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 Malta... di Carla
 

“Non avevo mai ucciso qualcuno prima d’oggi.”
Affinità d’intenti

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 12/02/2011 @ 19:40:54, in Lettura, linkato 2852 volte)


 Opera prima di un grande

Ho iniziato a leggere questo libro nell'estate del 2001, ma poi dopo l'11 settembre non ce l'ho fatta ad andare avanti e l'ho messo da parte.
Harris è così bravo a farti entrare nella mente dei personaggi, in questo caso dei terroristi, che davvero è difficile non farsi coinvolgere.
L'ho ripreso anni dopo e l'ho finito in un baleno.
Sebbene scritto un bel po' di anni fa (1975) già in questo libro ci sono tutti gli elementi che caratterizzano le opere di questo autore e sono stata colpita da quella che chiamo la sindrome Harris (perché nessun altro autore mi fa questo effetto, che invece si è manifestato con tutti i suoi libri): cioè quella strana sindrome per cui sei così preso dal libro che sei costretto a portartelo dietro e leggere anche solo una paginetta nei tempi morti pur di andare avanti e sapere cosa succede dopo.
Fantastico.

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Di Carla (del 11/02/2011 @ 20:38:06, in Lettura, linkato 6847 volte)

More about Il romanzo di Ramses


 Ramses prima di essere faraone

È sempre difficile scrivere un commento su di un'opera di Jacq senza essere ripetitivi. L'autore affronta le storie immortali dei grandi personaggi dell'antico Egitto con un approccio molto simile e allo stesso tempo sempre vincente.
Questo romanzo, primo di una serie di cinque, ci racconta l'adolescenza del giovane Ramses II, forse il più famoso faraone egiziano, mescolando sapientemente fatti storici e personaggi mitologici, entrambi in genere ben noti al lettore, con la finzione della trama da lui creata.
Usando un linguaggio degno del protagonista della sua opera, unisce argomenti vari, quali intrighi di corte, amore, religione, azione, suspense e magia, che come sempre è descritta come qualcosa di reale, allo stesso modo in cui era sentita nella civiltà egizia, dove essa rappresentava un tutt'uno con religione e scienza.
Il risultato è un'opera in cui il lettore si trova così pienamente a suo agio, tanto che non stupisce affatto che si tratti di uno dei maggiori bestseller degli anni '90, che è stato in grado di avvicinare sempre più persone alla conoscenza e lo studio dell'antico Egitto.
E questo è solo il primo capitolo di una lunga storia.

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Di Carla (del 04/02/2011 @ 06:27:18, in Lettura, linkato 2615 volte)

 Bioetica e Star Trek, e poi?

