Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Quello di dare un nome ai propri personaggi è sempre un momento molto particolare della scrittura di un libro. Che si tratti di un protagonista o di una comparsa che appare in una sola scena, è importante che il nome che si sceglie in qualche modo lo rappresenti.
In molti casi ho come l’impressione che siano gli stessi personaggi a sussurrarmi il loro nome, tant’è che mi ritrovo a inventarlo nel bel mezzo della prima frase in cui viene indicato, senza che questo rallenti più di tanto la scrittura.
È successo così per i protagonisti del mio prossimo thriller, “Affinità d’intenti” (in uscita il 21 maggio 2015). Mentre scrivevo la prima scena della prima stesura il 1° novembre del 2013, sono venuti fuori i nomi di Amelia Jennings e Mike Connor. In realtà il nome Amelia l’avevo già deciso qualche giorno prima, perché in tutti i miei libri c’è sempre un personaggio più o meno importante il cui nome inizia per “A” e Amelia era tra quelli papabili. Ma l’abbinamento col cognome e poi quello di Mike Connor sono saltati fuori così, senza un motivo particolare. Magari appartengono a qualcosa che è riaffiorato nel mio subconscio. Chissà!
Più o meno allo stesso modo ho inventato il nome di Eric Shaw, il protagonista de “ Il mentore”, e di Christopher Garnish, altro personaggio di questo libro. In altri casi, però, sono arrivata a un nome in maniera un po’ più lunga e complessa. In questo ovviamente Google è stato molto utile, tramite cui sono approdata a Yahoo! Answers, vari siti e forum che trattano appunto di nomi di diverse nazionalità.
Per esempio, per il cognome della signorina Hinchinghooke, la nuova assistente di Gabriel Asbury alla fine de “ L’isola di Gaia”, ho dovuto fare qualche ricerca. Mi serviva un nome inglese molto raro e altrettanto strano e difficile da pronunciare, questo perché nelle uniche scene in cui si vede questo personaggio, Gabriel la chiama in cinque modi diversi, proprio per via di questa difficoltà ( Hinchingcosa, Hinching, Hinchy, Hinch e ovviamente Hinchinghooke).
In maniera simile mi sono procurata quello di Adele Pennington, ne “ Il mentore”. Il nome è uno di quelli con la “A” della famosa lista, ma per il cognome volevo qualcosa che suonasse maledettamente inglese e allo stesso tempo non fosse il primo nome che può venirti in mente.
Diciamo che finché i personaggi sono anglofoni, scovare quello giusto è abbastanza semplice. Abbiamo un’immensa cultura a disposizione fatta di libri, film e serie tivù da cui attingere. La vera sfida è inventare dei nome di personaggi non anglofoni e neppure italiani (ma in realtà anche per questi ultimi mi ritrovo spesso a fare delle ricerche).
Ricordo quando decisi di dare un nome alla protagonista della serie di “Deserto rosso”. È svedese quindi e le mie conoscenze in merito si fermano a qualche personaggio della trilogia Millennium di Larsson. Non un granché. Il nome doveva essere con la “A” e doveva essere diffuso in Svezia ma allo stesso tempo abbastanza comune nel resto del mondo, inclusa l’Italia, in modo da rimanere facilmente impresso. Il sito per eccellenza in casi come questi è Nomix.it. Questo è ciò che ho trovato alla voce nomi femminili svedesi. L’occhio mi è subito caduto su Anna. Era perfetto: breve, comune in Svezia ma anche nel resto del mondo, e semplice. Per il cognome mi sono affidata a Cognomix.it. Qui alla voce “ I 100 cognomi più diffusi in Svezia” nella posizione 8 trovo Persson: un nome che suona decisamente svedese ed è facilissimo da ricordare.
Risultato: Anna Persson.
La prima volta che l’ho pronunciato, mi sono detta: è lei!
La cosa divertente è che in tempi recenti ho scoperto che è un nome talmente comune in Svezia che esistono ben due personaggi pubblici che si chiamano così: un’ atleta e un’ attrice.
Mi verrebbe quasi voglia di provare a contattarle e offrire loro una copia in inglese dei libri!
Utilizzando gli stessi siti ho inventato i nomi di Jan e Kirsten De Wit, sempre di “ Deserto rosso”. Essendo belga fiamminghi, sono andata a cercare dei nomi olandesi. Stesso discorso per molti altri personaggi. Il nome di Milja De Wit (non il cognome), invece, viene da quello di una mia vecchia amica di penna dei tempi del liceo che si chiamava Milja e viveva a Bruxelles.
