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 I personaggi di "Deserto rosso"... di Carla
 

“Le nostre vite da sole non valgono nulla, ma insieme siamo qualcosa di unico.” Oltre il limite

 

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Lo spirito del mio tempo - Igor Lampis
Di Carla (del 02/09/2015 @ 22:40:13, in Lettura, linkato 4588 volte)



 Il controllo del sistema e l’ignoranza
 
Ho compreso e apprezzato l’intento dell’autore nello scrivere questo libro. Il tema del controllo delle persone tramite quello delle informazioni è stato declinato mille volte nella narrativa e non era certo semplice essere originali, ma in questo piccolo romanzo ne ho colto una sfumatura che ho particolarmente apprezzato.
Il protagonista, Giorgio Ferri, vive in un prossimo futuro distopico, in cui tutto è controllato dal sistema a un livello tale che le persone comuni sono felici di tale controllo, poiché le fa sentire più sicure. I personaggi non hanno l’illusione di scegliere per sé, ma in buona misura sono ben consci di non farlo ed è proprio questa consapevolezza che li fa vivere ancora più tranquilli. Se seguono le regole, senza farsi domande, non devono preoccuparsi e possono concentrarsi su altro, come gli affetti e la famiglia. In questo mondo raccontato da Lampis, all’apparenza, seguire le regole dà la certezza della tranquillità, di una vita serena. Al contempo in queste persone si osserva la totale negazione nei confronti di qualsiasi aspetto che possa minare la sicurezza in cui sono convinti di vivere. Per Giorgio è più semplice pensare che il vicino di casa sia davvero un criminale che sospettare che sia stato preso di mira dal sistema per qualche motivo recondito, poiché anche il semplice sospetto farebbe crollare la condizione di fiducia nei confronti del sistema stesso che fa da perno alla sua vita.
L’assurdo di questa condizione è che Giorgio, in fondo al suo cuore, sa che esiste un sistema, ma allo stesso tempo non lo sa, poiché non ci fa caso, fino al momento in cui non si trova a scontrarsi con esso.
Ma nell’approccio di Giorgio agli eventi in cui viene coinvolto si nota qualcosa di più. Non è vero che Giorgio crede a ciò che il sistema gli propina, poiché credere presuppone sapere a cosa si debba credere. Giorgio invece dà per scontato che una cosa sia vera, o la possa essere, solo in base alla fonte, senza informarsi sul contenuto. Giorgio crede che un’informazione sia vera perché lo dice il telegiornale. Giorgio inizia a dubitare del sistema perché a dirglielo è il suo migliore amico, nonostante il suo dubbio sia incoerente col suo modo di porsi nei confronti del sistema stesso. Mi sarei infatti attesa che rispondesse alle accuse di Tony dicendo che non c’era nulla (o quasi) di sbagliato in ciò che lui gli stava raccontando, poiché tutto ciò che deviava dalla sicurezza in cui viveva andava eliminato. Ciò che invece andava a cozzare con la sua visione della società (il fatto che gli dessero qualcosa per frenare il suo istinto di ribellione) avrebbe dovuto subito tacciarlo come insensato e non avrebbe dovuto sentire il desiderio di dimostrare a Tony, e a se stesso, che si sbagliava.
Al contrario, di fronte a una fonte dubbia (i complottisti delle scie chimiche), Giorgio non crede, ma solo perché si annoia a leggere un lungo volantino, non perché trovi il suo contenuto assurdo oppure errato.
Il problema di Giorgio è che ignora i fatti per sua scelta. Non vuole conoscere la realtà e comprenderla. Giorgio è emblematico della pigrizia della persona comune dei giorni nostri che acquisisce delle nozioni e le etichetta come vere o false in base alla fonte o a quanto ciò le faccia comodo, senza entrare nel merito con spirito critico, senza chiedersi perché una tale informazione sia vera o falsa.
L’ignoranza di Giorgio è il motivo dell’insorgere della sua paura, quando viene convocato dalla Commissione Governativa. Secondo il suo modo di vedere la realtà, quello in cui crede di vedere la realtà, lui dovrebbe andare al colloquio sicuro di non avere nulla da temere. E, invece, è terrorizzato, ha un costante senso di colpa verso qualcosa che potrebbe aver fatto, nonostante non abbia fatto nulla. La paura nasce dall’ignoranza. E forse questo è il messaggio più vero veicolato dal libro.
Nonostante tutto, non ho potuto dare più di tre stelle al romanzo di Lampis. I motivi sono diversi.
Sebbene l’autore faccia sfoggio di un’ottima prosa, non posso dire che l’edizione sia curata come dovrebbe. Al di là delle scelte di punteggiatura disinvolte (la punteggiatura non è un’opinione e quindi sono degli errori!), manca la mano di un bravo editor nel curare alcuni aspetti stilistici oltre che lo sviluppo stesso della trama.
Le prime due parti si sviluppano in modo tale da creare l’evento che dovrebbe portare verso il climax e la conclusione della storia, ma a un certo punto il romanzo, invece di spiccare il volo, si chiude su se stesso, come pure il protagonista. Ciò che manca è l’evoluzione del personaggio principale che all’interno di un romanzo dovrebbe mostrare una crescita, almeno in uno dei suoi aspetti. Giorgio arriva quasi a iniziare questo percorso di crescita, ma invece si osserva in lui e nella struttura della trama una regressione, che porta a un finale deprimente e, al contempo, troppo definitivo, che non può soddisfare il lettore.
Trovo inoltre infelice la scelta di ambientare la storia in un contesto cronologico specifico. Il mondo raccontato da Lampis, anche se fa il verso alla società odierna, è comunque distopico e indicando una data così vicina nel futuro, invece di mantenersi sul vago (come se fosse un universo alternativo) o mostrare un futuro lontano (con tutte le tecnologie del caso), fa crollare la sospensione dell’incredulità.
Infine, il piano del sistema per eliminare i personaggi è fin troppo macchinoso. È talmente incredibile che è normale che Giorgio non possa crederci e ciò rende ancora meno efficace la storia nel suo modo di raccontare una cosa per dire l’esatto opposto.

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