Di Carla (del 14/12/2023 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 540 volte)
Questa miniserie della BBCdel 2019 (diretta da Craig Viveiros, prodotta da Mammoth Screen), ambientata nel periodo edoardiano, è l’ennesimo adattamento nell’omonimo romanzo di Herbert George Wells (pubblicato nel 1898) ed è costituita da tre puntate di circa un’ora.
È considerata una delle trasposizioni più fedeli al libro sia per via dell’ambientazione storica (nonostante sia ambientata qualche anno più tardi, nel 1905), che mette ancora più in evidenza l’impotenza dell’umanità nel confronto con un’invasione aliena, sia per la stessa narrazione degli eventi.
Ciò che si va ad aggiungere alla trama originale è la storia personale dei due protagonisti, Amy e George, che vivono insieme nonostante il fatto che non siano sposati e che lui non riesca a ottenere il divorzio dalla moglie. Questi sostituiscono solo in parte il narratore del libro e la moglie, spostando però l’attenzione sul personaggio femminile, che nel testo era del tutto marginale. Sono interpretati da Eleanor Tomlinson (già vista in Poldark nel ruolo di Demelza e ne I Misteri di Pemberley) e Rafe Spall (figlio di Timothy Spall; visto in Prometheus, Jurassic World – Il regno distrutto e Men in Black International).
Inoltre, alla narrazione principale si intreccia quella nel futuro in cui vediamo Amy e il figlio vagare nel mondo devastato dopo l’invasione “fallita” dei tripodi.
Pur non avendo letto il libro, ho subito percepito l’impronta wellsiana nella storia, a iniziare dal personaggio di Ogilvy, lo scienziato presente anche nel romanzo e qui interpretato dal grande Robert Carlyle, e continuando col tentativo di un approccio scientifico, per quanto limitato dalle conoscenze del tempo, nei confronti delle conseguenze dell’invasione, sebbene quest’ultima parte post-apocalittica dal punto di vista della protagonista femminile sia stata aggiunta alla storia.
Nel leggere varie recensioni in giro, le critiche principali riguardano un certo effetto deprimente della storia, la sua lentezza in alcuni tratti, la poca caratterizzazione dei personaggi dovuta al tempo limitato della narrazione (che forse, allora, non è tanto lenta) e addirittura l’interpretazione dei protagonisti. Qualcuno ha parlato di occasione persa.
Be’, non mi trovo affatto d’accordo. Personalmente ho apprezzato moltissimo questa miniserie, sia dal punto di vista visivo che da quello dell’interpretazione e del ritmo della narrazione.
Ho visto questa serie in lingua originale e, come sempre in queste circostanze, ciò mi ha portato a concentrarmi completamente sulla storia senza la minima distrazione. Inoltre, nell’affrontarla, sapevo già che il finale sarebbe stato triste. Un po’ si intuiva da subito per via dei flash-forward della protagonista con il figlio in quell’ambientazione a dir poco infernale e un po’ mi era stato riferito proprio in questi termini.
Di fronte a tutto ciò io, però, mi sono soltanto divertita.
A me la Tomlinson piace tanto (sono una fan di Poldark) e ho apprezzato la sua interpretazione. E mi è piaciuto anche il modo in cui ha interagito con Spall e anche col personaggio di Ogilvy e di Frederick (Rupert Graves), il fratello del co-protagonista.
La storia tra i due protagonisti, che sfidano le convenzioni dell’epoca, si affianca perfettamente alle problematiche politiche, che ci vengono mostrate all’inizio della miniserie (con gli attriti tra l’Impero Britannico e la Russia), nel mettere in evidenza come tanti aspetti considerati importanti passino non solo in secondo piano, ma vengano del tutto spazzati via dall’incontro e lo scontro con una specie proveniente da Marte che ha intenzione di eliminare la nostra civiltà e impossessarsi del nostro pianeta.
Ovviamente poi l’inserimento delle vicende dei due protagonisti offre un ulteriore elemento di conflitto apprezzabile dal pubblico contemporaneo e ne aumenta il coinvolgimento.
Per quanto riguarda il resto, ho trovato molto efficace sia la ricostruzione storica che gli effetti speciali. Vedere gli immensi tripodi muoversi per la Londra di inizio novecento è stato fantastico, proprio perché del tutto inusuale ed eppure estremamente realistico, e sottolinea ancora di più il senso della fragilità umana nei confronti di un avversario troppo più grande e tecnologicamente avanzato per essere anche solo affrontato. In qualche modo irride le mire espansionistiche dell’Impero Britannico, che si sente invincibile di fronte a qualsiasi nemico e che invece è costretto a ridimensionarsi.