I cognomi arabi di Hassan Qabbani e della famiglia Jibril mi hanno dato un po’ di filo da torcere. Per i nomi propri non c’era problema, un po’ perché se ne sentono tanti in giro, un po’ perché sono presi in considerazione su Nomix. Per i cognomi, ricordo che mi ero messa spulciare nomi di autori di lingua araba su Wikipedia.
Ne “ L’isola di Gaia”, visto che la storia è ambientata in un futuro po’ più lontano (nel prossimo secolo), ammetto di aver lasciato libera la fantasia in alcuni casi, come quello di Rivus Gado. Non credo che esista al mondo nessuno che si chiami così, benché poi abbia scoperto che il cognome Gado esiste (anche se raro). Altro esempio è quello di Isabella Gredani. Nel leggerlo può sembrare un nome quasi italiano, ma cercandolo su Google salta fuori solo il mio libro.
Il nome di Gaia, invece, viene dal titolo (e non il contrario) e indica un altro nome della Terra, oltre a Gea, in cui mi ero imbattuta all’università quando ho studiato l’Ipotesi Gaia di Lovelock (ecologia).
Infine il nome di Alicia è saltato fuori da quello di un personaggio di uno dei miei film preferiti, “Batman” di Tim Burton, in cui l’amante di Jack Napier (il Joker) si chiama appunto Alicia.
Potrei andare avanti così per chissà quanto a raccontarvi il ragionamento, la ricerca o il ricordo da cui è scaturito ogni singolo nome dei miei personaggi, ma probabilmente vi annoiereste.
Di certo quando si legge un libro raramente si dà importanza a un nome, non si ha la percezione del mondo che sta dietro quella particolare scelta. Ma, quando poi si passa dall’altra parte del libro, quella dello scrittore, ci si rende conto come battezzare un personaggio sia una parte molto importante del processo creativo che sta dietro la scrittura di una storia. Almeno lo è per me. È come se, quando gli do un nome, il personaggio riesca finalmente a prendere forma nella mia mente, a diventare reale, vivo, e da quel momento in poi sarà pronto a raccontarmi il resto della sua storia.
Quest’anno ho intenzione di scrivere tanto. Me lo sono ripromessa visto che nel 2014 ho vissuto di rendita. Mi sono dedicata a revisionare e riscrivere romanzi già scritti, per poi pubblicarli, e a tradurre la serie di “ Deserto rosso” in inglese.
Ma adesso è arrivato il momento di tornare a scrivere e il modo migliore per farlo è proprio partecipare a un’edizione del Camp NaNoWriMo, quella che inizia oggi e finisce il 30 aprile.
Il romanzo che scriverò s’intitola “Per caso”. È un thriller fantascientifico che rientra nel sottogenere della space opera.
“Per caso” racconta del ritrovamento casuale di un’astronave, chiamata Chance, data per dispersa da lunghissimo tempo. La Chance viaggiava dalla Terra alla colonia umana sul pianeta Thalas, ma, poco tempo dopo essere uscita dal tunnel subspaziale ai margini del sistema stellare, ha smesso di comunicare e nessuno ha più saputo che fine avesse fatto. Al suo interno trasportava trecento persone in criostasi, ma ora solo tre capsule sono ancora funzionanti.
Che cosa è accaduto a bordo della nave?
Solo gli unici tre passeggeri sopravvissuti potrebbero rispondere a questa domanda, ma sono rimasti in sonno criogenico per troppo tempo e l’equipe medica di Doc (il protagonista) non riesce a svegliarli.
E adesso tocca a me. Stanotte inizierò a scrivere e cercherò di portare a termine almeno 50 mila parole in 30 giorni. Non so se saranno sufficienti a completare il romanzo. Questo lo scoprirò durante il mio viaggio.
Un mese fa annunciavo che avrei partecipato alla sezione di aprile del Camp NaNoWriMo di quest’anno per scrivere il mio prossimo romanzo di fantascienza, “ Per caso”. Be’, circa un’ora fa ho superato la soglia delle 50 mila parole (anzi, ho raggiunto 50500 parole) e quindi ho ufficialmente vinto il Camp NaNoWriMo April 2015!
Sono davvero felicissima, perché non scrivevo qualcosa di completamente nuovo dal novembre 2013 e pian piano mi sono innamorata di questa storia. La prima stesura del libro non è ancora finita. Credo che arriverò a 53 o 54 mila parole, però ormai il più è fatto. Mi mancano una o due sessioni di scrittura con le ultimissime scene: una con ancora un pochino di azione e l’ultima col colpo di scena finale.
