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 Trilogia del detective Eric Shaw... di Carla
 

Mi sentivo inerme, imprigionato in quella tuta.
Sirius. In caduta libera

 

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Carla (del 29/08/2013 @ 22:55:45, in Lettura, linkato 3594 volte)
Più riguardo a Nicolas Eymerich, inquisitore


 Perplessità e noia 

La prima cosa che ho detto nel finire di leggere questo romanzo è stata: “Che brutto libro!” Non sono riuscita a impedirmelo.
All’inizio ero perplessa, ma continuavo a leggere convinta che prima o poi la storia sarebbe decollata o che alla fine tutto avrebbe avuto un senso. Nessuna delle due cose è accaduta.
Sicuramente pregevole la ricostruzione storica e anche lo stile dell’autore in quella parte rende bene l’idea di un ambientazione ai tempi dell’Inquisizione. Il personaggio di Eymerich è di certo intrigante. Tutto però poi si perde con una trama di cui ho faticato a comprendere il senso, non perché non l’abbia capita, ma piuttosto perché me ne è sfuggito il lato interessante, ammesso che ce ne fosse uno. Le altri due parti nel presente e nel futuro sono in gran parte noiose. Gli unici spunti vagamente sfiziosi si riducono a nulla. Quella nel presente è carica di info-dump del tutto inutile. Perché cercare di dare mille spiegazioni a una cosa insensata? Basta una frase e la sospensione dell’incredulità fa il resto, o almeno dovrebbe. Quella nel futuro sembra invece del tutto posticcia, messa lì per chiudere il cerchio. Il tutto è farcito da un attacco generale alle credenze religiose, che sembra essere la “morale” dell’intera storia.
Che noia.
 
 
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Di Carla (del 28/08/2013 @ 07:42:29, in Lettura, linkato 2913 volte)


 La genesi di un personaggio

Avevo già apprezzato il romanzo cronologicamente successivo, “Doppio omicidio per il maresciallo Maggio”, ed è quindi con grande curiosità che ho affrontato la lettura dei tre bei racconti, che presentano il protagonista di questa serie di gialli.
Il maresciallo Maggio, che all’inizio non ha neppure un nome, emerge pian piano all’interno di queste storie con la sua umanità e la sua arguzia. Ci viene presentato dall’autore all’inizio in contesti leggeri, addirittura con risvolti comici, che assumono col passaggio da un racconto all’altro un sempre maggiore spessore, finché ci scappa anche il morto. La drammaticità è, però, mostrata con tatto e allo stesso tempo smorzata dalla voce ironica dell’autore. Abbiamo modo grazie a essi di conoscere meglio l’ambiente in cui Maggio e i suoi colleghi si muovono, apprezzarne le sfumature. Il ritmo con cui sono narrate le storie è rapido e scorrevole, costringendo il lettore a proseguire fino alla fine di ogni singolo racconto. I personaggi sono credibili e ben delineati, nonostante i limiti imposti da una narrazione breve. Gli stessi intrecci sono abbastanza elaborati, spingendo il lettore curioso e col pallino dell’indagine a mettersi in competizione con Maggio per tentare di scoprire prima di lui come sono andati i fatti. Riuscirci non è affatto semplice.
È una lettura che consiglio prima di cimentarsi nei due romanzi successivi, per apprezzare a pieno la crescita di questo autore e del suo personaggio.
 
 
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Di Carla (del 22/08/2013 @ 17:45:15, in Lettura, linkato 3318 volte)