Mi è piaciuta in particolare la parte in cui Ogilvy, insieme ai protagonisti, si mette a studiare quello che crede essere un meteorite e poi ciò che accade quando questo si sveglia, il guscio si apre e si vede al suo interno una sfera in grado di imprimere su di sé un’immagine riflessa. Per non parlare poi di ciò che accade dopo.
Il senso di impotenza dei personaggi viene trasmesso in maniera efficace allo spettatore, come pure la paura nei confronti dei terrificanti alieni, in particolare nell’ultima puntata, quando si trovano braccati da questi ultimi (di cui finalmente vediamo l’aspetto) e la storia assume sfumature da horror.
Qui l’elemento drammatico raggiunge l’apice e l’inevitabile sacrificio ha un effetto molto forte a causa proprio del coinvolgimento che crea nello spettatore.
La parte ambientata nel futuro post-apocalittico, con cui poi si chiude la serie, ha effettivamente un che di deprimente. Io, in particolare, non amo le storie post-apocalittiche per questo motivo. Anche dal punto di vista visivo sembra quasi voler opprimere. Ma tutto viene salvato dal finale dolceamaro, che fa nascere nella protagonista, e nello spettatore, la speranza.
Chiudo con una curiosità. Sebbene questa versione sia in molte parti fedele al romanzo, ne esiste un’altra sotto forma di film che invece pare lo sia del tutto. È stata prodotta nel 2005 sulla scia della concomitante uscita del film di Spielberg interpretato da Tom Cruise e Dakota Fanning.
Numerosi sono stati gli altri adattamenti di quest’opera, che vanno dal primo famosissimo radiofonico di Orson Welles (1938), passando per musical e videogiochi, fino ad arrivare ai fumetti (incluso Topolino), oltre ovviamente ai film e alle serie TV.
Di Carla (del 06/02/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 553 volte)
Premetto che non mi interessano i videogiochi. L’ultima volta che ci ho giocato è stata nel 1998 su un pc con Windows 95. Quindi non conosco quello da cui è tratta questa serie. Ve ne parlo da spettatrice amante della fantascienza.
Si tratta di una serie di fantascienza militare/space opera, ambientata in un futuro lontano, piena di belle astronavi, pianeti dalle caratteristiche più disparate e una specie aliena nemica con cui l’umanità è in guerra. E uno degli strumenti di guerra più potenti di cui gli umani dispongono è costituito dagli Spartan, dei guerrieri umani potenziati e privati di emozioni. Tra questi c’è il protagonista, John-117, conosciuto col nome di battaglia Master Chief.
Non vi dico altro della trama, perché credo sia meglio scoprirla passo per passo nell’arco delle nove puntate della serie. Mi limito a chiarire, piuttosto, che mi riferisco solo alla prima stagione. Nel vederla, infatti, ci si rende subito conto che tutti i filoni narrativi iniziati non hanno abbastanza spazio per essere conclusi. Sembra quasi tutta una grande introduzione al resto delle stagioni. In ogni caso, ci sono degli aspetti che vengono chiariti. Inoltre, ho trovato il finale con colpo di scena (quasi un cliffhanger) molto soddisfacente. Con una struttura narrativa così complessa, c’era il rischio che certi filoni venissero chiusi in maniera troppo frettolosa, ma così, tutto sommato, non è stato.
La trama contiene tutta una serie di elementi che mi sono particolarmente congeniali.
Uno di questi è senza dubbio il fatto di avere un protagonista che non conosce affatto la propria identità e la rivelazione di quest’ultima è centrale all’interno della serie.
Un altro elemento interessante è l’uso dell’intelligenza artificiale (Cortana), che nasce come strumento per controllare, ma che a un certo punto si fa delle domande su quanto sia giusto o meno seguire gli ordini che riceve. Qui l’IA, che all’inizio ha una connotazione inquietante e apparentemente negativa, poi si rivela un personaggio positivo.
Poi c’è la presenza di un personaggio profondamente ambiguo (ancora più dell’IA) nelle mani dei supercattivi (gli alieni), che ha un’evoluzione particolare. Peccato che debba cadere vittima del solito spietato karma delle produzioni americane, in cui il pentimento non basta mai per redimersi.
