Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Carla (del 21/03/2016 @ 14:16:55, in Eventi, linkato 4877 volte)
Lo scorso sabato (19 marzo 2016) a Bologna è stata una di quelle giornate che difficilmente si dimenticano. Ho avuto, infatti, l’opportunità di essere ospite e relatrice di un evento nell’ambito della prima edizione del Festival Professione Giornalista nella bellissima cornice di Sala Marco Biagi nel Quartiere Santo Stefano a Bologna. Insieme a me a dividere la scena dell’incontro “ Self-publishing, come si diventa autori di successo” e “ Una giornalista nello spazio” c’era Giuseppina Piccirilli (insieme a me nella foto sotto), responsabile della comunicazione per l’ Agenzia Spaziale Italiana.
Ad accomunarci c’era senza dubbio l’argomento Marte e in generale quello dello spazio, che oltre a comparire nei miei romanzi di fantascienza è uno dei temi che seguo con maggiore interesse, ma ci siamo poi ritrovate d’accordo anche nel parlare della difficoltà nell’essere ascoltati dalle grandi testate giornalistiche e nel ruolo essenziale dei social network per entrare in contatto con il pubblico.
Durante l’evento abbiamo parlato delle nostre rispettive esperienze, tanto diverse ma per certi versi affini. La Piccirilli si occupa di portare alla conoscenza del grande pubblico gli eventi e le novità riguardanti la ricerca spaziale in Italia. Non tutti sanno che il nostro Paese in questo campo è una vera e propria potenza. L’attuale missione ExoMars 2016 che porterà un orbiter e un lander sul pianeta rosso ha come nazione leader proprio l’Italia, che ha fornito circa un terzo di tutta la strumentazione inviata. Ma l’ASI è protagonista nello spazio con i suoi satelliti radar, con l’accordo diretto con la NASA, con la stessa ISS (Stazione Spaziale Internazionale) che per circa la metà è stata costruita dall’Italia, per non parlare dei nostri astronauti, tra cui i più recenti ad andare in missione, Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano, che tanto hanno contribuito alla diffusione delle notizie riguardanti le nostre conquiste in ambito spaziale, anche grazie alla loro capacità di entrare in contatto col pubblico proprio attraverso i social media e in generale la rete.
Io, come molti di voi che hanno un forte interesse nelle scienze spaziali, seguo in maniera assidua gli eventi che riguardano l’Italia e altri paesi nello spazio, anche perché in questo ambito i confini svaniscono e si lavora tutti insieme per raggiungere i migliori risultati possibili. E mi rendo anche conto della necessità della divulgazione di questi risultati, affinché il grande pubblico capisca l’importanza di questo campo della ricerca scientifica cui dobbiamo molte delle tecnologie che usiamo ogni giorno e che useremo in futuro.
E così anch’io spinta da questa fascinazione e da questa stessa consapevolezza, resa possibile anche dal mio background scientifico, mi sono ritrovata a parlare di spazio e di vera scienza spaziale nei miei libri. L’ho fatto in parte per divertire i lettori (e me stessa), ma anche nella speranza di fornire il mio piccolo contributo alla divulgazione scientifica.
Per questo motivo sono stata particolarmente felice di essermi trovata a condividere un evento con Giuseppina Piccirilli.
Chiaramente non si è parlato solo di spazio, ma anche di self-publishing. Ho avuto modo di raccontare in breve la mia esperienza e soprattutto i risvolti recenti che hanno visto l’edizione inglese di un mio libro (“ The Mentor”) raggiungere i primi posti in classifica al di là dell’oceano nello scorso ottobre. Non mi è stato possibile entrare troppo nel dettaglio, poiché il tempo non lo permetteva e comunque la mia, come quella di qualsiasi altro self-publisher, è un’esperienza unica e non riproducibile, neanche da me stessa. In ogni caso le domande di Cesario Picca, che ha moderato l’incontro, mi hanno dato modo di parlare di come la mia vita sia cambiata nel diventare una self-publisher a tempo pieno e di come fare questo mestiere richieda capacità imprenditoriali che vanno molto oltre l’essere uno scrittore.
Infine mi sono ritrovata a riflettere sulle domande pervenute da una persona del pubblico.
Mi è stato chiesto se esista un modo di promuoversi online che non sia nei social network.
Sul momento mi è quasi venuto di dire di sì, perché in teoria è così. Ci si può promuovere attraverso i blog, i web magazine, i podcast. La gente può arrivare a leggervi o ascoltarvi attraverso un feed RSS, le mailing list, l’iscrizione a un podcast su iTunes (ma se il feed, la mailing list o il podcast sono vostri, stiamo già parlando di lettori preesistenti) o cercando qualcosa su Google, quindi senza necessariamente passare attraverso un social network.
Tutto questo è vero in teoria, ma in pratica cosa succede? In pratica l’elemento che per un self-publisher fa la differenza tra il raggiungere o meno un pubblico sempre maggiore, quindi nuovi lettori, è racchiuso in un’unica parola: passaparola. E dove avviene questo passaparola nella rete? Sui social network!
Chiunque acceda a internet, con qualsiasi mezzo lo faccia, ormai ha almeno un account su un social network e tale account è il diventato il mezzo attraverso cui si informa su ciò che accade nel mondo. E usa lo stesso mezzo per informare le proprie cerchie di contatti su ciò che fa e che gli piace.
Quindi alla fin fine ho risposto alla domanda dicendo che di fatto il passaggio sul social network è qualcosa di imprescindibile, poiché è lì che si trovano i potenziali lettori. Inoltre qualsiasi attività si svolga sulla rete viene condivisa da noi stessi e da altri negli stessi social network.
Ciò non significa che ci si debba promuovere esclusivamente sui social, tutt’altro. I social sono un veicolo attraverso cui i nostri contenuti viaggiano e si diffondono, ma questo diffondersi solo in parte deve avvenire direttamente tramite i nostri canali. Usare i social network per la promozione non significa ammorbare chi ci segue con la richiesta di acquistare i nostri libri, bensì creare di continuo e distribuire nuovi contenuti che siano interessanti per il nostro target di lettori, tanto che altri abbiano voglia di diffonderli autonomamente tra i loro amici e follower, portando persone sempre nuove a interessarsi a ciò che abbiamo da dire e, in ultima analisi, ai nostri prodotti, cioè i nostri libri.
Infine la stessa persona mi ha chiesto come si può usare Amazon per promuoversi.
