La storia di “Saranythia” entra nel vivo in questa terza parte del racconto. I protagonisti iniziano un viaggio che li porterà a imbattersi in antichi misteri, non dimenticando di far divertire i lettori.
La lettura scorre piacevole tra ironia e colpi di scena, mentre la storia si dipana su tre linee narrative che si intrecciano tra di loro.
Mentre nelle prime due parti abbiamo familiarizzato con nuovi e vecchi personaggi e abbiamo assistito a ciò che li ha portati a questo punto della storia, ne “I segreti dei Margspakr” l’azione si muove più in fretta, tenendoti incollato alle pagine, e i vari elementi precedentemente introdotti iniziano a interagire tra di loro e ad assumere una collocazione chiara nella trama.
Non mancano i momenti di ilarità, grazie alle battute taglienti di alcuni personaggi e, soprattutto, alle vere e proprie gag dei gemelli Erik e Dag.
Come sempre Richard J. Galloway riesce a fondere elementi del fantastico che sembrano appartenere alla magia o al sopranaturale con vera scienza, usata come spiegazione degli stessi elementi. È molto affascinante il modo in cui spiega un fenomeno fisico reale, relativo al comportamento della luce, e poi lo usa come base per la straordinaria teoria sulla natura dell’universo proposta da uno dei personaggi.
Insomma, una lettura appassionante che ha un unico difetto: dover attendere la pubblicazione del volume successivo per sapere finalmente come si concluderà la storia!
Nel frattempo, ho chiesto a Richard di presentare a suo modo il libro e di rispondere ad alcune mie domande.
Ecco cosa mi ha detto.
Il tempo passa. I ricordi degli eventi svaniscono.
La storia ricordata a metà, offuscata dagli abbellimenti, diventa mito.
Passa ancora più tempo. Generazioni di persone nascono e muoiono.
Il mito viene diluito, edulcorato e relegato a storie di eroi e re di tanto tempo fa.
Epici eventi del passato ridotti a favole della buonanotte dell’infanzia ricordate a metà.
E così è stato per i Margspakr. Per alcuni erano saggi fin dai tempi antichi, che consigliavano l’eroe prima della battaglia e lo curavano dopo di essa, e sarebbero diventati la base delle storie dei loro primi anni.
Altri, come i Frati Rossi dell’Ordine Saratariano, sapevano chi erano veramente i Margspakr, ma non quello che facevano. Per loro, i Margspakr erano un mistero irrisolto, una società segreta che era svanita senza lasciare traccia, portando con sé i propri segreti.
Ad Amantarra si presenta l’invito a un viaggio. Una trappola? È molto probabile, ma, col rivelarsi di un nuovo giocatore, sembra che non ci sia altra alternativa che finirvi dentro. È durante questo viaggio che trovano le prove dei Margspakr, insieme ad alcuni dei loro segreti.
Le storie dalla Terra nascondono i loro misteri cui il nuovo giocatore è molto interessato. Afferma di avere spiegazioni sulle vere origini dei fantasmi e sulla contorta causalità, ma esattamente come si fa a vincere una medaglia per essere caduto da una cassa di birra?
Con questa terza parte di “Saranythia” superiamo il punto centrale della storia. Al termine della parte precedente, un colpo di scena aveva spinto i protagonisti a un nuovo corso degli eventi, ovvero a intraprendere un lungo viaggio per visitare la Strega di Fossrauf. Ed è proprio attorno al viaggio che si sviluppa questa parte della storia, cui si affiancano una coppia di personaggi davvero interessanti: i gemelli Dag ed Erik, guerrieri imbattibili, ma anche grandi chiacchieroni.
Hai tratto ispirazione da qualcosa o qualcuno in particolare nella creazione di questi due personaggi?
Dag ed Erik, sì, hanno avuto un’evoluzione interessante, che inizia con la loro discussione di apertura su quale nome dovrebbe essere detto per primo quando si presentano. Una discussione che ben presto si trasforma in farsa. Questa salva di apertura è basata sui personaggi di Pincopanco e Pancopinco, che sono stati interpretati da Matt Lucas nel film del 2010 “Alice in Wonderland” (nota: diretto da Tim Burton e tratto dal libro di Lewis Carroll). Dunque, Dag ed Erik sono gemelli identici nati in un mondo in cui leggere la mente è la norma. Per me era ovvio che sarebbero diventate due menti che funzionano come una sola. Non hanno buone prestazioni quando sono separati, ma insieme, in un combattimento due contro due, sono imbattibili. Allo stesso modo, la loro spiegazione del motivo per cui stanno partecipando a una spedizione per visitare la strega sembra sceneggiata, con un guerriero che finisce le frasi dell’altro, mentre lavorano per ottenere un obiettivo comune.
