Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La primavera è appena iniziata e su Amazon hanno pensato bene di includere il mio nuovo romanzo, “Sirius. In caduta libera” (quarta parte del ciclo dell’Aurora), tra gli sconti di inizio stagione.
Ancora fino al 7 aprile “Sirius. In caduta libera” è in offerta ad appena 1,40 euro (invece che 3,49 euro) su Amazon: https://amzn.to/2JTcae8
L’offerta è valida solo in Italia.
“Sirius. In caduta libera” è un romanzo di fantascienza hard che, attraverso le vicende dei suoi protagonisti, porta il lettore nell’orbita bassa terrestre e nel versante di un vulcano in Islanda, mostrandogli fino a che punto la natura possa diventare ostile, in particolare quando, a causa di qualcosa di imprevedibile, la tecnologia fallisce, e nel contempo facendogli percepire le emozioni di chi tenta di sopravvivere alla sua indifferenza e alla sua furia. Fa da sfondo a tutto ciò la preoccupante presenza di un’intelligenza artificiale forte, la cui evoluzione è ignorata e sottovalutata persino dalla sua stessa creatrice.
Se state già leggendo il ciclo dell’Aurora o se intendete leggerlo, non perdete questa occasione di accaparrarvi uno dei libri al prezzo più basso mai visto.
Se poi volete scoprire di più sul ciclo dell’Aurora, visitate il minisito dedicato alla serie su: www.desertorosso.net
Ci vediamo in orbita!
Alcune settimane fa ho avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata su Skype con l’amico e autore di fantascienza Nicola Marco Camedda, durante la quale mi ha rivolto una serie di interessanti domande sul mio lavoro di autoeditrice che pubblica romanzi di fantascienza e thriller.
Dopo aver parlato un po’ di come ho iniziato a scrivere e di cosa mi ha spinto a dedicarmi a questi due generi, abbiamo affrontato l’argomento del difficile rapporto tra le donne e la fantascienza, cosa che tuttora continuo a non comprendere del tutto, lo ammetto!
Abbiamo parlato anche del ruolo della ricerca nell’ideazione dei miei libri di fantascienza e di cosa significa essere un autoeditore.
Ci siamo poi ovviamente soffermati sul mio nuovo romanzo, “Sirius. In caduta libera”, la quarta parte del ciclo dell’Aurora.
Infine, ho raccontato a Nicola qualcosa sui tre progetti cui sto lavorando al momento.
Curiosi di saperne di più?
Grazie mille a Nicola per avermi ospitato sul suo blog!
Oggi ospito ancora una volta, e con grande piacere, il collega e amico Francesco Zampa, autore di gialli e non solo. Francesco, come me, è un autoeditore e in questo articolo racconta la sua avventura nel mercato editoriale italiano ed estero, che nei prossimi giorni lo porterà anche al Buk Festival di Modena, dove metterà a disposizione del pubblico per la vendita, oltre che i suoi libri, anche tutti i miei thriller e alcuni dei romanzi di Giulia Beyman.
Ma di questo vi parlerò meglio alla fine dell’articolo.
Sono abituato a datare il mio debutto come autoeditore in coincidenza con la pubblicazione del mio primo libro, Doppio omicidio per il maresciallo Maggio, nel 2012. In realtà, in maniera analoga all’impresa individuale che nasce contemporaneamente all’idea che la sostiene e non alla struttura e alla produzione successive, è più esatto tornare al maggio 2010 quando, per sondare l’opinione dei lettori, fondai il blog …vi parla il maresciallo Maggio, una terrazza aperta e un laboratorio sulla lettura, evolutasi nel corso degli anni con recensioni di film e libri, accanto alle pagine fisse dei miei scritti. Il blog ospitò all’inizio tre racconti, successivamente pubblicati in una raccolta prequel. Uno fu selezionato per il Giallo Mondadori. Purtroppo, o per fortuna, il redattore operò una serie di correzioni che ne stravolsero il senso e decisi che, da lì in poi, avrei fatto da solo. È dello stesso anno la pubblicazione della graphic-novel Calciopoli ovvero l’elogio dell’inconsistenza, un saggio a fumetti naif sulle lacune, non solo giudiziarie, del famoso scandalo, pubblicata da un editore locale ma interamente curata da me.