Pur non avendo letto in precedenza alcun romanzo di Sawyer, mi sono avvicinata a questo libro con grande interesse, un po' perché ha scritto "Flashforward", da cui è stata tratta una serie tv che mi è piaciuta particolarmente, e un po' perché in questi mesi ho seguito assiduamente il suo profilo Facebook e mi sono documentata su di lui nel suo sito e nel suo blog. L'immagine che ne ho avuto è stata quella di un professionista della fantascienza, che nelle sue opere tratta argomenti che non possono che suscitare l'interesse di un lettore del genere in questione. Mi sono anche illusa di trovare una trama bella complessa che stimolasse al massimo la mia attenzione, diventendomi.
La trama di per sé si presentava bene e lo stile è quello che ti spinge a continuare a girare pagina per vedere cosa succede dopo. Ma dopo le prime 100 pagine mi sono resa conto che c'era qualcosa che non mi tornava.
All'inizio avevo dato colpa all'edizione, che di pecche ne ha parecchie, e soprattutto alla traduzione, talvolta esageratamente fedele all'originale tanto da dare luogo ad espressioni che di italiano hanno ben poco. Retrotraducendo mentalmente certe frasi, già dalle prime pagine, però mi rendevo conto che probabilmente le stesse frasi nella lingua originale parevano sicuramente meno strane e probabilmente funzionavano. C'è da dire a questo proposito che l'inglese si presta di per sé ad un linguaggio più immediato di quanto non faccia l'italiano. Con questo intendo che un'espressione scarna e immediata può funzionare benissimo nell'inglese scritto, mentre non si può sempre dire altrettanto dell'italiano.
In ogni caso si trattava di problemi minori. Uno stile semplice e di rapida lettura è sicuramente adatto ad un romanzo di fantascienza, in cui altri aspetti fanno la parte del leone.
Il problema sorge quando questi aspetti iniziano a venire meno.
La narrazione è semplice e a tratti accattivamente, l'argomento di sicuro stimola l'immaginazione (il poter ringiovanire e in pratica rivivere da capo la vita da adulto), l'aspetto sentimentale della storia come pure quello (pseudo?) etico probabilmente può attrarre molti lettori, soprattutto quelli che cercano un tipo di romanzo in cui quello (fanta)scientifico non sia necessariamente l'argomento centrale e magari normalmente leggono tutt'altro.
Ma se chi si avvicina a quest'opera è un lettore che legge i romanzi di fantascienza, perché parlano essenzialmente di finzione scientifica, allora c'è il rischio che storca un po' il naso.
I motivi sono tanti e provo ad elencarli man mano che mi vengono in mente.
I più palesi sono l'eccessiva ingombranza di due argomenti nel testo, che tendono a lasciare ben poco spazio ad altro.
Il primo è l'etica o la bioetica. L'autore, soprattutto nella parte centrale, spezza continuamente la già lenta azione, lanciandosi, tramite il dialogo dei protagonisti, in disquisizioni di etica un po' troppo pretenziosa per un romanzo di questo genere. Più di una volta sono stata colta da un certo senso di noia e dal desiderio di passare oltre per tornare all'azione vera e propria. Tutto questo perché se voglio leggere un testo che tratti di bioetica (ammesso che la cosa mi interessi e così non è) non acquisto di certo un romanzo di Urania. Il mio fastidio mi pare quindi assolutamente giustificato.
L'impressione che traggo dalla lettura è quella di un'opera abilmente costruita, buonista e in numerose parti sfacciatamente politically correct. In alcuni casi addirittura tali parti sono aggiunte, magari successivamente, tra parentesi, cosa che è un probabile segno di un intervento editoriale per rendere il prodotto appetibile per un pubblico più vasto, sebbene l'argomento di partenza fosse di per sé potenzialmente controverso.
Il secondo elemento super-ingombrante è Star Trek.
Abbiamo capito che l'autore è fan della saga, questo non significa che debba essere citata di continuo lungo tutto il testo, anche perché non tutti conoscono Star Trek a menadito e possono apprezzare certe cose, sebbene si tratti di fan del genere fantascientifico. Probabilmente i trekker si saranno divertiti nel ritrovare tutte queste citazioni. Io dopo un po' mi sono stufata.
Al di là di questi due aspetti, che, volendo, si possono ignorare (con un po' di sforzo), il problema di fondo è che praticamente non c'è altro.
La trama è staticissima. Quasi tutta la storia si svolge a casa dei protagonisti. Nessuno dei mille possibili intrecci che potevano scaturire della premessa del libro (cioè il ringiovanimento del protagonista maschile) è stato sviluppato.
Il protagonista maschile, Don, che passa dagli 87 ai 25 anni, praticamente non fa nulla oltre che citare Star Trek o altri film/serie fantascientifiche e giocare a Scarabeo. E ovviamente "fottere come un riccio", citando dal libro (stendiamo un velo pietoso sull'uso di un linguaggio così volgare posto candidamente accanto alla pretesa di affrontare seriamente certi temi etici). Questo personaggio pare praticamente non avere alcun altro interesse e non si sa bene come passi il tempo.
Il punto è che il personaggio in sé, per quanto sia quello principalmente seguito dalla storia, appare privo si spessore, insieme a quello della moglie, Sarah, con cui è completamente interscambiabile. I due protagonisti sembrano pensare allo stesso modo, come se non fossero distinti.
Gli altri personaggi sono appena delineati e quello (Leonore) che viene appena un poco più approfondito finisce per ricadere nello stesso personaggio base Don/Sarah.
L'unico che si stacca da questa tendenza è il robot, che a mio parere è il personaggio migliore. Non pare forzato e progettato al tavolino come gli altri, ma spontaneo e realistico. È più umano degli umani, che per un robot forse non è il massimo. E, diciamocelo, è pure il più simpatico.
Nel frattempo la storia si sposta sempre più dalla fantascienza (il messaggio alieno passa in secondo piano) al romanzo sentimentale, degno del peggiore degli harmony. L'azione è lentissima: accade poco o nulla. I pochi avvenimenti iniziano a diventare sempre più fastidiosamente prevedibili e il finale teoricamente lacrimevole è talmente surreale che non riesce neppure in questo intento.
Certamente il libro si lascia leggere senza troppe difficoltà (a parte i due ingombri sopra citati), alla fine, però, hai come l'impressione che l'autore abbia semplicemente fatto bene il suo compitino e niente più di questo.

