Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Oggi il mio blog ospita Viola Veloce, autrice indipendente del bestseller "Omicidi in pausa pranzo", che ci racconta un po' degli esperimenti fatti per pubblicizzare i suoi libri.
Nessuno può predire con certezza se un libro venderà poco o tantissimo. Persino le case editrici fanno errori a volte fatali, quando danno un anticipo molto corposo per pubblicare un autore che negli Stati Uniti ha venduto un milione di copie, mentre da noi ne piazza tremila.
Only God knows se un libro andrà bene o meno, anche se un fattore predittivo importante è quanto una casa editrice – o un self publisher – sono disposti a spendere in ADV, e cioè in pubblicità.
La pubblicità è quella cosa onesta per cui paghi qualcuno perché metta in vista il tuo prodotto – un libro, in questo caso – da qualche parte. Sulle pagine di un giornale, su un sito online, eccetera. Trovo onesta la pubblicità perché non c’è niente di male a dire: “Ehi, comprami! Sono qui, se mi vuoi!”.
Arrivo finalmente al punto: la differenza tra un editore “tradizionale” e un self publisher.
Un editore tradizionale dispone infatti di grosse somme da destinare alla pubblicità e quindi è in grado di far sapere al pubblico che è stato stampato un determinato libro.
Gli stessi punti vendita fisici sono di per se stessi canali pubblicitari molto efficaci. Se davanti all’ingresso di una libreria, c’è una pila di libri con una bella copertina colorata, è molto probabile che ti venga voglia di comprarne uno, solo perché l’hai VISTO.
I self publisher invece non hanno grandi somme a disposizione per l’ADV e partono quindi svantaggiati.
È difficile che riescano a far sapere che hanno autopubblicato un ebook o un libro cartaceo e l’hanno messo in vendita su una piattaforma online.
Sono infatti contraria ai puristi del self publishing che ritengono che un libro debba camminare solo sulle proprie gambe o gambette che siano.
Trovo anzi molto divertente cercare di utilizzare gli strumenti di ADV online che sono oggi accessibili sul web. Non li cito perché non voglio sembrare una marchettara, ma posso dire di aver imparato da utilizzare delle piattaforme di ADV online piuttosto complesse, con mio grande divertimento.
La differenza tra un self publisher e una casa editrice tradizionale sta quindi anche nel fatto che il self publisher probabilmente si costruirà da solo la sua mini-campagna online, mentre invece la casa editrice si rivolgerà a un'agenzia, che caricherà anche i propri costi su quelli degli acquisti di spazi pubblicitari.
Naturalmente spendere 100 euro di ADV è diverso che spenderne 200.000, visto che sono queste le grandezze di spesa che normalmente distinguono i self publisher dalle case editrici.
Per quanto mi riguarda, ho fatto molte sperimentazioni sull’ADV, costruendo anche un sito che era esclusivamente dedicato all’advertising di uno dei miei libretti.
Il sito però, VENDETTA ROSA, non ha avuto un grande successo, perché il libro a cui era collegato – MARITI IN SALSA WEB – non sembra averne tratto grossi benefici. Forse la copertina è sbagliata, e sto pensando di cambiarla.
Mentre invece il libro sul quale ho fatto meno investimenti (stiamo sempre parlando di pochissime centinaia di euro) è quello che funziona meglio: OMICIDI IN PAUSA PRANZO.
La conclusione è quindi abbastanza sconfortante (ma non solo per i self publisher, anche per gli editori): l’ADV è una condizione necessaria ma non sufficiente.
Esistono libri per i quali sono stati fatti enormi investimenti pubblicitari ma che hanno venduto poco, e libri che invece sono riusciti a scatenare reazioni di tipo “virale” – il passaparola – e che hanno venduto molto.
Neanche Hari Seldon sarebbe stato quindi in grado di fare previsioni ESATTE su quante copie venderà un libro.
Non solo per quanto riguarda quelli pubblicati da noi self publisher ma anche per quelli delle case editrici….
Chi è VIOLA VELOCE? Detesto quelli che ti raccontano tutto: com’erano simpatici i nonni, come sono ancora stronzi la mamma e il papà, e gli orribili o meravigliosi - scegliete voi – ricordi delle vacanze di quando erano bambini. Ma le “due note bio” ci vogliono sempre. Ecco le mie: donna, impiegata, single di ritorno, figlio alle medie. Punto. Quando torno a casa la sera, dopo l’ufficio, metto un po’ a posto, cucino qualcosa, infilo i piatti sporchi in lavapiatti, e poi faccio i compiti con Tommaso. Studiamo l’impero carolingio, le figure retoriche, i settori produttivi della Calabria: quella specie di macedonia confusa che sono i nuovi programmi delle medie. Poi, quando abbiamo finito, mi attacco al PC. Dove vado alle undici di sera, a Milano? E il ragazzino, lo lascio da solo? Certo che no. Basta, non ho altro da dichiarare.
Tutti i libri di Viola Veloce sono disponibili su Amazon. Visitate il suo sito: Omicidi in pausa pranzo.
Di Carla (del 02/01/2014 @ 01:22:43, in Propositi, linkato 2320 volte)
Eccoci di nuovo al classico post in cui tiro le somme dell'anno passato ed elenco i propositi per quello appena iniziato. Iniziamo proprio da quelli del 2013 e vediamo un po' come me la sono cavata.
Rileggendo la lista, che trovate qui, scopro che soltanto uno non è stato portato a termine, cioè il numero 3 'Finire l'editing de "L'isola di Gaia"'. Effettivamente era un proposito un po' difficile da completare, considerando tutti gli altri, ma soprattutto era il meno urgente. Non ho terminato l'editing de "L'isola di Gaia", ma ho comunque completato la seconda stesura e sono assolutamente in linea con la tabella di marcia, che mi permetterà di pubblicarlo entro il 30 novembre 2014.