Alla fine del 2013 fui il primo iscritto alla prima conferenza (poi rimasta unica) a Senigallia sul selfpublishing, termine per gli anglofili e probabilmente più social, una fiera più che un esperimento, che non ha avuto seguito. Sempre nel 2013, partecipai al corso Come si fa un libro organizzato da Marcos y Marcos.
Nel 2014 organizzai un pioneristico convegno sull’autoproduzione grazie anche alla collaborazione e alla disponibilità del personale della biblioteca di Todi. Si parlò per la prima volta di autoeditoria, una cosa che poi nuova non è. Moltissimi sono gli autori che hanno pubblicato e diffuso le proprie opere in proprio, come tanti sono i rifiuti eccellenti da parte degli esperti.
In due edizioni successive ho partecipato alla fiera romana della piccola e media editoria, Più libri più liberi, dove ho ascoltato editori tradizionali parlare di un qualcosa che, con ogni evidenza, non conoscevano abbastanza. Extra vergine d’autore, un’organizzazione attiva per la promozione di autori emergenti, ha selezionato quattro miei libri con bollino di qualità e mi hanno invitato due volte come relatore. A gennaio 2017, Doppio omicidio per il maresciallo Maggio è uscito in abbinamento con il Corriere dell’Umbria per tutto il mese. È di marzo 2018 la partecipazione a Trame, il I festival nazionale del giallo di Assisi. A settembre e ottobre ho avuto uno stand e due eventi, di cui uno incentrato sull’autoeditoria, a Umbria Libri 2018 e ho iniziato la distribuzione in selezionate librerie umbre. A dicembre del 2019 Kobo ha gestito l’offerta de L’eroe nella home page. Nel 2019 ho partecipato, sempre con Marcos y Marcos, al Corso di editing. Ho prenotato gli spazi a Buk Modena (aprile), Macerata Libri (maggio) e di nuovo, Umbria Libri. Sono in progetto l’uscita dell’VIII episodio dei Racconti della Riviera e della II raccolta delle Impossibili possibilità.
Scrissi il primo citato romanzo breve quasi d’istinto per dare corpo a un personaggio che avevo in mente nelle fattezze, nel carattere e nei modi. Non mi piacevano i ruoli assegnati dalla fiction ai marescialli in genere e volevo creare un investigatore maturo, con pregi, limiti e senza tratti elegiaci o propagandistici, degno della nutrita concorrenza. Il maresciallo Maggio agisce a Viserba in un’epoca sfumata ed appena edulcorata che si può collocare (con qualche adattamento come i telefoni cellulari), a fine anni ottanta. Si occupa di casi comuni, di corruzione, di violenza di genere, e trova il malaffare trasversalmente distribuito. È un buono quasi disilluso e non cede alla prepotenza né al luogo comune, neanche tra i suoi colleghi. La serie ha venduto finora più di ottomila copie digitali e cartacee.
Mentre le lettere di rifiuto, necessarie alla mia caratura, di ben selezionati editori, crescono, Maggio è arrivato a sette episodi, dei quali il IV, il V e il VI compongono la cosiddetta Trilogia del malaffare, inframmezzati da un romanzo storico, uno di formazione e dalla prima uscita di una raccolta di racconti che fungono da banco per altri generi e modalità narrative. Ho curato traduzioni in Inglese, Francese e Spagnolo, le prime due direttamente grazie alla conoscenza diretta con le bravissime traduttrici. Ho creato un marchio, Zipporo Direct Publishing, per dare un’identità a tutta la produzione, accompagnato da piccoli oggetti per il merchandising come magliette e segnalibri. Grazie alle edizioni digitali, i libri sono disponibili in tutto il mondo e ho diffuso copie in paesi idealmente remoti come Turchia, Tunisia, Giappone, Brasile, Cuba e Sudafrica.
La rete è di certo un mezzo straordinario ma il vero passo in avanti è essere riconosciuti e ricordati per quello che si scrive più che per come lo si pubblica.
Se il 13 e il 14 aprile contate di essere a Modena e dintorni, non perdetevi il Buk Festival: www.bukfestival.it/
Di Carla (del 16/04/2019 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2178 volte)
Technothriller fantascientifico, ma soprattutto psicologico
In genere, quando leggo un libro da cui è stato tratto un film, mi piace fare dei confronti, per comprendere le scelte operate per rendere possibile questo tipo di trasposizione, e dare ai personaggi i volti degli attori, mentre vivo la lettura.