Almeno per quanto riguarda lo store italiano, Amazon non è uno strumento per promuoversi, ma deve essere una delle destinazioni (sicuramente la più importante) dei nostri sforzi di promozione. In America c’è effettivamente la possibilità di pagare per farsi pubblicità dentro Amazon e uno strumento di promozione gratuita chiamato Countdown Deals (la possibilità di mettere il prezzo del proprio libro scontato per un certo numero di giorni). Queste due funzionalità sono legate all’adesione a Select, che impone agli autori l’esclusiva pubblicazione degli ebook sulla piattaforma di Amazon. In Italia, invece, con Select si ottiene soltanto di inserire il libro in Kindle Unlimited e di offrirlo gratuitamente per pochi giorni. Il primo non è uno strumento di promozione di per sé, ma soltanto un modello commerciale (i lettori abbonati a KU possono leggere il libro gratis e l’autore viene pagato in base al numero di pagine lette). Il secondo è stato in passato uno strumento di promozione molto utile, ma ultimamente ha perso di efficacia con la tendenza da parte dei lettori al guardare ciò che è gratis con sospetto o al limitarsi a scaricarlo per poi accumularlo senza mai leggerlo.
Quindi no, Amazon non ha dei veri e propri strumenti di promozione qui in Italia, ma conoscere come funziona Amazon è importante per sfruttare a proprio favore i meccanismi interni dello store (come i suggerimenti interni, le classifiche di popolarità e la pubblicità di retargeting) che tende a presentare ai lettori ciò che vorrebbero leggere. A ciò si aggiungono strumenti come l’Offerta Lampo o le Offerte del Mese cui il self-publisher non può chiedere direttamente di aderire, ma può essere a sua volta scelto da Amazon per farne parte. E questi ultimi possono davvero fare la differenza a livello di vendite, ma rientrano in ciò che sta al di fuori del nostro controllo.
Si tratta di un discorso lungo, ma mi fornisce un’occasione per ribadire l’importanza di concentrare i propri sforzi di promozione al di fuori degli store, che sono solo lo strumento attraverso cui possiamo vendere i nostri libri, ma di per sé non sono il luogo adatto che permette al self-publisher (e in generale all’autore) di interagire col lettore.
Il self-publisher deve impegnarsi a “esistere” il più possibile nella rete e al di fuori di essa per acquisire una popolarità che sia propria, senza dipendere in maniera esclusiva dal luogo reale o virtuale dove è nata (es. un determinato social network) né da quello in cui ha avuto la sua massima espressione (un determinato store), poiché entrambi questi fattori nel tempo tendono a cambiare e potrebbero smettere di dare gli stessi risultati.
In chiusura di questo lungo post, vorrei ringraziare pubblicamente l’amico e collega (oltre a essere giornalista, è anche lui un self-publisher) Cesario Picca (nella foto sopra insieme a me e a Giuseppina Piccirilli) e gli altri organizzatori per avermi dato l’opportunità di partecipare a questa bella manifestazione, ma anche per la gentilezza e l’ospitalità. Estendo inoltre il ringraziamento a Elena, Alessandro Stella, coloro che sono intervenuti nel pubblico e tutte le altre persone conosciute lo scorso weekend che hanno reso il tempo passato a Bologna davvero speciale.
Di Carla (del 16/03/2016 @ 14:18:54, in Eventi, linkato 2618 volte)
È di nuovo tempo di eventi e quest’anno si inizia con una mia partecipazione al Festival Professione Giornalista che si terrà a Bologna dal 17 al 19 marzo (nei prossimi giorni).
La manifestazione è una full immersion di eventi che includono incontri, conferenze e seminari sul mestiere del giornalista.
Pur non essendo io una giornalista, sono stata invitata a parlare di “Self-publishing, come si diventa autori di successo”, durante l’ultima giornata del festival. L’appuntamento con me è sabato 19 marzo a partire dalle 16.30 presso la Sala Marco Biagi nel Quartiere Santo Stefano (via Santo Stefano 119, Bologna).
Insieme a me ci sarà Giuseppina Piccirilli, che si occupa della comunicazione di ALTEC (THALES ALENIA SPACE – Agenzia Spaziale Italiana) che parlerà di cosa significa essere “Una giornalista nello spazio”.
La conferenza durerà circa due ore.
Se siete a Bologna o nei dintorni, venite ad ascoltarmi e soprattutto fatevi riconoscere!
Di Carla (del 16/09/2015 @ 09:07:36, in Eventi, linkato 4536 volte)
Una decina di giorni fa, esattamente il 5 e il 6 settembre, sono stata ospite di Sassari Comics and Games 2015. Ho parlato diffusamente di questa manifestazione nel mio articolo apparso su Destinazione Terra, di cui ero inviata. Lo potete trovare a questo link.
In questo post vorrei, invece, raccontarvi le mie impressioni personali su questa esperienza.
Si trattava della prima volta che mi capitava di essere ospite di un evento nella mia terra, la Sardegna, e ciò mi ha procurato un’emozione particolare. È stata anche l’occasione di incontrare di persona qualche conoscenza con cui ero entrata in contatto finora solo tramite il web (come Dario Tonani, Flora Staglianò e Dany&Dany), ma anche di fare qualche nuova amicizia con gli altri panelist e le altre persone dello staff di Sassari Cosplay. Non a caso nei giorni successivi il mio account di Facebook è stato tempestato di richieste di amicizia. In pratica, oltre a essere stata un’occasione per parlare dei miei libri di fantascienza e della mia collaborazione con FantaScientifiCast e Destinazione Terra, questo evento mi ha permesso di instaurare nuovi contatti più di qualunque altro in passato.
Tutto ciò mi fa riflettere sul vero valore di queste partecipazioni. Ci si va ovviamente per promuoversi, tant’è che ho pure venduto alcune copie cartacee dei miei libri, che difficilmente avrei potuto portare con me, se avesse avuto luogo fuori dalla Sardegna. Ma queste poi alla fine sono un modo per riprendere contatto con il mondo reale del mestiere dello scrittore o del fumettista (o altra figura che lavora nel campo dell’editoria), fatto di persone che sfruttano eventi del genere per confrontarsi tra di loro, conoscere i rispettivi lavori, lasciarsi stimolare dai progetti altrui, creare interazioni e sinergie, in altre parole, uscire dalla solitudine che spesso caratterizza il loro (e il mio) lavoro. E ciò cambia le prospettive, è un modo per evadere dal proprio mondo creativo e guardarlo con occhio critico, dall’esterno, per valutarlo, creando i presupposti per nuovi sviluppi e miglioramenti.