 Un romanzo tra pessimismo per l’umanità e speranza nei confronti della natura
 
Ancora una volta mi trovo di fronte a un classico della fantascienza attualissimo. Sebbene la parte scientifica sia molto fantasiosa, visto che il libro risale 1965 e dà un’immagine di Marte tutt’altro che realistica, i temi che tratta e il modo in cui la trama si sviluppa potrebbero farlo passare per un libro scritto molto di recente.
Sorprende in particolare l’originalità degli eventi raccontati. Si parla di un futuro, che fortunatamente non si è realizzato (la storia è ambientata nel 1986), in cui una specie di alga ha messo in ginocchio la Terra. L’ultima speranza sembra proprio il pianeta rosso, che l’Uomo sta cercando di colonizzare. Quando il protagonista, Benbow, viene inviato su Marte per partecipare a questo progetto, subito si rende conto che coloro che ne sono a capo stanno nascondendo qualcosa.
La storia è di grande respiro e complessità per essere un romanzo relativamente corto. Si vede la capacità dell’autore di spostare la vista un po’ più in là, immaginando scenari grandiosi. Sebbene il libro sia attraversato soprattutto all’inizio da una notevole malinconia, che comunque continua fino alla fine, si intravede l’ottimismo degli anni ’60 sulla capacità dell’Uomo di realizzare grandi imprese, ma anche nei confronti della stessa Terra e della natura, allo stesso tempo si nota il pessimismo riguardo alla tendenza umana all’inganno, che si ritorce contro l’umanità stessa in una sorta di paradosso. Comunque sia, questa storia che nasce su toni cupi termina con una nota di speranza, sebbene non si tratti affatto di un happy ending.
Mi è piaciuto molto. Mi sono sentita coinvolta nelle vicissitudini del protagonista e ho sofferto con lui. Forse l’eccessivo pessimismo mi ha impedito di dare la quinta stellina, ma ho apprezzato tantissimo l’idea che l’Uomo non possa nulla contro la natura, sia che si tratti di distruggerla che di salvarla. La natura fa da sé, all’Uomo non resta che adattarsi e attendere.
Non solo è molto bello il libro, ma è ottima anche la traduzione e la qualità dell’edizione (davvero pochissimi refusi), qualcosa che si vede molto di rado al giorno d’oggi.
 
 
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Di Carla (del 20/08/2013 @ 18:45:55, in Lettura, linkato 2228 volte)

 Lettere dallo spazio
 
È raro imbattersi al giorno d’oggi in un romanzo epistolare, ancora più raro se si tratta di fantascienza. In realtà non me ne viene in mente nessun altro in questo genere. Spinta dalla curiosità, mi sono allora avventurata nella lettura di “Dear Cynthia”.
La storia è quella di un uomo clonato dopo la sua morte, cui sono stati impiantati tutti i ricordi della sua vita precedente, che viaggia a bordo di un’astronave impegnata nell’esplorazione dello spazio. Durante il viaggio, Max scrive al clone di sua moglie, Cynthia, che ha scelto di perseguire un tipo diverso di vita. All’interno di queste lettere, da una parte ricorda il passato del loro matrimonio, mostrando di continuare ad amarla nonostante tutto, dall’altra descrive le vicende a bordo dell’astronave.
L’idea, come ho detto, è di certo originale, il suo sviluppo un po’ meno convincente. La storia è carina, ma dà l’impressione di essere stata scritta col semplice scopo di fornire una lettura leggera, come quella di una lunga novella e non proprio di un romanzo. Infatti la trama non è molto articolata e la struttura epistolare non viene sfruttata al meglio nel catturare l’attenzione del lettore. C’è da dire che è un tipo di struttura narrativa molto difficile da sviluppare in maniera efficace, poiché dà molto risalto ai sentimenti, ma, trattandosi di un romanzo di fantascienza tutt’altro che plausibile, viene difficile immedesimarsi nei panni del protagonista e comprendene a fondo le dinamiche emotive.
Alla fine del libro non ho ancora capito perché Max abbia deciso di intraprendere questo viaggio, per poi sentire sempre più la nostalgia di Cynthia. Né perché i due personaggi, pur volendosi bene, non si siano riuniti. Non che una cosa del genere non sia comprensibile, ma semplicemente l’autore omette di approfondire l’argomento. Allo stesso tempo non è chiaro quale sia l’effettiva destinazione del viaggio. In tutto il libro il protagonista racconta cosa accade a bordo, ma neanche una volta è stata colta l’occasione per mostrare qualcuno dei luoghi che l’astronave stava scoprendo. Possibile che in anni non fosse approdata nei pressi di qualche corpo celeste degno di nota? Mi sembra improbabile che stesse viaggiando a caso. C’erano molti spunti che potevano essere ulteriormente sviluppati e ciò non è stato fatto.
Ciononostante non mi sono affatto pentita di aver letto questo libro e credo che l’autore abbia le potenzialità per produrre degli scritti di ben altro valore.
 
