppia di autori indipendenti americani, intitolata “Yesterdays’s Gone”. Da amante delle serie TV ho visto in questo progetto un qualcosa di entusiasmante, forse più come scrittrice che come lettrice.
Mesi dopo, all’inizio di gennaio, mi sono ritrovata pure io a iniziarne una. È avvenuto per caso. Volevo scrivere un racconto, che poi si è trasformato in una novella, finché mi sono resa conto di avere materiale per altre due o tre puntate.
Così è nato “Deserto rosso”. Quando ho iniziato, però, si era trattata più che altro di una necessità e non di qualcosa di accuratamente progettato. Ero infatti reduce dalla prima stesura del mio primo romanzo “L’isola di Gaia” (di cui adesso sto curando l’editing), durata più di tre anni, ed ero smaniosa di creare qualcosa di più breve per testare l’auto-pubblicazione digitale.
Solo dopo aver pubblicato “Punto di non ritorno”, mi sono resa conto delle implicazioni di questo tipo di progetto letterario.
 
Al di là del puro divertimento, per un autore esistono tutta una serie di vantaggi nel pubblicare in serie. Non mi riferisco a quelli economici, che almeno in Italia per il momento hanno una portata ridotta, visto che il mercato degli ebook ha iniziato a prendere piede sul serio da meno di un anno, cioè con l’arrivo del Kindle.
Ciò di cui parlo sono dei vantaggi a livello creativo e produttivo.
Scrivere la prima puntata di una serie è facile. Sai che non deve essere per forza lunga, sai che non deve avere una vera fine, ma solo un colpo di scena finale (il cosiddetto cliffhanger), per il resto sei libero di fare come ti pare. Puoi dedicare tutto il tempo che vuoi (che comunque è poco, vista la lunghezza del testo) ad affinare lo stile, a costruire scene che coinvolgano il lettore. Insomma hai modo di divertirti, senza impegno.
Una volta che pubblichi la prima puntata la musica cambia.
È come se da quel momento partisse un cronometro. Ti sei infatti preso un impegno molto serio verso te stesso, ma, soprattutto, verso i tuoi lettori. Non puoi più affidarti all’ispirazione del momento, non puoi più procrastinare aspettando di avere tempo. No.
Devi organizzarti. Devi decidere quando uscirà la prossima puntata, cosa che non può accadere troppo tardi, e poi devi scriverla, fare l’editing, pensare a copertina, booktrailer, promozione della puntata precedente (mica si vende da sola) e tutto il resto con il tempo contato. E devi farlo assolutamente.
Può sembrare una cosa difficilissima, in realtà non è così. L’aver preso un impegno ti dà una motivazione in più. Ti concentri perciò nel trovare il modo migliore per ottimizzare i tuoi sforzi. Scrivi pagine e pagine di appunti (possibilmente hai già iniziato a farlo mentre facevi l’editing della prima puntata). Fai degli schemini, prepari un’outline. Insomma programmi il tuo lavoro. Per la prima volta ti comporti come un vero scrittore.
La cosa bella è che, incredibilmente, riesci a compiere ognuno di questi passi, cosa che ti dà animo e ti facilita l’esecuzione dei successivi. Ogni volta che raggiungi un singolo obiettivo del tuo programma sei galvanizzato e sicuro di poter fare altrettanto con i successivi.
Tutto ciò riguarda l’aspetto puramente produttivo. A livello creativo ci sono tutta una serie di condizioni interessanti. Prima di tutto il feedback dei lettori.
Leggi le recensioni, parli con loro nei social network o nelle chat, ricevi le loro e-mail. Tutti questi elementi ti influenzano e ti aiutano nella stesura del proseguo della storia, perché sono una sorta di cartina di tornasole del gradimento di alcuni aspetti della trama. Ti permettono di capire cosa funziona meglio e che direzioni prendere.
Certo, quando scrivi una serie, devi comunque avere una trama di massima sempre in mente, che poi sviluppi man mano e, nel farlo, l’unica volontà da seguire deve essere la tua ispirazione, la tua emozione. Ma gli apporti esterni, in maniera più o meno indiretta, finiscono per darti un aiuto nell’individuare la giusta via, se non altro perché ti permettono di acquisire maggiore sicurezza nelle tue capacità creative.
 