In questo caso non ho potuto farlo, poiché non ricordavo assolutamente nulla del film. Pensavo che andando avanti nella lettura la mia memoria si sarebbe risvegliata, e invece no, nulla. Non so se sia dovuto al fatto che il film non mi avesse favorevolmente impressionato (eppure mi pare che mi fosse piaciuto) o alle eccessive differenze tra i due prodotti. Fatto sta, che mi sono ritrovata a leggere questo libro senza sapere nulla della storia e ho potuto quindi godermi tutti i colpi di scena.
Questo romanzo rientra in uno schema tipico di molte opere di successo di Crichton. Al centro c’è un argomento scientifico/tecnologico, in questo caso le condizioni estreme di una base sottomarina cui si aggiunge la “scoperta” fantascientifica (non specifico per evitare spoiler), su cui l’autore ci fornisce numerose informazioni durante tutto il libro. Intorno a esso crea una storia con un protagonista, lo psicologo Norman, e attraverso il suo punto di vista la racconta. Poi aggiunge tutta un’altra serie di personaggi, ognuno con un suo ruolo e delle sue caratteristiche. In questo contesto, l’elemento scientifico/tecnologico appare perfettamente sotto controllo, ma in realtà questo è solo ciò di cui sono falsamente convinti i personaggi. A un certo punto però qualcosa va storto, a ennesima dimostrazione che fare un uso non del tutto considerato della scienza e della tecnologia, spinti dalla curiosità e dal desiderio di scoperta, è sempre un grosso errore. E da quel momento in poi i personaggi iniziano a morire, tranne pochi, che alla fine si salvano.
A tutto ciò, in questo romanzo, si aggiunge il forte elemento psicologico. Sì, perché le risposte che i personaggi stanno cercando non sono nell’oggetto della loro ricerca, ma dentro di loro. E “Sfera” non è altro che il viaggio psicologico di Norman, che da uomo normale in una situazione eccezionale tira fuori il peggio e il meglio di sé.
Il tutto si svolge tenendo il lettore attaccato alle pagine e costringendolo a continuare a leggere un libro che ha una struttura tutt’altro che tradizionale (non ci sono capitoli numerati, ma una serie di scene senza soluzione di continuità, di tanto in tanto intervallate da un titolo), fino ad arrivare al finale, che, se ci pensiamo bene, è l’unico possibile per una storia del genere.
Sfera (Kindle e cartaceo) su Amazon.it.
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Leggi tutte le mie recensioni e vedi la mia libreria su: aNobii: http://www.anobii.com/anakina/booksGoodreads: http://www.goodreads.com/anakina
Di Carla (del 25/04/2019 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2059 volte)
Splendida space opera che ti lascia a bocca aperta
Questo è il terzo libro di Reynolds che leggo e ancora una volta mi trovo di fronte a qualcosa di totalmente diverso. In “Century Rain” avevo trovato un approccio completamente originale al viaggio nel tempo e all’ucronia, senza che fosse nessuna delle due cose. In “Revelation Space” mi ero immersa in una space opera cupa e pessimistica. In “House of Suns” invece sono stata travolta dall’incontenibile fantasia dell’autore, che meraviglia il lettore e gli presenta un futuro di notevole ottimismo.
Nonostante le enormi differenze tra questi tre libri, a farmi riconoscere l’autore sono stati la sua prosa molto ricercata e ricca e, ovviamente, la presenza di numerosi elementi di fantascienza hard, nonostante si tratti di space opera. Infatti, che Reynolds sia uno scienziato è evidente nella scelta dei temi da esplorare attraverso la narrazione. Pur dovendo inserire nella storia tecnologie lontanissime da quelle presenti (e molto probabilmente mai raggiungibili), riesce comunque a mantenere una certa plausibilità scientifica su alcune dinamiche del suo svolgimento (per esempio, tramite l’uso di astronavi che non superano la velocità della luce), mescolando, con sapienza, fantasia e astrofisica e dando così al lettore l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo, mentre nella sua mente si dipanano scenari che lasciano a bocca aperta.
Io stessa, mentre seguivo le avventure dei due protagonisti (i cloni Campion e Purslane), mi sono ritrovata a immaginare in maniera vivida i luoghi dello spazio mostrati attraverso i loro occhi, quasi come se li vedessi o fossi lì insieme a loro.