Ma gli alieni non sono gli unici cattivi. Sono appunto solo i supercattivi, cioè quelli che sono cattivi e basta, senza ulteriori approfondimenti. Anche tra gli umani c’è qualche personaggio decisamente negativo, come la dottoressa Halsey, che è a capo del programma Spartan. Però nel suo caso vengono messe alla luce delle motivazioni che, per quanto eccessive, hanno una logica intrinseca che fornisce al personaggio un certo spessore.
Infine, gli effetti speciali sono per gran parte veramente notevoli. Gli alieni mi hanno ricordato diverse creature viste nella saga di Star Wars. Forse solo l’ambientazione dello scontro nell’ultima puntata è un po’ povera.
L’unica cosa che mi ha lasciato perplessa è la collocazione del dispositivo che sopprime le emozioni degli Spartan: nella parte bassa della schiena. Mah!
Nel complesso mi sono divertiva a vedere questa serie. La storia è intrigante e ben sviluppata. E alla fine della visione rimane la curiosità di poter al più presto tuffarsi nella seconda stagione.
“Halo” è disponibile su Paramount+ e quindi anche per chi ha il pacchetto cinema di Sky.
Dall’8 febbraio 2024 si potrà vedere anche la seconda stagione.
Di Carla (del 13/05/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 466 volte)
Questa serie Sky Original include tre stagioni andate in onda tra il 2021 e il 2023 (fino all’inizio del 2024) e disponibili on demand su Sky e NOW.
La storia è ambientata in un contesto contemporaneo. Nella prima stagione, a causa di un’espulsione di massa coronale di notevole entità, una tempesta solare si abbatte sull’Europa, mettendo in ginocchio il trasporto aereo e la distribuzione di energia. Il primo ministro britannico deve fare fronte alle conseguenze di questo evento attraverso un’unità anticrisi denominata COBRA.
La serie non parla dell’aspetto catastrofico della vicenda (e questa è la cosa migliore!), ma si concentra sul modo in cui la politica (soprattutto), la stampa e l’opinione pubblica affrontano la crisi. Parla di decisioni difficili, di personaggi che cercano di approfittare della situazione a proprio beneficio e di altri che arrivano a mettere a rischio la vita per portare a termine il proprio lavoro.
Centrali nella trama sono i personaggi del primo ministro (conservatore), interpretato da un Robert Carlyle in grande spolvero, del suo capo di gabinetto, interpretato dalla bravissima Victoria Hamilton, e del capo della segreteria per le emergenze civili, interpretato dal fenomenale Richard Dormer (che avevo già apprezzato tantissimo in “Fortitude”, dove era il capo della polizia).
Mentre il prolungato black-out porta tutta una serie di problemi e proteste in una delle regioni del Regno Unito (quella che il primo ministro ha dovuto, suo malgrado, sacrificare, poiché mancavano i pezzi di ricambio per far ripartire tutte le centrali elettriche, e quindi ha dovuto fare una scelta), i protagonisti si trovano ad affrontare gravi vicissitudini personali e familiari.
La tensione sale, puntata dopo puntata, fino a raggiungere il culmine nell’ultima (sono sei in tutto), in cui la storia si risolve con alcuni apprezzabili colpi di teatro.
Ammetto che in alcuni punti ho letteralmente esultato.
Ho visto la serie in lingua originale e, se capite l’inglese parlato (potete anche mettere i sottotitoli), consiglio anche a voi di farlo, poiché il doppiaggio non permette di apprezzare numerose sfumature, come le differenze sociali e di origine territoriale dei vari personaggi.
In generale, ritengo che la storia sia molto ben scritta, anche e soprattutto a livello di dialoghi.
Questa prima stagione potrebbe essere quasi definita una miniserie autoconclusiva, visto che include solo sei puntate e la storia in qualche modo si chiude. Però successivamente sono state prodotte altre due stagioni: “Cobra - Cyberwar” e “Cobra - Rebellion”.
Nella seconda, come potete intuire dal titolo, la crisi che colpisce il Regno Unito è dovuta a un attacco al sistema informatico britannico. Nella terza, invece, la crisi è legata a un disastro ambientale.
La prima stagione mi è piaciuta così tanto, che ne avrei voluto di più. Allo stesso tempo, temevo che la scelta di prolungare la storia in una seconda e poi addirittura una terza stagione avrebbe provocato una inevitabile caduta nella ripetitività e nell’allungamento di brodo. Anche perché significava che ci sarebbe stata almeno un’altra grossa crisi, il che onestamente mi sembrava un po’ eccessivo nello stesso universo narrativo e con gli stessi personaggi.