Devo dire che gli altri invece sono stati un successo: - ho scritto e pubblicato gli ultimi due episodi di "Deserto rosso", un ad aprile ("Deserto rosso - Nemico invisibile") e l'altro a settembre ("Deserto rosso - Ritorno a casa"); - ho ripubblicato l'intera serie in un unico volume, sia in ebook che in cartaceo, in tempo per Natale; - ho iniziato la traduzione in inglese di "Deserto rosso", anzi, conto di terminare presto il primo episodio; - ho continuato a studiare il mercato anglofono, iniziando a sviluppare il mio blog in inglese; - ho partecipato e vinto il NaNoWriMo, grazie al quale ho completato la prima stesura del romanzo "Affinità d'intenti" (un action thriller); - ho scritto almeno 150 mila parole, anzi, ne ho scritte ben 220 mila! Qui sono stata davvero brava; - ho letto 50 libri. Ammetto di aver barato un po', inserendo libri corti e contando anche i libri che ho pubblicato. Ma non si può certo dire che non li abbia letti; - infine mi ero riproposta di vendere almeno il doppio degli ebook del 2012 (500) e qui è stato un successo totale, perché nel 2013 ho venduto oltre 2700 copie, cioè ho più che quintuplicato tale traguardo. Non posso che essere molto soddisfatta.
Vorrei spendere in particolare due parole in più riguardo alla serie di "Deserto rosso", che mi ha accompagnato per questi due anni e che con grande malinconia ho chiuso con "Ritorno a casa". Scrivere e pubblicare una serie di fantascienza di quattro libri in poco più venti mesi, interagendo nel contempo con tutti i voi, è stata un'esperienza fantastica. I personaggi (Anna fra tutti, ma non solo lei) sono diventati miei (e vostri) amici, hanno fatto parte della mia quotidianità. In questo momento mi sembra difficile, se non impossibile, immaginare di creare in futuro un legame altrettanto stretto con altri personaggi di un'altra serie. È anche vero che, sebbene "Deserto rosso" sia terminato, lo stesso non vale per la loro storia e troveremo alcuni di loro in altri libri del ciclo dell'Aurora, ma credo che sentirò per sempre un affetto particolare per questa avventura marziana, per l'intensità con cui l'ho vissuta e per come ha segnato l'inizio di un mio impegno più serio come scrittrice e autrice, e anche come appassionata di esplorazione spaziale, soprattutto di Marte.
A tutto ciò sopra elencato devo poi aggiungere che nel 2013 ho tradotto il romanzo "Amantarra" di Richard J. Galloway, che adesso è disponibile in versione italiana su Amazon e iTunes (presto anche su Kobo). Questo risultato, che non era affatto previsto all'inizio dell'anno, mi ha permesso di diventare a tutti gli effetti una traduttrice letteraria. Spero di ripetere presto un'esperienza simile. Di certo tradurrò i prossimi due libri di Richard, appena saranno pronti.
Infine tra i risultati raggiunti nello scorso anno devo senza dubbio annoverare la bellissima esperienza di partecipare come relatore all'evento COM:UNI:CARE Live Conference presso l'Università di Salerno, durante il quale ho parlato di self-publishing. Vorrei avere più tempo da dedicare a questo tema, per permettere a tutti gli autori indipendenti e a coloro che vogliono diventarlo di avere un maggiore accesso a tutte quelle informazioni che possono tornare loro utili per creare dei prodotti editoriali di qualità. Come dimostrano ampiamente i nostri colleghi internazionali, i self-publisher hanno la potenzialità di crearsi un proprio spazio professionale e con un elevato standard di qualità nell'ambito del mercato editoriale, e vorrei riuscire a dare un mio contributo affinché sempre più di loro ci riescano.
Nel corso di quest'anno ho migliorato e ampliato le mie conoscenze nei confronti di questo mestiere e sono diventata un'autrice indipendente più consapevole e preparata. Il mio essere self-publisher assorbe più del 50% del mio tempo e ciò che spero di fare nel prossimo anno è gettare le basi per rendere questo mio impegno una fonte di guadagno un pochino più sostanziosa.
A questo punto non mi resta che parlare dei propositi veri e propri per il 2014. Eccoli qui. 1) Completare l'editing e pubblicare "Il mentore" entro la primavera 2014. 2) Fare la terza stesura (che sarà una riscrittura), fare l'editing e pubblicare "L'isola di Gaia" entro il novembre 2014 (in tempo per Natale). 3) Partecipare e vincere il NaNoWriMo 2014. Non ho ancora deciso se lo sfrutterò per scrivere un altro romanzo di circa 50 mila parole o per iniziare la prima stesura di un romanzo più lungo, come per esempio "Ophir", il terzo del ciclo dell'Aurora, che comprende già "Deserto rosso" e "L'isola di Gaia". 4) Terminare la traduzione in inglese di "Deserto rosso" e pubblicarne almeno i primi due o tre episodi. Il massimo sarebbe riuscire a pubblicare tutti e quattro gli episodi entro Natale, ma non sono ancora certa di riuscirci. 5) Sviluppare la mia piattaforma da autrice nel mercato anglofono, preparando un piano di marketing e mettendolo in pratica, possibilmente con successo. 6) Leggere almeno 52 libri, cioè in media uno la settimana. 7) Per quanto riguarda il numero di parole da scrivere in un anno, mi piacerebbe rimanere almeno sulle 200 mila, ciò significherebbe vincere il NaNoWriMo e riscrivere "L'isola di Gaia". Ma so che è molto difficile che io riesca a non scrivere nulla di nuovo fino al prossimo novembre. L'unico problema è il tempo. Eventualmente potrei pensare di partecipare al Camp NaNoWriMo a luglio e aggiungere altre 50 mila parole. Mi riservo di deciderlo più avanti. 8) Infine veniamo alle previsioni di vendita. Sarei perfettamente felice di riuscire a vendere altre 3000 copie. Non ho idea di come andranno le cose sul mercato inglese ed è difficile fare previsioni, ma con cinque titoli all'attivo e almeno altri due sempre in italiano che usciranno nel corso dell'anno dovrei come minimo ripetere i buoni risultati del 2013, in teoria. Mi rendo conto che vendere dei libri a 89 centesimi (e talvolta anche meno) è molto più facile che con prezzi ben sopra l'euro, come sarà sicuramente "L'isola di Gaia", ma staremo a vedere. Spero vivamente che la realtà dei fatti mi stupisca anche quest'anno!
Cosa ne pensate? Credo che questa lista sia ancora più impegnativa di quella dello scorso anno, ma l'esperienza fatta negli ultimi dodici mesi mi ha insegnato davvero tanto. L'aver fatto più di ciò che avessi previsto (come per esempio la traduzione di "Amantarra") mi rende fiduciosa sui risultati che potrò aspettarmi per il 2014. Si tratta ancora una volta di una sfida che sono pronta a raccogliere, ben sapendo che potrò in qualsiasi momento decidere di cambiare o sostituire qualcuno di questi propositi. So per certo che per raggiungere certi risultati avrò bisogno anche quest'anno del vostro sostegno. Siete voi, amici, collaboratori e lettori, che mi motivate ogni giorno a portare avanti questa mia piccola impresa editoriale e che mi ricordate perché amo tanto scrivere. Insomma, vi terrò aggiornati!