“Per caso” è senza dubbio il libro più strano che abbia scritto finora (è il nono!). È un insieme di tante cose, dalla space opera, che è solo un contesto, ad argomenti impegnati come l’impossibilità di comprendere il diverso. I temi di base sono la casualità come unico motore degli eventi e la conoscenza del proprio nemico, che potrebbe diventare persino amico in particolari circostanze.
A questo proposito mi sono ricordata (e anche un po’ ispirata, per quanto riuscissi a ricordare) a un vecchio film visto da ragazzina in tivù: “ Il Mio Nemico (Enemy Mine)” di Wolfgang Petersen con Dennis Quaid.
Vi parlerò più diffusamente di questo libro quando terminerò la prima stesura, quindi al più tardi la settimana prossima. Per adesso voglio celebrare il traguardo del superamento delle 50 mila parole e il fatto che so cosa scrivere con quelle mancanti.
Chiunque sia lettore o scrittore ha dimestichezza con il sistema di recensione dei libri basato sulle cinque stelline. Questo sistema viene usato da tutti gli store online di libri e dai social network dedicati alla lettura, ed è associato alle recensioni vere e proprie in cui il lettore entra nel dettaglio nel giudicare il libro.
In genere negli store, come Amazon, dove il sistema delle recensioni a stelline è popolarissimo ed è un mezzo immediato per farsi un’idea del prodotto (quindi non solo libri), per poter assegnare questo giudizio numerico è necessario associarlo a una recensione scritta, mentre nei social network come Goodreads (sempre del gruppo Amazon) o Anobii (che invece appartiene al gruppo Mondadori) questo obbligo non esiste.
Si discute tanto sull’importanza delle recensioni, in particolare del fatto che queste siano o meno oneste, poiché la media stelline di un libro (e di qualsiasi prodotto o servizio) può avere un impatto importante sulle vendite dello stesso. Ciò è particolarmente vero per i self-publisher che fanno leva sul passaparola per promuovere i propri libri e le recensioni sono una delle espressioni più immediate delle opinioni dei lettori che innescano questo passaparola.
Altro aspetto importante delle recensioni, oltre al fatto di essere veritiere (cosa purtroppo non sempre vera sia in senso positivo che soprattutto negativo, che ha un peso maggiore proprio sulla media stelline), è la loro utilità. Questo perché al di là della media e del numero delle recensioni, chi le legge lo fa in genere per capire se il libro in questione rientra nei suoi gusti e, in questo senso, trovare qualcuno che dice che è bellissimo oppure che non gli è piaciuto per nulla non serve allo scopo. Ciò che serve è una breve analisi di quello che il libro ha lasciato al lettore. Il fatto che poi tali aspetti rendano il libro brutto o bello agli occhi del recensore alla fine ha poca importanza. Certi aspetti che per un lettore sono difetti possono essere pregi per un altro, ma se non vengono descritti nella recensione questa perde di utilità.
Il problema però è che spesso chi approda alla pagina di un prodotto potrebbe non andare oltre alla media stelline, messa in primo piano sotto il titolo, insieme al numero di recensioni (più è alto, più la media è significativa) e ovviamente al prezzo. Se il modo in cui i recensori utilizzano le stelline fosse uguale per tutti, questo sistema di valutazione sommaria sarebbe decisamente molto utile. Ma purtroppo non è così.
Spesso mi è capitato di leggere recensioni bellissime di un libro cui però il recensore aveva assegnato appena tre stelle (che, di fatto, non fanno alzare la media del libro e sono considerate un voto non positivo) e in altri casi recensioni a quattro o addirittura cinque stelle in cui il recensore elencava una lunga lista di difetti.
Ma allora che vogliono dire le stelline?
Non esiste una risposta univoca. Ognuno di noi che scrive recensioni ai libri ha un sistema tutto suo, più o meno coerente, di utilizzarle.
Volete conoscere il mio?
Be’, le mie valutazioni numeriche si basano principalmente sul gradimento del libro stesso. Anche se nelle recensioni qua e là posso anche dare dei giudizi tecnici (con parsimonia, perché nella scrittura la tecnica non conta nulla se manca tutto il resto), la scelta del numero delle stelline è basata unicamente su quanto il libro è piaciuto a me nel particolare periodo in cui l’ho letto, che abbia o no piccoli o grandi difetti.
Un elemento fortemente discriminante è il desiderio di rimettersi a leggere il libro.
Avete presente quando state leggendo un libro che vi piace così tanto da attendere con trepidazione tutto il giorno il momento in cui potrete continuare la lettura? Per quanto mi riguarda questo è un fatto determinante e il più delle volte significa che ho in mano un libro da cinque stelline.