Effettivamente questo rischio non è stato del tutto evitato e bisogna fare un piccolo sforzo per accettare che capitino tutte al povero primo ministro Sutherland! Ma, una volta messo da parte questo problema, devo dire che anche la seconda e a terza stagione sono molto godibili e mi trovo più o meno a confermare l’opinione che ho espresso per la prima.
Non dico altro per evitare inutili spoiler.
Magari, se volete vedere questa serie, potete approfittare del fatto che tutte e tre le stagioni sono disponibili per guardarla tutta dall’inizio alla fine. In questo modo non perderete i collegamenti tra di esse o non li dimenticherete.
Insomma, non rischiate di fare come ho fatto io, che non ero sicura di aver visto la seconda stagione e l’ho rivista tutta perché comunque non mi ricordavo più quasi nulla.
Di Carla (del 27/07/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 353 volte)
“The Race - Corsa mortale” è una serie britannica Sky Original del 2019.
È ambientata in un futuro distopico, in cui un virus realizzato in laboratorio (non spiego a che scopo, per non spoilerare) ha come effetto collaterale quello di trasformare le persone in creature primitive che temono la luce e si nutrono di altri esseri umani, in pratica una via di mezzo tra vampiri e zombie, che riporta alla mente le creature di “Io sono leggenda” di Richard Matheson e dell’omonimo film.
Visto che non si riesce a contenerli, gli esseri umani si barricano nelle loro case durante le ore notturne (da qui il titolo in lingua originale “Curfew”, coprifuoco).
In questo contesto viene organizzata una corsa clandestina, che in una sola notte attraversa da sud a nord tutta l’isola britannica. I vincitori potranno trasferirsi in un’isola incontaminata.
Il bello di questa serie non è tanto la storia in sé (che involontariamente ha richiami addirittura col recente passato, visto che si parla di coprifuoco a causa di un virus!), ma i personaggi. Attraverso flashback sapientemente mescolati agli eventi che si susseguono durante una sola notte, conosciamo a fondo i personaggi e scopriamo da dove proviene il virus e come se ne è perso il controllo. Il tutto è condito di humour nero britannico, un bel po’ di gente che muore male e disavventure varie on the road.
Pare che sia finita con un’unica stagione, anche se ci sarebbero i presupposti per andare avanti e magari risolvere il problema del virus.
In ogni caso, ve la consiglio. All’inizio può sembrare un po’ strana, ma fidatevi: man mano che imparate a conoscere i personaggi, non può che appassionarvi.
Di Carla (del 02/08/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 308 volte)
“Riviera” è una serie Sky Original di produzione britannica ideata da Neil Jordan e interpretata da Julia Stiles nel ruolo della protagonista Georgina Clios.
La serie è costituita da tre stagioni (28 puntate in tutto) che sono andate in onda dal 2017 al 2020 ed è ora conclusa.
Adoro questa serie, non tanto per la trama, ma piuttosto per l’ambientazione e soprattutto per il personaggio della Stiles: imperturbabile, incasinata, ma sempre col giusto abbinamento di scarpe e accessori, e i capelli in ordine.
Questa terza stagione si stacca delle due precedenti, lasciando indietro i filone narrativo della famiglia Clios. Georgina si riprende il cognome da nubile, Ryland, e inizia una nuova vita, prima come insegnante e poi, insieme al personaggio di Gabriel Hirsch, nel recupero di opere d’arte rubate.
Mentre Georgina e Gabriel (interpretato da Rupert Graves, che probabilmente ricorderete in “Sherlock”) si trovano a Venezia per recuperare un dipinto perduto e qui finiscono invischiati in uno strano intrigo internazionale, che li porterà di nuovo in Costa Azzurra e poi addirittura in Argentina (dove spunta nel ruolo del sindaco di Buenos Aires addirittura l’attore di telenovelas, come “La donna del mistero”, Gabriel Corrado).
La storia con due protagonisti, lei quella seria (a tratti gelida) e lui ironico come solo un britannico sa essere, funziona alla grande e ci permette di chiudere un occhio su una trama a tratti stiracchiata, ma di certo più interessante e meglio articolata di quella della seconda stagione.
Ogni puntata è ricca di colpi di scena fino a quella finale, che spariglia ancora di più le carte tra i buoni e i cattivi, anche perché in “Riviera” nessun personaggio appartiene solo a una delle due categorie, e questo è un altro motivo per cui mi sono divertita tanto guardare questa serie.