E adesso veniamo a voi. Siete riusciti a realizzare i propositi espressi lo scorso anno? Quali sono i vostri propositi per il 2014?
Risale a novembre il mio più recente intervento su FantaScientificast con la mia rubrica “ Life On Mars?”. E come al solito eccomi a riproporre l’argomento trattato in un post di approfondimento sul mio blog.
Come potete evincere dal titolo o ascoltando il podcast, l’argomento è la Trilogia del Vuoto dell’autore britannico Peter F. Hamilton. Siccome è un tema che mi è molto caro, poiché Hamilton è uno dei miei autori preferiti, e c’è decisamente tanto da dire, ho deciso di dedicargli una serie di ben tre post.
Informazioni generali sui libri della serie
La Trilogia del Vuoto è una serie dell’autore britannico di fantascienza Peter F. Hamilton ed è inserita nello stesso universo del ciclo del Commonwealth (Federazione, nella traduzione italiana della trilogia), che comprende altri due libri: “ Pandora’s Star” e “ Judas Unchained”, che però non sono disponibili in lingua italiana. Il primo libro della trilogia è inserito cronologicamente 1200 anni dopo l’ultimo di questi due. La trama fa spesso riferimento a questa saga, ma non leggerla non compromette la comprensione della trilogia.
In lingua originale la serie comprende, ovviamente, tre libri, i cui titoli sono:
In italiano stranamente i libri diventano quattro:
“Il sogno del vuoto” (2010, Urania Millemondi primavera)
“Il tempo del vuoto” (2011, Urania Millemondi primavera)
La mia lettura dei libri risale al 2010, quando uscì il primo in italiano e l’ultimo in inglese. Un po’ perché la traduzione dell’edizione di Urania non mi aveva particolarmente soddisfatto (soprattutto a causa dell’astronomico numero di refusi) e un po’ perché non avevo voglia di aspettare, dopo aver letto “Il sogno del vuoto”, ho completato la lettura della trilogia con le edizioni in lingua originale.
Inoltre la trama, che è molto complessa e ricca di personaggi, è senza soluzione di continuità, quindi attendere tra un libro e l’altro comporta il rischio di dimenticarsi tutto o quasi. Ci sono addirittura personaggi importanti che compaiono per la prima volta verso la fine del primo libro, che si conclude con un discreto cliffhanger.
Al di là di questo, ho trovato discutibile l’aver diviso l’ultimo libro in due volumi nell’edizione italiana, portando il costo totale di questo romanzo a 15 euro, decisamente alto per un prodotto da edicola.
Per chi volesse leggere l’intera trilogia in italiano purtroppo non esiste alcuna possibilità di reperire i primi due libri in maniera diretta, se non tramite qualche mercatino dell’usato. Le due parti de “ L’evoluzione del vuoto” sono invece disponibili in formato ebook su Amazon e altri retailer.
Trama
La storia è ambientata nel trentaseiesimo secolo.
Il Vuoto è una sorta di universo auto-contenuto che si trova al centro della galassia ed è studiato da milioni di anni da degli alieni chiamati Raiel. Essi credono che sia una minaccia per la vita nella galassia a causa della sue sporadiche fasi di espansione, che divorano interi sistemi solari vicini al nucleo della galassia. Uno di tali eventi accadde diverse centinaia di migliaia di anni prima, cosa che spinse i Raiel a creare una classe di astronavi interstellari chiamata High Angel con lo scopo di portare in salvo eventuali civiltà senzienti in caso di una nuova espansione. La casta di guerrieri Raiel serve a proteggere il Vuoto da qualsiasi intrusione da parte di altri essere viventi della galassia, poiché essi temono che questa possa scatenare un’ulteriore espansione.
Il Vuoto non è però un sistema naturale. Al suo interno c’è uno strano universo con leggi della fisica diverse da quelle che conosciamo.
Nel 3589 un essere umano, chiamato Inigo, ha iniziato a sognare un’esistenza meravigliosa all’interno del Vuoto. I suoi sogni sono stati trasmessi al resto dell’umanità tramite il Campo Gaiano, una sorta di social network delle emozioni, reso possibile negli esseri umani potenziati che contengono un innesto nel loro cervello. Questo permette anche di immagazzinare i pensieri e offre tutta una serie di vantaggi, tra cui collegarsi in tempo reale alla rete (Unisfera), comunicare, caricare programmi, nozioni e così via.
Molti esseri umani sono potenziati e vivono per centinaia di anni. I loro pensieri, la loro essenza, coscienza, può essere immagazzinata in server, in caso muoiano e venga creato un clone in cui ricaricarla. In pratica non si muore mai, tant’è che dopo una vita lunghissima gli esseri umani decidono di abbandonare la vita fisica per scaricare la loro coscienza nel cosiddetto ANA ( Advanced Neural Activity), una sorta di enorme raccoglitore di questi esseri virtuali, in cui essi continuano a vivere come pensiero, e che è diventato il governo del Commonwealth (Federazione), in altre parole degli esseri umani.
I sogni di Inigo raccolgono intorno a sé a folto un gruppo di credenti, che nel tempo costituiscono una religione Living Dream (Sogno Vivo, nella traduzione italiana) e che venerano il protagonista di questi sogni (Edeard). Questi credenti vivono in un pianeta, dove hanno ricreato il modello di vita, e addirittura la città (Makkathran 2), che hanno visto nei sogni di Inigo. Essi sono, infatti, ambientati in un pianeta nel Vuoto chiamato Querencia.
Questi credenti sono così fanatici che vogliono organizzare un pellegrinaggio nel Vuoto per vivere la vita che è stata a loro mostrata. Ma i Raiel e altre specie (compresi gli altri esseri umani) temono che la loro migrazione, che sono certi porterà alla loro morte, possa causare un’ulteriore espansione del Vuoto. Perciò sono pronti a fermare questo pellegrinaggio a ogni costo.
Questo è solo l’ antefatto da cui parte la storia che si sviluppa all’interno della trilogia. Nel leggere la trama si notano subito alcuni elementi religiosi e spirituali, che ricorrono spesso nella space opera, ma mi riservo di analizzarli uno per uno nel prossimo post di questa serie, e di mostrare come l’autore giochi con questi temi facilmente riconoscibili, per poi ricondurre il tutto a una sua visione molto razionale della realtà.