Ma può non bastare. A questo aggiungo un secondo elemento, ancora più importante: la soddisfazione provata a fine lettura, in altre parole il mio gradimento del finale. E con questo non intendo che il libro finisca bene o male, ma piuttosto che il finale funzioni, che bello o brutto abbia senso, che non stoni, insomma che mi piaccia.
Va da sé che se un libro non mi è piaciuto ciò riguarda tutto il libro, compreso il finale.
In altre parole il gradimento del finale è ciò che mi fa optare per una recensione positiva (quattro o cinque stelle) piuttosto che una negativa (da tre stelle in giù), mentre la contemporanea presenza di questi due elementi (desiderio di leggere il libro e l’aver gradito il finale) determina per me un libro a cinque stelle.
Ci sono poi altri difetti o pregi che riporto nel testo della recensione e, salvo rari casi (se ce ne sono molti), non influenzano il mio giudizio numerico finale.
Ma, per farvi capire meglio cosa intendo, vi riporto di seguito la mia scala di giudizio.
4 stelle: mi è piaciuto, ma non tanto da non vedere l’ora di rimettermi a leggerlo, e mi è piaciuta la fine.
3 stelle: è un libro abbastanza buono di per sé (ben scritto o con una trama interessante) ma non mi è piaciuto per qualche motivo oppure mi è piaciuto (magari pure da non vedere l’ora di rimettermi a leggerlo) ma non mi è piaciuta la fine.
2 stelle: non mi è piaciuto e non lo considero abbastanza buono di per sé, ma non è del tutto da buttare via.
1 stella: non c’è proprio nulla da salvare in questo libro.
Come vedete, per me tre stelle sono una recensione negativa, poiché significa che non mi è piaciuto il libro oppure che non mi è piaciuto il finale. E, se il finale di un libro non funziona, allora è il libro che non funziona, anche se fino a un certo punto mi è piaciuto, quindi il mio giudizio non può essere positivo.
Da un punto di vista numerico, inoltre, assegnare tre stelline a un libro significa non aiutarlo a migliorare la sua media, a meno che non sia già disastrosa. Per questo motivo, se un libro mi è piaciuto e quindi voglio contribuire positivamente alla sua media stelline, devo darne almeno quattro. È una questione puramente matematica.
Chiaramente questa è la mia scala di giudizio, ognuno si crea la sua, ma è a questa che cerco di attenermi nelle recensioni che vedete pubblicare in questo blog.
E voi come affibbiate le famigerate stelline ai libri che leggete?
In questo mio debutto racconto del particolare rapporto che esiste fra la narrativa di fantascienza e la realtà.
Perché leggiamo narrativa di fantascienza?
Che impatto ha sulla nostra fantasia e la nostra memoria?
Cosa ci resta dopo la lettura di un romanzo di fantascienza?
E, soprattutto, può la fantascienza diventare realtà?
Dateci un’occhiata, lasciate i vostri commenti e condividete. E, se volete, fatemi sapere le vostre risposte alle domande sopra riportate. Le mie le trovate nell’articolo.
Buona lettura e buona fantascienza a tutti!
24 ore.
2 persone.
1 obiettivo.
Immaginate di essere un’agente di polizia incaricata dal vostro nuovo capo di lavorare sotto copertura presso uno studio legale. Il vostro lavoro sarà osservare, ascoltare e riferire. Semplice, no? Peccato che, proprio nel giorno in cui dovreste essere assunta, mentre attendete di fare il colloquio finale, vi ritroviate nel bel mezzo di una sparatoria. E sarà solo l’inizio di una rocambolesca avventura che vi cambierà la vita.
Questo accade ad Amelia Jennings, la protagonista del mio nuovo romanzo, “Affinità d’intenti”. Si tratta di un action thriller scritto sotto l’influsso del mio solito background di serie TV, e la contemporanea lettura delle avventure di Jason Bourne (di Robert Ludlum), e revisionato mentre leggevo il primo libro della serie di Jack Reacher (di Lee Child).
Amelia è un’agente in forza alla Polizia della City di Londra da appena una settimana quando, sfruttando il fatto che si tratta di una faccia nuova, viene inviata dal detective Monroe a fare da talpa nello studio legale Goldberg & Associates. Alcuni avvocati di questo studio sono stati uccisi da un killer su commissione e la polizia pensa che dietro ci sia qualcuno dei loro clienti meno raccomandabili. Quando un martedì mattina Amelia si reca a tenere il colloquio finale, da cui dipende la sua assunzione, e incontra nella sala d’attesa un concorrente, Mike Connor, la sua unica preoccupazione è che quell’uomo possa sottrarle quel posto di lavoro, vanificando gli intenti della sua squadra. Neanche cinque minuti dopo quella stessa sala d’attesa diventerà teatro di una sparatoria.
