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The Martian: dal self-publishing a blockbuster
Di Carla (del 27/01/2016 @ 23:26:54, in Scrittura & pubblicazione, linkato 5144 volte)



È stato il film che ha dominato i botteghini dei cinema di tutto il mondo nell’ottobre 2015, continuando a essere proiettato durante il mese di novembre. Terminata la sua vita sul grande schermo è passato all’homevideo, pronto ad approdare alla pay-per-view, ha vinto due Golden Globe e si appresta a presentarsi agli Oscar con sette nomination. Ma è stato anche il primo esempio in cui la NASA abbia abbracciato senza riserve e in maniera totale, sin dall’inizio, un progetto hollywoodiano, trasformandolo nella bandiera del suo più grande obiettivo per il futuro, il cosiddetto Journey To Mars, con cui intende portare i propri astronauti su Marte.
Ma pochi sanno che il romanzo bestseller da cui il film è tratto era originariamente un prodotto del self-publishing, anzi, è stato un bestseller proprio come romanzo autopubblicato e per questo è approdato al cinema, trasformandolo anche in un bestseller per l’editore tradizionale che ne aveva acquisito i diritti d’autore (Random House) e per quelli in tutto il mondo che avevano ottenuto i diritti di traduzione, inclusa la Newton Compton in Italia, che l’aveva originariamente pubblicato col titolo “L’uomo di Marte” (vedi sotto la copertina) per poi presentare una seconda edizione che recava il titolo italiano del film, “Sopravvissuto - The Martian” (penultima immagine in basso).
 
Ma come è iniziata davvero la favola di Andy Weir, l’autore del romanzo?
Le informazioni a proposito non sono affatto chiare. Avevo cercato di ricostruire la genesi di questo libro anche su FantascientifiCast. Adesso, dopo aver letto qualche articolo in più e un’intervista all’autore pubblicata su The Guardian (anche se in essa ho subito individuato un’incongruenza di date), voglio di nuovo provare a fare ordine su un caso editoriale che fa sognare tanti self-publisher nel mondo, me compresa visto che, guarda caso, sono autrice di una serie ambientata sul pianeta rosso.
 
“The Martian” nasce come una storia scritta a puntate da Weir nel proprio blog o sito e che per qualche motivo è diventata virale tramite Reddit. La parte più dura da comprendere è come questo passaggio sia stato reso possibile.
Reddit è un ottimo luogo virtuale dove recuperare informazioni, sia attingendo a ciò che è disponibile sia rivolgendosi agli utenti per averne delle altre. Il suo target di utenti è costituito perlopiù uomini interessati alla tecnologia. L’affinità con una storia come quella di Weir, in cui l’astronauta Mark Watney viene abbandonato su un pianeta deserto e deve sopravvivere usando solo le proprie conoscenze scientifiche, appare evidente.
Secondo quanto affermato dallo stesso Weir, l’idea di scrivere questa storia era nata come una sorta di esercizio in cui tentava di ricostruire una situazione così estrema (da notare che l’autore che racconta la storia di un astronauta non viaggia neppure in aereo perché soffre di una fobia per il volo!). Reddit è stato il mezzo con cui, a sua detta, si è messo in contatto con esperti di vario tipo per risolvere le problematiche che si ponevano di fronte al suo astronauta e provare a dare luogo a uno scenario realistico.
 
E qui viene il primo dubbio. Come mai ha deciso di partire da un assunto scientificamente errato (quello che una tempesta di sabbia su Marte potesse creare tanti danni da far abortire una missione)? Il pianeta rosso offriva sicuramente mille altre possibilità narrative, altrettanto drammatiche ed efficaci, per far sì che il personaggio del protagonista venisse creduto morto e abbandonato per via dell’impossibilità di recuperarne il corpo.
Forse l’autore non si era posto il problema, poiché certo non immaginava cosa sarebbe accaduto dopo.
 