Non è un segreto che la maggior parte dei lettori siano donne e non è un caso quindi che i generi più letti siano quelli amati dalle donne. Non parlo solo di romanzi rosa o erotici o della cosiddetta narrativa femminile in generale, sarebbe troppo facile. In realtà il genere più letto in Italia, anzi in tutto il mondo, è senza dubbio il thriller e, sì, le donne divorano i thriller. È un genere talmente trasversale che raccoglie lettrici di qualsiasi tipo. Lo so anche perché ne faccio parte.
Ma la fantascienza?
Tradizionalmente la fantascienza viene considerata un genere maschile. I motivi sono vari e affondano probabilmente le proprie origini nella cosiddetta fantascienza classica, caratterizzata da protagonisti maschili, storie che affrontavano grandi tematiche socio-politiche e ovviamente la scienza. Per quanto la fantascienza sia da sempre considerata un genere di intrattenimento, di fatto molti di questi libri sono abbastanza difficili da affrontare, chi non è interessato a certe tematiche potrebbe persino annoiarsi.
Ma ovviamente c’è sempre stata anche l’altra faccia meno impegnata di questo genere, quella spesso legata ai prodotti di edicola (benché in edicola si trovassero anche quelli che poi sono diventati classici!), caratterizzati da tanta azione, dialoghi improbabili, alieni cattivissimi e così via. Intrattenimento puro, spesso rivolto a un pubblico giovanissimo maschile, che non aveva in sé praticamente nulla che potesse piacere alle donne.
Comunque la si guardi la fantascienza in passato non ha mai avuto un gran numero di estimatrici donne, per quanto si possano nominare diverse autrici di questo genere.
Ma perché la presenza di tematiche più o meno impegnate o quella di elementi come l’azione e l’avventura sono sufficienti ad allontanare le lettrici? In realtà non sono questi elementi il vero problema, bensì la mancanza di altro.
Spesso i romanzi di fantascienza del passato mancavano di un aspetto fondamentale che invece è il fulcro della narrativa attuale (compresa quella fantascientifica): dei personaggi reali intorno ai quali veniva costruita la storia.
Io sono convinta che un libro che si basi sui personaggi, sulla loro umanità e sulla capacità di creare empatia tra essi e il lettore, qualunque sia il genere, possa essere apprezzato da chiunque (o quasi), sebbene porti con sé tematiche complesse o che il lettore in questione non troverebbe normalmente interessanti. Anzi, il lettore profano di tali tematiche, ancorandosi ai personaggi, potrebbe scoprirle (o riscoprirle) e magari finire per apprezzarle.
La fantascienza di oggi non è più come quella di una volta. In essa si possono trovare delle storie che funzionano a prescindere dal fatto che siano ambientate in un contesto fantascientifico, perché appunto si fondano sui personaggi. Nonostante ciò nel nostro Paese la fantascienza è ancora considerata un genere di nicchia (al contrario di come avviene all’estero) e sospetto che ciò sia dovuto al fatto che non è riuscita ancora a convincere le donne, che costituiscono la maggior parte dei lettori, di essere un genere che fa per loro.
È un problema non da poco per chi come me, donna, scrive fantascienza, raccontando delle storie basate sui personaggi, addirittura con una protagonista femminile, mettendo a nudo la sua emotività (ma anche quella dei personaggi maschili), parlando di sentimenti e, sì, di amore, e allo stesso tempo infarcendo la trama di azione, elementi thriller (sì, perché le mie storie sono prima di tutto dei thriller), avventura, scienza e tecnologia descritte in maniera accurata e allo stesso tempo non pesante, argomenti di natura sociale (come l’intolleranza verso il diverso). Una miscela complessa che contiene elementi appetibili sia per il lettore uomo, in particolare l’appassionato di fantascienza, che è di solito molto esigente, che per la lettrice donna, non necessariamente esperta del genere.
Eppure la maggior parte dei miei lettori credo proprio che siano uomini e certe volte mi pongo il problema di come arrivare a loro: le lettrici.
Una soluzione vera e propria non l’ho trovata, ma col passare del tempo noto con piacere che, complice il passaparola, qualche lettrice al di fuori della cerchia degli amanti del genere approda alla mia serie, “Deserto rosso”, e la apprezza, spesso stupendosi (addirittura!) di aver trovato tutto questo nei miei romanzi di fantascienza.
Prima o poi riusciremo a togliere alla fantascienza questa fastidiosa etichetta di essere “di nicchia” e “maschile” e far capire ai lettori, uomini o donne, che quello scientifico il più delle volte è solo uno spunto, un contesto, nell’ambito del quale si muovono personaggi vivi in cui immedesimarsi, capaci di farci commuovere e talvolta addirittura innamorare?
Io non perdo la speranza.
La settimana scorsa ho inaugurato questa serie di post dedicata alla Trilogia del Vuoto di Peter F. Hamilton, facendo una carrellata dei libri che la costituiscono, sia in lingua originale che in italiano, e riassumendo l’antefatto da cui scaturisce la trama della serie. Potete leggere tutto questo nel post precedente.
Oggi invece vorrei soffermarmi proprio sugli elementi spirituali e religiosi contenuti in quest’opera dell’autore britannico. Farò prima un elenco delle tematiche (un approfondimento sulle tematiche religiose comuni nella fantascienza lo trovate in questo post) e poi porterò alcuni esempi, cercando di evitare il più possibile anticipazioni sulla trama.
Temi religiosi e spirituali della Trilogia del Vuoto
1) Presenza di una religione all’interno della storia. In questo caso si parla del Living Dream (Sogno Vivo, nella versione italiana). La religione è un elemento molto diffuso nella space opera, insieme alla politica. In questa serie i due aspetti, come spesso accade nella realtà, si confondono, per cui abbiamo il caso in cui l’elemento religioso ancora il lettore alla vita reale e al contempo supporta la sospensione dell’incredulità.
2) Elementi citati all’interno della storia che ricordano temi o archetipi religiosi ben noti. Ci sono numerosi riferimenti soprattutto al Cristianesimo e in generale alle grandi religioni monoteiste, che vengono utilizzati in contesti diversi, rimanendo però del tutto riconoscibili.
3) Metafora dello spirito e dell’immortalità dell’anima. Grazie alla tecnologia viene ricreata una forma di immortalità con la perpetuazione della coscienza sotto forma digitalizzata.