La storia del romanzo, tutta raccontata dal punto di vista di Amelia, si dipana davanti a noi attraverso i suoi sensi e i suoi pensieri. Vediamo e sentiamo solo quello che lei vede e sente. E sappiamo solo quello che lei sa, o meglio solo quella parte che lei ci rivela. Tra rapimenti, uccisioni, incidenti stradali non precisamente accidentali, inseguimenti, sparatorie, esplosioni, seguiamo la protagonista in una calata all’inferno lunga ventiquattro ore, in cui per sopravvivere dovrà capire di chi può fidarsi. Dotata di autoironia e di una fervida immaginazione, Amelia cercherà di venire a capo di ciò che le sta accadendo e, nel farlo, stempererà la drammaticità delle sue avventure con riflessioni divertenti e fantasiose, e spesso ammiccanti. Insieme a lei c’è Mike, un uomo che pare molto più avvezzo di lei a essere bersaglio di una squadra di killer. Ma chi è Mike? Qual è il suo scopo? È lo stesso di Amelia? Ma conosciamo davvero quello di Amelia?
Per scoprirlo, dovrete leggere “Affinità d’intenti”, disponibile in edizione ebook a 2,99 euro su Amazon, Giunti, Kobo, Mondadori Store, laFeltrinelli, Google Play, iTunes, Nook (tramite app), Smashwords e Tolino. L'ebook è senza DRM, quindi può essere convertito in tutti gli altri formati.
Il libro è disponibile anche in edizione cartacea a 7,99 euro su Amazon e Giunti.
Ecco la descrizione del libro.
Sono le dieci del mattino quando l’agente sotto copertura Amelia Jennings si reca a un colloquio di lavoro presso lo studio legale Goldberg & Associates. Il suo scopo è farsi assumere per investigare su una serie di omicidi che hanno come vittime alcuni noti avvocati della City. Dietro di essi pare celarsi un inafferrabile killer su commissione, che già da mesi è oggetto di infruttuose indagini da parte della polizia. Il suo piano, però, andrà all’aria ancora prima di iniziare. Nel corso di appena ventiquattro ore Amelia si ritroverà coinvolta suo malgrado in una caccia all’uomo senza tregua, in cui il suo destino si incrocerà con quello di Mike Connor. I loro intenti, apparentemente simili, potrebbero rivelarsi opposti, ma l’affinità che li lega va oltre ciò che credono di sapere l’uno dell’altra.
Non vi resta che iniziare la vostra fuga insieme ad Amelia e Mike. Imparerete a conoscerli e scoprirete i loro segreti, in quello che per loro sarà un giorno per sopravvivere, un giorno per lasciar andare il passato.
Dopo qualche attesa dovuta ai ritardi della distribuzione, il mio nuovo romanzo, “ Affinità d’intenti”, è finalmente disponibile in tutti i principali retailer di ebook e cartaceo in cui vengono venduti i miei libri.
Che abbiate un Kindle, un Kobo, un Nook, un Tolino o un qualsiasi altro ereader o tablet, potete trovare la versione del libro che fa per voi. Se invece preferite il profumo della carta, potete trovare il libro anche in questo formato.
Ma ricapitoliamo un po’ dove è possibile acquistare il libro.
Le diverse edizioni ebook (pressoché identiche ma con tre diversi ISBN) sono disponibili nei seguenti retailer a partire da 2,99 euro: Amazon (mobi), Giunti (mobi), Kobo (epub), Mondadori Store (epub), laFeltrinelli (epub), Google Play (epub), Smashwords (mobi, epub e pdf), iTunes (epub), Nook (epub; tramite app) e Tolino (epub, tramite l’ereader).
L’edizione in brossura, invece, può essere acquistata a 7,99 euro su: Amazon e Giunti.
Vi ricordo inoltre che su Amazon (e Giunti Al Punto) non si pagano le spese postali per ordini sopra il 19 euro ed è possibile scegliere un ufficio postale come recapito, per evitare di dover attendere a casa il corriere.
Be’, adesso non avete scuse. Potete iniziare da subito a farvi inseguire da una banda di killer!
Buona lettura a tutti!
Ce l’ho fatta di nuovo! Sono sfuggita al controllo della mia creatrice e anche quest’anno sono io, Anna Persson in persona (si fa per dire), a festeggiare con voi questa ricorrenza. Tre anni fa usciva “Deserto rosso - Punto di non ritorno” (7 giugno 2012), il primo libro della serie, grazie al quale ho preso vita e mi sono fatta conoscere a voi.