Scrivere un romanzo a puntate non è però la stessa cosa di scrivere un romanzo suddiviso in parti, ma che viene pubblicato tutto in una volta. Le puntate devono essere fatte in un certo modo, affinché divertano il lettore e allo stesso modo lo spingano a leggere anche le successive.
Ogni episodio, per quanto non termini la storia, deve comunque avere un suo arco narrativo. Deve essere un’unità distinguibile, al cui interno si deve rispondere comunque ad alcune domande.
Questo è particolarmente vero per la prima puntata, che parte dal nulla e, fatta eccezione per il cliffhanger finale che ne denota la non-fine, deve essere quasi auto-conclusiva. Ciò non significa che al suo interno non debbano nascere nuovi elementi della trama da sviluppare nelle puntate successive. Ci devono essere eccome, ma per la maggior parte non devono avere un ruolo predominante. Devono essere dei piccoli semi, che potranno germogliare e fiorire più avanti, ma, se non ci fosse un continuo, il lettore quasi non li noterebbe. Se ne ricorderà, appunto, più avanti.
Inoltre ogni episodio deve avere almeno altri due elementi importanti: un inizio destabilizzante e, come già detto, un finale che lascia sospesi.
L’inizio destabilizzante funge da hook (gancio), cioè deve agganciare il lettore e costringerlo ad andare avanti. Tutti i romanzi devono avere un incipit con queste caratteristiche, ma tutto questo deve essere molto più fulminante in un episodio di un romanzo a puntate. Dovendo fare un parallelo con le serie TV, l’inizio deve essere come il prologo, che precede addirittura i titoli di testa. Dopo di esso la storia può continuare da quel punto, oppure (come piace a me) spostarsi indietro o avanti nel tempo, fino a raggiungerlo di nuovo verso la fine o comunque nella seconda metà, riunendo tutti i fili.
L’inizio della prima puntata può essere un po’ più soft, cioè più simile a quello di qualsiasi romanzo, ma quello delle successive deve essere più marcato. Lo scopo di quest’ultimo non è spingere il lettore a continuare a leggere. Il lettore si trova come minimo alla seconda puntata, quindi vuole continuare a leggere, non c’è bisogno che lo convinci. Il suo scopo è di dargli uno schiaffo in faccia (in senso metaforico) appena apre l’ebook, mettendo in dubbio tutte le supposizioni fatte nel periodo di attesa tra le due puntate e scaraventandolo in qualcosa di totalmente diverso da quello che si aspetta.
Il finale col cliffhanger, invece, deve proprio essere col botto. Deve essere inaspettato e allo stesso tempo far sorgere repentinamente delle nuove domande, alle quali il lettore non avrebbe potuto pensare prima (perché non ne aveva gli elementi oppure perché erano ben nascosti), concludendo subito dopo la puntata. Per un attimo sarà sospeso tra l’odio e l’amore nei vostri confronti, ma il più delle volte, se avete giocato bene le vostre carte, alla fine ne sarà entusiasta.
L’ultima puntata, per ovvi motivi, non può avere un cliffhanger, visto che a quel punto ogni filo della storia dovrà aver raggiunto il suo epilogo. Questo però non significa che dovrà essere un finale definitivo. L’ideale sarebbe che lasci comunque qualche spiraglio aperto, che porti il lettore a provare a immaginare ciò che accadrà dopo. In molti romanzi normali esiste questo tipo di finale, ma nei romanzi a puntate, per la loro particolare natura, funziona ancora meglio, poiché il lettore, abituato a leggere qualcosa che ogni volta non finisce, anche all’ultima puntata conserverà questa sensazione, che ridurrà un po’ il dispiacere (sperando che ci sia) di trovarsi veramente alla fine del romanzo.
Questo tipo di sensazione, inoltre, coinvolge lo stesso autore, che come il lettore si affeziona ai personaggi e al mondo che ha creato e ha difficoltà a staccarsene.
E non dimentichiamo che, essendo una serie, nessuno poi impedisce all’autore di progettarne una seconda stagione! Ciò però è possibile solo se si lascia uno spiraglio aperto.
 
