Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Carla (del 09/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2989 volte)
Trasmissioni radio e un omicidio
Splendido e accurato resoconto di un caso di omicidio che fece grande scalpore all’epoca, ma reso ancora più famoso poiché la sua risoluzione fu possibile grazie all’utilizzo dell’allora nuova tecnologia radiotelegrafica.
Si tratta di un libro molto lungo che da una parte ci racconta della figura di Guglielmo Marconi da quando era ragazzo fino alla sua morte e dall’altra quella del dottor Hawley Harvey Crippen e di sua moglie. Dietro la scrittura di questo libro c’è un immenso lavoro di ricerca. L’autore, infatti, racconta sempre e soltanto gli eventi così come sono accaduti, riportando tutte le fonti. Infatti l’ultimo venti percento del libro contiene le numerose note esplicative e bibliografiche, in cui è possibile trovare conferma dei fatti narrati.
Devo ammettere che fino a due terzi del libro ho trovato di gran lunga più interessante la storia di Marconi, che non conoscevo affatto, mentre la vita di Crippen e delle persone a lui collegate era abbastanza noiosa. Nell’ultima parte, però, dalla scomparsa di Cora in poi mi sono fatta prendere dalla narrazione degli eventi e, per quanto immaginassi come sarebbe andata a finire (anche se non avevo letto la descrizione del libro), mi è spiaciuto un po’ per il povero Crippen.
Ma ciò che rende davvero stupendo questo libro è il genio di Marconi. Molta della tecnologia che noi diamo per scontata esiste grazie alla sua perseveranza, al modo maniacale con cui portava avanti i suoi esperimenti empirici (non era un “vero” scienziato) e grazie anche al fatto che tale genialità fosse nelle mani (e nella mente) di una persona che aveva la possibilità di metterla in pratica.
Se amate la scienza e al tecnologia, questo è un libro da leggere assolutamente.
Di Carla (del 07/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2686 volte)
Descrizione del libro fuorviante: non è un techno-thriller, ma una storia quasi post-apocalittica
Non so da dove iniziare nel recensire questo libro.
In un primo momento sono rimasta folgorata dalla caratterizzazione dei personaggi. L’autore riesce a farti sentire nei panni del protagonista mentre vive insieme alla sua famiglia (la moglie, con cui aveva dei problemi, e il figlio) e i suoi vicini di casa un terrificante dramma. Un cyberattacco terroristico blocca completamente internet, provocando il venire meno dei servizi base a Manhattan (corrente elettrica, acqua, ecc…). Ciò avviene in congiunzione con una terribile tempesta di neve. La popolazione si ritrova in una città dove tutto smette di funzionare e rischia di morire assiderata e di fame in breve tempo. A ciò si aggiunge l’isolamento, poiché nessuno sa se lo stesso stia accadendo anche altrove, se il mondo che tutti conoscono sia veramente finito. L’atmosfera è post-apocalittica, con esseri umani incattiviti che non esitano a uccidere per un po’ di cibo o per del carburante, altri che arrivano addirittura al cannibalismo.
L’autore sceglie la prospettiva limitata del protagonista, Mike Mitchell, che è solo una persona comune che cerca di sopravvivere. Le sue avventure sono a dir poco angoscianti. Si soffre insieme a lui, chiedendosi se cosa accadrà nella pagina successiva.
Tutto ciò mi è piaciuto, ma solo fino a un certo punto. Sì, perché questo continuo perseverare dell’autore nel peggiorare la situazione del protagonista finisce per stancare. Avevo sperato che a un certo punto lo stesso protagonista fosse in qualche modo coinvolto nella risoluzione della storia, ma non è quello che avviene. Ignaro di cosa stia realmente succedendo nel mondo, Mike vive il suo dramma umano con crescente disperazione, che viene trasmessa al lettore, e poi di colpo tutto finisce, senza che lui ne abbia alcun merito e con una risoluzione che lascia non poche domande senza risposta.
