Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Carla (del 28/05/2015 @ 23:29:00, in Lettura, linkato 2155 volte)
Nostalgia dei veri Visitors
Quanto amavo i Visitors! Da ragazzina ricordo con quale trepidazione ogni settimana ne attendessi una nuova puntata in TV. E che delusione quando al cliffhanger finale non seguì un’altra stagione. Anni dopo, da adulta, mi è capitato di rivedere tutta la serie da capo e mi è piaciuta quasi più della prima volta. E così potete immaginare la mia contentezza nello scovare questo libretto in un mercatino.
Si tratta di un tie-in che racconta l’invasione della mini-serie iniziale però dal punto di vista della costa orientale, in particolare di New York. Alcuni personaggi classici vengono citati, addirittura si intravede Mike Donovan in una scena, ma i protagonisti sono altri. È stato bello riscoprire i visitatori tramite gli occhi di nuovi ignari personaggi.
La trama è davvero molto ben congegnata. Nella prefazione si spiega che era stata ideata dall’autrice originale della serie, A.C. Crispin, e poi sviluppata da Howard Weinstein. Non c’è chiaramente la meraviglia della scoperta, visto che chi legge questo libro conosce già la storia, ma il romanzo è ugualmente godibile. Peccato che la storia sia stata spezzata in un secondo libro che purtroppo non ho (ma magari prima o poi riesco a procurarmelo) e poi ce ne sono tanti altri che non sono stati tradotti in italiano.
L’unica vera pecca di questo libro, e purtroppo molto grave, è la qualità della traduzione. Nel testo si scorge la prosa originale, anche troppo! La traduzione è troppo letteraria, rendendo alcuni passaggi abbastanza ridicoli. Falsi amici, punteggiatura errata (perché presa pari pari da quella inglese), congiuntivi latitanti oltre che i soliti refusi si aggiungono, causando un forte effetto negativo sulla lettura. È un vero peccato e ciò mi ha costretto a non dare i massimi voti a questo libro.
Rimane comunque una vera chicca per gli appassionati di fantascienza. Se vi capita tra le mani, leggetelo.
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Di Carla (del 15/05/2015 @ 03:44:26, in Lettura, linkato 2641 volte)
Un Jurassic Park in miniatura
Nel leggere questo libro postumo di Crichton non ho potuto fare a meno di notare i parallelismi con “Jurassic Park”. Anche in questo libro le dimensioni contano (alla Godzilla!). Certo, le dimensioni sono diverse, ma non le proporzioni. Se in “Jurassic Park” si era riusciti a portare in vita i dinosauri per poi perderne il controllo, in “Micro” una tecnologia rivoluzionare è in grado di rimpicciolire gli esseri umani tanto che gli insetti e gli uccelli diventano in proporzione grandi e pericolosi come i dinosauri. Anche qui un sabotaggio porta un gruppo di persone ad affrontare delle creatura in confronto alle quali sono piccoli e quasi indifesi. Anche qui il gruppo con l’andare avanti della storia tende sempre più ad assottigliarsi, finché solo pochi sopravvivono.
Benché questo libro sia stato completato da Richard Preston, la mano di Crichton è ben evidente. Questa emozionante e lunga avventura dà dipendenza. Il desiderio di tornare a leggere è fortissimo. Ma allo stesso tempo è un pretesto per parlarci dell’affascinante e spietato mondo dei piccoli animali, in particolare degli insetti. Crichton ci insegna tantissimo su di loro e con grande cura immagina come sarebbe per un essere umano la vita se fosse piccolo come un insetto, come la forza di gravità agirebbe sul suo corpo, quali enormi difficoltà incontrerebbe nello spostarsi anche per brevi distanze, quali terribili pericoli dovrebbe affrontare. Sebbene la tecnologia di miniaturizzazione non viene spiegata per davvero e ci sono alcuni aspetti che gli stessi protagonisti non riescono a comprendere (come fanno degli esseri con cellule miniaturizzate ad avere una biochimica che permetta loro di assumere acqua e alimenti?), Crichton per rendere il tutto più credibile arriva addirittura a citare un breve studio, che sembra molto reale (ma con lui non si sa mai: riesce a farci credere reale qualsiasi cosa), sull’effetto del magnetismo sulla statura delle persone come base della tecnologia in questione. L’assunto rimane molto fantasioso, ma lo scopo della storia è quello di raccontare la scienza del micro-mondo e quindi non è necessario che le premesse siano del tutto realistiche.