 
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Di Carla (del 17/08/2013 @ 18:10:16, in Lettura, linkato 3664 volte)

 Fantascienza dal passato ma sempre attuale
 
Recentemente mi sto imbattendo in alcuni classici della letteratura fantascientifica davvero interessanti. Ne è un esempio questo del fantomatico Charles Carr, autore di soli due libri, del quale si hanno poche notizie, tanto che c’è chi pensa si tratti di uno pseudonimo. Purtroppo non ho avuto modo di leggere il precedente “I coloni dello spazio”, di cui “Le orribili salamandre” è il sequel, ma ciò non ha inficiato affatto il godimento di quest’ultimo romanzo, anche grazie alla breve introduzione presente in questa edizione.
La storia parla di due gruppi di superstiti della razza umana che vivono nel pianeta Bel, nella fascia avvolta in un perenne crepuscolo. Il primo proviene dall’astronave Colonist, il cui viaggio viene narrato dal romanzo precedente, il secondo è un gruppo di svizzeri, arrivati nel pianeta prima di loro e che hanno sviluppato un modello di società molto rigido.
Sorvolando sugli aspetti un po’ “fantasy”, come il fatto che i personaggi non dormono mai e invecchiano più in fretta o sulla fattibilità di produrre ossigeno in larga scala per rendere l’aria atmosferica respirabile, il romanzo in sé è ben congeniato. La storia, mostrata dal punto di vista del giovane Taylor, che fa parte del gruppo del Colonist, narra dello scontro tra gli umani e una specie aliena, vivente nella parte del pianeta perennemente irradiata dal sole, le salamandre. Da una parte ci vengono descritte le vicissitudini relative alla difesa della colonia umana e al tentativo di combattere e vincere gli alieni, dall’altra si osserva allo scontro tra due società con mentalità opposte, che però riescono a trovare un accordo di fronte al nemico comune. Non manca neppure un piccolo risvolto sentimentale.
Nella sua semplicità, quella che ci si può aspettare da un romanzo di fantascienza del 1955, “Le orribili salamandre” è un libro veramente godibile e avvincente. Il linguaggio è certo un po’ datato, ma non suona affatto obsoleto, sembra anzi quasi più una scelta di stile che un effetto del passare del tempo. Ci sono degli scorci narrativi molto affascinanti.
Ma ciò che sorprende di più è l’originalità della trama, che rimane tale dopo quasi sessant’anni, oltre che il suo sviluppo, che non ha nulla da invidiare a molti romanzi contemporanei.
L’unico elemento che ne tradisce l’età è il modo misurato in cui vengono trattati alcuni aspetti controversi, rendendolo una lettura adatta anche a un pubblico molto giovane. Allo stesso modo lo consiglierei a un lettore poco avvezzo al genere, ma che volesse iniziare a scoprirlo.
Insomma, è davvero un bel libro.
 
Le orribili salamandre (copertina rigida) su Amazon.it.
 
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Di Carla (del 03/08/2013 @ 06:03:59, in Lettura, linkato 4532 volte)
Più riguardo a L' amante indiano