All’inizio le loro avventure procedevano senza che io avessi la più pallida idea di dove il libro volesse andare a parare. Inoltre, la scelta di usare la prima persona per entrambi i protagonisti e per una terza voce narrante (Abigail Gentian, la creatrice della linea del Gentian, di cui i cloni fanno parte) è abbastanza destabilizzante (all’inizio di ogni capitolo bisogna capire chi sta parlando) e credo che, insieme alla lunghezza del libro, potrebbe scoraggiare la lettura. E nel mio caso ci stava quasi riuscendo. Ma poi mi sono resa conto di aver fatto bene a continuare, poiché i vari filoni aperti hanno iniziato a collegarsi e con essi a realizzarsi i primi colpi di scena. La stessa scelta di usare sempre la prima persona ha assunto un significato ben definito, togliendomi il timore che fosse dovuta a una certa sciatteria da parte dell’autore. A un certo punto non mi importava più di cercare di capire la direzione della storia, ma preferivo farmi trascinare da essa, felice che ci fosse ancora tanto da narrare e che la fine fosse lontana. E, man mano che mi avvicinavo a essa, più aumentava la mia meraviglia e il mio divertimento.
Non posso né voglio dire altro sulla trama, poiché è talmente vasta e complessa che ogni mio tentativo di indicarne qualche punto saliente sarebbe insufficiente. Mi limito a dire che raramente mi è capitato di incontrare nello stesso romanzo tante idee e tutte così ben sviluppate. È un libro lungo non perché abbia un ritmo lento, bensì perché succede davvero tantissimo, abbastanza da soddisfare, almeno per un po’, la fame di nuove storie di chiunque ami leggere la fantascienza.
E infatti, una volta terminatane la lettura, è stata dura per me trovare un altro libro da leggere che potesse reggere il confronto.
Questo libro è in lingua inglese!
Di Carla (del 09/05/2019 @ 09:30:00, in Podcast, linkato 2139 volte)
Lo scorso 5 dicembre 2018 a Varese, presso l’aula magna dell’Università degli Studi dell’Insubria, ho tenuto la conferenza “Marte: quando ci andremo e cosa troveremo?”, organizzata da Paolo Musso, insieme a Roberto Orosei (INAF) ed Enrico Flamini (Università di Chieti ed ex Chief Scientist dell’ASI).
Il 30 aprile e il 7 maggio FantascientifiCast ha pubblicato l’evento in due puntate nell’ambito della serie dedicata alle conferenze di Scienza e Fantascienza 2018, tenutesi a Varese.
Le puntate possono essere ascoltate sul sito di FantascientifiCast (qui e qui) dove potete leggere anche la presentazione.
Affinché possiamo vivere nella nostra colonia marziana (immagine sotto di NASA/Clouds AO/SEArch), dobbiamo essere in grado di respirare e quindi ci serve ossigeno.
Sfortunatamente nella sottile atmosfera di Marte ci sono solo tracce di questo fondamentale gas, perciò dobbiamo trovare il modo di produrlo nella quantità necessaria per nostra sopravvivenza.
L’atmosfera marziana è così rarefatta per via della massa del pianeta, che genera una forza di gravità di appena il 37% di quella terrestre, e per l’assenza di una magnetosfera, cioè un campo magnetico permanente, senza la quale esso è in balia dei venti solari, che in miliardi di anni hanno strappato quasi tutti i gas che lo avvolgevano, disperdendoli nello spazio, come dimostrato dalle ricerche svolte per mezzo della sonda orbitante MAVEN della NASA.
Sulla Terra la notevole concentrazione di ossigeno molecolare nell’atmosfera (quasi il 21%) è dovuta alla presenza della vita. Questo gas, infatti, è notevolmente reattivo, per cui è necessario che venga prodotto in continuazione. Tale produzione è iniziata circa 3,8 miliardi di anni fa nelle acque grazie ai cianobatteri (organismi unicellulari detti anche alghe azzurre) e successivamente anche grazie ad altre forme di vita autotrofe, vale a dire quelle in grado di utilizzare l’energia solare per produrre energia chimica e rilasciare come prodotto di scarto proprio l’ossigeno, tramite un processo chiamato fotosintesi clorofilliana.
Grazie a questi organismi, si produsse così tanto ossigeno nelle acque, che quello in più andò ad arricchire l’atmosfera, permettendo la conquista delle terre emerse da parte della vita aerobica (cioè che dipende dalla presenza di ossigeno).