E così sono tornata da Sassari con nuove energie da mettere in campo!
A proposito del mio intervento, che tra l’altro ha inaugurato l’area panel, devo dire che mi sono particolarmente divertita. Ho visto l’attenzione e l’interesse del piccolo pubblico che poteva stare all’interno di quella stanza (quasi numeroso, considerando che erano le 11 di sabato mattina). E ho avuto conferma di tale sensazione quando, alla mia richiesta se ci fossero delle domande, si è scatenato un vero e proprio dibattito.
Sebbene abbia cercato di dare ampio spazio anche a “ L’isola di Gaia” e persino al mio prossimo romanzo “ Per caso”, inevitabilmente si è parlato perlopiù della serie di “ Deserto rosso” e di Marte, sia perché manca davvero poco all’uscita al cinema di “ Sopravvissuto - The Martian” (tratto da un romanzo originariamente pubblicato nel 2012 da Andy Weir come self-publisher) sia perché il tema dell’esplorazione del pianeta rosso è di grandissima attualità in questi anni.
Qualcuno, nientemeno che Giuseppe Lippi, il curatore di Urania (altra persona con cui finora ero entrata in contatto solo su Facebook e Twitter), chiedeva se ci fosse ancora qualcosa da dire a proposito di Marte nell’ambito della fantascienza, visto che è un tema da sempre sfruttatissimo. Personalmente credo che, per quanto un tema sia stato sfruttato, non si possano porre limiti alla fantasia che è sempre comunque in grado di tornare su di esso senza per questo necessariamente ripetersi o annoiare. Ma, al di là di ciò, questa semplice domanda ha provocato la reazione di un’altra persona del pubblico, un altro appassionato di Marte sia nella fantascienza che nella scienza (come me), che ha voluto sottolineare come solo adesso, grazie alle scoperte che vengono fatte quasi ogni settimana dai rover e dalle sonde della NASA e dell’ESA, stiamo imparando davvero a conoscere questo pianeta e ciò può spingerci ad ambientarvi storie completamente nuove, che fino anche a solo a qualche anno fa non potevano essere neppure concepite, mettendo ancora una volta in atto quel meccanismo con cui scienza e fantascienza interagiscono e si influenzano a vicenda.
Ciò accade anche nei miei libri. In “Deserto rosso” ho inserito come elementi integranti della trama molte conoscenze da me acquisite nei mesi e negli anni precedenti e adesso che sto iniziando a lavorare a “ Ophir”, che in parte ha ancora Marte come teatro degli eventi, mi ritrovo a fare lo stesso. Di continuo prendo nota di quanto leggo negli articoli scientifici relativi alle ultime scoperte con l’intenzione di sfruttarle all’interno della storia, tanto che posso già dire che la presenza di acqua liquida perché ricca di sali sulla superficie di Marte (teorizzata in base ai rilevamenti del rover Curiosity) e l’osservazione di aurore verdi e blu in alcune regioni del pianeta (rilevate dalla sonda MAVEN) saranno incluse in questo romanzo, proprio perché mi hanno suggerito alcuni percorsi della trama. Probabilmente non saranno le uniche.
Una volta terminato il mio panel è iniziato il mio lavoro di inviata, nelle cui vesti ho cercato di seguire buona parte degli altri interventi e il resto della manifestazione che si è svolta nella piazza d’Italia. È stata un’esperienza diversa dal solito, perché mi sono ritrovata ad assistere agli altri panel cercando di fissare nella mente gli aspetti che mi avevano colpito di più (per fortuna, ho una buona memoria) e che pensavo potessero fare altrettanto con i lettori del blog di Destinazione Terra.
In particolare ho trovato molto interessante il panel di Dany&Dany (insieme a me nella seconda foto) in cui mostravano il percorso di creazione delle loro illustrazioni per i romanzi di Andrea Atzori della trilogia young adult “ Iskìda della terra di Nurak”. Ammetto che l’ambientazione nuragica ha risvegliato il mio orgoglio sardo e ha contribuito ad accrescere il mio interesse, ma al di là di questo mi sono ritrovata per qualche momento a fantasticare di riprendere in mano la matita e la mia vecchia passione per la creazione grafica ormai relegata soltanto alle copertine dei miei libri.
Bello anche il panel di Massimo Dall’Oglio (casualmente, un altro sardo) che spiegava la narrativa del fumetto e tutti quei meccanismi che agiscono inconsciamente nella mente del fruitore del fumetto nei pochi secondi che dedica a ogni immagine.
A essere stimolata, nel panel su Mondo9 con Tonani, Lippi e Brambilla, è stata la mia esperienza degli ultimi anni nell’ambito dell’ editoria. Hanno parlato forse più di aspetti tecnici che di ciò che il lettore avrebbe dovuto attendersi dal libro che stavano presentando. Vorrà dire che prima o poi mi toccherà leggerlo, per scoprirlo da me.
Anche se non amo particolarmente il fantasy, mi ha poi incuriosito il modo in cui è stata orchestrata la presentazione di Stefano Dicati del suo “Il principe dell’abisso” con la collaborazione di due inviati di ExPlay, la crociera a tema comics, games e cosplay che dopo il successo di quest’anno si ripeterà nel 2016.
Infine è stata molto simpatica la conversazione di Emanuele Manco e Gianluigi Gatti (e due persone del pubblico) sull’invasione del cinema da parte dei fumetti, con i vari supereroi di Marvel e DC.
E poi c’è stata la gara dei cosplayer in piazza. Non l’ho seguita tutta, ma, come potete vedere dalle ultime due foto di questo articolo, ho fatto qualche incontro interessante!
Questo e tanto altro è anche testimoniato dalle foto che potete trovare in un album sulla mia pagina Facebook ( a questo link).
In chiusura posso solo dire che è stata davvero una bella festa, in tutti i sensi, e voglio ringraziare pubblicamente Antonio Mercurio (nella prima foto) per avermi invitata, ma anche Vincenzo Pilo, Roberta Giai, Eleonora Mercurio e tutte le altre persone dell’associazione Sassari Cosplay coinvolte in questa manifestazione che mi ha lasciato con tanti bei ricordi e tanta voglia di tornare al lavoro sui miei libri.