I romanzi a puntate chiaramente non sono una novità recente. Si tratta più che altro di un ritorno a una pratica già consolidata nel passato, quando gli autori pubblicavano a puntate nelle riviste. Con l’avvento degli ebook, adesso non è più necessario un contenitore esterno per presentarli al pubblico. Ogni singola puntata diventa un prodotto a sé stante, vendibile singolarmente a prezzi bassissimi, che stimolano la curiosità.
Questo fenomeno è stato subito notato da Amazon, che recentemente ha inaugurato i Kindle Serials. Si tratta, appunto, di storie a puntate pubblicate in esclusiva su Amazon, che il lettore paga una volta all’inizio e poi vede puntualmente recapitate nel proprio Kindle con una determinata cadenza.
I Kindle Serials purtroppo non sono ancora usciti dal circuito americano, ma sono pronta a scommettere che presto arriveranno anche in Europa. L’unico neo che vedo è proprio l’esclusività, che impedisce all’autore di pubblicare la serie al di fuori di Amazon. Capisco la necessità del retailer di tutelarsi, ma non sono convinta che questo sia un bene per gli autori. In fondo si può benissimo scrivere dei romanzi con puntate separate senza rientrare nel meccanismo automatico dei serial.
In ogni caso tutto questo è un sintomo di come con l’avvento dell’editoria digitale la fruizione delle storie scritte stia sempre più cambiando, dando molto più spazio a testi più corti, che di conseguenza costano meno e risultano più invitanti per il lettore.
 
Per quanto mi riguarda, come sapete, ho pubblicato finora la prima puntata di “Deserto rosso” (“Punto di non ritorno”) lo scorso 6 giugno, mentre la seconda uscirà il 30 novembre, col titolo “Abitanti di Marte”.
Dovendo fare un bilancio adesso di questo esperimento letterario, devo ammettere che ha superato notevolmente le mie aspettative. Ho venduto molte più copie di quanto sperassi (l’80% su Amazon, ma di recente c’è stata una crescita delle vendite negli altri retailer). C’è stato un picco all’inizio, grazie al lavoro di promozione che ho fatto nei primi mesi (quasi tutto a costo zero, ci tengo a dirlo), oltre che all’effetto novità nell’ambito del genere fantascientifico, che non conta tantissimi titoli, ma anche ora, dopo sei mesi dalla pubblicazione, noto con piacere che la novella continua a essere venduta con un ritmo costante. Sono curiosa adesso di vedere cosa accadrà con l’uscita del seguito.
Non solo. La cosa più bella è stata, e continua a essere, il continuo feedback da parte dei lettori, che mi ha letteralmente sospinto nella stesura di “Abitanti di Marte”.
Infatti il vero trionfo, dal mio punto di vista di scrittrice, è proprio il fatto che l’essermi imbarcata in una serie ha significato un vero e proprio balzo in avanti nella mia produttività creativa. Grazie a “Deserto rosso” ho scritto più di 65.000 parole in meno di 10 mesi di calendario, contro le 123.000 de “L’isola di Gaia” in più di 3 anni. E l’anno non è ancora finito. Infatti con il NaNoWriMo 2012, al quale sto in questo momento partecipando, e l’inizio della prima stesura della terza puntata di “Deserto rosso” potrei tranquillamente raggiungere lo stesso traguardo in un terzo del tempo.
 
Che dire? Scrivere una romanzo a puntate è stato per me un vero e proprio evento di svolta nel mio impegno come scrittrice e senza dubbio mi sento di consigliarlo a chiunque voglia seriamente cimentarsi in maniera costante in questa arte, anzi, in questo lavoro.
Non dovrebbe provare a farlo solo chi ne ha il tempo (non ce l’ha mai nessuno), ma tutti quelli che sono disposti a trovarlo. Scrivere a puntate è di certo uno dei tanti trucchi che può aiutare lo scrittore in questo intento.
 

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