Ed ecco cosa è successo. Man mano che andava avanti con la scrittura Weir è riuscito a coinvolgere sempre più persone. Che lo volesse o meno, ha fidelizzato i propri lettori, che si sono sentiti parte del progetto per lunghi mesi a cavallo tra il 2011 e il 2012. Quando questo è giunto alla sua conclusione, in molti gli hanno chiesto di mettere il libro finito su Amazon, affinché potessero scaricarlo sul proprio Kindle, e lui l’ha fatto. Siccome non poteva essere messo gratis (tranne forse per qualche giorno, se avesse aderito all’opzione Select), l’ha offerto in vendita al prezzo più basso: 99 centesimi di dollaro.
Il suo già nutrito gruppo di lettori ha subito acquistato il libro, facendogli scalare la classifica e, per qualche magia dovuta agli algoritmi del sito (stiamo parlando del 2012 quando gli ebook disponibili erano in numero significativamente inferiore e fare in modo che il proprio diventasse popolare non era del tutto impossibile, se potevi contare su una buona spinta di vendite iniziali), portandolo all’attenzione di tanti altri potenziali lettori.
 
Tra questi ultimi c’ero anch’io. Ricordo con chiarezza quando mi imbattei per la prima volta in “The Martian”. Era l’inizio del 2013, forse febbraio. Stavo lavorando al terzo libro di “Deserto rosso” e mi ero messa a cercare su Amazon.com dei romanzi di fantascienza hard ambientati su Marte.
Quasi subito, facendo una ricerca, mi ritrovai di fronte la pagina di un ebook dalla copertina molto semplice (un’arcinota foto di Marte della NASA; vedi immagine a sinistra), una descrizione misera (appena una riga), un prezzo basso (l’equivalente di 89 eurocent), ma ben 1200 recensioni con una media visiva di 4 stelline e mezzo. Per un libro autopubblicato uscito meno di sei mesi prima!
E le recensioni erano entusiastiche. Al che non ci pensai neppure mezzo secondo e feci clic per acquistarlo.
 
Quel libro rimase nel mio Kindle senza essere aperto fino a maggio 2013, quando, in cerca di ispirazione per scrivere il libro finale della mia serie, decisi di leggerlo.
Ne rimasi folgorata.
A parte qualche problemino di formattazione e qualche refuso qua e là (scusabile visto il prezzo esiguo per un romanzo tanto lungo e articolato), riconobbi subito in esso il miglior romanzo autopubblicato che avessi mai letto (qui trovate la mia recensione).
Quando andai io stessa ad aggiungere la mia recensione, scoprii che il libro non era più in vendita, poiché era stato acquisito da un grosso editore e sarebbe uscito di nuovo nel febbraio 2014 (l’informazione era riportata dall’autore sulla pagina del prodotto), ma nonostante questo le recensioni fioccavano di continuo, ogni giorno, più volte al giorno.
 
Nella mia mente augurai ogni bene a Weir per il suo futuro, anche se stentavo a capire perché un self-publisher che vendesse tanto bene avesse deciso di cedere alle lusinghe di un editore. Certo, era evidente che come self-publisher non fosse proprio bravissimo. A parte le ottime vendite, il libro non si presentava bene, aveva un prezzo basso di quelli che richiedono davvero grandi numeri per farti guadagnare, non aveva altri libri con cui sfruttare l’effetto domino del successo del primo. Tutto sommato, per un autore che non pareva interessato a diventare editore di se stesso, ma che l’aveva fatto solo per ripiego, firmare un contratto con un grosso editore e ricavarne subito un lauto anticipo era una scelta di tutto rispetto.
 
Quando poi l’anno dopo il libro venne ripubblicato (vedi copertina a destra), vidi che stava accadendo esattamente quello che sospettavo. La posizione in classifica era davvero bassa. Le recensioni continuavano ad arrivare, ma provenivano dall’edizione a 99 cent non più disponibile. Il prezzo che viaggiava, se non ricordo male, molto vicino ai 10 dollari di certo non aiutava, nonostante le belle copertine (una diversa per ogni formato) e la descrizione intrigante. Il libro sembrava destinato a finire nell’oblio.
 