Ammetto che sono rimasta contrariata a un certo punto per la morte di un personaggio e che ero talmente presa dalla storia dal notare appena un tutt’altro che imprevedibile sviluppo romantico (che ho gradito molto), ma rimane comunque un grandissimo libro con un finale aperto che, purtroppo, non avrà mai seguito.
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Di Carla (del 14/05/2015 @ 01:32:59, in Lettura, linkato 2642 volte)
Scrittura meravigliosa ma un po’ ingombrante
Sono sempre molto cauta quando vado a leggere un libro di narrativa non di genere. So già che certe cose non mi piaceranno. Immagino già che il finale potrebbe essere molto triste. Va comunque a finire che ogni tanto mi cimento nella lettura di uno di questi libri e qualche volta sono fortunata. Questo è uno dei casi fortunati.
Questo romanzo mi è piaciuto. Non sono riuscita a dargli la quinta stella per via di alcuni aspetti negativi che non ho potuto ignorare e che hanno ridotto il mio godimento del libro.
Ma preferisco iniziare parlando di cosa c’è di buono in questo libro.
Prima di tutto la prosa è meravigliosa. Nonostante la corposità e le innumerevoli digressioni, il testo scorre benissimo. Per chi, come me, scrive, la lettura di libri di questo genere oltre a divertire è un’occasione per arricchire la propria prosa.
La trama in sé è tutt’altro che prevedibile. Il libro, che a prima vista può sembrare un romanzo rosa con tanto di triangolo amoroso, è in realtà un libro che parla d’amore, inteso come tema e non come scopo della storia. Il fatto di non essere inserito all’interno di un genere già di per sé lo rende imprevedibile, ma lo stesso modo in cui è costruito ti fa domandare di continuò cosa potrebbe accadere nella pagina dopo e soprattutto su quale personaggio si sposterà la storia.
Gli stessi personaggi sono così approfonditi da sembrare davvero reali, nonostante i loro eccessi.
A ciò si aggiunge la presenza di tantissime informazioni interessanti, all’interno delle digressioni di cui parlavo prima. Qualcuno potrebbe percepirle come info-dump, ma a mio parere sono una parte essenziale nella caratterizzazione dei personaggi e dell’ambientazione. Dopo aver letto questo libro si ha l’impressione di aver imparato qualcosa e ciò è un aspetto che apprezzo particolarmente nella narrativa. In particolare al lettore viene data la possibilità di dare uno sguardo alla gioventù americana degli anni ’80, cosa che mai mi era capitata in passato.
Ci sono, però, anche degli aspetti negativi.
In primo luogo la presenza di troppe informazioni, per quanto siano interessanti, ti spinge a leggere in fretta per andare al punto, per tornare all’azione e scoprire cosa accadrà ai personaggi. Ciò però porta spesso ad andare involontariamente troppo veloce nella lettura delle scene in cui accade qualcosa di importante e inaspettato. E così ti ritrovi a tornare indietro e a rileggere, ma ormai hai per così dire perso l’attimo che ti avrebbe fatto godere di quel particolare colpo di scena.
Altra nota dolente riguarda il finale che a mio parere è troppo malinconico. Dopo aver letto un libro così lungo e dopo aver patito con i personaggi avrei voluto che terminasse con un finale aperto caratterizzato almeno da una certa speranza. Sarebbe stato bello chiudere il libro col presagio di un sorriso.
Di Carla (del 23/04/2015 @ 00:05:33, in Lettura, linkato 2433 volte)
Storia appassionante. Traduzione da rivedere.