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Di Carla (del 29/01/2011 @ 05:10:59, in Lettura, linkato 2889 volte)
More about Al buio

 
 Un nuovo caso per Win Garano

Il mio giudizio su questo romanzo è perfettamente interscambiabile con quello del precedente "A rischio".
Lo schema è esattamente lo stesso: un caso di omicidio del passato irrisolto e un caso del presente che in qualche modo coinvolge, inaspettatamente, il procuratore Monique Lamont. I protagonisti principali sono sempre gli stessi. I tempi in cui la storia si dipana corrispondono. C'è pure qui un comprimario femminile, che in qualche modo affianca Garano anche se non dovrebbe o non vorrebbe.
In entrambi i casi la storia è raccontata in maniera sintetica e con ritmo serrato, in modo da stimolare in continuazione l'interesse del lettore.
Il modo migliore per godersi il romanzo è leggerlo in un breve periodo di tempo, anche per non rischiare di dimenticarsi gli importantissimi particolari disseminati lungo le pagine.
In ogni caso si tratta di un ottimo poliziesco, che si discosta dallo stile macabro (morboso) del filone Scarpetta della Cornwell e si apre ad un pubblico amante del giallo più classico, in cui si mettono insieme gli indizi, si fanno delle supposizioni e si arriva alla soluzione.

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Di Carla (del 26/01/2011 @ 20:31:07, in Lettura, linkato 2465 volte)
More about The Accidental Woman

 
 Scoraggiante

Era la prima volta che mi cimentavo nella lettura di un'opera di Coe. Ho subito apprezzato il suo stile disinvolto, la sua ironia e soprattutto il modo in cui racconta la storia, rivolgendosi al lettore in terza persona e portandolo a vedere la vicenda esattamente dal suo stesso punto di vista. Quest'ultimo ha un'aria un po' distaccata e ironica e porta il lettore ad avere il medesimo approccio.
Il problema di questo libro però è un altro. Sono assolutamente certa che Coe si sia divertito tantissimo a scriverlo. Si vede da quello che scrive. Ma ciò implica che chi la legge riesca altrettando a divertirsi? Direi di no.
La storia è a dir poco impalpabile. Il titolo italiano "Una donna per caso" sarebbe potuto tranquillamente essere "Una sfigata qualsiasi", poiché proprio di questo il libro tratta. Racconta di una donna qualunque, assolutamente mediocre e banale, che si lascia trasportare dagli eventi senza avere alcuna forza di dare una minima impronta alla propria vita. Insomma parla di persone delle quali il mondo è pieno e che personalmente non hanno affatto il mio apprezzamento, poiché evidentemente prive di fantasia, sogni e soprattutto pigre, incapaci di far la benché minima mossa per usare degnamente la propria vita. Persone che sopravvivono invece di vivere. Era proprio necessario scrivere una storia su una di loro?
Durante la lettura ho sperato che in qualche modo prima o poi la protagonista si riscattasse. Alla fine del penultimo capitolo c'era stato anche un colpo di scena positivo (anche se sempre casuale), ma è morto lì, è rimasto senza conseguenze, e l'ultimo capitolo raggiunge il massimo livello di depressione dell'intera opera.
Si tratta a mio parere di una storia scoraggiante, sia per chi si rispecchia in una persona del genere, confermando la sua teoria che non può fare nulla per migliorare la propria vita, ma anche per chi tutti i giorni lotta per evitare di cadere in quell'apatia e costruisce con fatica una vita piena e interessante.

