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 Lago di Ledro... di Carla
 

“Mi chiedo cosa si provi a possedere un corpo.”
Ophir. Codice vivente

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 19/12/2012 @ 12:00:00, in Lettura, linkato 3180 volte)

 Ecco cosa succede a dare confidenza agli sconosciuti: una storia insolita e divertente.
 
È davvero una strana sensazione quella che si prova a leggere un libro ambientato nella propria città. Non mi era mai capitato prima. Tra l'altro l'ho letto in lingua originale, cioè in inglese, e ciò ha contribuito a rendere questa esperienza ancora più insolita. Ammetto che all'inizio mi sono trovata in difficoltà, perché conoscere perfettamente tutti i luoghi descritti un po' limita la capacità di crearsi una propria immagine delle ambientazioni. Forse in questo modo si perde una parte del divertimento della lettura e per assurdo si può minare la sospensione dell'incredulità, perché si finisce per notare qualche piccolo dettaglio che stona, cosa che non può succedere se non conosci direttamente i luoghi e la gente che li abita.
Nonostante questo le situazioni narrate sono così particolari, così fuori dal normale, che la fantasia viene rimessa in moto. E il fatto stesso che da cagliaritana, che però ama leggere per andare lontano, io sia riuscita ad apprezzare così tanto questo libro non può che confermare che ci troviamo di fronte a un romanzo davvero ben congegnato e ben scritto.
Le descrizioni particolareggiate dei luoghi e anche dei cibi (la protagonista, Clara, sembra quasi avere un'ossessione per essi), che sicuramente hanno maggiore presa sui lettori del continente (come si dice da queste parti), d'oltremanica o addirittura d'oltreoceano, passa in secondo piano per il lettore sardo, che invece si concentra sulla trama davvero elaborata che caratterizza questa opera.
La Munzittu ha la capacità non da poco di stupire il lettore. Nonostante l'inizio un po' telefonato (d'altronde anticipato dalla descrizione) a un certo punto la storia prende una piega inaspettata e da lì all'improvviso il lettore non sa minimamente cosa aspettarsi. Ogni tentativo di immaginare cosa accadrà nelle pagine successive viene sbugiardato. In questo modo si viene catturati dalla trama e si è costretti ad andare avanti spinti dalla curiosità, nonostante una certa lunghezza del testo, che non è affatto un aspetto negativo.
Non voglio fare anticipazioni, ma ci tengo a precisare che, nonostante sia definito un romanzo rosa, "Un patto con una sconosciuta" è ben più di questo. C'è del romanticismo, sì, ma è marginale: il cuore della storia è ben altro. È ricco di ironia, tale da diventare a tratti surreale. Più di una volta, infatti, mi sono ritrovata a ridere mentre leggevo, cosa che mi capita davvero con pochi autori.
Se dovessi fare un paragone, lo avvicinerei ai romanzi di Nick Hornby, tenendo ovviamente conto che a scriverlo è stata una donna e che è ambientato in Sardegna e non in Inghilterra. Ma il genere è proprio quello. Chissà, forse sono proprio gli anni vissuti finora dalla Munzittu nel Regno Unito che hanno contribuito a creare questa somiglianza, insieme a un certo senso di nostalgia che pervade la narrazione.
Al di là della protagonista, uno dei punti di forza è la presenza di alcuni personaggi secondari davvero ben caratterizzati. Mi è parso quasi di vedere le due galeotte, Annalisa e Monica, la prima logorroica e la seconda taciturna. Non è un caso che proprio questi due personaggi e il luogo in cui si muovono, che di certo non mi è familiare (per fortuna!), sono quelli che mi sono rimasti più impressi, perché proprio con essi la mia immaginazione ha ripreso pieno controllo della storia e me l'ha mostrata in un modo unico.
Il finale è in parte scontato, ma allo stesso tempo l'autrice ha saputo giocare bene le sue carte, collegando sapientemente la parte rosa con quella surreale della trama e chiudendo con una scena non del tutto attesa. L'ultima frase del libro, poi, è una delle più azzeccate che abbia letto di recente.
In generale credo che, pur essendo un libro con un taglio femminile, potrebbe divertire qualsiasi lettore. Lo consiglio a chiunque abbia voglia di leggere qualcosa di diverso dal solito, e di divertirsi nel farlo.
 