Non sappiamo se su Marte sia mai esistita la vita, ma le peculiari caratteristiche di questo pianeta hanno fatto in modo che gran parte della sua atmosfera venisse spazzata via (e il processo è tuttora in corso), trasformandolo nel mondo freddo e arido che conosciamo. Quasi tutto l’ossigeno molecolare libero ha reagito con altre sostanze, in particolare col ferro, determinando il colore rossastro tipico del pianeta.
Un recente studio del Caltech (ottobre 2018) afferma, però, che un bacino sotterraneo o subglaciale (come quello scoperto da un team italiano nel luglio 2018) di acqua salata liquida potrebbe contenere notevoli concentrazioni di ossigeno disciolto, tali da sostenere forme di vita aerobiche. Quindi su Marte ci sarebbe ancora tanto ossigeno, ma non prontamente reperibile per le necessità di una colonia umana.
Ciò che rimane al giorno d’oggi dell’atmosfera marziana contiene per il 95% anidride carbonica, la cui molecola è costituita da un atomo di carbonio e due di ossigeno. In teoria, perciò, a partire da una molecola di anidride carbonica è possibile produrne una di ossigeno molecolare (che contiene due atomi).
Esiste già la tecnologia per estrarre ossigeno dall’anidride carbonica. Questa è stata ideata dalla NASA e realizzata tramite il cosiddetto MOXIE (Mars Oxygen In-situ Resources Utilisation Experiment, esperimento di utilizzo in situ su Marte di risorse per produrre ossigeno; l’immagine sopra, che è della NASA, è lo schema di una piccola versione di questo strumento). MOXIE usa la tecnologia della cella a combustibile a ceramica, che converte l’anidride carbonica in ossigeno e in monossido di carbonio (CO). Con questa reazione può produrre 15 litri di ossigeno molecolare all’ora, che possono supportare un essere umano sedentario.
Chiaramente, per poter produrre abbastanza ossigeno per un’intera colonia, serve un MOXIE molto più grande e un impianto nucleare che lo alimenti. Nel frattempo, però, una versione più piccola di questo strumento (quella della figura sopra) verrà inviata sul pianeta rosso insieme al prossimo rover della NASA (che partirà nel 2020; immagine sotto di NASA/JPL-Caltech), per essere testata.
Ma l’ossigeno non serve solo per respirare. Nella Terra non ci facciamo caso, poiché l’ossigeno è dappertutto nell’aria, ma la sua presenza è fondamentale per i processi di combustione.
A dire la verità, anche la respirazione cellulare è un lento processo di combustione, durante il quale delle molecole biologiche vengono demolite, permettendo il rilascio di energia che viene accumulata in una sostanza chimica chiamata ATP. Questa a sua volta viene utilizzata come sorgente di energia per svolgere le funzionalità del nostro organismo.
Analogamente, per far funzionare un veicolo con un propulsore a combustione (come un veicolo spaziale), è necessario che avvenga una reazione chimica (combustione) tra un combustibile e un comburente (agente ossidante). Quest’ultimo è in genere proprio l’ ossigeno. Su Marte, però, l’ossigeno scarseggia, quindi è necessario produrlo anche per far funzionare il razzo con cui andare in orbita e magari tornare sulla Terra. Oppure può risultare pratico avere dei rover con un motore a combustione (per esempio, alimentati a metano e ossigeno, come quelli che utilizzati in “ Deserto rosso”), piuttosto che dover dipendere solo dal funzionamento a batteria.
L’ossigeno può anche essere prodotto dall’elettrolisi dell’acqua, che genera inoltre idrogeno, che a sua volta può essere usato come combustibile. Questa tecnologia, però, richiede l’uso di acqua, che come sappiamo è già difficile da reperire, e un certo dispendio energetico.
Infine, si potrebbe pensare di utilizzare degli organismi biologici (cianobatteri e alghe) per estrarre ossigeno dalla regolite marziana in strutture chiamate biocupole, che ospiterebbero dei veri e propri ecosistemi in miniatura (a questo tipo di ricerca si riferisce l’immagine in basso, che è della NASA).