 
 Un quasi impossibile incontro tra culture

Questo libro viene descritto in maniera un po’ fuorviante ed è stato solo dopo aver letto altre recensioni che ho deciso di leggerlo. Non si tratta affatto del solito romanzo rosa, e non è affatto caratterizzato da un’impronta erotica in senso stretto (nelle scene mostrate i protagonisti non fanno che parlare), è bensì una storia di incontro tra due culture estremamente diverse ambientata oltre novant’anni fa, con tutte le difficoltà che ciò ne consegue.
Isabel è una ricca donna inglese, sposata con un soldato d’istanza in India, che inizia una relazione con un medico indiano, educato in Inghilterra e con forti legami con quel Paese. Il problema principale contro cui cozza la loro storia è quello razziale, non tanto per loro ma quanto per il mondo che li circonda. Le vicende si svolgono durante le fasi finali del dominio britannico in India e offrono uno spaccato poetico e allo stesso tempo spietato di questo Paese e del periodo storico.
La storia d’amore di per sé è molto bella, per quanto si fa difficoltà a credere che nella realtà sia stata possibile una devozione di questo tipo, così incrollabile e priva di tentennamenti, visto le impossibili prove che si trova ad affrontare, ma è forse l’unico aspetto certo in una vicenda piena di elementi incerti, a tratti molto violenti. Lo stile dell’autrice è così coinvolgente da rendere in pieno la drammaticità di certi momenti insieme all’aspetto avventuroso. Un senso di angoscia pervade il lettore man mano che la storia si porta verso la sua parte conclusiva, imponendogli di continuare a leggere. Arrivi a odiare alcuni personaggi, le storie terribili che vengono riferite, non solo quelle dei protagonisti, la stessa India e la stessa Inghilterra.
Una scelta un po’ anomala è quella di porre i dialoghi all’interno del resto del testo. Ciò crea a tratti confusione, ma è un valido espediente che permette alla protagonista, dal cui punto di vista tutta la storia viene raccontata, di riportare fatti ai quali non assiste tramite le parole di altri personaggi e di farlo in modo altrettanto efficace. Si creano infatti quasi degli spostamenti del punto di vista, senza preavviso, che permettono di avere una visione più ampia della storia.
Notevole è inoltre la capacità evocativa delle scene, ricche di metafore potenti capaci di generare nella mente del lettore immagini vive. Si ha quasi l’impressione di sentire gli odori, persino quelli sgradevoli, i suoni, i colori della stessa India, e se ne riceve tutte le sensazioni sia positive che soprattutto negative, legate ad abusi, torture, uccisioni.
Non amo le storie che finiscono male, anzi le odio proprio. Il fatto che venisse catalogato come romanzo rosa mi faceva ben sperare, ma ammetto di aver temuto il peggio al precipitare degli eventi. Per fortuna sono stata smentita, questo però ha lasciato in me il ricordo di una forte emozione che solo i buoni libri riescono a dare: quella di aver vissuto in prima persona la storia.
Voglio fare una piccola citazione a uno dei personaggi più riusciti di questo romanzo: Joseph, il domestico di Isabel. Sebbene si tratti di un comprimario, il suo ruolo è fondamentale e la sua evoluzione, il modo in cui si rivela al lettore, ne fa uno dei personaggi più belli nei quali mi sia mai imbattuta in un libro.
 

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Di Carla (del 14/07/2013 @ 03:33:52, in Lettura, linkato 4853 volte)
Più riguardo a Forza di gravità