4) Il vedere gli elementi prodigiosi e magici come una semplice espressione di una scienza che non conosciamo. Questo è anche un tema ricorrente in tutta la bibliografia di Hamilton.
Esempi di temi religiosi e spirituali nella Trilogia del Vuoto
Dopo aver elencato brevemente i temi, di seguito vi presento una serie di esempi tratti dalla serie.
Iniziamo ovviamente dal Living Dream (Sogno Vivo). Questo ha una tipica struttura religiosa che può ricordare quella delle varie chiese cristiane. Essendo Hamilton britannico suppongo che si rifaccia all’Anglicanesimo, anche se il modello è riconducibile alla maggior parte delle strutture clericali.
Accanto alla struttura religiosa in sé si pone il fanatismo dei credenti (altro tema molto attuale), che sono molto determinati a trovare il sognatore, perché ritengono di aver bisogno di lui per entrare nel Vuoto e non si fermano davanti a nulla pur di raggiungere il loro scopo.
La religione viene qui utilizzata come motore principale degli eventi, in quanto tutta la storia scaturisce da questa intenzione dei credenti del Living Dream, e contemporaneamente per collegare il lettore all’attualità, in cui fenomeni del genere sono tristemente comuni.
Ma qui si osserva l’astuzia di Hamilton nell’usare sì elementi tipici delle religioni esistenti, ma di fatto nel raccontare un tipo di fanatismo che assomiglia di più a quello rivolto alle celebrità. Sebbene Edeard venga visto come una sorta di messia (e il sognatore come un profeta), in realtà il fanatismo non è di tipo spirituale, bensì molto materialista. I credenti vogliono andare sul Querencia, il pianeta nel Vuoto, per vivere con i loro corpi quella vita meravigliosa vista attraverso i sogni di Inigo. In questo loro desiderio non vi è proprio nulla di mistico.
Vi sono poi tutta una serie di riferimenti a temi religiosi all’interno della storia, anche questi usati con astuzia, poiché in ultima analisi di spirituale non hanno proprio nulla.
Per evitare anticipazioni, non vi dico chi è nella storia il Waterwalker o Camminatore sull’Acqua, ma è ovvio che ci ricorda qualcosa del Vangelo, no?
Un altro esempio è la religione esistente su Querencia (una sorta di religione nella religione) in cui si venera una certa Signora ed esistono delle donne (sacerdotesse/suore) che dedicano la loro vita a questa specie di pseudo-divinità. La Signora viene raffigurata in una statua all’interno di una simil-chiesa e apparentemente questa può ricordare la Vergine, sebbene leggendo la storia si scopre essere una figura femminile più simile a Maria Maddalena.
È chiaro che queste similitudini non sono casuali, ma sono citazioni magari un po’ irriverenti da parte di Hamilton, fatte per portare davanti al lettore qualcosa di noto e di facile comprensione, in un testo che invece è pieno di elementi che vanno ben oltre la nostra capacità di afferrarne il significato e richiedono un enorme sforzo di immaginazione.
Nella serie si parla anche di angeli che volano su ali, un altro elemento tipicamente religioso, ma in realtà queste ali sono campi di forza e gli angeli sono astronavi.
A un certo punto viene descritta una popolazione chiamata Silfen, che viene presentata in chiave mistica e pastorale (è una sorta di deriva fantasy all’interno dell’opera, un po’ come avviene con le vicende narrate su Querencia). Questo aspetto però è solo una facciata che nasconde una complessa tecnologia. I Silfen, per esempio, usano l’entanglement quantistico per comunicare (lo stesso utilizzato per il Campo Gaiano).
Abbiamo poi lo spirito che viene assimilato a dei file salvati in un server, una coscienza digitalizzata, che possono essere caricati nella mente potenziata di un clone di una persona deceduta, illudendosi così di sconfiggere la morte (parlai di qualcosa del genere anche nell’articolo su Battlestar Galactica). Ciò può essere visto come una sorta di metafora dell’immortalità dell’anima.
E ancora, il desiderio dei credenti del Living Dream di andare nel Vuoto di certo ricorda l’Esodo degli ebrei e la loro volontà di raggiungere la terra promessa.
Allo stesso modo l’astronave con cui i primi abitanti di Querencia vi sono arrivati tanto tempo prima può essere assimilata all’arca di Noè ed essi sono come gli unici sopravvissuti che danno origine a una nuova civiltà, che nasce quindi da una precedente. Si tratta anche questo di un tema molto caro alla fantascienza.
Infine lo stesso Vuoto può essere paragonato a una sorta di paradiso.
Spiritualità ridotta a scienza
Questi sono solo alcuni esempi che ancora ricordo a più di tre anni dalla lettura della serie. Probabilmente a una più attenta analisi ne salterebbero fuori molti di più. Il punto però è un altro.
Da una parte abbiamo Hamilton che dissemina in questa bellissima trilogia numerosi elementi religiosi, spirituali e paranormali, ma lo fa solo in apparenza, per poi alla fine dare a tutto una spiegazione pseudo-scientifica. Non è fantascienza hard, perché ci sono i motori ftl e tante altre cose scientificamente impossibili, benché siano meno di quante si possano immaginare, ma comunque l’autore si sofferma a lungo nel riportare tutto in termini materiali che vengono proprio posti in contrasto con la spiritualità stessa che pareva caratterizzarli.
In altre parole abbiamo una trilogia infarcita di spiritualità con lo scopo di negarla.
Nel prossimo post cercherò invece di proporvi un mio personale commento sul questa serie di Hamilton e in generale su questo autore che, oltre a essere uno dei miei preferiti, è senza dubbio uno dei più interessanti nel panorama della narrativa fantascientifica contemporanea. Vi ricordo che potete anche ascoltare il mio intervento su Hamilton nella puntata 31 del podcast FantaScientificast.
Di Carla (del 19/01/2014 @ 22:34:06, in Lettura, linkato 2987 volte)
Cuori infranti… in serie
Dopo il romanzo “ Un patto con una sconosciuta” e la novella “ Gemelle incompatibili”, Martina Munzittu si cimenta in una storia rosa più classica, in cui i patimenti sentimentali delle protagoniste sono però sempre affiancati dall’ironia tipica dei suoi scritti, cui si aggiungono elementi drammatici sapientemente misurati. Ma la vera peculiarità di questa novella (anzi, quasi un romanzo breve) è che si tratta a tutti gli effetti dell’episodio pilota di una serie.