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Di Carla (del 20/01/2011 @ 20:05:20, in Lettura, linkato 2170 volte)

More about L'antico Egitto


 Interessante compendio

Ho trovato questo piccolo volume, che intende descrivere in maniera lineare la storia dell'antico Egitto, abbastanza ben fatto. È stato molto utile per rivedere in breve tempo e in modo sintetico tutta una serie di nozioni già in mio possesso, che hanno così avuto modo di essere inserite in un contesto cronologico.
Penso che un libricino del genere (magari non necessariamente questo) sia indispensabile per un egittofilo, che voglia sempre avere a portata di mano delle informazioni di ordine generale.
Certamente scrivere un'opera di questo tipo di così piccole dimensioni non deve essere stato facilissimo, in quanto ha portato l'autrice ad adottare alcune teorie piuttosto che altre su fatti e avvenimenti sui quali non esiste alcuna certezza, ma solo un insieme di tesi, nessuna delle quali è particolarmente esaustiva.
È normale quindi che leggendo un compendio del genere ci si possa trovare di fronte ad affermazioni che sono in discordanza con conoscenze preesistenti. Personalmente preferisco l'approccio di egittologi che mettono tutto in discussione, come Jacq, piuttosto che di quelli che danno troppe cose per assodate. In ogni caso la lettura di questo saggio non mi è dispiaciuta.
La sua brevità non deve però far pensare che sia un'opera adatta al curioso, che voglia in poche pagine imparare i punti salienti sulla storia degli egizi. La sintesi utilizzata dall'autrice presuppone che il lettore abbia già notevoli conoscenze sul campo, in caso contrario numerosi passaggi possono risultare difficili da comprendere e i tanti nomi così "strani" possono dare luogo a confusione. D'altro canto, se ad affrontare la lettura è un egittofilo, può essere un'utile strumento per rinfrescare e riordinare le proprie conoscenze.
Ho, piuttosto, delle riserve sull'edizione. Ho notato qualche refuso, dovuto probabilmente ad una cattiva correzione delle bozze, e almeno un grave errore di traduzione (almeno spero che sia tale). Quest'ultimo mi ha dato particolarmente fastidio, poiché la sua presenza finisce per svalutare l'opera. In un paragrafo in cui si parla di calendari e misurazione del tempo, la parola "giorni" viene usata al posto di "anni" stravolgendo il significato di una frase essenziale per comprendere poi dei passaggi successivi. Il risultato è un paragrafo confuso, che crea più dubbi che certezze su di un argomento di fondamentale importanza per comprendere la datazione dei reperti dell'antico Egitto. A ciò si aggiunge il dubbio che in altre parti del libro ci siano errori analoghi, non rilevati, che abbiano potuto portare il lettore a conclusioni sbagliate. E questo, a mio parere, è un davvero un gran peccato.

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Di Carla (del 18/01/2011 @ 21:14:10, in Lettura, linkato 4066 volte)