Sembra impossibile che siano passati già tre anni! Allo stesso tempo sono accadute davvero tante cose, specialmente nell’ultimo anno.
A luglio, la mia creatrice viene intervistata sul podcast americano Mars Pirate Radio per parlare di “Red Desert”.
Nell’ottobre 2014 la raccolta di “Deserto rosso” è tra i libri presentati allo stand di Kobo durante la Frankfurter Buchmesse (la fiera internazionale del libro di Francoforte), cui la mia creatrice, Rita Carla Francesca Monticelli, ha partecipato come relatrice durante un evento.
Lo stesso libro il 3 novembre 2014 (il giorno in cui la mia creatrice compie 40 anni!) raggiunge la posizione numero 1 della classifica generale del Kindle Store.
Il 30 novembre esce “ L’isola di Gaia”, la seconda parte del ciclo dell’Aurora. La sua uscita viene accompagnata dalla recensione su Tom’s Hardware e dal suo immediato balzare in testa alla classifica di fantascienza e dei libri del momento (i più venduti nelle ultime 24 ore) sul Kindle Store.
Intanto sempre Tom’s Hardware inserisce la raccolta di “Deserto rosso” tra le idee regalo di Natale e il libro torna nella top 100 di Amazon a prezzo pieno. È l’unico libro della mia creatrice a esserci riuscito con un prezzo superiore ai 3 euro!
La mia creatrice sta pensando di creare anche delle versioni cartacee di quei libri (potrebbero interessarvi?). Intanto l’ha già fatto per il primo in inglese che da 29 maggio è disponibile anche in brossura (e qualcuno l’ha pure comprato). Nelle prossime settimane seguiranno gli altri.
E adesso la mia creatrice si prepara a iniziare la scrittura di “ Ophir”, che uscirà entro il 2016 (probabilmente il 30 novembre) e dove ritroverete me e i miei compagni di viaggio della serie, e persino Marte. La scrittura avverrà in tre sessioni, di cui la prima avrà luogo questo luglio e le altre due a gennaio e aprile 2016. Questo libro inizierà a far luce tra i fatti che si sono svolti tra la fine di “Deserto rosso” e “L’isola di Gaia”. Per scoprire di più su questo libro, visitate la pagina a esso dedicata su www.desertorosso.net.
Nel frattempo i libri di “Deserto rosso” (senza contare “L’isola di Gaia”) hanno raggiunto le 6300 copie vendute! Un risultato di tutto rispetto per una serie di fantascienza in Italia, non credete?
E adesso si stanno iniziando a muovere un po’ le cose sul mercato anglofono, dove nuovi lettori stanno facendo la mia conoscenza e ad apprezzarmi (be’, più o meno!).
Io, come al solito, mi do da fare su Twitter (intendo che twitto molto, che avevate capito?). Sto raggiungendo nuovi follower in tutto il mondo, condividendo articoli sull’esplorazione di Marte. Molti di questi follower stanno diventando lettori.
E voi mi seguite su Twitter?
Adesso vi saluto e torno a twittare. Ma voi sapete cosa fare, no?
Spero di sì, altrimenti ve lo dico subito: fatemi conoscere ai vostri amici.
Ci rivediamo presto nei vostri sogni… e nei vostri ereader!
Fa un po’ effetto rileggere qualcosa scritto quindici anni prima, cioè nell’ormai lontano 2000. Sto parlando della mia fan fiction del film “La Mummia”, intitolata “La morte è soltanto il principio”.
Nel marzo 2012, prima di iniziare a pubblicare i miei scritti originali, quando consideravo il self-publishing semplicemente una prova per vedere come sarebbe andata, ripresi in mano quel testo e gli diedi una correzione sommaria. Lo scopo era avere qualcosa per provare a creare un ebook e traghettare lettori nel mio blog, in vista della pubblicazione del primo libro di “ Deserto rosso”.
A quei tempi stavo ancora creando il mio stile e stavo studiando le tecniche di editing, e solo nel mese successivo (aprile 2012) mi sarei cimentata nell’editing di “Deserto rosso - Punto di non ritorno”.