Nel giudicare questo libro voglio fare una netta distinzione fra il romanzo in sé e questa sua edizione italiana (quella che ho io è la versione resa disponibile nell’agosto 2014). Nonostante la traduzione non sia perfetta, ho comunque deciso di far prevalere il mio gradimento per questa storia nel giudicarla, senza lasciarmi influenzare dall’evidente assenza della figura di un correttore di bozze esperto di traduzioni, che avrebbe potuto facilmente individuare i tanti piccoli problemi che affliggono questo testo. La traduzione di per sé è ottima, ciò che manca è proprio un lavoro di rifinitura che tolga di mezzo le ripetizioni, renda alcune frasi scorrevoli, elimini traduzioni un po’ troppo letterali o errate (rispetto al contesto), sistemi qualche virgola e i soliti refusi (quelli ci sono in tutti i libri, è vero, ma qui ce ne sono diversi, segno dell’assenza di un ulteriore sguardo esterno).
Mettendo da parte questo discorso, voglio concentrarmi sul romanzo.
Sono tanti, infatti, gli aspetti che lo rendono interessante. A iniziare dall’argomento a dir poco originale.
La protagonista, una detective di Scotland Yard (e già questo basterebbe a interessarmi), si imbatte in un caso complesso, collegato a un giro di profanazione di tombe, plastinazione di cadaveri, fino ad arrivare alla dissezione di corpi ancora vivi. L’argomento è senza dubbio macabro e non adatto agli stomaci più deboli. Devo dire che a tratti la lettura mi ha inquietato e, come capita per i buoni libri, nonostante ciò non riuscivo a smettere di leggere.
Il lavoro di ricerca della Penn è fantastico. La minuzia di particolari con cui ci mostra questo mondo sotterraneo e le ambientazioni dove vengono svolte queste pratiche è tale che si ha la terribile sensazione che tutto ciò stia davvero accadendo in questo momento.
Tutto appare autentico, non solo questi dettagli. La bella prosa dell’autrice ci porta dentro la testa della protagonista, ci coinvolge nel suo inferno personale e ci fa sentire lei, quando tutto il mondo pare crollarle addosso e si trova a un passo dal fare una morte orrenda.
Infine, l’aggiunta dell’elemento sovrannaturale, che in genere non apprezzo, è però fatta con tale maestria che non stona con l’autenticità di tutto il resto. Diciamo che dà un ulteriore tocco di colore, anche se non del tutto necessario, e offre l’opportunità di presentare un altro personaggio, con cui, a quanto pare, la detective si troverà a dividere la scena di nuovo nei prossimi libri della storia.
In conclusione, non posso che consigliare la lettura di questo libro, in particolare a chi fosse in cerca di storie fuori dal comune, ma confezionate con i tempi e i modi giusti di un buon thriller.
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Di Carla (del 11/04/2015 @ 04:30:14, in Lettura, linkato 3126 volte)
Tutto in un giorno
Quando inizio la lettura di un libro di Patricia Cornwell della serie di Scarpetta so già di andare sul sicuro.
In primo luogo, perché ritrovo delle vecchie conoscenze, che, col passare degli anni (più di venti), nella mia mente sono diventate persone reali. Infatti uno dei motivi per cui amo questa serie è proprio il ruolo prominente che le sottotrame hanno all’interno dei singoli libri. In pratica li leggo per sapere cosa succederà a Scarpetta, Marino, Lucy e Benton, e altri personaggi che appaiono e scompaiono nello loro vicende, mentre i singoli casi, per quanto mi riguarda, sono giusto un pretesto che permette l’esistenza dei singoli libri.
Il secondo motivo per cui so che mi divertirò è che la Cornwell, nonostante si ritrovi a raccontare delle storie sempre nello stesso mondo immaginario, cosa che potrebbe portare a una certa ripetitività, riesce comunque a essere originale, usando gli strumenti che il suo ruolo le fornisce: le tecniche letterarie.