Nel prendere in mano questo libro mi ero aspettata di trovarmi di fronte a un techno-thriller che fosse centrato sul cyberattacco (come pareva leggendone il titolo e la descrizione), sulla comprensione della sua origine e sulla sua risoluzione, ma tutto ciò viene vagamente chiarito solo alla fine del libro, dove tra l’altro si scivola da un contesto drammatico a uno puramente fantascientifico. Il romanzo infatti è una sorta di prequel di una serie di fantascienza dello stesso autore incentrata su una città galleggiante chiamata Atopia.
Nel prendere in mano questo libro non avevo capito che si trattava della solita storia (quasi) post-apocalittica (genere che non mi piace per niente), che racconta le miserie di gente comune di fronte a un disastro, ma pensavo che fosse un techno-thriller, cioè un thriller in cui la parte tecnologia avesse un ruolo importante. Il libro invece parla delle conseguenze dell’improvvisa assenza di tale tecnologia. Il problema di fondo, in realtà, è dovuto alla descrizione stessa del libro, in cui questo è definito techno-thriller e viene addirittura consigliato ai fan di Michael Crichton, con le cui opere non ha assolutamente niente a che vedere. Trovo questa scelta del tutto fuorviante, oltre che rischiosa, visto che potenzialmente può portare a recensioni negative (come la mia) da parte di chi si aspettava di leggere tutt’altro.
Di Carla (del 03/07/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2213 volte)
Tante idee, svolgimento poco credibile
Nell’iniziare a leggere questo libro mi sono sentita subito catturata dalla storia. Parte infatti con il ritrovamento di un cadavere su una spiaggia. Quale inizio migliore per un romanzo di questo genere?
Purtroppo l’impressione iniziale spesso inganna.
La trama ha come protagonista un avvocato in pensione, Matt Royal, che a quanto pare ritorna in altri libri della serie (questo è il terzo), che viene coinvolto in uno strano caso che ha a che vedere con la figlia della sua ex-moglie.
La prima cosa che ho notato è stato il ritmo un po’ affrettato dell’autore nel presentare le scene, in cui fa un frequente uso dei dialoghi, anche telefonici, durante i quali non si capisce bene cosa stiano facendo i personaggi. Tale uso diventa, man mano che si procede con la storia, quasi smodato, decisamente eccessivo. Gran parte delle scoperte derivano delle continue telefonate fatte dal protagonista agli altri personaggi, compresa una donna (adesso non ricordo il suo nome) che riesce a recuperare qualsiasi informazione col suo computer (manco fosse Garcia di Criminal Minds) pur facendo tutt’altro nella vita.
Questo modo di strutturare la storia limita moltissimo la capacità di immaginare gli eventi e più di una volta ammetto di essere stata tentata di abbandonare il libro.
Purtroppo, però, non si tratta dell’unico problema. È la trama a essere del tutto improbabile. In essa l’autore ha mescolato una setta religiosa, prostituzione e terrorismo. E i tre elementi sono correlati con spiegazioni poco convincenti, a parte la solita follia del cattivo di turno.
A tutto questo aggiungiamo scene d’azione in cui il protagonista ottiene con fin troppa facilità il supporto di varie forze dell’ordine, anzi sono quasi tutti ai suoi comandi come se niente fosse, ed è libero di agire uccidendo a destra e a manca altri personaggi senza che ciò abbia alcuna conseguenza, come se fosse normalissimo.
Io adoro le storie d’azione, come i film con Vin Diesel o Bruce Willis o addirittura il caro vecchio Jean-Claude Van Damme, ma questo libro non è proprio riuscito a convincermi.
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Di Carla (del 30/06/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2450 volte)
Troppa distanza in questi viaggi nel tempo
Non fatevi ingannare dal fatto che l’autore indichi che si tratta di “science fiction romance”. Addirittura questa informazione è riportata dentro il libro stesso. Questo non è un romanzo rosa di fantascienza, ma un romanzo di fantascienza con elementi romantici. Il motivo è semplice: la trama si reggerebbe da sola anche senza il coinvolgimento romantico fra i due protagonisti. Secondo me, questo è un punto a favore per il libro che ci presenta una storia di viaggi nel tempo molto interessante e ben strutturata. C’è azione, suspense, avventura, elementi fantascientifici, ma anche sentimento.