Di Carla (del 27/08/2015 @ 06:44:33, in Eventi, linkato 3020 volte)
Il 5 e il 6 settembre si terrà a Sassari, in piazza d’Italia, l’edizione 2015 di Sassari Comics & Games, organizzata dall’associazione culturale Sassari Cosplay in collaborazione con l’associazione culturale Deep Space One.
E tra gli ospiti di questa manifestazione ci sarò anch’io. Sarà il mio panel, previsto per sabato 5 settembre alle 11, ad aprire gli eventi dell’area panel, dopo il discorso di apertura da parte del direttivo dell’associazione e dell’Assessore alla Cultura.
L’evento, intitolato “ Da Deserto rosso a Destinazione Terra”, sarà la mia occasione per presentare al pubblico sia il progetto di FantaScientifiCast e Destinazione Terra, che sono anche media partner della manifestazione, sia la mia attività di autrice di fantascienza, in particolare i libri della serie di “Deserto rosso” e del ciclo dell’Aurora, che oltre al già pubblicato “ L’isola di Gaia” includerà altri tre titoli in uscita nei prossimi anni (maggiori informazioni su www.desertorosso.net), più qualche anticipazione sul mio prossimo romanzo nell’ambito di questo genere della narrativa, intitolato “ Per caso” e la cui uscita è prevista per il 30 novembre.
In un percorso quasi cronologico racconterò della nascita e dell’evoluzione del podcast in quello che ora è un blog dedicato alla fantascienza, di come questo si è intrecciato alla mia attività letteraria e toccherò alcune tematiche dei miei libri di fantascienza, quali l’immaginare degli alieni credibili in un contesto di fantascienza hard, Marte e la sua colonizzazione, gli antieroi e la soggettività del concetto di bene e male, transumanesimo e l’illusione del libero arbitrio (temi de “L’isola di Gaia”), l’inconciliabilità tra i diversi modi di concepire la realtà e la casualità come motore degli eventi (temi di “Per caso”), e l’emergere dell’intelligenza artificiale (tema del prossimo libro del ciclo dell’Aurora, “ Ophir”, previsto per il prossimo anno).
A questo proposito vi informo che presto saranno disponibili anche gli altri tre libri della serie in questo formato molto più maneggevole di quello della raccolta.
Acquistando i miei libri o altro materiale presso lo stand, una parte del cifra pagata resterà come vostro contributo all’associazione Sassari Cosplay che, vi ricordo, organizza questo evento con ingresso completamente gratuito.
Oltre a me, nei due giorni della manifestazione, l’area panel vedrà l’intervento di altri ospiti, tra cui gli scrittori Dario Tonani, Stefano Dicati ed Emanuele Manco, le traduttrici Flora Staglianò (presidentessa dell’associazione Deep Space One) e Gabriella Gregari, il curatore di Urania Mondadori Giuseppe Lippi, fumettisti e illustratori, quali Massimo Dall’Oglio, Pier Gallo, Walter Venturi, Dany&Dany e Franco Brambilla, lo sceneggiatore di Topolino Mauro Enna, e ancora nell’ambito del web-comic sardo saranno presenti il collettivo Gnosis, Emiliano Longobardi e Mauro Mura.
Sono particolarmente felice di partecipare a questo evento poiché, dopo aver girato mezza Italia ed essere arrivata fino a Francoforte, finalmente ho l’occasione di essere ospite di una manifestazione nella mia Sardegna.
Quindi, se siete di Sassari e dintorni o prevedete di esserci il primo weekend di settembre, non mancate a Sassari Comics & Games 2015.
Ci vediamo lì!
Di Carla (del 09/01/2015 @ 08:45:42, in Eventi, linkato 6634 volte)
Lo scorso 17 dicembre ho tenuto una conferenza all’ Università degli Studi dell’Insubria dal titolo “ Come raccontare degli alieni credibili, autopubblicarsi e avere anche successo”, nell’ambito di una serie di eventi intitolata “ Scienza e Fantascienza” organizzata dal prof. Paolo Musso del corso di laurea in Scienze della Comunicazione. È stato l’evento più lungo cui abbia partecipato finora, infatti ho avuto modo di parlare a un pubblico molto attento per oltre due ore, ma ciò l’ha reso particolarmente stimolante, poiché alla mia lunga disquisizione sono seguite alcune interessanti domande da parte dei presenti sia durante che dopo la stessa conferenza.
Come si può comprendere dal titolo dell’evento, ho dedicato gran parte del tempo a mia disposizione a parlare di self-publishing e della mia esperienza personale, in particolare con la serie di “ Deserto rosso”. Ma nella prima mezz’ora mi sono, invece, soffermata su come sono arrivata a concepire il concetto di alieno su Marte pur mantenendomi fedele al sottogenere della fantascienza in cui mi stavo cimentando, cioè la fantascienza hard, in cui è necessaria una certa plausibilità scientifica.
Essendo io stessa una scienziata, nello specifico una biologa, anche se non lavoro più attivamente nel campo da anni, sono spesso portata da una sorta di deformazione professionale a cercare una spiegazione per ciò che mi circonda. E così, anche quando ho iniziato a scrivere “Deserto rosso”, mi è venuto spontaneo immaginare una realtà ambientata in un prossimo futuro che trovasse il più possibile un riscontro nelle conoscenze scientifiche attuali, pur tenendo conto di una possibile evoluzione delle tecnologie nell’arco di circa cinquant’anni.
Il mio problema era che, oltre a voler scrivere una storia su Marte, volevo anche che questa parlasse di alieni.
Ma come potevo scrivere di marziani in una storia di fantascienza hard, se i marziani non esistono?
Per fortuna, la fantasia è uno strumento molto potente.
Come sapete, Marte non è precisamente il posto più adatto per vivere.
È per certi aspetti molto simile alla Terra. È il quarto pianeta del sistema solare, quindi non troppo lontano dal Sole. È un pianeta roccioso che contiene più o meno gli stessi elementi del nostro. Il giorno (chiamato sol) su Marte dura poco più di 24 ore. Inoltre l’asse del pianeta è inclinato in misura simile a quello della Terra e ciò fa sì che siano presenti le stagioni, sebbene la loro durata sia doppia, poiché un anno marziano dura circa quanto due anni terrestri.
Ci sono alcune differenze poco influenti, tra cui le sue dimensioni e la sua massa, che sono decisamente inferiori a quelle della Terra. Il risultato è che la sua gravità è di 0,37 g, poco più di un terzo di quella terrestre, mentre la sua superficie totale è pari a quella delle terre emerse terrestri, quindi è molto inferiore a quella totale del nostro pianeta, ma non certo piccola.