 
 Tecnicamente perfetto

Sono stata molto combattuta nel dare un voto a questo libro. Se da una parte è sicuramente migliore di molti altri ai quali avevo assegnato 4 stelle, non potevo non rilevare qualche piccola pecca. Ho deciso comunque di dargliene 5, perché indubbiamente è uno dei libri che più mi ha coinvolto nella lettura negli ultimi mesi. Ho dovuto sforzarmi di non finirlo in un paio di giorni e non è stato facile. Si tratta di un techno-thriller con risvolti medici e fantascientifici che accomuna senza dubbio il lavoro della Gerritsen a quello di Crichton. L’argomento è super-interessante, o almeno lo è per me. La storia ambientata nell’era degli Space Shuttle racconta di un emergenza medica a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) che ha dei risvolti molto drammatici e a tratti decisamente horror. Il ritmo è serrato, i personaggi sono molto ben delineati e ti ritrovi a immedesimarti nel loro dramma, in particolare la protagonista Emma Watson e il suo quasi ex-marito Jack McCallum, entrambi astronauti e medici. La preoccupazione e l’ansia di vedere cosa succederà dopo ti obbliga a continuare a leggere. Se ne avessi avuto il tempo, probabilmente lo avrei letto tutto in una volta. Questo è sicuramente segno che mi sono trovata di fronte a un ottimo romanzo.
La parte tecnica è ineccepibile. Questo libro, pur essendo fiction, ti permette di conoscere a fondo le procedure della NASA di quel periodo. C’è addirittura un utilissimo glossario a fine volume. Tutto ciò rende “Forza di gravità” per certi aspetti un testo divulgativo che senza dubbio terrò da parte per consultazioni future.
A ottimi personaggi e ottima parte tecnica, si aggiunge una trama costruita in maniera perfetta, con i tempi giusti e i corretti incastri delle scene. Paradossalmente è proprio questo il difetto del libro. Ero al 17% della lettura e già sapevo esattamente come sarebbe finito, mi ero anche fatta un’idea di massima, poi confermata, dei meccanismi con i quali la storia sarebbe giunta alla sua risoluzione. Nonostante ciò mi sono veramente goduta la lettura, a dimostrazione che si può soddisfare e divertire il lettore più smaliziato anche con un romanzo così standard.
Insomma, si può passare sopra questo difetto di troppa perfezione.
La storia si svolge in maniera molto cinematografica, e di certo questo non è un difetto. Lo è, però, il fatto che in alcune occasioni l’autrice, per motivi che ignoro, abbia deciso di inserire delle scene da un punto di vista onnisciente per mostrare fatti che nessun personaggio era in grado di vedere. Gli stessi fatti vengono poi scoperti dopo dai personaggi, ma in questo modo il lettore è stato privato del piacere di meravigliarsi e spaventarsi insieme a essi. Perché ci ha voluto togliere questo piacere? Eliminando completamente quelle scene, il libro sarebbe stato ancora più bello.
Ma il motivo per cui sono stata combattuta sull’opportunità di assegnare 5 stelle è un altro: il finale. Non tanto per la sua ovvietà, ma per il modo in cui ci viene mostrato. Considerando che era del tutto prevedibile, sarebbe stato molto importante dedicare al finale una particolare cura dando risalto all’aspetto emotivo piuttosto che ai fatti, che, ripeto, erano ovvi sin dall’inizio. Ma l’autrice non l’ha fatto. La scena risolutiva non ci viene narrata dal punto di vista di uno dei due protagonisti, ma a distanza tramite il controllo missione, privandoci del piacere di vedere la loro reazione, in particolare quella della Watson, all’incredibile situazione in cui si trovano. Questo è davvero un peccato e ammetto di esserne rimasta delusa. Credo si tratti di una vera e propria occasione persa. È come se la Gerritsen nella fretta di portare a compimento la storia si sia dimenticata dei suoi personaggi o, peggio, non abbia saputo come gestirli in quel frangente. In pratica ho avuto l’impressione che con questo romanzo abbia fatto il suo bel compitino preciso, ma senza metterci il cuore.
Peccato.
Comunque sia consiglio vivamente questo romanzo agli amanti dell’astronautica, ma mi sento di sconsigliarlo agli astronauti, soprattutto se si tratta di persone impressionabili. Potrebbe infatti essere causa di più di qualche sonno agitato per quelli che stanno davvero lassù nella ISS.
Mi raccomando, cari astronauti, se vi imbattete in qualche sostanza blu-verde di natura sconosciuta, non state lì a giocarci: inceneritela subito!
 
 
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Di Carla (del 09/07/2013 @ 22:27:29, in Lettura, linkato 4044 volte)