 
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Di Carla (del 11/12/2012 @ 03:48:34, in Lettura, linkato 3636 volte)


 

Un viaggio da sogno
 
In tema col clima natalizio e il gelo che avvolge in questi giorni il nostro Paese, arriva il nuovo racconto di Giovanni Venturi, che dopo avermi stregata con la sua raccolta “Deve accadere”, mi ha trascinato in questa breve avventura onirica insieme a un ragazzino intrappolato in una biblioteca immaginaria alla ricerca della linea di confine tra realtà e sogno.
Nel leggerlo non ho potuto fare a meno di provare le stesse sensazioni tipiche di quando si è intrappolati in un sogno, che sembra avere senso e ci angoscia nel momento stesso in cui lo si fa, ma diventa incomprensibile appena ci si sveglia. Eppure resta quella sensazione di disagio, che fatica ad andare via. Il giovanissimo Daniele, al contrario, si rifugia in questo sogno per sfuggire a una realtà dolorosa, che dovrà prima o poi affrontare.
Questa piccola storia ricca di spunti è impreziosita ancora una volta dal talento di Venturi. Il suo stile fresco non ha bisogno di mille fronzoli per arrivare dritto al cuore del lettore. Lo fa, al contrario, in maniera naturale, spingendoci a girare pagina e arrivare fino alla fine quasi in un attimo. L’unico rammarico è infatti che questo bel racconto finisce troppo presto. Spero che non dovremo attendere a lungo prima che Venturi ci proponga un’altra delle sue chicche.
 
 
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Di Carla (del 05/12/2012 @ 00:58:32, in Lettura, linkato 4203 volte)


 Idea potenzialmente interessante, sviluppo pretenzioso e inefficace


Avevo già letto un libro di Sawyer e non ne ero rimasta particolarmente colpita. Ho voluto dargli una seconda chance, visto che è considerato uno degli autori di fantascienza più interessanti degli ultimi decenni a livello mondiale. L'ho fatto con "FlashForward", perché da questo libro è stata tratta una serie TV che mi era piaciuta moltissimo. Sapevo che questo romanzo aveva solo fatto da spunto alla serie e che nella trama divergeva poi da essa in maniera sostanziale. Chissà perché pensavo che perlomeno sarebbe stato in grado di veicolarne lo stesso senso di mistero. Ovviamente mi sbagliavo.
Che Sawyer esplori nei suoi romanzi delle ottime idee è indubbio, ciò che mi lascia perplessa è il modo in cui lo fa.
Certo, ci sono delle sue prese di posizione che non condivido, ma il mio giudizio complessivo sull'opera è influenzato da ben altro.
Anche questa volta sono rimasta interdetta dal modo poco efficace in cui la storia è stata narrata. Inizia con una lunga descrizione del luogo in cui si trova il protagonista e del suo background, un inizio quindi lentissimo che ricorda romanzi d'altri tempi, e poi si dilunga spesso e volentieri in disquisizioni pseudo-scientifiche/etiche, che rendono il ritmo a dir poco soporifero. Una cosa che continuo a non sopportare è il suo stile troppo semplicistico, in cui tra le varie cose si abusa della pratica di interrompere una frase con dei puntini di sospensione per poi terminarla a capo, col solo scopo di enfatizzarla. Mi sembra un metodo tutt'altro che raffinato di rafforzare dei concetti, quasi dilettantistico, non degno di un autore di bestseller. L'impressione che ne ricavo ogni volta è un senso di fastidio.
Ma potrei passare sopra tutto questo se perlomeno il libro avesse un ritmo tale da catturare il lettore per tutta la sua lunghezza. Invece si alternano alti e bassi, soprattutto i secondi. Di tutta la storia la parte più interessante riguarda il personaggio che non ha avuto il flashforward e che quindi deve scoprire come morirà e soprattutto impedirlo. Non a caso il capitolo più bello è proprio quello in cui si trova ad affrontare il suo possibile assassino. Ammetto che durante la sua lettura sono rimasta col fiato sospeso.
Purtroppo a esso è seguito un finale che definirei insulso. Sinceramente non ho capito dove volesse andare a parare con esso. O meglio quello che ho capito non mi sembra che funzioni affatto. Avevo già notato la debolezza del finale di "Rollback" e avevo sperato si trattasse di un caso, ma evidentemente non era così. Purtroppo un bel libro con un finale mediocre verrà ricordato solo per quest'ultimo. Se poi il libro non è tanto bello, be' vi lascio immaginare.
Non fraintendetemi, con questo non voglio dire che "Avanti nel tempo" sia un brutto libro. Lo dimostra il fatto che l'abbia letto in meno di due giorni. Si fa leggere bene e ci sono degli spunti sfiziosi, ma decisamente da un autore tanto acclamato mi aspettavo di più. Spero non me ne voglia il buon Sawyer, che seguo sempre con interesse su Facebook, ma pare che siamo su lunghezze d'onda diverse.
Una curiosità: anche questo libro è affetto dal fenomeno della fantascienza con una data di scadenza. Il libro è ambientato nel 2009 (che è il futuro rispetto a quando è stato scritto, nel 1999) e parla anche della scoperta del Bosone di Higgs, cosa che è invece avvenuta quest'anno (2012). Questo è un classico rischio del voler ambientare un libro di fantascienza appena una decina di anni nel futuro.