E ci sono, però, anche altre differenze che potremmo definire drammatiche e che lo rendono difficilmente abitabile. La più importante è che sulla superficie di Marte non può esistere l’acqua allo stato liquido, perché la sua atmosfera è pari a circa 1% di quella terrestre e una pressione così bassa unita alle più basse temperature fa sì che questo prezioso elemento possa esistere sotto forma di vapore acqueo oppure di ghiaccio. L’assenza di acqua liquida impedisce l’esistenza della vita come la conosciamo, in cui le reazioni chimiche avvengono appunto in soluzione acquosa. A ciò si aggiunge il fatto che il pianeta non ha alcuna protezione nei confronti delle radiazioni ionizzanti provenienti dallo spazio, che si tratti raggi ultravioletti (poiché non esiste una fascia dell’ozono) o di raggi cosmici (poiché Marte non ha un campo magnetico permanente e quindi non ha una magnetosfera). Questo aspetto fa sì che se anche esistesse una qualche forma di vita verrebbe immediatamente uccisa dalle radiazioni.
Però sappiamo anche che Marte non è sempre stato così. La geologia del pianeta riporta chiare tracce della presenza di acqua sulla sua superficie in un tempo lontanissimo (l’immagine in alto è una possibile ricostruzione del suo aspetto di allora), quasi quattro miliardi di anni fa (le continue scoperte dei rover Curiosity e Opportunity della NASA non fanno che confermare questa certezza). Su Marte l’acqua c’era, quindi a quei tempi il pianeta godeva di migliori condizioni sia di pressione che di temperatura. Esso si trovava nelle stesse condizioni della Terra, che proprio in quel periodo assisteva la nascita della vita.
Ma, se sulla Terra è nata la vita dai 3,5 ai 4 miliardi di anni fa, non è così assurdo pensare che qualcosa del genere possa essere accaduto anche su Marte.
In teoria la vita potrebbe addirittura essere nata su uno dei due pianeti (o altrove) e poi essere stata trasportata, per esempio, tramite dei meteoriti. Di preciso non si sa come, dove e in che condizioni precise sia nata la vita, ma in base a quello che sappiamo potrebbe essere successo anche sul pianeta rosso.
È chiaro che i marziani in questione sarebbero dei batteri o dei protobatteri.
Poi Marte è cambiato. Per motivi ancora non del tutto chiariti (che vengono al momento studiati dall’orbiter MAVEN della NASA) ha perso la sua atmosfera e con essa la capacità di avere acqua in superficie, divenendo il deserto gelido e rosso che conosciamo.
Però ciò riguarda solo la sua superficie. Non sappiamo con certezza se su Marte ci siano delle riserve d’acqua sotterranea, magari termali, separate così bene dall’esterno da poter essere allo stato liquido. Sappiamo che ce sono tantissime sul nostro pianeta, quindi perché non dovrebbero esistere su Marte?
E supponiamo che da quasi 4 miliardi di anni in queste acque sotterranee abbiano continuato a vivere ed evolversi dei batteri estremofili (adatti a vivere in condizioni estreme) fino ai giorni nostri. Infatti proprio di recente sono state trovate delle concentrazioni elevate di metano nel pianeta la cui origine potrebbe anche essere biologica, sebbene non ce ne sia la certezza.
Insomma dire che da qualche parte nelle profondità del pianeta possano esistere dei microrganismi marziani è decisamente plausibile e quindi accettabile in una storia di fantascienza hard.
Il problema è che i batteri non sono precisamente degli alieni intelligenti. Creare una storia in cui si crei un certo conflitto tra gli umani e i marziani, se questi sono nei microrganismi, significa parlare al massimo di un epidemia e magari si rischia di scivolare nell’horror.
Io volevo degli alieni veri, con vere motivazioni per essere in conflitto con gli umani, che potessero comunicare con gli umani. Ma, visto che su Marte non ci potrebbero mai essere gli omini verdi e il massimo di alieno in cui ci si può imbattere è un organismo invisibile a occhio nudo, dovevo inventarmi qualcos’altro.
E così ho provato a guardare la cosa da un’altra prospettiva.
Che la vita nell’universo esista al di fuori della Terra è praticamente una certezza. Là fuori ci sono innumerevoli galassie con innumerevoli stelle e innumerevoli pianeti situati nella fascia abitabile (laddove esiste l’acqua allo stato liquido) per cui è impossibile che non esista altra vita. E se quella che vogliamo è una vita intelligente, magari evoluta quanto quella umana in modo da essere riconoscibile come tale, per esempio perché è in grado di captare e produrre onde radio con cui comunicare, anche in questo caso la probabilità che tale vita esista o sia esistita nell’intero universo è altissima. Mi sento di dire che sia un’altra certezza.
Il problema è che l’universo è immenso e, se anche tale vita esistesse (e diciamo che è così), la probabilità che tale specie aliena allo stesso nostro stadio di sviluppo (o magari superiore) si trovi abbastanza vicina a noi adesso da poter essere rilevata e riconosciuta è invece bassissima. D’altronde non l’abbiamo ancora trovata.
È ragionevole pensare che la probabilità che due specie, originatesi separatamente e che si trovino a uno stadio evolutivo simile nello stesso momento, siano anche vicine (diciamo nell’arco di qualche decina di anni luce, che è una distanza insignificante) rasenta quasi lo zero. È estremamente più difficile che vincere al superenalotto! Certo, non è impossibile, ma sarebbe un tantino poco plausibile, volendo usare un eufemismo.
La chiave di tutto, però, è proprio la contemporaneità.
L’universo esiste da oltre 13,5 miliardi di anni, in confronto l’Uomo è nato ieri, tanto più se consideriamo da quanto tempo siamo in grado di osservare lo spazio. Ma, se invece di considerare la probabilità di avere un’altra specie aliena evoluta vicina a noi adesso, considerassimo quella di una sua esistenza in qualche altro momento nel tempo, per esempio tra i 3,5 e i 4 miliardi di anni fa, quindi il caso di due specie intelligenti evolute ma vissute in tempi completamente diversi, be’, questa probabilità sarebbe ragionevolmente più alta.