L’ossigeno prodotto per la respirazione deve essere utilizzato in maniera adeguata per comporre l’aria all’interno dell’habitat. Il corpo umano infatti è ottimizzato per funzionare con una concentrazione di ossigeno al 21% a una pressione di circa 1 atmosfera, come si osserva sulla Terra. Se questa sale, superando il 23% (a 1 atm), l’ossigeno diventa tossico (come ho raccontato a proposito della Stazione Alfa in “ Deserto rosso - Nemico invisibile”).
Sulla Terra il resto dell’atmosfera è costituita perlopiù da azoto (78%) e argon (0,93%), che sono gas inerti. E poi ci sono l’anidride carbonica, la cui concentrazione è intorno al 0,04%, e il vapore acqueo (molto variabile in base alle condizioni meteorologiche).
Nei veicoli pressurizzati usati per i viaggi spaziali sono state spesso ricreate delle condizioni di bassa pressione, che permettono di utilizzare come unico gas l’ossigeno puro. Quando la sua pressione parziale (che è un valore assoluto) è molto bassa, nonostante la sua concentrazione sia al 100%, questo non crea problemi di salute. Rappresenta però un problema di ordine pratico, poiché un’atmosfera ricca di ossigeno è un ambiente pericoloso: basta una scintilla per far partire un incendio che è poi difficile da domare (come nel tragico caso dell’Apollo 1).
Per questo motivo, per la nostra colonia marziana sarà consigliabile creare un’atmosfera interna dell’habitat con una pressione più vicina a quella terrestre. A questo scopo dovremo aggiungere a essa un gas inerte, come appunto l’azoto o l’argon. Questi dovranno essere estratti dai materiali presenti sulla superficie del pianeta per mezzo di procedure chimiche, poiché sono presenti in quantità troppo basse nell’atmosfera marziana.
Infine, l’attività respiratoria umana degli abitanti della nostra colonia, oltre a consumare ossigeno, produrrà anidride carbonica e vapore acqueo.
La prima deve essere in qualche modo intrappolata, prima che diventi tossica (sopra il 4% a 1 atm), e poi riciclata per produrre nuovo ossigeno. A questo scopo si possono utilizzare delle celle di rigenerazione al superossido di potassio, già utilizzate negli Space Shuttle, oppure dei setacci molecolari, costituiti da minerali naturali che presentano dei canali in cui l’anidride carbonica viene intrappolata. Questa può essere liberata tramite riscaldamento e poi riciclata, per esempio, con un MOXIE.
Per quanto riguarda il vapore acqueo, c’è da considerare che l’aria espirata dagli essere umani ne contiene circa il 5%, ciò significa che, se non viene in qualche modo recuperato, l’ambiente dell’habitat è destinato a diventare molto umido. Per evitare che ciò avvenga, basta utilizzare un comune materiale essiccante, che blocca l’acqua in eccesso, diminuendo l’umidità atmosferica dell’habitat, e permettendo che questa venga riciclata.
Adesso abbiamo quasi tutto quello che ci serve per vivere su Marte: energia, acqua e ossigeno. Ci manca soltanto qualcosa da mangiare. E proprio di come produrre cibo parlerò nel prossimo articolo.
Tutte le immagini sono della NASA. Fate clic su di esse per vederle nelle dimensioni originali.
Con l’avvicinarsi dell’estate, è arrivato il momento fare bottino di libri da leggere durante le vacanze e, a tale scopo, Amazon propone per il mese di giugno una ricca offerta di ebook scontati. Tra questi c’è anche “Ophir. Codice vivente”, la terza parte del ciclo dell’Aurora.
Fino al 30 giugno “Ophir. Codice vivente” è in offerta a soli 1,99 euro (invece di 3,49 euro) su Amazon: https://amzn.to/2WEW6lv
L’offerta è valida solo per l’Italia.
“Ophir. Codice vivente” è un romanzo che mescola la fantascienza hard, che ha come base le conoscenze scientifiche attuali e il loro possibile sfruttamento in un prossimo futuro, col techno-thriller incentrato sul tema dell’intelligenza artificiale. Mentre la narrazione si dipana tra le polveri di Marte e della Luna e le metropoli supertecnologiche del nostro pianeta, il lettore conoscerà da vicino il personaggio di Susy, un software in grado di ragionare per conto proprio, apprendere, compiere delle scelte autonome ed evolversi. E sarà posto di fronte a un dilemma: cosa potrebbe accadere, se a un certo punto qualcosa di così complesso smettesse di essere semplicemente uno strumento?