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Di Carla (del 28/11/2012 @ 04:31:28, in Lettura, linkato 3323 volte)
More about City at the End of Time


 Se questa è fantascienza...

Questa volta è colpa mia. Non bisogna mai acquistare un libro di fantascienza, perché ha un bel titolo, perché sulla copertina c'è scritto che l'autore ha vinto diversi premi Hugo e Nebula e che è un maestro del genere, perché costa poco. Bisogna informarsi prima.
D'altronde la descrizione fumosa della quarta di copertina avrebbe dovuto mettermi in guardia, ma è anche vero che ho letto altre storie, nelle quali i protagonisti sognavano altri luoghi nello spazio e nel tempo e si trattava veramente di fantascienza (come per esempio la bellissima Trilogia del Vuoto di Hamilton).
In questo caso però non è così.
Sì, è vero, una parte della storia si svolge nel futuro, ma l'aspetto fantascientifico si riduce a qualcosa di trascurabile di fronte a quello paranormale. Questa non è fiction scientifica né fiction speculativa, ma è una sorta di fantasy futuristica.
Ma il problema non è solo il genere. Certo non vado matta per la fantasy, ma sono in grado di farmi piacere comunque un romanzo ben scritto.
A questo, però, aggiungiamo che la storia straborda di personaggi. In circa 500 pagine scritte in caratteri microscopici, spesso, soprattutto nella prima parte, passa troppo tempo tra due capitoli dove compare lo stesso personaggio, per cui è facile perdersi. In più non si riesce a individuare un protagonista, perché ci sono almeno cinque personaggi principali del tutto equivalenti. Non ce n'è uno che emerga sopra gli altri. Dato il loro numero, la presenza in scena di ciascuno alla fine è abbastanza bassa.
Per non parlare poi di lunghissime scene scritte in una forma davvero molto evocativa e poetica, ma nelle quali non accade proprio nulla. Idem per certi dialoghi che non portano avanti la trama. Anche le scene cruciali sono di una lentezza esasperante.
Insomma in un'unica parola: noia.
Ho faticato moltissimo a leggerlo all'inizio, ho continuato a faticare anche quando ho iniziato a distinguere meglio i personaggi e a dare una specie di senso alla trama (anche se la domanda "perché?" è rimasta sino all'ultima parola e non ha mai trovato risposta) e finirlo di leggere è stata per me una liberazione.
In tutta onestà credo che da ora in poi starò alla larga da questo autore.