Mettendo insieme tutte queste riflessioni, ho immaginato che quattro miliardi di anni fa esistesse una specie aliena intelligente, molto più evoluta di noi umani in questo momento, capace di viaggiare molto più lontano di noi nello spazio, che vivesse in un pianeta orbitante intorno a una stella relativamente vicina al Sole. Adesso sarebbe estinta o una sua successiva evoluzione potrebbe aver lasciato da miliardi di anni questa regione dell’universo. Questa specie, inoltre, proveniva da molto più lontano, proprio grazie alla sua tecnologia evoluta, e come tutte le forme di vita tendeva a espandersi ed esplorare altri luoghi. Qualcuno di questa specie potrebbe essere giunto nel sistema solare, proprio quando Marte aveva dei bellissimi laghi oppure oceani e sembrava proprio un bel luogo da esplorare, e in qualche modo questo alieno potrebbe aver lasciato qualcosa di sé che gli esseri viventi marziani pre-esistenti (i batteri di cui dicevo prima) hanno fatto loro e tramandato al loro interno fino ai giorni nostri. Qualcosa di biologico. Un codice.
Mi fermo qui, senza dire come si arriva da questo codice alla possibilità di interagire ed entrare in conflitto (nel senso narrativo del termine) con dei veri alieni. Ciò che volevo mostravi in questo post è piuttosto come la fantasia può utilizzare degli elementi reali, scientifici, per creare qualcosa di abbastanza plausibile, come dei marziani credibili.
Questo in fondo è solo un esempio.
Chi ha letto “ Deserto rosso” ha capito a cosa mi sto riferendo, gli altri magari potrebbero scoprirlo avventurandosi a loro volta nel ciclo dell’Aurora, che ha come filo conduttore, che lega tutte le sue parti (“ Deserto rosso”, “ L’isola di Gaia” e le altre tre che verranno), proprio questo alieno.
Di Carla (del 03/12/2014 @ 06:15:02, in Eventi, linkato 3729 volte)
Voglio chiudere adesso questa serie riportando le informazioni che ho raccolto dalle parole di Matthias Matting, ospite insieme a me dell’evento, a proposito del mercato in lingua tedesca.
Ve le propongo di seguito, per comodità, in maniera schematica.
1) Dimensione del mercato. Secondo quanto affermato da Matting, il mercato degli ebook in lingua tedesca è il secondo al mondo dopo quello in lingua inglese, che include cioè tutti i paesi anglofono. In particolare il mercato degli ebook nella sola Germania è il terzo dopo quello degli USA e del Regno Unito. Ciò si riferisce ovviamente alle dimensioni economiche del mercato, che dipende da quanti ebook si vendono effettivamente e dal loro costo, e non al numero di potenziali lettori, che è superiore per lingue parlate da molte più persone nel mondo.
Questo dato va preso con la dovuta cautela, ricordando che comunque tra i due mercati linguistici c’è ovviamente una differenza abissale.
2) Costo della traduzione. Proprio per via delle dimensioni ridotte del bacino linguistico e allo stesso tempo dell’interessante giro d’affari che comunque genera, far tradurre un libro in tedesco può essere relativamente più costoso rispetto a lingue più diffuse come inglese o spagnolo, per le quali esiste maggiore concorrenza tra i traduttori.
3) Copyright sui titoli. In Germania i titoli dei libri sono coperti da copyright, quindi è importante verificare che nessuno abbia già usato lo stesso titolo in lingua tedesca che intendete usare, altrimenti si può andare incontro a problemi legali (e relativi costi).
Chiaramente questa regola dipende dalla situazione. Un titolo molto comune, che probabilmente è stato già usato da molti, non può essere coperto da copyright e quindi può essere utilizzato senza problemi, ma, se esiste solo un libro pubblicato con un certo titolo, allora è meglio sceglierne un uno diverso per il vostro.
4) Prezzo fissato per gli ebook. In Germania la legge impone che gli ebook abbiano lo stesso prezzo in tutti i retailer in cui sono in vendita. Ciò impedisce di fatto di attuare delle promozioni specifiche per un solo retailer, incluse quelle gratuite. Bisogna inoltre stare attenti che eventuali conversioni da altra valuta (come nel caso si usi un distributore come Smashwords in cui si impostano i prezzi in dollari) portino al medesimo prezzo finale.
5) Tolino. Ovviamente anche nel mercato in lingua tedesca il Kindle Store di Amazon è il principale retailer per la vendita degli ebook, ma subito dopo viene Tolino, che si contende una consistente fetta del mercato (30%). Avere il proprio ebook in vendita su Tolino (acquistabile direttamente dal dispositivo) non è però semplicissimo. Tolino fa accordi diretti con editori tradizionali, con alcuni autori ( è possibile chiedere informazioni in merito sul sito dell’ereader) e con specifici distributori di self-publishing (molti di questi prevedono delle tariffe, cioè non sono completamente gratuiti).
6) Prezzo medio più elevato degli ebook. La buona notizia è che il mercato di ebook pubblicati da self-publisher in lingua tedesca ha dei prezzi medi più elevati rispetto a quello italiano, sebbene siano comunque più bassi rispetto al mercato anglofono. In altre parole, i lettori di lingua tedesca non pretendono di acquistare libri di centinaia di pagine a meno di un euro (come succede purtroppo qui in Italia), anzi, tendono a guardare con sospetto i libri troppo economici.
7) Vendere ebook dal proprio sito. Se si risiede in Germania è possibile vendere i propri ebook direttamente (fintanto che sono i propri e non di altre persone) senza dover aprire una partita IVA. A questo proposito però, visti i continui cambiamenti a livello di legislazione europea in ambito IVA, è meglio informarsi con un commercialista locale per verificare le modalità e i limiti di tale vendita diretta e se questa sia ancora possibile (le informazioni che ho si riferiscono all’ottobre 2014).
8) Edizione cartacea. In Germania è diffuso un servizio di print on demand chiamato BoD (Books On Demand), che pare essere migliore come costi, qualità e servizi rispetto a CreateSpace.
9) Distribuzione dell’edizione cartacea tramite un editore tradizionale. Come già avviene spesso negli USA, anche in Germania alcuni self-publisher di successo sono riusciti a stipulare dei contratti di distribuzione della propria opera per quanto riguarda la sola edizione cartacea con grossi editori tradizionali.
Come potete vedere la situazione del mercato in lingua tedesca è abbastanza particolare ed è necessario valutare i pro e i contro prima di decidere se far tradurre il proprio libro.