Ma andiamo per ordine. Le vicende narrate ruotano intorno a una sorta di associazione di mutua assistenza fra donne (e uomini) con problemi amorosi fra i più disparati, fondata da Nonna Pina, un’italiana trapiantata a Londra, e chiamata “Il Rifugio dei Cuori Infranti”. La serie ha uno sviluppo di tipo episodico, vale a dire che nell’ambito di una puntata vengono seguiti due “casi” che vengono risolti prima della sua fine. Allo stesso tempo esistono delle sottotrame che sospetto verranno sviluppate nel corso dei prossimi episodi. Inoltre verso la fine compare un nuovo personaggio, che anticipa l’episodio successivo. Il format è senza dubbio perfetto. Le due storie vanno avanti in parallelo, con un ritmo abbastanza sostenuto, costringendo il lettore, anche grazie allo stile leggero e coinvolgente della Munzittu, a girare una pagina dopo l’altra, finché non arriva alla conclusione. Il tutto è infarcito da elementi ironici, che strappano più di una risata, e altri più seri che spingono alla riflessione. Sullo sfondo la Londra odierna, scorci di vita quotidiana e location ben conosciute.
Il risultato soddisfa appieno le buone premesse. In questo episodio in particolare, intitolato “Tradimento”, si affronta questo tema molto comune in ambito sentimentale da due prospettive ben diverse, addirittura opposte, ma sempre in maniera misurata e convincente, grazie alla sensibilità dell’autrice che riesce ancora una volta a farci divertire e un po’ anche arrabbiare insieme ai suoi personaggi.
La brevità, se da una parte penalizza l’approfondimento delle storie e dei personaggi, ha dalla sua il fatto che permette al lettore di non dover attendere troppo per vedere soddisfatta la sua curiosità su come andrà a finire e nel contempo lo lascia col desiderio di leggere nuove storie come questa.
Ed eccoci arrivati al post conclusivo della serie di articoli dedicata alla Trilogia del Vuoto dell’autore britannico Peter F. Hamilton e anticipata dal mio intervento a FantascientifiCast dello scorso novembre.
Nel primo post vi ho illustrato brevemente i libri che costituiscono la trilogia, sia nell’edizione inglese che in quella italiana, e vi ho raccontato l’antefatto della trama. Nel secondo, invece, mi sono soffermata sugli aspetti religiosi e spirituali presenti all’interno della storia, analizzandone alcuni e mettendo in evidenza come l’autore ami partire da queste tematiche per poi riportare tutto in termini materiali.
In questo ultimo post vorrei, infine, esprimere un mio commento su questo autore.
Peter F. Hamilton è senza dubbio uno dei miei autori preferiti. Lo è diventato proprio leggendo la Trilogia del Vuoto. Lo è, prima di tutto, perché scrive delle storie complesse con diversi piani di lettura. Questo che riguarda la spiritualità è solo uno di essi, che può essere tranquillamente ignorato dal lettore che non è interessato a questo tipo di tematiche, poiché la bravura di questo autore, a mio parere, è data dalla capacità di misurare i vari elementi che costituiscono i suoi libri, senza che alcuno di essi risulti troppo invadente. E così i romanzi di Hamilton sono in grado di soddisfare l’appassionato di fantascienza che predilige per esempio l’azione, oppure l’aspetto socio-politico, anch’esso tipico della space opera, o ancora quello relativo all’uso della realtà virtuale, l’approfondimento dei personaggi, che sono sempre molto ben caratterizzati anche dal punto di vista emotivo, e così via.
A dire la verità, alcuni lo considerano un po’ prolisso, d’altronde stiamo parlando di un autore che difficilmente scrive romanzi sotto le 600 pagine (a caratteri minuscoli). La lunghezza delle sue storie non riguarda solo la complessità della trama, che già di per sé basterebbe, ma anche il modo dilatato in cui narra certe scene, soffermandosi spesso su lunghi dialoghi o dettagli dell’azione, dando l’impressione di un certo rallentamento del tempo durante il loro svolgimento.
Facendo un esempio banale, in una scena in cui un personaggio apre una porta e spara, Hamilton è capace di raccontare il fiume di pensieri che passano per la mente dell’interessato in quella frazione di secondo, ma anche il processo mentale, fisico e tecnologico dell’atto compiuto. Questa sua caratteristica ha il pregio di permettergli di mostrarci per davvero la scena, facendoci quasi sentire parte del libro, soprattutto laddove ciò che ci sta raccontando va molto al di là dell’immaginario comune.
Numerosi passaggi della Trilogia del Vuoto si svolgono nella mente dei esseri umani potenziati che nell’arco di un istante vedono icone, attivano processi virtuali, richiamano applicazioni, comunicano tramite l’Unisfera e così via. Si tratta di atti che non possono essere trasferiti in immagini, per esempio ne è impossibile una trasposizione cinematografica, ma tramite le sue parole, l’autore rallenta l’azione riuscendo a farci comprendere tutti questi dettagli, che in breve tempo la nostra immaginazione riesce a gestire con facilità, senza per questo influenzare negativamente la sospensione dell’incredulità.
Mi sono trovata più volte a leggere queste scene lunghissime, divertendomi nel farlo e allo stesso tempo soffrendo per la curiosità di sapere cosa sarebbe successo dopo, un dopo che tardava ad arrivare. E andava a finire che leggevo decine e decine di pagine senza neanche rendermene conto. E così i suoi libri con capitoli di 100 pagine in media e questa stessa trilogia che supera abbondantemente quota 2500 si leggono in tempi più brevi di quanto si possa pensare.
Al di là di questo, ciò che mi piace di lui è la capacità di immaginare scenari inediti, mescolare elementi noti della letteratura fantascientifica con idee originalissime, e di mettere davvero tanta roba nei suoi libri, capace di aprirti la mente e ispirare anche chi la fantascienza, come me, la scrive. E Hamilton mi è stato di grande ispirazione nei romanzi scritti finora, compresi quelli non pubblicati, persino di generi diversi dalla fantascienza. Oltre ad alcuni spunti da cui ammetto di aver attinto (in fondo lo scrivere è sempre un po’ caratterizzato dal copiare, talvolta non intenzionalmente, le idee altrui ed rielaborarle), la lettura dei suoi libri mi ha insegnato a non avere fretta nel portare a termine le scene, a fermarmi ad analizzarne i dettagli, emotivi, sensoriali, o relativi al ragionamento, per poter mostrare meglio l’azione al lettore, nella speranza di coinvolgerlo il più possibile. Facendo così mi sono ritrovata io stessa a sentirmi più coinvolta nelle scene che scrivevo e, credo, ad avere una vaga idea di quanto lo stesso Hamilton possa divertirsi a concepire e realizzare delle narrazioni così complesse.