Da vedere.
Se non avete visto le due stagioni precedenti, è il caso di recuperarle, anche per capire il ruolo di alcuni personaggi e ovviamente per comprendere le motivazioni della protagonista.
Di Carla (del 26/08/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 272 volte)
“Then You Run” è una serie Sky Original del 2023 di produzione britannico-tedesca, disponibile al momento in Italia (su Sky e Now) solo in versione originale con i sottotitoli attivabili in italiano o in inglese.
Sembrerebbe una miniserie, poiché ha 8 episodi ed è tratta da un romanzo (“You” di Zoran Drvenkar).
La protagonista, Tara, orfana di madre, a seguito della morte della nonna deve trasferirsi a Rotterdam per vivere col padre. Tre sue amiche e compagne di scuola (sono teenager) partono per fare una breve vacanza nei Paesi Bassi, ospiti a casa sua, ma la situazione rapidamente precipita. Al loro arrivo, Tara non risponde al telefono e, quando finalmente raggiungono la sua villa, fanno una macabra scoperta.
Braccate da una banda di spacciatori, le quattro ragazze sono costrette a fuggire da Rotterdam in Germania e poi in Norvegia.
A peggiorare le cose, durante la loro fuga sono coinvolte nella morte di una persona molto vicina a un serial killer.
Si tratta di una via di mezzo tra un thriller on the road e una commedia nera.
Le protagoniste si ritrovano nelle situazioni più assurde e, talvolta, veramente ridicole e, mentre i cadaveri si accumulano, ne escono sempre più incattivite e anestetizzate alla violenza.
Una volta che si affronta la visione avendo ben chiaro di che tipo di storia si tratta, ci si diverte di fronte ai continui colpi di scena del tutto imprevisti.
L’estremizzazione della violenza, del linguaggio e della cattiveria dei personaggi, tale che bisogna essere almeno un po’ cattivi se non si vuole morire male e che chi uccide gli innocenti può tranquillamente farla franca, ne fanno un’opera decisamente europea e che non avremmo mai potuto trovare tra i prodotti americani.
Che dire? Mi sono divertita a guardarla e sono rimasta inchiodata fino all’ultimo minuto davanti allo schermo, poiché non avevo la minima idea di cosa sarebbe accaduto nel minuto successivo.
Di Carla (del 09/09/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 184 volte)
La trilogia “Deutschland” (le cui tre stagioni si intitolano rispettivamente “Deutschland 83”, “Deutschland 86” e “Deutschland 89”) è una serie Sky Original che racconta la fase finale della DDR, la Germania dell’Est, fino alla caduta del Muro di Berlino.
Si tratta di una serie spionistica in cui la finzione si va a innestare nella storia vera.
Il protagonista è il giovane Martin Rauch (interpretato dal bravissimo Jonas Nay), diventato, suo malgrado, spia della HVA (un ramo della Stasi) e che nel tempo diventerà molto bravo nel suo lavoro.
Nella prima stagione viene costretto a infiltrarsi nell’Ovest, dove si ritrova coinvolto in una serie di situazioni rocambolesche e tripli giochi carpiati, ma in un modo o nell’altro finisce per cavarsela. La sua storia continua tre anni dopo in Africa, dove, se possibile, riesce a complicarsi l’esistenza ancora di più. Quindi arriva il 1989, che segna il capitolo finale del suo paese, che porterà alla riunificazione della Germania. E lui è lì, quando cade il Muro.
La ricostruzione storica è molto accurata nelle ambientazioni, nei costumi e persino nelle musiche. La sigla della serie è “Major Tom (Coming Home)” di Peter Schilling, che, se siete abbastanza grandi, riconoscerete subito.
L’argomento può sembrare serio e drammatico, e ovviamente lo è, ma il taglio spesso ironico con cui è stata sviluppata questa serie, a partire dai personaggi fino alle situazioni estreme in cui si vengono a trovare, le conferisce una marcia in più che ti costringe a stare incollato allo schermo, tenendoti in tensione e scaricando tale tensione di tanto in tanto con una bella risata.
Oltre a divertire, la visione di questa serie è anche una buona occasione per rispolverare o imparare qualcosa sulla storia recente, ma anche per riflettere sui parallelismi con il presente, poiché il tempo passa ed eventi sempre diversi hanno luogo, eppure certi meccanismi tendono inesorabilmente a ripetersi.