Questo romanzo è raccontato tutto in prima persona dal punto di vista di Kay Scarpetta e al presente, e copre un arco di tempo di circa un giorno. In oltre 350 pagine di libro viene raccontato ciò che la protagonista vede, sente e pensa in tempo reale, sin dal momento in cui viene prelevata dalla base dell’Air Force di Dover, ignara di cosa sia accaduto, fino alla scoperta e la cattura del colpevole, che avviene circa 24 ore dopo. Insieme a lei scopriamo passo dopo passo gli eventi dei giorni precedenti. Abbiamo le stesse informazioni che ha lei, vediamo gli stessi filmati che vengono mostrati a lei, partecipiamo alle sue stesse conversazioni con gli altri personaggi, insieme a lei scopriamo cosa suo marito e sua nipote le nascondono, e ci troviamo a mettere insieme i pezzi di un caso intricatissimo che la tocca molto da vicino.
Nel contempo l’autrice non dimentica i nuovi lettori che potrebbero affacciarsi alla serie partendo proprio da questo libro (o i suoi vecchi lettori che non ricordano bene le vicende passate), quindi, quando un personaggio fa la sua comparsa, subito con poche frasi lo presenta e lo inquadra. Nonostante questo, credo che sia meglio aver letto anche i precedenti, possibilmente in ordine cronologico.
Il risultato è un’opera tra le migliori della Cornwell, che qui mostra tutta la sua bravura e maturità. Non solo riesce a gestire una trama complessa, a ottenere il meglio persino dalla prospettiva limitata offerta dalla prima persona, ma lo fa con una prosa di altissimo livello (almeno nella versione in lingua originale; ho ormai rinunciato a leggere i suoi libri in versione italiana, vista la qualità scadente delle ultime traduzioni in cui mi ero in precedenza imbattuta).
Do un solo consiglio a chi ha intenzione di leggere questo libro: assicuratevi di potergli dedicare un po’ di tempo, poiché, per meglio apprezzare questo romanzo, va letto tutto d’un fiato in pochi giorni.
Di Carla (del 09/04/2015 @ 23:33:53, in Lettura, linkato 2054 volte)
L’evoluzione di Chase
Dopo aver letto due raccolte di racconti, una novella e un romanzo, Chase Williams è diventato molto più di un personaggio di fantasia. L’apparente normalità in cui le sue storie hanno luogo favoriscono l’immedesimazione a tal punto che a momenti mi viene da pensare che in una cittadina di nome Tursenia ci sia veramente un ex-detective di Scotland Yard impegnato a risolvere i crimini più vari.
Questa raccolta, però, conferma l’evoluzione già in parte vista in “Pull the Trigger” e, se possibile, si fa un ulteriore passo avanti verso una più spinta tridimensionalità del personaggio. Dal classico investigatore britannico che, tramite gli indizi e un’acuta capacità di osservare i dettagli, trova il colpevole attraverso il classico processo di deduzione, si passa sempre più al Chase uomo d’azione, capace di reagire a situazioni estreme con dei comportamenti decisi. Un uomo che non teme di sporcarsi le mani né di mettere a repentaglio la sua stessa incolumità.
Così facendo, Chase si sta prendendo pian piano la scena, persino attraverso piccoli racconti di mille parole. Verrebbe quasi da pensare che la sua permanenza in Italia e il contatto con personaggi e situazioni tipicamente italiane lo stiano influenzando e ne stiano tirando fuori un’indole inattesa, che non può che fare breccia nel cuore dei lettori.
Dovendo fare un paragone tra questa raccolta e le due precedenti, noto subito la notevole differenza nello stato d’animo che sottende le varie trame. Vengono meno le immagini eccessive, eppure tutti i racconti, persino quelli che non trattano crimini gravi come l’omicidio o che comunque raccontano delle vicende più leggere, sono carichi di suspense e di una venatura cupa, drammatica. La scrittura della Mattana diventa più matura, mentre il suo mondo immaginario si espande, diventando sempre più reale.
Non mi resta che attendere il suo prossimo lavoro per godermene un altro scorcio.