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Di Carla (del 23/11/2012 @ 07:06:32, in Lettura, linkato 4204 volte)
More about Ubik

 
 Tra la vita e la morte, tra sogno e realtà


Con questo libro per la prima volta mi avvicino a quello che è considerato uno dei più grandi scrittori di fantascienza di tutti i tempi. In realtà Philip K. Dick mi è familiare per innumerevoli trasposizioni cinematografiche delle sue opere, ma questa è la prima volta che di fatto leggo un suo libro.
L'impatto è stato un po' strano. Certo, leggere un romanzo di fantascienza ambientato in un futuro (il 1992) che al giorno d'oggi è già passato (vent'anni fa!) fa un certo effetto. È divertente constatare come spesso nel passato si pensasse a un futuro molto più tecnologico per certi aspetti di quello che poi è stato, con l'uomo che va come se niente fosse sulla Luna, tanto per iniziare. Per altri aspetti invece si nota subito un che di anacronistico, che emerge dai dettagli e dallo stesso linguaggio dei personaggi. Si tratta della cosiddetta tendenza di un certo tipo di fantascienza ad avere una data di scadenza. Ciononostante proprio in questo libro si osserva un fenomeno ancora più strano: la predizione dell'avvento di qualcosa che effettivamente esiste ai giorni nostri, cioè il telefono cellulare.
Al di là di questi elementi, che possono essere facilmente messi da parte durante la lettura, questo libro di Dick affronta temi ben più profondi. In un'atmosfera ricca di elementi paranormali, tanto che nella storia il paranormale è diventato un vero e proprio business (con vari tipi di persone dotate dei più svariati poteri), la narrazione si sofferma sul desiderio umano di sconfiggere la morte o almeno di entrare in contatto con ciò che viene dopo di essa, un contatto nel quale i confini tra reale e sogno non sono affatto chiari.
L'intero libro sfrutta questo inganno, trascinandoci all'interno di un susseguirsi di eventi sempre più incredibili, confondendoci e facendoci dubitare di tutto ciò che finora abbiamo dato per scontato, in un viaggio quasi spirituale. Dick gioca col lettore, divertendolo e lasciandolo a bocca aperta. Un aspetto questo che è comune a tutta la sua opera o perlomeno a buona parte di essa, cioè quella che ci ha presentato finora il cinema. Paradossalmente "Ubik" è uno dei pochi libri di Dick che non ha mai raggiunto lo schermo, né grande né piccolo, nonostante lui stesso ne avesse scritto una sceneggiatura anni dopo la pubblicazione del romanzo.
L'impressione che ho avuto nel leggerlo è che Dick fosse veramente un "pazzo", un vero proprio vulcano di idee, che lui stesso faticava a contenere. Il risultato è una prosa che segue dei percorsi quasi assurdi, ma costruiti talmente bene da risultare geniali anche dopo oltre 40 anni.
Nonostante ciò, il passaggio del tempo in qualche modo si avverte e penso che sia questo il motivo che mi abbia impedito di apprezzarlo fino in fondo. Non so se al giorno d'oggi un libro del genere avrebbe mai potuto essere scritto o se sarebbe stato accolto bene dal pubblico, perché i tempi sono cambiati, ma sarei davvero curiosa di come un cineasta contemporaneo potrebbe modellarlo per adattarlo ai gusti odierni, ammesso che qualcuno sia abbastanza visionario da essere in grado di farlo.
In ogni caso credo che un libro del genere meriterebbe almeno una seconda lettura, proprio per cogliere tutte quelle piccole trappole inserite dall'autore e riuscire veramente ad apprezzarne appieno il suo genio.

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Di Carla (del 14/11/2012 @ 22:49:18, in Lettura, linkato 2790 volte)


 Il lato British dell'azione


Ammetto che all'inizio della lettura di "Dark Market" ero disorientata. C'è un tizio che si suicida e non se ne capisce il motivo. C'è un gruppo di mercenari in medioriente coinvolti in frenetiche scene d'azione, non semplicissime da immaginare, trattandosi di un libro e non un film.
Ma sono andata avanti ed ecco che emerge in tutta la sua completezza il personaggio di John Savage e una storia che è allo stesso tempo ricca di azione, ma con una trama meticolosamente costruita, in cui tutti gli elementi che appaiono lungo la narrazione pian pianino si uniscono formando un perfetto intreccio.
Lo stile dell'autore è diretto, divertente, ti catapulta dritto dentro l'azione, in un mondo in cui commissionare un omicidio è diventato un gioco dei potenti. I personaggi sono ben caratterizzati e credibili, nell'ambito di ciò che è normalmente ritenuto credibile in un action-thriller, genere che adoro sullo schermo e che non mi dispiace vedere rappresentato anche in un libro. La mia fantasia è perfettamente in grado di fornire la parte visiva e la narrazione di Coles rende questo compito ancora più facile.
Senza dubbio è un autore che merita una certa attenzione e "Dark Market" è una lettura che consiglio a tutti gli amanti dei libri con una trama complessa dal ritmo veloce.
Si tratta inoltre del primo libro di una serie, che vede come protagonista John Savage. Sarò sicuramente curiosa di leggere gli altri che verranno.