Personalmente non avrei battuto su quest’ultimo aspetto nel catalogare il libro, poiché è proprio qui che l’autore riesce meno a coinvolgere il lettore. Ho trovato molto difficile l’immedesimazione nei due personaggi principali. Il costante uso di verbi filtro e del raccontato (al posto del mostrato) mi ha dato l’impressione che qualcuno, un narratore esterno, mi stesse raccontando una storia, invece di avere a che fare con dei personaggi che me la mostrano. La sensazione di distanza è continua in tutto il romanzo e, sebbene la storia sia molto ben pensata, non è riuscita a prendermi, proprio per questo motivo.
Un’altra cosa che ho trovato abbastanza ridicola è il continuo uso di eufemismi per evitare le parolacce (per esempio il reiterato uso di “dam”, che vuol dire diga, al posto di “damn”, cioè dannazione, è assolutamente fastidioso). È assurdo, per esempio, che un’agente della CIA pronta a torturare le persone per avere informazioni (tra l’altro ho trovato questo personaggio talmente sopra le righe da essere grottesco e poco credibile) usi eufemismi. Ciò ha contribuito non poco a minare la sospensione dell’incredulità.
Per tutti questi motivi, non posso andare oltre le quattro stelle, ma si tratta comunque di un libro interessante.
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Di Carla (del 26/06/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2684 volte)
La malinconia dell’addio
È davvero triste leggere il libro postumo di un grande autore, tanto più se, come in questo caso, si tratta di una raccolta di lavori per lo più incompiuti, e che mai verranno terminati.
“Budayeen nights” solo in parte ci riporta alle atmosfere della magnifica trilogia del Budayeen, il quartiere malfamato di una non precisata città del mondo arabo del futuro. La raccolta contiene lavori spesso molto diversi tra di loro che hanno in comune il tema vagamente arabeggiante. A impreziosirla c’è la prefazione e le introduzioni a ogni racconto scritti da Barbara Hambly, terza moglie di Effinger, che spiega al lettore l’origine di ogni singola storia. Spesso si tratta di parti di manoscritti non terminati. Alcuni sembrano legati al Budayeen, ma non sono inseribili nella timeline creata nella trilogia. Vi sono inoltre inclusi, e questa è la cosa più triste, parti degli altri due romanzi che Effinger avrebbe voluto scrivere per continuare a raccontarci la storia di Marîd Audran, in particolare i primi capitoli del quarto che terminano con un clamoroso cliffhanger, che rimarrà tale per sempre.
Ho apprezzato particolarmente uno dei racconti in cui, senza mai dire il suo nome, vediamo Marîd nel futuro, dopo essersi liberato dal giogo di Friedlander Bey, ma che non riesce a fare a meno di mettersi nei guai, per poi uscirne comunque in qualche modo.
Ho dato solo tre stelle a questa libro perché non tutti i racconti mi sono piaciuti. Il titolo mi lasciava pensare che fossero tutti incentrati su Marîd, ma non è così e alcuni di quelli che non lo sono li ho trovati poco interessanti, forse un po’ troppo cerebrali o magari semplicemente confusi. Chissà cosa pensava Effinger quando li ha scritti!
Nonostante ciò, se avete letto e vi è piaciuta la trilogia del Budayeen, dovete leggere anche questo libro, anche se, vi avverto, vi lascerà con una grande malinconia.
Di Carla (del 23/06/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2411 volte)
Strano, difficile da classificare, forse un’occasione persa
Ho dei sentimenti contrastanti verso questo libro. Sono stata attirata dalla trama che pareva ricca di suspense, ma poi dopo un inizio che sembrava mantenere le promesse della descrizione il romanzo è scivolato verso il déjà vu di mille altri di questo genere, a parte il finale, per fortuna.
Per semplicità, partiamo da cosa ho apprezzato del libro.
L’idea di base era davvero interessante e con un notevole potenziale. Una donna che si innamora del suo stalker. Un’idea del genere incuriosirebbe chiunque.
L’assenza del classico happy ending è stata una scelta vincente che ha permesso al libro di recuperare un po’ di punti persi per strada, insieme al precipitare degli eventi negli ultimi capitoli che tutto sono tranne che prevedibili.