Di Carla (del 31/03/2015 @ 15:10:01, in Lettura, linkato 3244 volte)
Primo di una serie di libri unici
Ho deciso di leggere questo libro proprio perché è il primo di una serie. Speravo di trovare un ottimo autore e un ottimo personaggio, in modo da potermi poi godere il resto della serie.
Devo dire che questa aspettativa è stata poi delusa. Lee Child è un buon autore e Jack Reacher è un fantastico personaggio, ma questo romanzo termina in maniera definitiva. Non lascia in sospeso neanche un piccolo dettaglio che riguardi il personaggio, non esiste alcuna apparente sottotrama da dipanare in quelli successivi. In altre parole, non c’è alcun motivo per cui, nonostante mi sia piaciuto molto, io mi debba sentire minimamente interessata a leggere i molti altri di questa serie. E a mio parere questo è un grosso difetto, anche perché, con tutti i libri che esistono sul mercato, credo proprio che questa storia di Jack Reacher mi sarà più che sufficiente per lungo tempo, se non addirittura per sempre.
Posso tranquillamente passare ad altro.
Ma nel giudicare questo romanzo ho deciso di ignorare questa pecca, ho deciso di fingere che mi ci sia avvicinata come se fosse un romanzo unico e non l’inizio di una serie di altri libri che hanno location e trame completamente diverse (ho letto rapidamente le descrizioni a fine volume). Voglio fingere di credere che il mondo di Jack Reacher finisca alla fine dell’ultimo capitolo con quella minuscola, ma finta, porticina aperta con cui si conclude. Voglio ignorare anche quello stesso capitolo, tutto raccontato o addirittura riassunto, in cui l’autore si affretta a chiudere la vicenda e a chiarire col lettore che la serie sarà fatta di episodi separati che avranno come unico elemento comune un personaggio che vaga per gli Stati Uniti ed è felice del suo vagare. Voglio ignorare che si tratti di un personaggio statico, che non evolverà durante la storia, non lo farà mai, ma stranamente ovunque vada si trova in mezzo ai guai, dai quali è destinato a uscirne sempre vivo, lasciandosi dietro una lunga scia di morti.
Insomma, voglio ignorare tutto questo e l’imbarazzante numero di refusi di questa sua edizione (per non parlare dei soliti congiuntivi dimenticati), che gli costerebbe minimo una se non due stelline, e dargli il massimo dei voti, ma solo perché mi sono divertita davvero molto a leggerlo e ho trovato molto interessanti alcune parti tecniche (sulla contraffazione del denaro e sulle armi).
Chiarito questo concetto, non mi resta che tornare alla trama di “Zona pericolosa”, che è senza dubbio ben costruita, complessa, e che ti costringe ad arrivare alla fine nel più breve tempo possibile. Ho letto l’ultimo terzo del romanzo (che non è affatto corto) in due sessioni: una prima di dormire e una subito dopo essermi svegliata.
Dovevo finirlo.
Vieni subito catapultato in questo episodio della vita di Reacher. Mentre se ne sta tranquillo a fare colazione in un locale di un paesino sperduto delle Georgia, dove è appena arrivato quella stessa mattina, la polizia irrompe e lo arresta, accusandolo di un omicidio avvenuto la sera prima.
È solo l’inizio dei suoi guai.
Si sarebbe tentati di pensare che “Zona pericolosa” sia soprattutto un libro di azione. Non è così. Le scene di azione ci sono eccome e sono bellissime. Sono un po’ più fitte verso la fine, come è ovvio attendersi. Ma in realtà ci troviamo di fronte a un romanzo di investigazione, ricerca, morti (molti morti) fatti fuori nei modi più cruenti e inquietanti, tracce. Reacher era un agente della polizia militare e in lui troviamo l’addestramento del militare e un’astuzia e una capacità deduttiva degna del migliore Sherlock Holmes.
In un susseguirsi di colpi di scena narrati con maestria, Reacher vede la sua situazione peggiorare, ma non si perde di certo d’animo e non si fa scrupoli. Ne viene fuori un mondo in cui ogni legalità è sospesa, non esistono più riserve morali. Non si può attendere l’intervento della giustizia, ci si deve fare giustizia da sé e si ha la sensazione che vada bene così.