Ma poi scattò il colpo di scena. Iniziò a girare la notizia che dall’opera di Weir sarebbe stato tratto un film di Ridley Scott con Matt Damon. Ciò stava avvenendo a pochi mesi dalla seconda uscita del libro, che continuava tutto sommato a vendicchiare, ma ben lontano dalle posizioni in classifica della sua prima versione.
Solo quando i rumor si trasformarono in certezze, il libro tornò al centro dell’attenzione, stavolta di un pubblico più grande. Mentre si produceva il film, i suoi diritti venivano venduti all’estero. Mentre dal set arrivavano le prime immagini, la NASA lanciava il primo passo del suo Journey To Mars col volo inaugurale della capsula Orion, avvenuto con successo nel dicembre 2014.
Man mano che si andava avanti, che veniva annunciata la data di uscita del film (poi anticipata di quasi due mesi, all’ottobre 2015, in sospetta sincronia con la notizia bomba della NASA aveva trovato dell’acqua scorrere sulla superficie di Marte), il romanzo “The Martian” (“L’uomo di Marte” in Italia) tornava a essere un bestseller, quanto lo era stata la sua edizione autopubblicata, ormai quasi dimenticata, senza il successo della quale, però, niente sarebbe mai accaduto.
 
Il resto lo sapete. “The Martian” esce, raccoglie un grosso bottino ai botteghini, riportando il romanzo ai vertici delle classifiche dei libri di tutto il mondo.
 
Ma cosa era successo veramente da permettere a un ebook da 99 cent autopubblicato quasi solo per sfizio su Amazon di trasformarsi in un blockbuster?
Era successo che nei primi mesi che seguirono la sua autopubblicazione, nel settembre 2012, “The Martian” aveva venduto 35 mila copie. E questo fatto era stato sufficiente ad attirare l’attenzione di un grosso agente che si era offerto di rappresentare l’opera di Weir presso possibili editori.
Ci era riuscito pochi mesi dopo, ma contemporaneamente aveva trovato un produttore cinematografico interessato ad acquisire l’opzione per la realizzazione del film.
I due contratti furono firmati separatamente e quasi contemporaneamente pochi mesi dopo.
 
Sì, è proprio così: è stato il successo come self-publisher, ottenuto in maniera fortunosa (non sapremo mai come sia andata davvero), a far sì che “The Martian” approdasse a Hollywood. Il successivo successo editoriale con la Random House è avvenuto solo perché Andy Weir non era un vero imprenditore autore. Non aveva le competenze né i mezzi per gestire la pubblicazione professionale del proprio libro e aveva accolto con piacere l’interesse di un grosso editore tradizionale.
Resta il fatto che non è stata la pubblicazione con quest’ultimo a portare all’esistenza e al successo della sua trasposizione cinematografica (cui si deve un importante apporto promozionale anche da parte delle NASA: è soprattutto di questo che parlo nel podcast), bensì quella avuta tramite il self-publishing e l’autopromozione.
 
Andy Weir (foto accanto) non è precisamente il modello di self-publisher cui fare riferimento, poiché non è mai stato un professionista di questo mestiere e neppure gli interessava esserlo, ma la sua favola è una di quelle che dimostra come questo modello editoriale abbia sempre più il merito di portare all’attenzione del pubblico opere validissime, che altrimenti sarebbero rimaste chiuse nei cassetti dei loro autori o addirittura, in casi come questo, non sarebbero mai state scritte. E, sebbene noi self-publisher professionisti non ci riconosciamo in Weir (ma magari vogliamo capire come accidenti abbia fatto a usare Reddit per rendere il suo scritto così virale!), poiché per produrre i nostri libri ci impegniamo a offrire una qualità dei contenuti ma anche di confezionamento che li rendano indistinguibili o addirittura migliori di quelli degli editori tradizionali, vediamo comunque in questa storia la realizzazione di un sogno, che ci ispira, ci dà speranza e ci spinge a portare avanti il nostro progetto editoriale, perché magari un giorno lo stesso destino potrebbe toccare a noi.

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