In questi giorni ho ripreso in mano “La morte è soltanto il principio”. Dopo tutti gli altri libri che ho pubblicato, mi sembrava doveroso dare una sistemata a questo testo cui la gente può accedere gratuitamente (il libro è stato scaricato oltre cinquantamila volte, senza contare il fatto che circola liberamente tra gli utenti) e che, dopo oltre tre anni, non rappresenta più il mio modo di scrivere. Sapevo che, per portarlo in linea alla mia scrittura attuale, avrei dovuto riscriverlo da capo (e così facendo, sarebbe diventato molto più lungo), ma ovviamente ho scartato l’idea, poiché, oltre a non avere il tempo per fare un lavoro del genere, sarei andata a snaturarlo. Sarebbe venuto meno il suo scopo, cioè intrattenere i fan (come me) di un film di sedici anni fa che non cercano un’opera di alta letteratura, ma sperano di ritrovare le ambientazioni e i personaggi così come li hanno visti nel film, incluso il modo di narrare la storia tramite immagini, con poca introspezione e tanta ironia, e soprattutto tante citazioni.
Così ho deciso di fare una nuova revisione del testo, ma nel farlo mi sono limitata a snellire qualche passaggio, migliorare qualche periodo, togliere qualche attribuzione di dialogo di troppo (ma quante ne usavo?), formattarlo in maniera un po’ più coerente e ovviamente eliminare quanti più refusi sono riuscita a trovare (eppure dubito di averli beccati tutti). Infine ho modificato la copertina, in modo da diversificare le due edizioni.
Se avete visto il film “La Mummia” (1999), vi invito a leggere questo libro che ne è un sequel alternativo rispetto a quello uscito nel 2001. La visione del film (o la lettura della sua novelization) è necessaria per poter comprendere la storia.
Questa edizione verrà presto sostituita alla precedente su Kobo, iTunes e Google Play. Sarà possibile verificare che si tratta della seconda edizione per via della nuova copertina con le piramidi (questa che vedete in alto).
Essendo una fan fiction, il libro è gratuito. Ne è vietata la vendita. I personaggi e le ambientazioni tratti dal film “La Mummia” sono qui utilizzati per puro intrattenimento e senza alcun scopo di lucro.
In altre parole, può essere condiviso liberamente, ma non può essere venduto.
E a questo proposito vi invito a condividerlo sui social network e inviare il link (o direttamente l’ebook) ai vostri amici.
Vi ripropongo la descrizione del libro.
Londra, 1926 d.C.
Quando Evelyn Carnahan rivede dopo alcuni anni la sua vecchia amica d’infanzia Anne Howard, si rende subito conto di quanto sia cambiata. La ragazza perennemente annoiata e insofferente che ricordava si è trasformata in una giovane donna sicura di sé, per niente addolorata dalla recente morte del marito Robert MacElister, avvenuta in circostanze misteriose durante una campagna di scavi in Egitto.
Inoltre, al suo ritorno a Londra dopo questo viaggio, la giovane vedova ha portato con sé, oltre che una grande quantità di reperti da esporre al British Museum, uno strano egiziano di nome Assad, indossante il tatuaggio dei Med-Jai, gli antichi guardiani di Hamunaptra, la Città dei Morti scoperta non molto tempo prima proprio da Evelyn, suo fratello John e Rick O’Connell.
Non tutto quello che Anne ha rinvenuto ad Hamunaptra, però, è stato esposto durante la mostra. Due sono gli artefatti che la donna ha deciso di tenere per sé: una mummia malridotta e un libro nero che necessita di una chiave per essere aperto.
Ma ciò che Anne e Assad non sanno è che nel loro viaggio di ritorno sono stati seguiti anche da un’oscura presenza in cerca di una vendetta vecchia di tremila anni.
Nel tentativo di risolvere questo nuovo mistero, i fratelli Carnahan e l’americano Rick O’Connell dovranno ben presto scontrarsi con forze sovrannaturali di gran lunga al di sopra della loro portata e saranno costretti, loro malgrado, a combattere ancora una volta per salvare il mondo.
Nel farlo, però, troveranno in un vecchio nemico un inatteso e potente alleato.
Oggi ho il piacere di ospitare un nuovo guest post del collega e amico Giovanni Venturi, che, in occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo, il thriller fantascientifico “Joe è tra noi”, e prendendo spunto da “1984” di George Orwell, ci propone una riflessione sulle conseguenze del controllo dell’informazione.
Qualche tempo fa lessi “1984”, uno dei più celebri romanzi di George Orwell, pubblicato nel 1949, un testo di una attualità sconvolgente. Il romanzo è entrato nella definizione di “romanzo classico”, cioè la storia che tutti si dovrebbe leggere. Il mio rapporto coi romanzi classici una volta era di timore, poi ho capito che questi testi hanno qualcosa da insegnare. Chiaramente il romanzo per l’epoca era un chiaro messaggio verso alcuni personaggi dominanti della storia. Arrivati nel 2015 credo che quel messaggio sia ancora interpretabile nello stesso identico modo, anche per quelli che sono i personaggi della storia odierna.