C’è poi da dire che questo autore non si tira mai indietro quando deve inserire aspetti controversi nelle sue storie, di certo adatti soltanto a un pubblico adulto. Nei romanzi di Hamilton non manca mai il sesso, raccontato nelle situazioni più variegate, e dei concetti di famiglia decisamente alternativi (poligamia, rapporti sentimentali e sessuali con entità virtuali, con più persone di vari generi, con personaggi la cui coscienza è condivisa da più corpi, reali o virtuali, ecc…), ma il tutto viene trattato in maniera naturale, senza alcun senso di proibito, e rappresenta solo un altro dei piani di lettura cui facevo riferimento prima, che il lettore può decidere o meno di trascurare.
Per me Hamilton è stato, in un certo senso, una rivelazione e ha contribuito non poco nell’accrescere il mio amore per la narrativa di fantascienza, sia come lettrice che come scrittrice. Una cosa che dico sempre è che se leggi Hamilton e ne esci vivo, cioè riesci ad apprezzarlo nonostante la sua complessità e l’eccessiva lunghezza delle sue opere, dopo puoi leggere davvero di tutto. E ne sono tuttora convinta.
Se non avete mai provato a leggere un suo libro, non posso che consigliarvi di farlo, magari proprio con la Trilogia del Vuoto. Dopo sarà tutto in discesa!
Un paio di settimane fa si è festeggiato il decimo anniversario dell’atterraggio su Marte del rover Spirit, ma la data di oggi, relativa all’approdo sul pianeta rosso del suo gemello Opportunity, è ancora più importante, poiché questo piccolo rover oggi celebra un vero e proprio compleanno, essendo tuttora funzionante.
Opportunity atterrò con successo su Marte il 25 gennaio 2004 (con riferimento all’orario universale) per quella che sarebbe dovuta essere una missione di soli tre mesi. E invece è ancora lì a inviare quotidianamente nuovi dati al suo team, al Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena. In questo momento si trova in Solander Point, sul margine del Cratere Endeavour, dove si è posizionato con i suoi pannelli solari rivolti a nord (si trova nell’emisfero sud di marte) per raccogliere la massima insolazione durante il lungo inverno marziano (che dura sei mesi). Questo suo posizionamento gli dovrebbe permettere di ricevere abbastanza energia per continuare a lavorare anche in questo periodo dell’anno meno favorevole, durante il quale è in genere costretto a interrompere del tutto la sua attività per lunghi periodi.
Ma proprio in questi giorni il piccolo Oppy, come viene affettuosamente chiamato, è stato testimone di un evento insolito: la comparsa di una pietra di origine sconosciuta laddove non c’era nulla fino a dodici sol (giorni marziani) prima. Molto probabilmente lo spostamento della pietra è stato causato dai movimento dello stesso rover, ma ha comunque suscitato notevole curiosità anche per la sua composizione chimica inusuale. Il team di JPL sta tuttora investigando su questo mistero.
In attesa di ulteriori sviluppi, Opportunity si gode il raggiungimento di questo importantissimo traguardo, un vero e proprio record di longevità sulla superficie di un corpo planetario extraterrestre, che difficilmente verrà superato.
Il suo gemello Spirit, sebbene abbia smesso di funzionare qualche anno fa (la missione è stata conclusa nel marzo 2010) con i suoi oltre sei anni di servizio è stato comunque un grande successo.
Opportunity, durante i suoi 10 anni terrestri di servizio (più di 3550 sol), ha percorso oltre 39 km (che sono davvero tanti, considerato quanto è piccolo) e ha inviato oltre 187 mila immagini al suo team sulla Terra.
Attualmente sulla superficie di Marte si trova anche un altro rover, Curiosity. Grande quanto una piccola auto, Curiosity va a spasso nel pianeta rosso da un anno e mezzo. La missione originale dovrebbe durare due anni, ma il rover, dotato di batteria a energia nucleare, potrebbe funzionare, salvo guasti di altra natura, fino a quindici anni. Purtroppo non si sa ancora se la missione verrà prolungata a causa dei problemi di budget della NASA. L’agenzia spaziale americana forse sarà costretta a scegliere tra questa missione e quella della sonda Cassini, che da 16 anni studia Saturno e le sue lune.
Nel frattempo Opportunity e Curiosity continuano il loro lavoro sul pianeta rosso. Le scoperte combinate dei due rover, tra le varie cose, hanno permesso di confermare che su Marte esistevano le condizioni per lo sviluppo della vita. Forse un tempo su Marte c’è stata la vita o forse c’è ancora, ma adesso sappiamo per certo che si tratta di una possibilità concreta.
Intanto facciamo i nostri auguri di buon compleanno a Opportunity, sperando che possa festeggiarne molti altri.
Foto e video: NASA/JPL.
Ecco una lista di articoli, recensioni, citazioni e interviste relative a "Deserto rosso" (la serie completa). L'elenco verrà aggiornato man mano che nuovi articoli verranno pubblicati.