Il tutto è ben condito da personaggi ambigui che rimangono tali fino all’ultimo e da una notevole cura della correttezza del testo (ho notato un solo refuso in tutto il libro, il che significa che probabilmente ce ne sono molto pochi).
Ma veniamo a ciò che non mi è piaciuto, e ahimè non è poco.
Ho trovato lo stile dell’autrice molto ripetitivo. Il 90% dei periodi inizia con una -ing form, seguita da altre proposizioni secondarie e la principale alla fine. Tutti così. Inoltre l’attribuzione di dialogo è quasi sempre inserita prima del dialogo (una pratica decisamente desueta e sempre da usare con parsimonia), oltre che essere utilizzata molto più del necessario.
Tutto ciò ha reso la lettura abbastanza difficile, quasi fastidiosa. Ho provato a iniziare a leggere un altro libro della stessa autrice, ma, di fronte al ripetersi all’infinito di questa stessa struttura, ho lasciato perdere.
Ho avuto difficoltà a vedere la differenza tra i due personaggi principali nel modo in cui vengono mostrati. Spesso nelle parti dal punto di vista di Twitch si usano le stesse parole inusuali ed espressioni di Lexi, e viceversa. Di tanto in tanto si notano degli errori di punto di vista, che creano un pochino di confusione.
In generale il libro è ricco di espressioni inusuali ripetute più volte, tanto da rendere le ripetizioni davvero evidenti.
L’uso del doppio punto di vista, considerati i problemi di cui sopra, non migliora la situazione. So che è un’usanza di molti libri di questo genere, ma secondo me è una pessima usanza che tende a mettere in evidenza tutti quei problemi che creano confusione riguardo ai punti di vista durante la lettura.
Mentre i personaggi principali sono abbastanza curati, quelli secondari tendono un po’ a essere bidimensionali.
Parlando della trama, ho trovato l’improvviso cambio di comportamento di Twitch poco realistico e qua e là c’è qualche piccola incongruenza all’interno della storia che però riguarda alcuni suoi aspetti fondamentali. Il libro in generale presenta un po’ troppi cliché, soprattutto nella prima parte.
L’elemento erotico è talvolta forzato. Alcune scene di sesso sono del tutto gratuite e non portano avanti l’azione.
Come dicevo prima, il tema psicologico alla base della storia ha un grande potenziale, che però non viene sfruttato. A mio parere, c’è stata da parte dell’autrice poca volontà di fare un po’ di ricerca su questo tipo di rapporti “non del tutto sani” e il risultato è che alcuni passaggi fanno crollare la sospensione dell’incredulità.
Di Carla (del 17/06/2015 @ 09:30:00, in Lettura, linkato 2517 volte)
Idea originale, splendida prosa, ritmo un po’ affrettato
Prima di iniziare questo libro mi è capitato di leggere in giro, soprattutto sul blog di Urania (ma non solo), delle vibranti critiche nei suoi confronti. Come spesso accade, di fronte alle critiche altrui tendo ad avvicinarmi a un’opera con una mentalità ancora più aperta, pronta a concentrarmi sugli aspetti positivi. Ma devo dire che nell’iniziare la lettura mi sono chiesta che libro avessero letto quelli che lo criticavano. Mi sono imbattuta, infatti, in una prosa davvero molto bella, ricca di parole non comuni, usate in maniera corretta (non è sempre scontato), a dimostrazione dell’ampio vocabolario mentale di cui l’autore dispone. Si tratta di un aspetto che apprezzo moltissimo in un libro, per cui mi ha subito conquistato.
L’ambientazione è ben costruita e fantasiosa. Personalmente non amo le visioni pessimistiche del futuro presenti spesso nella fantascienza, ma ho deciso di mettere da parte questa mia avversione (dettata puramente da gusti personali) nel valutare il modo in cui l’autore ha giocato le sue carte nel creare questa ambientazione. Devo dire che il risultato è davvero pregevole. De Bona è riuscito a rappresentare un’Italia del futuro veramente originale, dando mostra delle notevoli capacità immaginative di cui è dotato. Il fatto che la ritenga assurda non ha alcuna importanza, visto che siamo ovviamente nell’ambito della distopia.