L’idea che mi sono fatto di questo libro è che l’informazione è l’unico elemento che se non controllato può portare problemi a chi non riesce a controllarla. Cambiare la storia semplicemente alterando documenti storici, fare passare in tivù solo quello che si vuole, o per volontà o per timore di essere perseguiti, spinge a controllare l’essere umano, a manipolarlo senza nemmeno che lui se ne renda conto. Potrei fare tantissimi esempi di ciò che accade oggi, sotto gli occhi di tutti, dove molti credono che sia davvero la tivù a stabilire se una cosa è vera oppure no, e se non appari mai in tivù allora non esisti. Gli scrittori se non appaiono in tivù non esistono, vi pare? Chi conosce uno sconosciuto scribacchino che per giunta si autopubblica? Come osa costui? Se ci fate caso ci sono varie trasmissioni televisive, spazi di telegiornali inclusi, che non si occupano mai direttamente di romanzi e narrativa, ma dove di tanto in tanto si ospitano scrittori di importanti case editrici e dove solo quegli scrittori vengono segnalati. Sono in tivù, ergo esistono, ergo sono scrittori per davvero.
Immaginiamo un mondo che spinge sempre di più verso il controllo dell’informazione. Smartphone che comunicano di continuo la posizione GPS dell’utente, che intercettano i contenuti che lo stesso immette in rete, che ne rilevano le impronte digitali, che conoscono quanta influenza ha in rete, cosa scrive su Facebook, su Twitter, su Google+.
Ora immaginiamo il futuro, da qui a 350 anni circa. Anno 2358, Londra. La città di cui si parla in “1984”. Immaginiamo tablet così ultramoderni da poterli arrotolare come un foglio di carta e metterli in tasca. Tablet che sono connessi a una rete madre globale dove ogni informazione passa attraverso questa potentissima infrastruttura che dà il proprio segnale wireless in tutto il mondo. Una rete gestita da organizzazioni potentissime che decidono chi può accedere a cosa. Controllo delle informazioni. Controllo delle utenze. Controllo degli accessi. Tablet così non possono nemmeno più chiamarsi tablet, in quanto l’idea che si ha di questo strumento è il rettangolo di plastica spesso, non deformabile e che ha su di sé il sistema operativo Android ed è possibile telefonare, oppure pensiamo a un iPad, leggero, ma non pieghevole, dove non è possibile indossare cuffie per telefonare. Se una rete wireless globale copre ogni angolo della terra, la telefonia sarà concepita anche in altro modo. Sarà una videocomunicazione che avviene tramite questa rete. Oggi sempre più persone inviano messaggi, foto, audio tramite applicazioni per smartphone, non usano più SMS e meno che mai MMS, per le chiamate vocali ci sono sempre più applicazioni, basta solo la connessione dati per fare tutto o quasi.
Ho immaginato tutto questo e mi sono detto: ma in un mondo così tecnologico, non tutti hanno gli stessi privilegi, qualcuno può operare per scopi non sani e riuscire a farlo e non essere intralciato perché occupa una posizione di rilievo, di potere, e così tra colpi di scena, misteri e scene cariche di tensione ho scritto “ Joe è tra noi”. Una storia di un ragazzo, Joe, che vive in una Londra dell’anno 2358, una metropoli ipertecnologica. Joe intercetta un messaggio di aiuto anonimo. Chi invoca il suo aiuto e perché? È questo l’interrogativo con cui si apre questo thriller di fantascienza.
GIOVANNI VENTURI è Ingegnere Informatico che usa/ama/odia Linux. Windows lo ha abbandonato 10 anni fa, una notte che era stanco di soffrire per vedere un banale DVD mentre il sistema si riavviava di continuo sempre nella stessa scena del film. Esprime emozioni viscerali, forti, molto emotive, cambia spesso idea, vorrebbe pubblicare per un grande editore, ma dati i fatti che si verificano quotidianamente crede che la miglior cosa sia scrivere per non pubblicare, come il pittore pazzo del film "Il mistero di Bellavista", di Luciano De Crescenzo, l'arte non si vende, ma si distrugge. Dice continuamente di voler smettere di scrivere e di lasciarlo fare a chi lo sa fare meglio, ma poi si imbatte in pessime storie trovate in libreria e si redime, torna a scrivere e poi se ne pente di nuovo. In bilico tra amore e odio per la scrittura ha pubblicato 8 racconti per un editore romano, senza pagare nulla, e un capitolo di un romanzo a più mani. E dal luglio del 2012 a oggi la raccolta di racconti Deve accadere, Racconti dall'isola, il racconto lungo Viaggio dentro una storia, i romanzi Le parole confondono e Joe è tra noi.
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