Devo ancora vedere l’ultima stagione di questa bellissima serie TV, ma proprio per questo motivo voglio parlarne adesso che non so come finirà. Ricordo che a suo tempo cercai di evitare a tutti i costi di vederla. Mi dicevo che non volevo lasciarmi coinvolgere e allungare ulteriormente la lista dei miei impegni televisivi, ma poi, non so come, ci sono cascata.
Come spesso mi capita in questi casi, non ho mai visto le primissime puntate. Trattandosi di una serie episodica (come tipicamente sono quelle rivolte ai canali generalisti, di cui la CBS fa parte) questa mia mancanza non ha inficiato il godimento del resto della stagione e di quelle successive, una volta chiarito l’antefatto.
“
The Good Wife” rientra nelle cosiddette
serie drammatiche a carattere giudiziario. La protagonista, interpretata dalla bravissima
Julianna Margulies (che ricorderete di certo in
E.R. nel ruolo dell’infermiera che faceva coppia col dottor Ross, vale a dire George Clooney), è
Alicia Florrick, la moglie del procuratore di stato, Peter Florrick (Chris Noth, già visto come Mr Big in
Sex And The City),
coinvolto in uno scandalo sessuale che lo fa finire in prigione. Alicia, da
buona moglie, nonostante il tradimento, supporta pubblicamente il marito (anche se in privato le cose non vanno altrettanto bene) e si deve sobbarcare la famiglia, mentre lui è in carcere. Per riuscirci,
torna a fare l’avvocato.
Come potete immaginare, ogni puntata presenta un caso legale che deve essere risolto.
L’aspetto puramente legale devo dire che è molto divertente. Alicia e i suoi colleghi, anche nelle peggiori situazioni, tirano fuori dal cilindro un colpo di genio che li porta quasi sempre alla vittoria.
Gli spettatori ricevono un’immagine della legge che appare come qualcosa di estremamente creativo, uno strumento che gli avvocati devono sapere armeggiare per far vincere il proprio cliente. Poco importa se sia colpevole o innocente. Infatti, tra i vari casi c’è anche quello di un uxoricida (un personaggio ricorrente nella serie) che rimarrà impunito, ma non per questo appare come un personaggio del tutto negativo.
Accanto all’argomento legale si sviluppa quello
politico, che viene incarnato dal
bravissimo Alan Cumming nel ruolo di Eli Gold. Eli è lo
stratega politico di Peter Florrick, colui cioè che gestisce le sue campagne elettorali e cura la sua immagine anche durante i mandati. Peter, che all’inizio è il procuratore di stato, più avanti nella serie si candiderà alla carica di governatore dell’Illinois e nella sesta stagione anche Alicia si ritroverà a correre per una carica di natura politica.
Non entro nel dettaglio per evitare spoiler a chi non avesse ancora visto questa serie.
Comunque sia, la parte relativa agli intrighi politici non è meno interessante rispetto a quella prettamente legale, mettendo in evidenza come i due ambiti siano spesso collegati (negli Stati Uniti).
Proprio in questo periodo che anche da lontano assisto alla campagna presidenziale che vede come protagonisti Hillary Clinton e Donald Trump, non posso che confrontare gli articoli, i video, i tweet e quant’altro compare sul web con ciò che la finzione propone in “The Good Wife”, dove le elezioni vengono mostrate come un conflitto fatto di diffamazioni, colpi bassi, video anonimi, ricerca del solito scheletro nell’armadio dell’avversario, scontri verbali in cui la forma conta più del contenuto. In tutto ciò gli elettori sono dei numeri in una statistica che sembrano oscillare da una posizione all’altra come conseguenza di queste azioni, proprio come se fossero delle pecore e non degli esseri pensanti in grado di valutare la qualità dei candidati.
Personalmente trovo tutto questo affascinante e proprio la visione di una serie come “The Good Wife” (ma non è l’unica di certo ad affrontare questi argomenti), nel suo piccolo, fornisce un’ulteriore chiave di lettura di ciò che si vede nella realtà. In altre parole, tutto ciò che appare attraverso i media in relazione ai candidati di una campagna elettorale negli Stati Uniti è pura strategia.
Non che il resto del mondo sia diverso, ma ho l’impressione che l’eccessiva spettacolarizzazione in questo ambito, come in qualsiasi altro, sia una prerogativa tipicamente americana.
Agli
aspetti controversi sia in ambito legale che politico trattati in questa serie, si aggiungono quelli relativi alla
sfera personale. Amicizie che diventano relazioni sessuali (extraconiugali) che poi diventano rivalità, personaggi che usano i sentimenti altrui a scopo personale, figli adolescenti che nascondono gravidanze, avvocatesse che si fingono ottuse per ingannare gli avversati (come il divertentissimo personaggio di
Elsbeth Tascioni, interpretato da Carrie Preston) altre che usano i propri figli per impietosire i giudici, avvocati che fanno lo stesso con la propria disabilità (a questo proposito è degno di citazione il perfido personaggio di
Louis Canning, interpretato da Michael J. Fox, che arriva addirittura a
imbrogliare Alicia dal letto di un ospedale!) sono solo alcuni esempi del materiale umano offerto dalla serie, cui si aggiunge, purtroppo, anche la morte.
Ce n’è, insomma, per tutti i gusti e l’insieme di questi elementi va a creare delle robuste sottotrame che si dipanano lungo tutta la serie, da una stagione all’altra. E diventano sempre più importanti tanto che il caso trattato nel singolo episodio finisce per passare in secondo piano.
Non c’è quindi da stupirsi che una serie del genere tenda a creare dipendenza. Perciò, se non l’avete vista ma intendete farlo, ricordatevi che non avrete pace finché non sarete arrivati all’ultima puntata, se non di tutta la serie, almeno delle singole stagioni.
Poi non dite che non vi ho avvertito!