Park Lane - Frances Osborne
Di Carla (del 17/01/2019 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 1706 volte)
Grandi premesse, ma trama ricca di difetti messi in luce dal finale
Ho amato questo libro fino a prima dell’ultimo capitolo, poi tutto è crollato. Sono stata catturata dall’ambientazione di Londra poco prima della Prima Guerra Mondiale, durante e dopo di essa. La ricostruzione storica è così accurata che riporta in vita quel periodo nella mente del lettore. Ho trovato particolarmente interessate il modo in cui viene rappresentata la mentalità delle persone, soprattutto il modo in cui le donne tendevano a sentirsi insicure, inferiori, per il semplice fatto di essere donne, aggravato nel caso di una delle due protagoniste (Grace) dalla classe sociale. Nonostante il personaggio di Beatrice sia entrata a far parte delle suffragette, manca della sicurezza di sé che ci si attende da una “rivoluzionaria”. Si sente continuamente fuori posto, attanagliata dalla paura che la spinge a desiderare di scappare per tornare alla tranquillità della sua tediosa vita da ricca, ma allo stesso tempo non scappa, per timore di quella stessa tranquillità, che la fa sentire inutile. Ciò che la muove non è idealismo, ma la ricerca dell’emozione che manca alla sua quotidianità. È molto lontana della donna forte che costituisce la tipica eroina dei romanzi e ciò la rende per certi versi realistica. Ma ciò che mi ha incollato alle pagine del libro è il modo imprevisto con cui i personaggi si trovano a interagire nella storia. La curiosità di scoprire cosa sarebbe accaduto dopo mi spingeva a leggere un capitolo dopo l’altro. E durante tale lettura non erano poche le cose che mi infastidivano, ma che mettevo da parte pregustando la scoperta dell’evento successivo. Tra queste c’è il personaggio di Grace, così remissivo che ho avuto difficoltà a immaginarla come un’adulta. Mi pareva sempre di vedere una bambina timorosa, debole. Altro elemento di fastidio sono le numerose coincidenze. Va bene che ci sia una coincidenza in una storia. D’altronde è finzione. Ma, quando iniziano a essere due, diventano poco credibili. Discorso analogo per gli eventi tragici, legati a elementi di pura sfortuna, che sanno tanto di forzatura per portare la storia verso una certa direzione. Il che andrebbe anche bene, se il risultato fosse soddisfacente. A ciò si aggiunge un altro elemento forzato: i personaggi prendono delle decisioni importanti che avranno conseguenze sulla loro vita in un attimo per effetto del capriccio del momento o di un equivoco che nella realtà verrebbe facilmente chiarito. Ciò le rende del tutto irrealistiche. Anche su questo ci si potrebbe passare sopra, se la storia si concludesse con un finale che dà un senso a tutto e soddisfa il lettore. Ma così non è. Le coincidenze che emergono agli occhi del lettore lentamente lungo tutto il libro vengono rivelate a Beatrice in un attimo, nell’ultimissima scena. Lo stesso fatto che lei arrivi a comprendere tutto da pochi elementi è in contrasto con la totale mancanza di intuito mostrata durante il romanzo, quella che l’ha resa vittima di enormi incomprensioni. A dirla tutta, non credo che neppure una persona tanto perspicace avrebbe potuto giungere alle stesse conclusioni in un secondo da sola senza neppure fare una domanda. Quell’intera scena è a dir poco improbabile e ha fatto crollare quella sospensione di incredulità cui fino a quel momento mi ero aggrappata pur di dare un giudizio positivo al libro, alla cui lettura ogni sera tornavo con trepidazione. Il colpo di grazia, poi, è stato il fatto che il libro sia finito lì, senza che venisse mostrato nulla delle conseguenze di quella rivelazione, quasi fosse un cliffhanger, che però non è stato seguito da un altro capitolo né da un seguito del romanzo. Bastava davvero poco per trasformarlo in un finale aperto, in grado di lasciare al lettore almeno la scelta di immaginare da sé cosa sarebbe avvenuto dopo. E invece non è stato fatto. In un istante, di fronte a quel finale improvviso e insulso, tutto si è frantumato e i difetti del libro mi sono diventati chiari. Il peggiore di tutti è la mancanza di una vera crescita interiore dei personaggi, che rimangono cristallizzati nei loro difetti, senza dare alcun reale senso alla propria esistenza all’interno della storia. Sì, perché alla fine ti ritrovi a domandarti: che storia è questa? Che cosa vuole davvero raccontare? I personaggi sembrano burattini utilizzati soltanto per mostrare un periodo storico, senza che svolgano il loro ruolo principale: essere il motivo per cui si racconta una storia.
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