Intervista su SocializerIT (podcast) http://www.socializer.it/episodi/socializer-ep5-creare-e-pubblicare-un-libro-nellera-dei-social-media-con-rita-carla
Scheda del libro su ParoleVacanti http://parolevacanti.altervista.org/nataleconparolevacanti-deserto-rosso-secondo-ebook-regalo/
Scheda del libro sul Rose & Beps Blog http://rosebeps.blogspot.it/2014/01/deserto-rosso-la-serie-completa-di-rita.html
Chi sarà il migliore scrittore italiano edito in self-publishing? su Scrivo.me http://www.scrivo.me/2014/01/14/piu-bravi-scrittori-italiani-self-publishing/
Quali sono i migliori autori italiani autopubblicati in rete? su Giochi di parole... con le parole http://giovanniventuri.com/2014/01/16/quali-sono-i-migliori-autori-italiani-autopubblicati-in-rete/
Rita Carla Francesca Monticelli presenta il libro "Deserto rosso" sulla Gazzetta del Sulcis-Iglesiente, N° 659, 23 gennaio, sezione Cultura Articolo: http://www.anakina.net/public/Gazzetta_Sulcis-Iglesiente_23_01_2014.jpg Sommario del giornale: http://www.gazzettadelsulcis.it/sommari/som_659.asp
Recensione di "Deserto rosso" di Giovanni Capotorto su Fogli Diversi e BraviAutori http://foglidiversi.blogspot.it/2014/01/deserto-rosso-rita-carla-francesca.html http://www.braviautori.com/book_deserto-rosso.html
Recensione del Dr. J.C Teophilus http://recensionidallagalassia.blogspot.it/2014/01/la-saga-marziana-di-deserto-rosso.html
Tutto sul self-publishing: intervista a Rita Carla Francesca Monticelli su Girl Geek Life http://www.girlgeeklife.com/2014/02/tutto-sul-self-publishing/
L'esperienza della giovane Rita Carla Francesca Monticelli - Una grande passione per libri e scienza, La Provincia del Sulcis Iglesiente, n° 267, 11 febbraio 2014 Articolo: http://www.anakina.net/public/La_Provincia_Sulcis-Iglesiente_11_02_2014.jpg
Intervista audio condotta da Veronica De Lorenzo di MV Fashion & Beauty http://youtu.be/lvjLS4IAbtw
Citazione nell'articolo "#IndiesuIndie: Stefano Castelvetri" su Kuiper Belt http://www.kuiperbelt.it/indiesuindie-stefano-castelvetri/
I 10 migliori autori italiani autopubblicati su Wired.it http://www.wired.it/play/libri/2014/02/28/10-migliori-autori-italiani-autopubblicati/
Gli autopubblicati: fantasy e fantascienza i generi del futuro? su Finzioni Magazine http://www.finzionimagazine.it/libri/a-dorso-di-drago/gli-autopubblicati-fantasy-e-fantascienza-generi-del-futuro/
La fantascienza nella testa (quella di Rita Carla Francesca Monticelli) sul blog Omicidi in Pausa Pranzo http://omicidi-in-pausa-pranzo.com/2014/04/05/la-fantascienza-nella-testa-quella-di-rita-carla-francesca-monticelli/
Intervista ad Anna Persson su Kuiper Belt https://www.anakina.net/dblog/articolo.asp?articolo=498
Il "Deserto rosso": la strana vita su Marte secondo Monticelli, L'Unione Sarda del 16 aprile 2014, pag. 25, sezione Cultura Pagina: http://www.anakina.net/public/UnioneSarda-pagina-25-del-16-04-14.pdf
#SalTo14: Self-publisher, tirate fuori dai cassetti i vostri sogni! sul blog Equilibri Digitali http://www.equilibridigitali.it/salto14-self-publisher-tirate-fuori-dai-cassetti-i-vostri-sogni/
Scrivere e pubblicare libri al tempo di internet: conversazione con Rita Carla Francesca Monticelli, sul blog ...vi parla il Maresciallo Maggio! http://ilmaresciallomaggio.blogspot.it/2014/05/scrivere-e-pubblicare-libri-al-tempo-di.html
Diventare scrittori con il self-publishing, su BuoneNotizie.it http://www.buonenotizie.it/misc/cultura/2014/06/05/diventare-scrittori-con-il-self-publishing/
Recensione sul blog Pagine Sporche http://paginesporche.blogspot.it/2014/07/recensione-rosso-di-rita-carla.html
Recensione sul blog Giochi di parole... con le parole http://giovanniventuri.com/2014/08/01/deserto-rosso-aurora-vol-1/#more-4872
Deserto Rosso, suspense, avventura e sesso su Marte, su Tom's Hardware https://www.tomshw.it/deserto-rosso-suspense-avventura-e-sesso-su-marte-60695
Guida ai regali di Natale: Deserto rosso, su Tom's Hardware https://www.tomshw.it/altro/deserto-rosso-suspense-avventura-e-sesso-su-marte/
AREABALENGA(17): intervista a RITA CARLA MONTICELLI, sul blog de LaMarchesa13 Prima parte: http://lamarchesa13.blogspot.it/2015/02/areabalenga17-intervista-rita-carla.html Seconda parte: http://lamarchesa13.blogspot.it/2015/02/areabalenga-17-intervista-rita-carla.html
Intervista a Rita Carla Francesca Monticelli sul blog di Michele Amitrani http://www.micheleamitrani.com/It/blog/76-intervista-a-rita-carla-francesca-monticelli.html
Carla Monticelli, narratrice scienziata tra verosimiglianza e fantasia, su La Nuova Sardegna dell'8 ottobre 2015 http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2015/10/08/news/carla-monticelli-narratrice-scienziata-tra-verosimiglianza-e-fantasia-1.12229364
Marte oltre The Martian, ecco la fantascienza che parla italiano, su Tom's Hardware http://www.tomshw.it/news/marte-oltre-the-martian-ecco-la-fantascienza-che-parla-italiano-71427
Self-Publishing: le cinque migliori autrici self da tenere d’occhio, su House of Books http://www.houseofbooks.it/2015/08/31/ciao-mondo/
Marte, deserto ma non troppo, su Global Science https://www.globalscience.it/11277/scienza-da-leggere-e-da-vedere/marte-deserto-ma-non-troppo/
"Deserto rosso" è disponibile in formato cartaceo su Amazon (15,98 euro) e su Giunti Al Punto. Disponibile in ebook su Amazon (3,99 euro), Kobo, Mondadori Store, laFeltrinelli, iTunes, Google Play, Scribd, Smashwords, Barnes &Noble e Giunti Al Punto, senza DRM.
Di Carla (del 01/02/2014 @ 00:30:20, in Lettura, linkato 3005 volte)
Storia mediocre, prodotto editoriale scadente
C’è da dire che si tratta di un prodotto di edicola rivolto probabilmente a un pubblico giovane (o almeno è ciò che mi auguro), ma ciò non lo giustifica. La storia non offre grandi spunti, ma ciò che la rende davvero poco godibile è la scarsa qualità della traduzione, fatta in qualcosa di molto lontano dall’italiano. Il testo è inoltre pieno di refusi. La trama è semplicistica, ma in linea col tipo di prodotto: mutanti, eroi, poteri psichici, finale scontato. Forse, se fosse stato tradotto in maniera più decente, l’avrei apprezzato di più come lettura da spiaggia, ma il modo in cui è scritto a volte dà proprio sui nervi.
Migliore sotto certi aspetti il racconto in fondo al libro, scritto sicuramente meglio (l’autore è italiano, quindi nessuna traduzione) e abbastanza divertente nel suo essere un po’ maschilista. Nonostante ciò l’ho trovato un po’ troppo sopra le righe, troppo surreale per essere preso sul serio anche come racconto umoristico.
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