 Mi inchino al maestro

Nell'affrontare la lettura del romanzo d'esordio di Michael Crichton non mi aspettavo di certo di trovarmi già di fronte ad un piccolo capolavoro. Le mie basse aspettative sono state però smentite da un libro che mi sento in dovere di inserire a pieno titolo tra i miei preferiti in assoluto.
Sarà forse per via dell'argomento (si parla di biologia) che conosco a fondo e quindi ho avuto modo di comprendere perfettamente ogni passaggio dell'opera. Sarà forse a causa dell'originalissima scelta dell'autore di presentare il romanzo come se fosse un reportage di qualcosa realmente accaduto, inclusi i ringraziamenti all'inizio firmati MC. Sarà il fatto che ciò che viene raccontato potrebbe veramente essere accaduto o potrebbe accadere in qualsiasi momento.
In un modo o nell'altro mi sono trovata letteralmente a divorare questo libro in pochi giorni e quasi a sentirne la mancanza quando non l'avevo con me.
Forse l'aspetto più coinvolgente delle opere di Crichton è che in esse la scienza non è un pretesto per raccontare una storia. Al contrario, la storia è un pretesto per parlare di scienza. Tant'è vero che i suoi romanzi sono accompagnati da un'ampia bibliografia, come se si trattasse di saggi.
Il vero rammarico è che quest'autore sia morto e che, nonostante abbia ancora da leggere molte delle sue opere, prima o poi queste finiranno.
È in ogni caso fonte di grande ispirazione per me e per chi come me, uomo o donna di scienza, ama la letteratura.

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Di Carla (del 13/01/2011 @ 19:35:15, in Lettura, linkato 3591 volte)
More about A rischio

 Fulminante e... fulmineo

Ammetto che ero scettica nei confronti di questo romanzo breve della Cornwell, essendo davvero molto corto, ma mi sono dovuta ricredere. La cara Patricia in questa sua piccola chicca mostra la sua grande capacità di usare la sintesi senza impoverire la storia. Si è infatti limitata a raccontare gli aspetti essenziali, senza fronzoli e senza essere prolissa, dando luogo ad un racconto avvincente che non ti annoia e ti spinge ad arrivare alla fine il prima possibile.
L'unica nota negativa di questo tipo di opere, a metà strada tra il romanzo e la novella, è il fatto che spesso hanno dei prezzi esorbitanti per qualcosa che, avendone il tempo, si legge in poche ore. Fortunatamente esistono i mercatini dell'usato.
In ogni caso è una lettura che mi sento di consigliare agli amanti dei thriller e non solo. È una storia che davvero può piacere a tutti, ma non distraetevi nella lettura, perché, data la brevità, non bisogna saltare neppure una virgola, altrimenti si rischia di perdere qualche passaggio importante. Quest'ultimo aspetto in realtà è tipico di tutti i romanzi della Cornwell, soprattutto nelle parti finali, spesso molto sbrigative rispetto al resto. In questo caso però, essendo l'intero romanzo molto breve, il tutto risulta molto più equilibrato.

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Di Carla (del 11/01/2011 @ 19:00:58, in Lettura, linkato 2833 volte)