 Opera immensa, ma eccessiva
 
Premetto che adoro i romanzi lunghi di fantascienza. Li adoro perché hanno delle trame complesse e non finiscono subito. E, se un romanzo è bello, non vuoi che finisca. Per questo motivo ho affrontato senza timore le 1300 pagine di “Limit”. Ne sono uscita con pareri contrastanti.
Gli ho assegnato quattro stelline perché alla fine l’autore se l’è cavata. La parte finale (diciamo l’ultimo terzo del libro) è infatti la più riuscita e nel complesso devo dire che mi sono divertita. Ma non sono potuta andare oltre perché, con tutta la buona volontà, il libro ha più di qualche problema.
Prima di tutto l’autore impiega forse un centinaio di pagine all’inizio per presentare tutti i personaggi. Va da sé che si crei una grande confusione in testa, in quanto non si ha il tempo di assimilarli. C’è alla fine l’elenco di tutti i personaggi, ma non mi pare corretto che il lettore debba consultarlo ogni volta. Sarebbe stato più opportuno presentarli pian piano nello svolgersi della storia, anche per non ammazzare l’interesse e il ritmo nella parte iniziale.
Altro aspetto che mi ha lasciato perplessa è il passare dell’autore da un punto di vista onnisciente (che vede anche ciò che i personaggi non possono vedere) a un punto di vista limitato, anche all’interno della stessa scena. Più di una volta ho dovuto rileggere un paragrafo dall’inizio per capire chi stava pensando ciò che veniva scritto. Insomma, l’ho trovato un po’ confusionario. Man mano che la storia prosegue, però, il problema si riduce poiché l’autore tende ad assegnare le scene al singolo personaggio ed evitare di mostrare ciò che nessuno potrebbe vedere.
In tutto questo, però, tendo a trovare una certa incoerenza.
Ma in assoluto il più grande problema di questo libro è l’eccesso di info-dump. Almeno un terzo del romanzo è costituito da informazioni che potevano essere riassunte o semplicemente omesse. Pagine e pagine di improbabile fantapolitica o di background dei personaggi, che il lettore dimentica un secondo dopo averle lette, sempre che non le salti a pie’ pari o le legga in diagonale. Per non parlare del fatto che l’inserimento di queste parti assolutamente posticce interrompe del tutto l’azione anche per cinquanta pagine di seguito, creando delle pause innaturali nelle scene. I personaggi si ritrovano a fare lunghe e complicate conversazioni, di conseguenza improbabili, che sembrano delle vere e proprie lezioni e non certo chiacchiere. Sinceramente non riuscivo a immaginare che certi personaggi potessero rimanere così a lungo concentrati a parlare di robe del genere.
Insomma, noia.
Infine il finale è telefonato. Una volta che ammazzi quasi tutti e rallenti troppo l’azione, dai al lettore tutti gli strumenti per capire chi è il capo dei cattivi, ben prima della rivelazione. D’altronde un lettore che si cimenta in un romanzo di 1300 pagine è scaltro, quindi a maggior ragione si sente sottovalutato se gli si propone un finale così ovvio.
Dopo tutte queste critiche vi chiederete il perché di un voto così altro. Semplice. Le parti sulla Luna e nello spazio sono stupende. Le scene d’azione sono ben orchestrate ed entusiasmanti. L’ambientazione è quanto di più suggestivo abbia letto negli ultimi tempi. Ma soprattutto ho adorato il personaggio di Julian Orley, folle, visionario e ottimista, come pure i suoi figli Lynn (matta da legare) e Tim (amorevole e pratico), e la moglie di quest’ultimo Amber (quella che li capisce tutti). Sono costruiti benissimo e riesci veramente a sentirti in sintonia con loro.
Al contrario ho apprezzato meno Owen Jericho, che si è misurato con luoghi e situazioni molto meno affascinanti, ma anche lui a tratti non è riuscito a tenere testa alla maestosità della trama. È un personaggio con molte debolezze, che avrebbe preteso un maggior approfondimento reale e magari una vera crescita alla fine della storia. L’autore ha provato ad approfondirlo e a dire (ma non mostrare) una sua crescita, ma a mio parere non c’è riuscito. Yoyo è fastidiosa e inutile.
Infine un accenno ai cattivi. Mi ha dato fastidio che sia sopravvissuto quello, per così dire, privo d’anima, stereotipato, insomma supercattivo, mentre sia stato fatto fuori in maniera alquanto stupida quello che tutto sommato si comportava in base a una sua logica, mostrando anche di avere una coscienza.