A ciò si aggiunge una protagonista femminile di quelle toste, il capitano dei Carabinieri Amanda Lupi, che potrebbe sembrare meno originale, ma lo diventa nel momento in cui si scopre una sua caratteristica molto particolare (non la dico per evitare spoiler) che ha un ruolo importante all’interno della trama.
Proprio a questo proposito non posso che applaudire l’autore per la capacità di concepire una storia così complessa e (a costo di sembrare ripetitiva) senza dubbio originale, in cui ha mescolato sapientemente argomenti fantascientifici con situazioni e temi del poliziesco (anzi, carabinieresco, visto che i protagonisti sono Carabinieri). Ho inoltre apprezzato l’accurato richiamo storico al suo interno, che testimonia un notevole lavoro di ricerca.
C’erano insomma tutti i presupposti per un capolavoro, ma ahimè il risultato non è stato del tutto all’altezza dei presupposti. Da qui immagino derivino le critiche di cui dicevo sopra.
Iniziamo dal lavoro non eccelso fatto sull’edizione del libro da parte di Urania, che però non stupisce, purtroppo. Il libro è tempestato di errori, refusi, maiuscole e minuscole impazzite. Si nota una totale assenza dell’attenzione nei confronti dei dettagli che ci si aspetterebbe da un grande editore anche in una collana da edicola. Su questi aspetti non si può certo dare alcuna colpa all’autore.
A quest’ultimo si deve, invece, qualche problema nel ritmo della storia, che parte con la velocità giusta e poi accelera sempre più. Alla fine diventa così frenetica che accade tantissimo, anche troppo, in poche pagine e si fa un po’ fatica a seguire. Il ritmo eccessivamente precipitoso distrae, facendo saltare la sospensione dell’incredulità. Si ha l’impressione che l’autore, verso la metà del libro, abbia accelerato la scrittura per rientrare nei limiti imposti dal concorso (di tempo e/o di lunghezza). E questo è davvero un peccato, poiché una storia così intricata avrebbe avuto bisogno di uno spazio maggiore per esprimere tutto il suo potenziale e mantenere un ritmo omogeneo. Per ottenere questo risultato, secondo me, il libro sarebbe dovuto essere lungo il doppio (in un certo senso la qualità del libro è stata penalizzata dal voler partecipare al Premio Urania, cioè dai limiti imposti da un editore, e ciò dispiace ancora di più).
Il problema del ritmo affligge soprattutto le scene con i dialoghi. Mentre nelle parti descrittive l’autore sa essere molto evocativo e poetico, i dialoghi al contrario non sono altrettanto efficaci, in particolare nelle scene d’azione, dove tutto diventa molto precipitoso. Avrei spesso voluto che si soffermasse a mostrare più a fondo le sensazioni di Amanda, nelle situazioni più drammatiche, per far immedesimare il lettore nel personaggio e fargli “vedere” il mondo come questo “appare” a lei grazie alla sua particolare condizione. In questo senso, l’uso di un punto di vista onnisciente crea un ulteriore elemento di distrazione.
Infine ho apprezzato il finale aperto che lascia spazio a nuove avventure. Nonostante i difetti di questo libro mi piacerebbe senza dubbio leggerne il seguito.
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Di Carla (del 11/06/2015 @ 09:00:00, in Lettura, linkato 2269 volte)
Segnali lenti e prevedibili
Va bene, sapevo che si trattava di un romanzo rosa, quindi ero consapevole del finale con “vissero felici e contenti” (tra l’altro il finale è anche ben giocato ed è forse la parte migliore del libro). Era ovvio, eppure ero attratta dall’idea su cui la storia si basava. Una donna il cui marito è stato ucciso, e dopo due anni piange ancora per la sua morte, decide di trovare le persone che hanno ricevuto i suoi organi. La sua vita cambierà quando incontra quello che ha ricevuto il suo cuore.
C’era davvero un notevole potenziale in questa idea per mettere insieme una storia matura, non soltanto il solito romanzo rosa prevedibile.