Dopo esserci immersi nel contesto medievale di Setergard (a parte qualche piccolo esempio di tecnologia dei Bruwnan), nella terza parte di “Saranythia”, come i tuoi lettori possono già intuire dalla copertina del libro, i nostri protagonisti si imbattono in alcune tecnologie avanzate. Uno degli aspetti più affascinanti è il modo in cui i personaggi di Pheenar reagiscono alle tecnologie il cui funzionamento è al di là della loro comprensione. E le loro reazioni sono divertenti, ma soprattutto sembrano realistiche.
Come ti metti nei loro panni? Ti viene spontaneamente o usi dei trucchi particolari per immedesimarti?
La premessa su cui si basa la storia è che alle culture primitive tutta la tecnologia avanzata sembra magica o, nel caso della gente di Pheenar, divina. Le tecnologie Bruwnan cui sono esposti sono doni del loro Dio e non sono destinate a essere comprese. I visitatori della Terra portano nuovi oggetti da ammirare e, poiché non sono divini, forse possono essere compresi. Le reazioni della gente del posto a cose che diamo per scontate sono del tutto spontanee: io sono molto bravo a capire male le cose. L’umorismo deriva dai malintesi che sorgono tra i personaggi di fronte a ciò che viene loro mostrato. Il comandante Vartii è particolarmente affascinato da come funzionano le cose, ma tende a essere sopraffatto dai concetti, vedendo le cose nel loro insieme invece di scomporle in componenti più comprensibili. Così, le funi, le pulegge e i contrappesi di una semplice piattaforma elevatrice lo riempiono di stupore e meraviglia. È attraverso i suoi occhi che introduco il fatto che la gente di Pheenar una volta era più avanzata di quanto non lo sia ora.
Parliamo dei Margspakr. Questa è una parola in norreno, giusto?
Raccontaci qualcosa in più sulla sua origine e sul perché hai deciso di dare un nome così a queste figure del passato che compaiono nel libro.
Sì, è norreno. La parola “Margspakr” può essere suddivisa in due parti: “Marg” (una versione abbreviata di “Margr”), che significa “molti”, e “Spakr”, che significa “saggio”, quindi la sua traduzione letterale è “molti saggi” o, presa nel suo insieme, “molto saggi”. Mi sono preso la libertà di applicarla a un collettivo per dare il significato di “saggi”.
Perché il norreno? Be’, il 16,3% del mio DNA è scandinavo, quindi ho deciso di dare voce al mio vichingo interiore e quindi basare vagamente la società presente su Pheenar sulla cultura norrena, be’, almeno per quanto riguarda i nomi. Questa decisione è stata confermata da una conversazione parzialmente unilaterale che ho avuto con la mia dentista sugli strani toponimi che abbiamo qui nel nord-est dell’Inghilterra. Non essendo di queste parti, era curiosa di sapere quale fosse la loro origine ed è stata affascinata nell’apprendere, tra le pause della perforazione, che sono norreni.
Anche “Fossrauf” è norreno: “Foss”, che significa “cascata”, e “Rauf”, che significa “buco”. Quindi ora sai che la nostra intrepida banda sta viaggiando verso “Buco della Cascata” per visitare la strega. Se ti stai chiedendo cosa voglia dire “Setergard”, be’, significa “Fattoria di alpeggio”.
Cresciuto tra l’industria pesante del nord-est dell’Inghilterra con Star Trek, Doctor Who e i romanzi fantasy,
RICHARD J. GALLOWAY si è ribellato al destino segnato dalle scuole frequentate, secondo cui il lavoro industriale sarebbe stata la sua vocazione. Dopo aver esaurito l’unica opzione apparente, il suo insegnante era disperato. “Visto che non vuoi lavorare nelle acciaierie, dove vuoi lavorare?” La sua risposta era sempre: “Non lo so.” Il settore in cui sarebbe finito non si concretizzò che dieci anni dopo. Nessuna meraviglia che il suo insegnante si preoccupasse. Dalla scuola, passando attraverso l’ufficio di disegno e l’architettura, alla fine si è trovato a lavorare con i grandi sistemi informatici.
Carriera a parte, il filo che legava tutto insieme era la fantasia. Non ha mai perso la sua fascinazione per le immagini che un buona storia possono evocare. Dopo tutto, gli avevano mostrato dei mondi al di là di questo, e le possibilità al di là delle acciaierie. E continuano a farlo.
Richard vive ancora nel nord-est dell’Inghilterra con la moglie, la famiglia, e un grosso gatto chiamato Beano. L’industria pesante si è ridotta, ma il mondo della fantasia di Richard è cresciuto. Spesso si chiede quale consiglio avrebbe ricevuto, se il suo insegnante avesse letto un po’ di fantascienza.