Se state già leggendo il ciclo dell’Aurora o se intendete leggerlo, non perdete questa occasione di accaparrarvi uno dei libri al prezzo più basso mai visto.
Se poi volete scoprire di più sul ciclo dell’Aurora, visitate il minisito dedicato alla serie su: www.desertorosso.net
Ci vediamo su Marte!
Oggi come ogni anno riesco ad allontanarmi dalla mia piccola presenza online su Twitter per prendere il controllo del blog della mia creatrice e festeggiare quello che è per me una specie di compleanno.
Sette anni fa, vale a dire il 7 giugno 2012, è stato pubblicato “Deserto rosso – Punto di non ritorno”, il primo libro della serie di “ Deserto rosso” nelle cui pagine ho preso per la prima volta vita e ho iniziato insieme agli altri personaggi un’avventura che ora continua nel ciclo dell’Aurora. Questa pubblicazione segna anche il vero debutto nell’ autoeditoria della mia creatrice.
Da allora l’intero ciclo ha venduto oltre 14.000 copie.
Lo scorso 30 novembre ne è uscita la quarta parte, “ Sirius. In caduta libera”, ambientata a partire da cinque anni prima rispetto a “ L’isola di Gaia” (che è la seconda parte del ciclo, pubblicata nel 2014).
Questo libro fornisce al lettore i tasselli mancanti per chiarire gli ultimi misteri di come si è passati dalla situazione narrata in “ Ophir. Codice vivente” (uscito nel 2016) a quella de “ L’isola di Gaia”.
Ma “ Sirius. In caduta libera” è anche un omaggio personale della mia creatrice all’ astronautica contemporanea. Gran parte della sua storia, infatti, si svolge in una stazione orbitante, chiamata appunto Sirius, e mette in luce l’ostilità dello spazio contro cui gli esseri umani devono confrontarsi quotidianamente quando vivono al di fuori del nostro pianeta.
Al suo interno ho un ruolo abbastanza piccolo. Appaio infatti in appena tre scene, mentre il protagonista è Hassan, che come suo solito tende a mettersi nei guai, persino quando si impone di non fare l’eroe, cosa che lo porta a rischiare la vita.
E quindi a farmi arrabbiare!
Nel frattempo la mia creatrice ha già iniziato a mettere mano in quello che sarà l’ultimo romanzo del ciclo: “Nave stellare Aurora”.
Il libro sarà più lungo dei precedenti, se non consideriamo “ Deserto rosso”, che a sua volta era una quadrilogia. Sarà composta da quattro parti di circa 40 mila parole l’una, ognuna delle quali si svolgerà in un’ambientazione diversa e si focalizzerà su uno dei quattro personaggi che sono stati le voci narranti delle parti precedenti.
La scrittura della prima parte, intitolata “L’eredità degli Asbury”, è stata quasi completata (la prima stesura). Questa si svolge sulla Terra e riprende la narrazione più o meno dove si era interrotta alla fine de “L’isola di Gaia”, in Antartide, per poi spostarsi a Londra. E il personaggio su cui si concentra, sebbene non ne sia precisamente il protagonista, è quello di Alicia.
Delle altre tre parte non sono ancora stati decisi i titoli, esse comunque si svolgeranno rispettivamente sulla Luna (nel Mare Ingenii, già visto in “ Ophir. Codice vivente”), sull’astronave Aurora e sul luogo di destinazione del lungo viaggio che stiamo per intraprendere, nel sistema stellare di Alfa Centauri A. Sulla Luna il ruolo primario sarà quello di Hassan, sull’astronave sarà quello di Melissa, mentre a me, Anna, spetta l’onore di chiudere il ciclo ad Alfa Centauri A.
O forse no?
Il punto è che nessuno di noi sarà la voce narrante in prima persona della storia. Tale ruolo in “Nave stellare Aurora” è riservato all’intelligenza artificiale CUSy, chiamata semplicemente Susy. Sarà lei a fare da filo di collegamento tra le quattro parti del romanzo, fino ad arrivare al suo epilogo.
Non posso dirvi altro su questo libro, poiché appena un quarto di esso esiste già nero su bianco. Il resto si trova tutto nella testa della mia creatrice, che ha tutto il tempo di farlo evolvere nella direzione necessaria a condurci alla fine di questo ciclo.
Devo dire che sono curiosa e un po’ emozionata. Presto conoscerò il mio destino!