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Di Carla (del 04/07/2013 @ 20:14:25, in Lettura, linkato 3332 volte)


 Fulminanti e taglienti

Questa piccola raccolta di racconti ha in sé tanta originalità, a iniziare dall'accostamento tra un ex-detective inglese che vive in Italia. Questo aspetto già di per sé permette di mettere a confronto le caratteristiche personali di un personaggio tipicamente british in un ambientazione che per lui è in qualche modo esotica.
Un secondo elemento di originalità è la scelta di scrivere dei piccoli racconti di appena mille parole fatti su misura per una lettura rubata nei cosiddetti tempi morti, per esempio quando ci si muove in autobus o sulla metro. Questa scelta rappresenta un piccolo esperimento letterario che merita un plauso a prescindere da tutto il resto, poiché si propone a un target ben preciso.
Il terzo elemento di originalità è l'autrice, nata e cresciuta in Italia, che si cimenta con grande maestria nella sua seconda lingua, riuscendo a trasmettere al lettore l'autorevolezza del madrelingua sia per quanto riguarda lo stile in sé sia per il modo in cui si cala nel protagonista Chase Williams.
A tutti questi elementi, che sarebbero sufficienti a suscitare la curiosità del lettore di questo genere, si aggiungono delle ottime storie, delle vere e proprie perle, che si fanno leggere in un attimo, non solo per la brevità ma soprattutto per la capacità di catturare l'attenzione e obbligarti ad andare avanti fino alla fine. E succede che dopo il primo racconto non puoi fare altro che passare al secondo, e poi al terzo e così via.
Dopo questo breve sguardo nel mondo letterario di Stefania Mattana sarei proprio curiosa di immergermi di nuovo in esso, magari all'interno di un bel romanzo.
 
Questo libro è in lingua inglese!
 
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Di Carla (del 12/06/2013 @ 02:07:28, in Lettura, linkato 3499 volte)

 Appassionante ritratto di una grande donna del passato
 
 
“La regina sole” è l'appassionante storia di Ankhesenamon, qui chiamata semplicemente Akhesà, terza figlia del faraone eretico Akhenaton, e della splendida Nefertiti, e grande sposa reale del suo successore Tutankhamon, dimenticato per lungo tempo dalla storia e divenuto famoso in seguito al ritrovamento della sua celebre tomba quasi intatta.
Questo bellissimo romanzo storico interpreta gli avvenimenti coperti in parte dal mistero che avvolge il regno del faraone eretico e del giovane re Tut, morto in circostanze misteriose e in giovane età dopo soli nove anni di governo. Nel dipingere questo affresco storico, Jacq si avvale del punto di vista privilegiato della regina sole, Ankhesenamon, originariamente chiamata Ankhesenaton (o Ankhesenpaaton) e costretta a cambiare il suo nome dopo la morte del padre, con il ritorno al culto di Amon, dopo la parentesi monoteista amarniana rivolta al dio Aton (disco solare).
Le informazioni giunte a noi su questo periodo storico situato verso la fine della diciottesima dinastia sono frammentarie e ricche di dubbi, che forse non saranno mai del tutto fugati. Non si sa con certezza se la memoria del faraone eretico e del suo giovane successore siano state in parte cancellate nel tentativo di eliminarli dalla storia o se fosse semplicemente parte di un rituale del tempo, che non necessariamente implicasse un odio nei loro confronti. Tra l'altro studi più recenti avrebbero dimostrato che la morte del re Tut fu probabilmente accidentale e non un omicidio come si era favoleggiato per tanti anni, accostando ciò alla cosiddetta maledizione della sua tomba, da cui tante storie sono poi fiorite.
Fatto sta che questi eventi sono stati terreno fertile per gli autori di romanzi storici che hanno tentato di raccontarci in qualche modo la loro storia. Jacq l'ha fatto con maestria, mescolando fatti reali, essendo lui stesso uno studioso di egittologia, a supposizioni e licenze poetiche. “La Reine Soleil” nasce da tutto questo, mescolando realtà e sogno, e mostrandoci una giovane donna del passato dalla grande volontà e dignità, la cui figura tiene alta la già gloriosa immagine delle donne dell'antico Egitto.
Sebbene conoscessi la storia e sapessi già come sarebbe andata a finire, mi sono appassionata nel leggere queste pagine, accanto ad Akhesà. Ho sofferto e mi sono commossa con lei e per lei.
Una lettura imperdibile per gli egittofili e gli amanti della storia in generale. Peccato che la versione italiana, se mai esistita, sia introvabile. In compenso il testo nella lingua originale è veramente sublime.

La reine soleil (brossura) su Amazon.it.
Questo libro è in lingua francese!

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