L’autore ci narra la storia mostrandoci i dettagli solo nel momento in cui servono e permettendoci di accompagnare il protagonista nel mettere insieme i pezzi del puzzle. Insieme a lui ci angoscia per la sorte degli altri personaggi. Col cuore in gola si legge, pagina dopo pagina, temendo che possa accadere il peggio, ma accelerando la lettura per sapere la verità, per quanto terribile possa essere.
E in men che non si dica si arriva all’esplosiva conclusione.
Peccato davvero per il capitolo finale che fa crollare di nuovo la storia nel mondo reale, spezzando definitivamente l’incantesimo e lasciando un po’ di amaro in bocca.
Di Carla (del 28/03/2015 @ 03:02:55, in Lettura, linkato 2607 volte)
Un’entusiasmante storia di fantascienza hard
Mentre leggevo questa novella, continuavo a ripetermi che era proprio il genere di libro di fantascienza che faceva per me. Contiene, infatti, tutti gli elementi che prediligo.
In primo luogo, è ambientata in un prossimo futuro caratterizzato da sufficienti elementi del presente da renderlo riconoscibile e plausibile. Già dalle prime pagine sei in grado di percepire un tale senso di realismo da credere che tutto ciò che viene raccontato potrebbe davvero accadere in qualche decennio.
La credibilità della narrazione è inoltre accentuata dall’accurato contenuto scientifico e tecnologico. Questa è fantascienza hard nella sua massima espressione. L’autore mostra di essere estremamente preparato nel tema dell’astronautica e dell’esplorazione spaziale.
La trama è avvincente. Da una parte ci mostra un futuro in cui i viaggi spaziali sono resi più semplici dall’esistenza di un ascensore spaziale (proprio a esso si riferisce il titolo). Si tratta di un tema molto caro agli amanti di questo sottogenere della fantascienza, ma anche e soprattutto a coloro che sono interessati nell’esplorazione spaziale e si dilettano a immaginare quali giovamenti in questo campo tale tecnologia potrebbe apportare.
Uno degli aspetti che preferisco è l’immagine di un futuro positiva, nonostante la fisiologica presenza di intrighi, complotti e tradimenti. Un futuro in cui la tecnologia permette all’umanità di fare grandi cose.
Accanto a questo tema c’è quello dell’asteroide. Potrebbe essere un pericolo per Terra? O solo un qualcosa di interessante da studiare? E se celasse qualche meraviglioso mistero? E qui l’autore gioca le sue carte in maniera davvero originale (non posso entrare nel dettaglio perché rischierei di cadere nello spoiler).
A ciò si aggiunge il problema di come gestire certe informazioni con l’opinione pubblica. Turnbull ci mostra la reazione ambivalente dell’essere umano di fronte all’ignoto, in cui la lotta contro la paura e le sue conseguenze può essere di grande intralcio alla conoscenza.
Il peggio ma anche il meglio (incluso l’eroismo) della natura umana divengono a loro volta protagonisti.
Tutti questi elementi sono intrecciati sapientemente in una storia fatta dai personaggi, così ben delineati da quasi prendere vita nelle pagine. Ottimi dialoghi, spesso arguti e divertenti, scene d’azione mozzafiato e maestria nel mettere insieme le scene e interromperle al momento giusto completano il confezionamento di questa piccola perla del panorama fantascientifico.
È sicuramente un ottimo modo per conoscere questo autore e credo che presto leggerò altri suoi libri.
Questo libro è scritto in lingua inglese!
Di Carla (del 19/03/2015 @ 05:50:32, in Lettura, linkato 2882 volte)
La lotta contro il mostro
Avevo questo libro da un po’ di tempo, non so neppure come me lo fossi procurato, e ho iniziato a leggerlo perché incuriosita dalla descrizione.
In realtà, e direi anche per fortuna, la storia narrata ha ben poco a che vedere con la quarta di copertina, che descrive solo un dettaglio di una delle storie che si intrecciano in questo bellissimo romanzo, ma soprattutto non fa il minimo accenno all’argomento principale che lo anima: l’alcolismo.