E invece indovinate un po’? Zander, il protagonista maschile, è superricco e superfamoso. È completamente innamorato. Ma Sadie, la protagonista femminile, esita.
Al di là di tutti i cliché, che sono di certo fastidiosi, ciò che mi ha spinto a dare solo tre stelle a questo libro è stato il ritmo molto molto molto (ho detto molto?) lento. Avevo la costante sensazione che l’autrice stesse andando piano per riempire le pagine, che ci mettesse dentro tanto dramma tanto per il gusto di farlo. Le cose sembravano non voler mai accadere e una volta giunta alla fine del romanzo mi sono resa conta che sarebbe potuto essere molto più corto. Ma non era meglio creare una trama un filino più complessa con un ritmo più rapido, mantenendo la stessa lunghezza del romanzo?
Come ho detto, c’era così tanto potenziale per creare una storia avvincente, tanti possibili spunti anche controversi, ma nulla di ciò è stato sfruttato. Ed è un peccato, perché questo è un libro ben scritto con una buona caratterizzazione dei personaggi principali, ma è andata a finire che durante tutta la lettura del libro continuavo a chiedermi quando o addirittura se sarebbe mai successo qualcosa.
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Di Carla (del 09/06/2015 @ 09:00:00, in Lettura, linkato 2634 volte)
L’ereditarietà del male
Questo thriller psicologico è un altro dei romanzi in promozione gratuita in cui sono incappata. Il titolo di per sé è di quelli che puoi lasciarti scappare: figlio di un serial killer.
Il figlio di un serial killer potrebbe diventare anche lui un serial killer? Apparentemente sì, a parere dell’autore, se il genitore in questione è affetto da qualche malattia mentale che potrebbe presentarsi nei suoi figli.
Molto particolare è il modo in cui la storia viene presentata. I personaggi ci appaiono separatamente e solo con l’andare avanti del libro ci rendiamo conto di quanto siano collegati fra di loro. Per questo motivo è difficile accennare alla trama evitando lo spoiler. Parte del divertimento è mettere insieme i pezzi da soli mentre si legge.
Il romanzo non è molto lungo e la caratterizzazione dei personaggi è coinvolgente. Personalmente mi sono immedesimata nel protagonista che sospetta di essere figlio di un serial killer e che teme di diventarlo lui stesso. Ho vissuto con lui il terrore con cui compiva le sue azioni. Ben ha paura di ciò che può essere e in ultima analisi teme se stesso.
Il finale della storia è in linea con questo timore.
Devo dire che purtroppo, sebbene abbia letto il romanzo con notevole piacere e anche in maniera rapida, ho trovato il finale un po’ deludente, nel senso che era ciò che mi sarei aspettata senza fare alcun particolare sforzo di immaginazione. È un peccato, perché un tema così spinoso meritava un approccio più coraggioso.
È comunque un buon libro che mi sento di consigliare.
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Di Carla (del 03/06/2015 @ 09:00:00, in Lettura, linkato 2157 volte)
Novella interessante
Sono inciampata per caso in questa novella gratuita su Amazon. La copertina era carina e l’ho scaricato senza tanto pensarci su. Quando l’ho letto, mi sono resa subito conto che era un primo tentativo di libro di un self-publisher, ma il risultato non è del tutto malvagio.
La trama è interessante e tutt’altro che politically correct. Solo per questo già si meriterebbe il mio apprezzamento. A ciò si aggiunge un finale per niente scontato che ripaga ampiamente la lettura.
Avrei davvero voluto dare una votazione completamente positiva (almeno quattro stelle), ma purtroppo non ho potuto passare sopra ad alcuni gravi problemi del testo.
Prima di tutto la storia poteva essere sviluppata molto di più. Sembra più una bozza di trama per un romanzo che una novella. Si ha come l’impressione che l’autore stesse fissando le idee per scrivere qualcosa di più corposo e onestamente spero che un giorno lo faccia.
Il testo è inoltre pieno di refusi ed errori. Manca del tutto la mano di almeno un correttore di bozze.
Infine i dialoghi sono a dir poco ingenui.
Peccato, perché poteva essere un libro carino.
È comunque una lettura accettabile considerando che era gratuito.
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