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Di Carla (del 16/10/2012 @ 23:16:32, in Lettura, linkato 2659 volte)


 Senza speranza


Non è un romanzo facile, non tanto per una sua difficoltà intrinseca ma piuttosto per le dolorose sensazioni che suscita. Generalmente rifuggo da questo tipo di storie a priori, perché non amo le storie tristi, soprattutto se senza speranza. Ed è proprio così che posso definire questo romanzo, senza speranza. Quel poco di essa, che si affaccia tra le parole in alcuni episodi raccontati, viene inesorabilmente schiacciato da fatti tragici o dall'incapacità della protagonista di uscire dalla negatività, in cui finisce per autoimprigionarsi anche dopo essersi fisicamente liberata di certe catene.
Questa storia, oltre a essere triste e deprimente, ti fa arrabbiare proprio perché sembra crogiolarsi in questi sentimenti negativi. Non c'è un vero tentativo di riscatto.
La narrazione in sé è abbastanza piacevole, soprattutto la parte dedicata all'infanzia e alcuni capitoli dell'età adulta, ma il libro non ti spinge a voltare pagina. Alla fine di ogni capitolo ti viene voglia di abbandonarlo. Solo una volta mi è capitato di iniziare subito il capitolo successivo spinta dalla curiosità (in riferimento alla nascita del rapporto col compagno della protagonista) e lì ho sperato in una virata del romanzo che portasse a un finale confortante, ma poi è arrivata la delusione. La fine raggiunge un vero e proprio apice di tristezza.
La storia è estremamente realistica (probabilmente in parte reale), ma è proprio questo il problema. I romanzi sono finzione. La finzione assomiglia alla realtà, ma non lo è. Non è detto che una cosa reale vada bene in un romanzo. Dovrebbe essere smussata, romanzata, dovrebbe catturarti dalla prima all'ultima parola. Non dovrebbe respingerti. Purtroppo, invece, è quest'ultima la sensazione che ho avuto nel leggerlo.
Peccato.

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Di Carla (del 05/10/2012 @ 04:16:08, in Lettura, linkato 4836 volte)
More about Preda


 Nanotecnologie in salsa crichtoniana

 
È difficile recensire un romanzo del "maestro" senza ripetersi, poiché, qualunque sia la storia narrata, tutti i suoi scritti sono caratterizzati da una parte dalla capacità di incollarci alle pagine fino alla fine e dall'altra dal fatto che esplorano un argomento, insegnandoci sempre qualche cosa di nuovo.
Succede anche in "Preda". L'argomento di turno sono le nanotecnologie e il tema dell'esperimento scientifico che sfugge alle mani di chi lo esegue. Quest'ultimo tema non è certo qualcosa di innovativo, ma il taglio con cui Crichton decide di raccontarci la storia è molto particolare.
Quasi tutto il romanzo (a eccezione, se non erro, di una sola scena), infatti, è raccontato in prima persona dal marito della scienziata di turno, che per buona parte del libro si trova di fronte a strane situazioni che non capisce o interpreta in maniera sbagliata, tenendo così viva la nostra curiosità, pagina dopo pagina, e permettendoci di scoprire i fatti insieme a lui. Un approccio questo che aiuta un coinvolgimento completo nella lettura.
Eppure a differenza degli altri romanzi finora letti ho dato "solo" 4 stelline. Il motivo è forse personale: l'argomento dello sciame di nanoparticelle non mi ha entusiasmata del tutto. Non che l'autore non se lo giochi nella maniera migliore. Anzi, tutto il contrario. Gli sciami, così come ce li descrive, fanno davvero paura. Però l'ho trovato un argomento difficile da concepire, soprattutto alla luce degli sviluppi finali della storia, ma anche tutta la parte che definirei di divulgazione, in cui lui ci spiega un po' le frontiere della nanotecnologia (informazioni basate in parte su studi reali confermati dalla bibliografia e cui viene aggiunta un bel po' di speculazione e fantasia), non mi hanno preso. Magari dipende dal fatto che la nanotecnologia, almeno nel modo in cui è stata presentata in questo libro, non mi è parsa molto interessante. È mancata, insomma, per quanto mi riguarda quella parte di divertimento nei libri di Crichton che nasce dall'imparare qualcosa di nuovo, questo perché, non essendo interessata all'argomento, non mi è rimasto molto.
Lui, però, resta comunque per me un saldo punto di riferimento. Mi spiace solo che, una volta finiti di leggere tutti i suoi libri, non ce ne saranno mai più degli altri.
 