E con ciò chiudo questa serie di articoli, in cui ho riportato solo una parte di quanto discusso a Francoforte, limitandomi agli argomenti che avrebbero potuto interessare il self-publisher italiano.
Se però siete curiosi di sapere cos’altro è stato detto durante l’evento, potete leggere la serie di articoli che sto pubblicando sul mio blog inglese. Essi sono rivolti ai self-publisher stranieri che potrebbero pensare di far tradurre il loro libro nella nostra lingua, perciò contengono delle mie considerazioni sul mercato italiano e un resoconto della mia esperienza personale maturata dall’inizio del 2012 fino a oggi.
Di Carla (del 20/11/2014 @ 06:54:17, in Eventi, linkato 2816 volte)
Poco prima di Natale arriva anche l’ultimo evento dell’anno cui partecipo. È inserito all’interno di una serie di conferenze denominata “ Scienza e fantascienza” e organizzata dall’ Università degli Studi dell’Insubria (Varese) e dal prof. Paolo Musso, nell’ambito dei corsi da lui tenuti di Filosofia della Scienza e Scienza e Fantascienza nei Media e nella Letteratura. Alle conferenze partecipano scrittori (come me), fumettisti e scienziati. Gli eventi sono patrocinati da FantaScientificast, SETI Italia, Sergio Bonelli Editore, UraniaMania e ComicArte.
Il primo evento, “Godzilla e i suoi fratelli: gli alieni nel cinema di fantascienza”, si è tenuto lo scorso 5 novembre e ha visto l’intervento di Antonio Serra, creatore di Nathan Never.
Il secondo evento, “La vita nel cosmo tra scienza e fantascienza”, avrebbe dovuto aver luogo il 14 novembre con l’astronomo Giovanni Bignami e la scrittrice Giovanna Bellon, ma è stato rimandato a data da destinarsi (verrà presto recuperato).
Altri cinque eventi si terranno tra dicembre e gennaio, e tra questi c’è “Come raccontare degli alieni credibili, autopubblicarsi e avere anche successo”, che mi vedrà protagonista mercoledì 17 dicembre nel padiglione Morselli, aula 10 TM, in via Rossi 9 a Varese, a partire dalle 14.30.
Durante questa conferenza parlerò di come ho immaginato la possibilità di una vita aliena a partire dalle mie conoscenze nel campo dell’astrobiologia, di come abbia inserito questa mia idea all’interno della serie di fantascienza “Deserto rosso”. Coglierò l’occasione per parlare di self-publishing e dalle strategie da me messe in atto per raggiungere gli appassionati di questo genere, quasi ignorato dall’editoria tradizionale, e portare la mia serie a un discreto successo.
Gli altri quattro eventi sono:
“Immaginare l’inimmaginabile: gli alieni nei fumetti di fantascienza” con Patrizia Mandanici (Sergio Bonelli Editore, disegnatrice di Nathan Never), il 3 dicembre;
“A caccia di civiltà extraterrestri: il programma SETI” con Stelio Montebugnoli (Responsabile del SETI Italia) e Claudio Maccone (Direttore Tecnico della International Academy of Astronautics), il 10 dicembre;
“Una nuova cosmologia: le scoperte della missione Planck sull’origine dell’universo” con Marco Bersanelli (Università degli Studi di Milano, Responsabile scientifico satellite Planck), il 21 gennaio 2015;
“Una nuova fisica: la scoperta del bosone di Higgs e le sue conseguenze” con Lucio Rossi (Responsabile del progetto Alta Luminosità di LHC, CERN, Ginevra), il 28 gennaio 2015.
Gli eventi sono gratuiti e aperti a tutti.
Se siete nei pressi di Varese, o contate di esserci, il 17 dicembre, vi aspetto per parlare di alieni!
Di Carla (del 28/10/2014 @ 04:12:15, in Eventi, linkato 5875 volte)
In questo articolo mi voglio soffermare sul mercato straniero più grande in assoluto: quello in lingua inglese.
Lo skyline di Francoforte. Nelle foto sotto: Camille Mofidi, European Manager di Kobo Writing Life, Matthias Matting, self-publisher tedesco, e io durante l'evento.
È chiaro che, quando un self-publisher italiano (o di un altro Paese di lingua non inglese) parla di pubblicare una versione tradotta del proprio libro, si riferisce al 99% a una sua edizione in lingua inglese. Il motivo è ovvio: è quello che contiene il maggior numero di potenziali lettori. Non mi riferisco solo a coloro che vivono in una nazione anglofona. E già qui si parlerebbe di un numero enorme, visto che proprio nelle nazioni anglofone è più diffusa la lettura digitale (e nel caso del self-publishing quando diciamo libro ovviamente ci riferiamo soprattutto all’ebook). Ma oltre a questi nativi di lingua inglese c’è di fatto tutto il resto del mondo, poiché le persone che sono in grado di leggere in questa lingua si trovano ovunque. In altre parole, avere il proprio libro in inglese significa darlo in pasto al mercato globale.
Alla possibilità di vendere di più aggiungerei che, trattandosi di un mercato più maturo, gli ebook vengono venduti a prezzi significativamente più elevati rispetto all’Italia, portando a un guadagno maggiore per copia.
È naturale, quindi, che il mercato in lingua inglese sia la prima ambizione di un autore che intenda far tradurre il proprio lavoro. Ma il fatto che si tratti del mercato con maggior numero di lettori significa anche che è quello in cui è più facile vendere il proprio libro?
Prima di dare una risposta a questa domanda bisogna fare delle considerazioni.
La prima e più ovvia è che, sebbene ci siano molti più lettori, è anche vero che ci sono molti più autori e libri, cioè c’è maggiore competizione. Si tratta di autori perlopiù madrelingua che mettono nel mercato pressoché tutto il proprio sforzo promozionale e possono, almeno in teoria, farlo molto meglio di qualcuno che sta all’estero, anche perché, non dimentichiamolo, non esiste solo la promozione su internet. E, per quanto riguarda i libri, invece, l’esistenza di un numero enormemente superiore di titoli ha come conseguenza la maggiore difficoltà di finire nelle classifiche di genere (parlo delle macroclassifiche, quelle più esposte allo sguardo di potenziali lettori), di essere recensiti e/o citati nei siti o magazine che contano, insomma, più in generale, di acquisire una certa popolarità, che in ultima analisi porta alle vendite.
Inoltre è necessario distinguere tra la capacità di vendere il proprio libro da nuovi arrivati e quella che si acquisisce, con relativi risultati, una volta che si è entrati a far parte del meccanismo editoriale del mercato.