More about Eureka Street


 Mi è piaciuto solo a metà

Che Robert McLiam Wilson sappia scrivere bene è indubbio. Riesce a coinvolgerti completamente nella lettura. Purtroppo questo ha l'effetto di trasmetterti sia gli aspetti positivi che quelli negativi di ciò che leggi. L'immedesimazione è tale che, quando ti viene raccontato nei minimi dettagli ciò che accade ai corpi delle vittime di un attentato, la cosa ti disturba parecchio. Allo stesso modo non riesci a non considerare poco credibili certe parti della storia, poiché la sospensione dell'incredulità non riesce sempre a funzionare, quando hai l'impressione di essere lì pure tu.
Tutto ciò non può che influenzare il giudizio finale su di un'opera.
La prima metà mi è piaciuta parecchio, poiché l'ho trovata divertente e leggera, sebbene in uno sfondo tragico, quasi a voler accentuare il fatto che, nonostante la "guerra", la vita, con i suoi piccoli e grandi problemi, continua. Ho inoltre trovato divertente la caratterizzazione dei nordirlandesi, che, come afferma l'autore, protestanti o cattolici alla fine sono tutti uguali e non se ne rendono conto.
Poi a metà romanzo c'è stato un vero e proprio trauma. Il dettaglio della violenza mi ha ricordato scene da "The Final Destination 3D", il che non è precisamente un pregio. Mi ha disturbato parecchio e in altri tempi avrei probabilmente messo il libro da parte, poiché la voglia di leggere mi era passata.
Ho però continuato e la storia è in parte tornata ai toni precedenti, aumentando però nel contempo la distanza tra i due personaggi principali: Chuckie che in un incredibile escalation diventa da sfigato a famoso e dall'altra parte Jake che invece segue un percorso più plausibile in tutti i sensi, ma decisamente meno interessante.
I due aspetti stridono notevolmente. Alla fine, poiché leggo per divertirmi, ho apprezzato di più la storia incoraggiante di Chuckie, nonostante la sua totale improbabilità e nonostante il fatto che l'autore l'abbia lasciata furbescamente aperta alla fine, proprio perché aveva superato il limite e andare avanti non avrebbe portato niente di buono.
Quella di Jake è invece una storia segnata già dall'inizio con un finale assolutamente scontato e banale, mascherato da colpo di scena.
Ho apprezzato inoltre la scelta stilistica di usare due punti di vista nella narrazione, sebbene il fatto di separarli fisicamente da un capitolo all'altro, senza specificarlo adeguatamente, disorienta un po', soprattutto all'inizio.
In ogni caso è stata una lettura interessante, soprattutto per chi come me che è stato a Belfast, ma molto dopo la fine dei Troubles e quindi trova difficoltà a confrontare il proprio ricordo con quando raccontato nel libro.
Ci vedrei bene come colonna sonora il brano "Take Back The City" degli Snow Patrol, dedicato appunto a Belfast.

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Di Carla (del 29/12/2010 @ 02:59:03, in Lettura, linkato 2495 volte)

More about The Queen of Freedom Trilogy


 Una poderosa storia vera

Grandiosa trilogia che ripercorre uno dei periodo più bui della storia dell'antico Egitto: quello della dominazione Hyksos. Nei tre libri viene narrata la storia della regina Ahhotep che fu l'artefice della liberazione dell'Egitto e della sconfitta degli invasori, in un periodo di più di quarantanni.
Doverosamente romanzata, anche a causa della relativamente minore quantità di reperti relativi a quest'epoca oscura pervenuti a noi, la storia presenta però spesso riferimenti a fatti realmente comprovati e oggetti realmente rinvenuti, grazie alla competenza di un egittologo di grande fama quale è Jacq, che non possono che far gioire il lettore egittofilo.
Anche l'inserimento dell'elemento magico è coerente con la realtà di un periodo della storia in cui l'uomo comune, non solo quello regnante, credeva realmente all'esistenza di elementi soprannaturali che governassero qualsiasi evento del suo mondo. E questi elementi sono inseriti nel pieno rispetto di quanto della religione egiziana è arrivato fino a noi. In questo contesto la presenza del soprannaturale nella storia diventa in un certo senso storicamente accettabile.
La trama che viene raccontata nei tre libri messi insieme è complessa, data la lunghezza del periodo narrato e il numero dei suoi protagonisti, ma estremamente scorrevole grazie alla capacità dell'autore di semplificare il racconto (i singoli romanzi sono relativamente corti), dando più risalto agli aspetti storico-religiosi, che sono poi l'essenza stessa dell'antico Egitto.
Di conseguenza la lettura di questa trilogia, oltre che ad intrattenerci, permette a tutti, in maniera semplice, l'approfondimento di un argomento della storia da sempre caratterizzato da un notevole fascino.


Leggendo questa saga il confronto col ciclo egiziano di Wilbur Smith è inevitabile, soprattutto da chi come me l'ha amato (ad eccezione dell'ultimo romanzo). Il periodo narrato è lo stesso, ma sembra quasi totalmente diverso. Qui si può vedere la differenza che passa tra la mano di un esperto del genere "antico Egitto", cioè Jacq, e quella di un esperto del genere "avventura", cioè Smith, che, per quanto possa aver fatto ricerche approfondite, mai potrà competere con un vero egittologo e che, di conseguenza, dà un taglio completamente diverso alla narrazione, creando dei romanzi lunghi fatti più di individualità dei personaggi che della potenza stessa dei fatti storici.

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