Ho visto questa serie nel corso degli anni e ciò ha fatto sì che qualche dettaglio che collega le stagioni mi sia inevitabilmente sfuggito, anche perché è caratterizzata da numerose storie intrecciate che coinvolgono tanti personaggi diversi (e un sacco di nomi!). Per questo motivo vi consiglio di vederla tutta di seguito.
La trilogia di “Deutschland 83”, “Deutschland 86” e “Deutschland 89” è disponibile on demand su Sky e Now.
Di Carla (del 11/11/2024 @ 09:30:00, in Serie TV, linkato 133 volte)
Nelle scorse settimane ho guardato su Amazon PrimeVideo la prima stagione della serie “Those About to Die”, ambientata nella Roma del 79 d.C e ispirata al romanzo omonimo di Daniel P. Mannix, che aveva a sua volta ispirato “Il Gladiatore” di Scott (ma la storia della serie e quella del film non hanno praticamente nulla in comune).
Vengono narrate alcune vicende relative all’ultimo periodo di vita di Flavio Vespasiano e a quello immediatamente successivo alla sua morte, avvenuta proprio nell’anno della famosa eruzione del Vesuvio che portò alla distruzione di Pompei.
La serie include ingredienti già visti in altre simili, come “Roma” (bellissima!) e “Spartacus” (bella la prima stagione e poi sempre peggio), con intrighi politici, violenza a fiumi (di sangue!), sesso e una continua sensazione che i personaggi possano da un momento all’altro morire male.
In linea generale mi è piaciuta, ma specifico, prima di tutto, di averla vista nella versione originale in inglese. Ho letto in giro che il doppiaggio non è un granché, soprattutto quello degli attori italiani, che immagino abbiano doppiato se stessi, ma non posso commentare su questo aspetto.
Cosa mi è piaciuto?
La ricostruzione dell’antica Roma a livello visivo, soprattutto le riprese panoramiche, ovviamente create in computer grafica, ma anche le scelte di fotografia nelle singole ambientazioni dove si muovono i personaggi sono molto suggestive.
Molto belle, in particolare, le scene delle corse con le bighe.
Purtroppo in alcuni casi l’uso del computer si vede, soprattutto quando entrano in scena gli animali che interagiscono con gli attori in carne e ossa.
Fin troppo realistici invece gli aspetti più truculenti dei combattimenti tra i gladiatori.
Il titolo si riferisce al famoso saluto attribuito a questi ultimi (morituri te salutant) rivolto all’imperatore prima di iniziare a combattere e devo dire che mi ha fatto un po’ ridere sentirlo pronunciato in inglese.
All’inizio ho avuto difficoltà ad affezionarmi ai personaggi, anche perché sono tanti. In generale sono tutti più o meno negativi e chi inizialmente non lo è finisce per rivelarsi come tale con l’andare avanti della storia. Tutto è permeato da un senso di violenza e cattiveria.
Alla fine quello che è riuscito a conquistarmi è Tenax, l’allibratore che viene definito il re di Suburra e che finisce per avere una parte nei conflitti di potere tra i due figli di Vespasiano.
Nel complesso c’è qualcosa che non mi ha convinto fino in fondo nel modo in cui è stata sviluppata la trama, ma non mi sento di bocciare la serie, perché in fin dei conti l’ho guardata con interesse dall’inizio alla fine.
Ciò di cui mi rendo conto, invece, è che tutte queste serie ambientate nell’antica Roma finiscono per darci la stessa immagine dei nostri antenati: cattivi, violenti, volubili, incapaci di una qualsiasi forma di fedeltà, vendicativi, depravati, freddi e calcolatori. Di certo sono tutti aspetti che favoriscono il conflitto e, d’altronde, le storie per esistere richiedono la presenza di un conflitto. Ma credo che un popolo che è stato in grado di costruire un impero così esteso, anche e soprattutto grazie al proprio ingegno e alle tecnologie derivate da quest’ultimo, abbia in sé tanti altri aspetti da mostrare che sono decisamente più positivi e interessanti.
Ecco, mi piacerebbe che anche questi aspetti trovassero posto in unaserie di genere storico.
Chiedo troppo?
Renderebbe tutto un po’ più tridimensionale e realistico e toglierebbe la fastidiosa sensazione di vedere sempre gli stessi ingredienti rimescolati all’infinito anche se in un contesto diverso, che magari è pure bello, ma finisce per apparire vuoto, senz’anima.
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