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Colonizzare Marte per davvero
Di Carla (del 20/06/2013 @ 01:07:41, in Esplorazione spaziale, linkato 3572 volte)



Mi sto divertendo a scrivere un romanzo che parla della colonizzazione di Marte, ma c’è chi sta davvero pensando di mettere in atto un tale progetto fra appena dieci anni.

Sto parlando di Mars One, la fondazione guidata da Bas Lansdorp, che ha già iniziato ad accettare le iscrizioni per prossimi abitanti del pianeta rosso.
The Mars Initiative, l’associazione no-profit di cui sono rappresentante italiana, sta tenendo d’occhio Mars One. Lo scopo di The Mars Initiative è raccogliere fondi da consegnare al primo progetto che porterà l’Uomo su Marte e, almeno dalle premesse, Mars One sembra essere il più vicino alla realizzazione, se non altro per il fatto che individua come data di sbarco dei primi coloni l’anno 2023, cioè circa una decina di anni prima rispetto, per esempio, alle fumose intenzioni della NASA.
Ma vediamo prima di tutto di cosa si tratta.
 
Mars One prevede di selezionare entro quest’anno gli astronauti che verranno inviati quattro per volta ogni due anni a partire dal 2022. Ovviamente questi verranno prima sottoposti a un lungo addestramento. Tra il 2016 e il 2021 si invieranno satelliti, rover e capsule abitative, pronti a ricevere i primi quattro coloni. Nel 2033 su Marte abiteranno già venti persone.
L’idea di Mars One, al di là dei problemi tecnici ancora da risolvere, è abbastanza semplice e la sua semplicità è proprio garantita dall’assenza di un viaggio di ritorno, cosa che riduce le spese e conferisce all’intero progetto un maggiore fascino. Si parla, infatti, di popolare un nuovo pianeta diverso dalla Terra. Le implicazione storiche, tecnologiche e scientifiche sono immense.
 
Ma quanto è fattibile dal punto di vista umano un’impresa del genere?
I due uomini e le due donne inviati su Marte saranno ben selezionati e sicuramente ben addestrati, ma non è certo possibile prepararli davvero a ciò che li aspetta. Il motivo è semplice: nessuno lo sa. Saranno loro i primi a scoprirlo.
Coloro che verranno scelti entreranno sì nella storia, diventeranno famosi, ma non godranno mai di tutto questo. Di fatto andranno a vivere per il resto della vita in mezzo a un deserto, imprigionati nei loro habitat, nelle loro tute o nei loro rover, senza stare mai più veramente all’aperto, sapendo per certo che non torneranno mai indietro.
 
Cosa succede se non vanno d’accordo? Se uno o più di loro ha un esaurimento nervoso? Se si ammala? Se inizia a non seguire più le regole?
Soprattutto all’inizio, quando le persone saranno solo quattro oppure otto e l’isolamento sarà qualcosa di tangibile (su Marte non è neppure possibile comunicare in tempo reale con la Terra), di certo sorgeranno dei problemi. E non è detto che l’aumentare della popolazione li possa risolvere. L’elemento che forse potrebbe essere più difficile da accettare è che non esiste possibilità di ripensamento. Se uno si trova male, per qualsiasi motivo, non potrà tornare sulla Terra.
 
Questa certezza personalmente mi atterrisce. Credo che in un certo senso una persona che accetti questa certezza sia un po’ folle (anche in senso buono). Ma mi chiedo come potrebbe diventare tale persona nel momento in cui questa idea si tramutasse in realtà.
L’idea di passare il resto della propria vita su Marte aveva colpito la mia immaginazione già anni fa, quando non esisteva ancora Mars One, ma in qualche articolo sul web si prospettava la nascita presto o tardi di una tale iniziativa. Proprio quel poco che avevo letto, insieme alle idee diffuse da Robert Zubrin sull’argomento sono alla base del mio romanzo “Deserto rosso”. Solo dopo aver pubblicato la prima puntata ho scoperto l’esistenza della fondazione di Lansdorp e ciò ha rinnovato in me un certo senso di inquietudine nei confronti dello stesso progetto dei colonizzazione. Un conto è, infatti, immaginarlo in un romanzo, un conto è vederlo nella realtà.
 
Non so se Mars One andrà in porto così presto, anche perché i tempi sono stretti, comunque sia spero che l’approdo dell’Uomo su Marte avvenga il più presto possibile. Anche se non vorrei mai fare parte di quei coraggiosi (e folli), mi piacerebbe davvero assistere a questa loro impresa nel corso della mia vita.
 

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