Ma affinché ciò avvenga dovrà passare un anno, mentre per quanto vi riguarda, miei cari lettori, l’appuntamento è per il 30 novembre 2020 (fra poco meno di 18 mesi).
Potete inoltre trovare tante informazioni e curiosità sul ciclo nel minisito a esso dedicato: www.desertorosso.net
Be’, è tutto anche per quest’anno. Non voglio disturbare oltre la mia creatrice.
Ci vediamo tra le pagine del ciclo dell’Aurora!
Di Carla (del 12/06/2019 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2207 volte)
Se solo non avessi previsto ogni singolo colpo di scena
Non vorrei apparire presuntuosa nell’intitolare in questo modo la mia recensione, ma io stessa per prima mi rammarico dell’eccessiva prevedibilità, almeno dal mio punto di vista, nello svolgimento di questo romanzo.
De Marco ha senza dubbio fatto un ottimo lavoro nel sviluppare l’ambientazione. I dettagli sono tali e tanti che pare quasi che lui sia nato e cresciuto a Richmond. Forse il fatto che siano a volte eccessivi tradisce il suo voler informare un pubblico italiano, per consentirgli di comprendere il mondo in cui si muovono i personaggi. E questo è solo uno dei tanti aspetti che mi ha distratto e ha reso difficile la mia immedesimazione in quegli stessi personaggi.
La realtà è che non sono riuscita a farmene piacere alcuno, a sentirmi nei panni di almeno uno di essi, cosa essenziale per un mio completo coinvolgimento nella storia. Ciò è forse avvenuto un po’ perché ce ne sono tanti cui è affidato un ruolo prominente (Sandra, Gina e Annette), che rendono in tal modo questo romanzo quasi corale, mentre altri che avevano tutte le carte in regola per essere interessanti sono stati appena abbozzati (come John, l’avvocato e lo stesso Alan), e un po’ perché ho trovato irritante e poco credibile quella che può esserne considerata la protagonista (Sandra). Un effetto collaterale di questa situazione è stato che i tentativi dell’autore di distrarmi, di portarmi fuori strada, non hanno funzionato. Li ho notati tutti e ovviamente ho subito pensato che l’opposto fosse la verità. E non ha di certo aiutato l’effetto straniente dell’uso della terza persona al presente, che fa tanto sceneggiatura, ma durante la lettura di un romanzo induce il mio editor interiore a intervenire, facendomi notare un tempo sbagliato (al presente invece che al passato, o al passato invece che al trapassato), per poi correggersi come si rende conto che tutti i verbi sono diversi da quelli che si aspetta di trovare. Le uniche scene in cui ciò non si osservava sono quelle poche in cui il punto di vista di Sandra è in prima persona, ma nel leggerle spesso me ne accorgevo solo quando ero a metà e mi chiedevo perché proprio quella scena e non altre che la vedevano come protagonista. Il motivo di tale scelta in quel momento non mi era chiaro. Per comprenderlo dovrei scorrere di nuovo il romanzo, isolare quelle scene e probabilmente a quel punto coglierei l’intenzione dell’autore. L’assenza di una segnalazione visiva della transizione (basta un asterisco all’inizio e alla fine di quel tipo di scene) mi ha impedito di farlo durante la lettura e magari di apprezzare la scelte compiute in questo senso da De Marco. Ed è un peccato, perché io adoro l’uso non convenzionale della persona narrante.
Insomma, non so quali di questi aspetti sia il vero colpevole, sta di fatto che ho anticipato in pratica ogni singolo evento, persino quelli più clamorosi messi lì col chiaro scopo di lasciare a bocca aperta, inclusa l’ultimissima scena alla fine dell’epilogo, che dovrebbe essere una rivelazione straordinaria per il lettore, mentre a me è parsa una cosa del tutto logica cui avevo già pensato diverse pagine prima.
Peccato. Sì, sono proprio dispiaciuta, poiché volevo dare un buon voto a questo libro. Perché è scritto da un italiano che ha osato raccontare una storia che nulla ha a che vedere con l’Italia. Perché scrive davvero bene. Perché è evidente quanto si sia documentato. Purtroppo è stato forse l’unico thriller tra i tantissimi letti nella mia vita del quale sono riuscita ad anticipare tutto, senza neanche fare chissà quale sforzo di immaginazione, e la mancanza dell’effetto sorpresa non può che influenzare negativamente il mio giudizio.
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