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Cuori strappati - Glauco De Bona
Di Carla (del 17/06/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2518 volte)



 Idea originale, splendida prosa, ritmo un po’ affrettato
 
Prima di iniziare questo libro mi è capitato di leggere in giro, soprattutto sul blog di Urania (ma non solo), delle vibranti critiche nei suoi confronti. Come spesso accade, di fronte alle critiche altrui tendo ad avvicinarmi a un’opera con una mentalità ancora più aperta, pronta a concentrarmi sugli aspetti positivi. Ma devo dire che nell’iniziare la lettura mi sono chiesta che libro avessero letto quelli che lo criticavano. Mi sono imbattuta, infatti, in una prosa davvero molto bella, ricca di parole non comuni, usate in maniera corretta (non è sempre scontato), a dimostrazione dell’ampio vocabolario mentale di cui l’autore dispone. Si tratta di un aspetto che apprezzo moltissimo in un libro, per cui mi ha subito conquistato.
L’ambientazione è ben costruita e fantasiosa. Personalmente non amo le visioni pessimistiche del futuro presenti spesso nella fantascienza, ma ho deciso di mettere da parte questa mia avversione (dettata puramente da gusti personali) nel valutare il modo in cui l’autore ha giocato le sue carte nel creare questa ambientazione. Devo dire che il risultato è davvero pregevole. De Bona è riuscito a rappresentare un’Italia del futuro veramente originale, dando mostra delle notevoli capacità immaginative di cui è dotato. Il fatto che la ritenga assurda non ha alcuna importanza, visto che siamo ovviamente nell’ambito della distopia.
A ciò si aggiunge una protagonista femminile di quelle toste, il capitano dei Carabinieri Amanda Lupi, che potrebbe sembrare meno originale, ma lo diventa nel momento in cui si scopre una sua caratteristica molto particolare (non la dico per evitare spoiler) che ha un ruolo importante all’interno della trama.
Proprio a questo proposito non posso che applaudire l’autore per la capacità di concepire una storia così complessa e (a costo di sembrare ripetitiva) senza dubbio originale, in cui ha mescolato sapientemente argomenti fantascientifici con situazioni e temi del poliziesco (anzi, carabinieresco, visto che i protagonisti sono Carabinieri). Ho inoltre apprezzato l’accurato richiamo storico al suo interno, che testimonia un notevole lavoro di ricerca.
C’erano insomma tutti i presupposti per un capolavoro, ma ahimè il risultato non è stato del tutto all’altezza dei presupposti. Da qui immagino derivino le critiche di cui dicevo sopra.
Iniziamo dal lavoro non eccelso fatto sull’edizione del libro da parte di Urania, che però non stupisce, purtroppo. Il libro è tempestato di errori, refusi, maiuscole e minuscole impazzite. Si nota una totale assenza dell’attenzione nei confronti dei dettagli che ci si aspetterebbe da un grande editore anche in una collana da edicola. Su questi aspetti non si può certo dare alcuna colpa all’autore.
A quest’ultimo si deve, invece, qualche problema nel ritmo della storia, che parte con la velocità giusta e poi accelera sempre più. Alla fine diventa così frenetica che accade tantissimo, anche troppo, in poche pagine e si fa un po’ fatica a seguire. Il ritmo eccessivamente precipitoso distrae, facendo saltare la sospensione dell’incredulità. Si ha l’impressione che l’autore, verso la metà del libro, abbia accelerato la scrittura per rientrare nei limiti imposti dal concorso (di tempo e/o di lunghezza). E questo è davvero un peccato, poiché una storia così intricata avrebbe avuto bisogno di uno spazio maggiore per esprimere tutto il suo potenziale e mantenere un ritmo omogeneo. Per ottenere questo risultato, secondo me, il libro sarebbe dovuto essere lungo il doppio (in un certo senso la qualità del libro è stata penalizzata dal voler partecipare al Premio Urania, cioè dai limiti imposti da un editore, e ciò dispiace ancora di più).
Il problema del ritmo affligge soprattutto le scene con i dialoghi. Mentre nelle parti descrittive l’autore sa essere molto evocativo e poetico, i dialoghi al contrario non sono altrettanto efficaci, in particolare nelle scene d’azione, dove tutto diventa molto precipitoso. Avrei spesso voluto che si soffermasse a mostrare più a fondo le sensazioni di Amanda, nelle situazioni più drammatiche, per far immedesimare il lettore nel personaggio e fargli “vedere” il mondo come questo “appare” a lei grazie alla sua particolare condizione. In questo senso, l’uso di un punto di vista onnisciente crea un ulteriore elemento di distrazione.
Infine ho apprezzato il finale aperto che lascia spazio a nuove avventure. Nonostante i difetti di questo libro mi piacerebbe senza dubbio leggerne il seguito. 

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