 
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Di Carla (del 28/09/2012 @ 06:39:14, in Lettura, linkato 3218 volte)

  Un viaggio sulle onde del tempo
 
Il 2012, oltre a essere l’anno della fine del mondo prevista dai Maya, è anche quello del centenario dell’affondamento del Titanic. Come conseguenza di ciò c’è stata una tendenza molto diffusa tra gli autori a scrivere dei romanzi che in qualche modo si rifanno a questa ricorrenza.
Essendo sempre stata molto affascinata dalle navi (non solo quelle che affondano), non ho potuto fare a meno di scaricare sul mio Kindle alcuni di questi romanzi, che adesso sto leggendo. Il primo che mi è capitato è proprio “Depth of Deception” e ne sono rimasta piacevolmente sorpresa.
La trama tra realismo e sospensione dell’incredulità è costruita in maniera magistrale. Lo stile dell’autore è estremamente diretto, cosa che facilita non poco la lettura ai non madrelingua, ma non per questo banale. Di fronte alla storia impossibile di una donna, che sembra aver viaggiato nel tempo dalla notte di quella tragedia fino ai giorni nostri (in realtà gli anni ’80), il mio gusto per questo tipo di fantastico si è subito risvegliato. Mi chiedevo come l’autore potesse giustificare un fatto così assurdo, che di pagina in pagina pareva corrispondere a realtà, e allo stesso tempo far coesistere un intreccio così ricco di particolari plausibili e realistici. La curiosità, unita al ritmo coinvolgente della narrazione, mi ha spinto ad arrivare in davvero poco tempo (sono stata costretta a una interruzione solo per via di una vacanza durante la quale non mi andava di portare con me il Kindle) al sorprendente finale, che a mio parere è perfetto. Sarebbe infatti stato molto facile sbagliare proprio questa parte essenziale del libro e rovinarlo del tutto, ma Alexander Galant non l’ha fatto.
È una lettura che consiglio agli amanti delle storie ricche di mistero, che però non disdegnino lasciarsi andare ogni tanto alla semplice accettazione dell’inspiegabile.
Davvero un ottimo libro.
 
 
Di Carla (del 21/09/2012 @ 05:38:13, in Lettura, linkato 2951 volte)


 Un colpo di fulmine... spaziale

Di seguito riporto una mini-recensione fatta a un racconto di un autore indipendente italiano, Luca Rossi, che secondo me merita attenzione. Si tratta del primo di una serie di racconti, intitolata "Energie della Galassia".

Questo racconto è stato un vero e proprio colpo di fulmine. L'ambientazione a metà strada tra fantascienza e gotico, caratterizzata da mondi alieni, vampiri, sentimento ed erotismo, ne fanno una favola cupa dalla trama intrigante e originale, non esente da qualche elemento di perversione, che ha, però, il pregio di arricchirla di complessità, non sempre facile da trovare in testi di così breve lunghezza.
Lo stile di scrittura pulito ed elegante invoglia alla lettura, tanto da impedirti di metterlo da parte finché non l'hai finito. I personaggi, che emergono ben distinti dal testo, sono in grado di coinvolgere ed emozionare.
Una lettura consigliata soprattutto agli amanti delle contaminazioni tra generi, ma che, a mio parere, è in grado di divertire qualsiasi lettore, che abbia voglia di lasciarsi stupire.

 

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