Un medico, un operaio, un sacerdote, la giovane rampolla di una famiglia facoltosa, persone diverse che si incontrano all’interno della storia proprio a causa della loro dipendenza dall’alcol.
L’autore entra nella mente dell’alcolista e riesce a mostrare al lettore quale filo di pensieri spinge il primo a tornare bere, anche dopo essere stato malissimo e aver giurato se stesso che avrebbe smesso, anche se questo significa trascurare le persone che ama e che l’amano, anche se può portarlo a un passo dalla morte, anche se ciò costringe lui e la sua famiglia alla povertà, anche se sa perfettamente il motivo di questa sua malattia, tanto da essere in grado di consigliare altri come lui.
L’alcolismo è il mostro che controlla i protagonisti di questo romanzo, che li accompagna nella loro discesa all’inferno. Alcuni non ce la fanno e vengono sconfitti, soprattutto se non hanno nessuno cui affidarsi. Altri, che hanno la fortuna di poter contare sui propri cari, trovano la forza, o almeno obbligano se stessi a trovarla, per combatterlo, e magari vincerlo.
La meravigliosa prosa di Konsalik scorre tra disperazione, ironia e speranza, tra una lacrima e un sorriso, finché arrivi alla fine con la sensazione di aver ricevuto un dono.
Di Carla (del 10/03/2015 @ 20:30:00, in Lettura, linkato 3228 volte)
Mummie!
Ho riletto da poco questa novelization del film “La Mummia”. L’avevo già letta due volte, ma stiamo parlando di quindici anni fa. Avendo visto molte volte il film, ricordavo la storia, ma non altrettanto bene i dettagli del romanzo, quindi l’ho rivisto con occhi nuovi.
Ricordo che all’epoca avevo notato delle piccole differenze nella svolgersi degli eventi, ma adesso la mia memoria fa fatica a distinguerle. Per farlo dovrei rivedere il film. Erano comunque dettagli non significativi.
Il modo in cui è narrato soffre parecchio del fatto di essere tratto da una sceneggiatura. Ciò impone un punto di vista onnisciente, simile appunto a quello di una macchina da presa. A tratti questo aspetto crea notevole distanza dai personaggi e fa perdere l’immedesimazione nella storia. È un peccato perché il potenziale per tenere il lettore incollato alle pagine c’è tutto. D’altra parte si tratta di un libro che a suo tempo era stato pensato per i fan del film.
Ciò che lo rende particolarmente interessante è il fatto che rivela alcuni aspetti che poi non sono apparsi nel film stesso e come la mano del regista abbia modificato alcuni dettagli della trama.
Per esempio, nel film si dice erroneamente che gli antichi egizi rimuovessero il cuore dai defunti prima dell’imbalsamazione. Non è così e ciò era considerato un “errore” del film (per quanto il termine errore avesse senso parlando di una storia di mostri della Universal che non pretendeva in alcun modo di riportare realtà storiche). Leggendo il libro, si scopre che nella sceneggiatura i personaggi dicevano che la rimozione del cuore avveniva per le persone cattive e che fosse una punizione dopo la morte.
Questo è solo un piccolo dettaglio, ma leggendo il romanzo molti passaggi della storia hanno molto più senso rispetto al film, proprio perché viene dato più spazio per spiegarli.
Nel complesso è una lettura niente male, adatta anche a chi non abbia mai visto il film.
Il linguaggio fa a tratti uso di termini obsoleti riproducendo il fatto che gli eventi narrati appartengono a un passato non vicinissimo (il 1925). La traduzione non è affatto male, salvo qualche piccola imprecisione tipica del passaggio dalla lingua inglese, ma considerando che si tratta di un’edizione economica è molto buona rispetto a prodotti equivalenti pubblicati negli ultimi anni.
Pur non essendo un’opera di grande letteratura, svolge in maniera perfetta il suo ruolo di novelization di una sceneggiatura, per cui si merita i pieni voti.
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