Se si fa parte della prima categoria (nuovi arrivati), come nel caso di uno di noi che decida di pubblicare in inglese per la prima volta un proprio libro, la risposta alla domanda è: vedere nel mercato in lingua inglese è difficile come in qualsiasi altro mercato in cui non si sia mai pubblicato nulla.
Infatti, il punto della questione è che tutto ciò che noi abbiamo fatto e che sappiamo del nostro mercato (quello italiano) non conta affatto, o quasi. Stesso discorso vale per i risultati. Possiamo aver venduto decine di migliaia di copie in Italia, ma fuori dai nostri confini linguistici, ahimè, non siamo nessuno. Pensare di poter riprodurre all’estero la stessa catena di eventi che ci ha portato al successo è pura utopia, poiché gli elementi in gioco (inclusa la fortuna) sono completamente diversi.
Ciò che bisogna fare, invece, è iniziare di nuovo da capo, esattamente come abbiamo fatto in Italia. E affinché ci troviamo nella stessa situazione in cui ci siamo trovati quando abbiamo iniziato in Italia è necessario: conoscere le regole del mercato (come dicevo anche nel post precedente di questa serie), parlare inglese ed essere quindi in grado di interagire con la gente in inglese, di creare un blog in inglese e in generale di gestire la propria promozione all’interno di questo mercato globale.
Dici niente, direte voi, no? E questi sono solo i prerequisiti. Ciò significa che non è affatto detto che bastino per ottenere dei risultati.
È vero che nel mercato inglese esistono, però, degli strumenti di promozione a pagamento che nei mercati minori sono del tutto assenti. Questi possono davvero fare la differenza nella fase iniziale (e in quelle successive). Ma sono talmente tanti che bisogna essere in grado di comprendere quali siano adatti nello specifico al proprio prodotto editoriale, altrimenti si rischia di buttare via dei soldi senza ottenerne alcun beneficio.
Badate bene, tutto questo non significa che io intenda scoraggiarvi, ma solo mettere in evidenza che si tratta di una sfida. Sì, perché queste difficoltà riguardano i novellini del mercato inglese. Il discorso cambia radicalmente dal momento in cui ha luogo quello che io chiamo l’evento d’innesco.
Se avete una certa popolarità nel nostro mercato è quasi sempre perché è successo qualcosa, in genere fuori dal vostro controllo (chiamatelo colpo di fortuna o in qualche maniera più colorita), che vi ha portato in un istante alla ribalta. Può essere la citazione in un blog letterario, in un web magazine, in un podcast (nel mio caso è stato, infatti, l'approdo a FantaScientificast), il suggerimento di un opinion leader, il fatto che Amazon abbia deciso di inserire il vostro libro in una promozione, e potrei andare avanti così all’infinito. Magari alcuni di voi non sanno quale sia stato questo evento d’innesco, ma sicuramente c’è stato.
Sebbene la fortuna avrà giocato un ruolo essenziale, quasi sempre la fortuna è stata aiutata dai costanti sforzi fatti per promuoversi.
Ecco, anche nel mercato anglofono (e in qualsiasi altro mercato) all’inizio si deve lavorare tanto, apparentemente con poco risultato, per perseguire il verificarsi di questo evento, perché è da qui che cambia tutto.
E qui viene la differenza principale, se ci spostiamo nel mercato anglofono. In Italia, questo evento improvviso ci ha resi magari popolari, di certo non ricchi, però abbiamo iniziato a ricevere con piacere dei bonifici un po’ più consistenti.
Ma, se questo evento d’innesco avviene in un mercato globale come quello in lingua inglese, le proporzioni cambiano in maniera drastica. Se nel rispondere alla domanda posta nel titolo di questo post ci riferiamo alla situazione di un autore che ha già superato questo scoglio, la risposta non può che essere: diamine, sì!
Nel momento in cui si inizia ad acquisire una certa popolarità nel mercato inglese, i numeri di copie vendute possono, almeno in teoria, essere di uno o due (e più) ordini di grandezza maggiore rispetto a quello italiano. Non a caso il mercato anglofono è ricco di esempi di self-publisher che vivono della loro scrittura o che comunque ne traggono dei guadagni consistenti, che, uniti ad altre attività correlate, permettono loro di vivere da self-publisher. Si tratta di autori che nel tempo hanno pubblicato un sufficiente numero di titoli e continuano a raccogliere un numero tale di lettori affezionati da fornire loro dei guadagni costanti. E non serve affatto vendere milioni di copie per riuscirci, anche perché vivere di scrittura non significa diventare ricchi. D’altronde chi scrive per diventare ricco ha proprio sbagliato mestiere!
Morale della favola: vendere nel mercato inglese all’inizio non è facile, ma le prospettive di successo sul lungo termine sono così interessanti che valgono tutti gli sforzi (di tempo e di soldi) che siamo disposti a fare per raggiungerlo. Alla fine ciò che fa la differenza è quanto è buono il nostro prodotto editoriale e quanto crediamo in esso.
Se aspettavate di leggere in questo articolo una formula magica per far avverare quell’evento d’innesco di cui parlo, purtroppo rimarrete delusi, perché non esiste una formula magica. Chi vi dice il contrario mente. Ogni prodotto editoriale (e ogni autore) è una storia a sé. Ma gli autori che sono riusciti in questa impresa esistono, quindi non si tratta di uno scopo inarrivabile.
Io stessa sto cercando di metterlo in atto. Ho pubblicato due libri in inglese (i primi due della mia serie di fantascienza “Deserto rosso”), ma l’ho fatto sapendo che avrebbero venduto poco o nulla, in quanto non possedevo ancora una base di lettori. Ero una nuova arrivata e lo sono ancora. Ciò che faccio è portare avanti la mia strategia che include prima di tutto pubblicare dei libri di qualità. I primi due sono già usciti e ora sto lavorando al terzo, poi seguirà il quarto. Intanto sto iniziando a farmi conoscere sul mercato internazionale interagendo con altri autori, mantenendo aggiornato il mio blog inglese, partecipando a eventi internazionali (questo di Francoforte è stato il primo), entrando in contatto il più possibile con i miei lettori target (nello specifico appassionati di Marte e spazio; e in questo senso sto collaborando con l’associazione Mars Initiative), cercando di sfruttare i social network (per ora solo col profilo Twitter di Anna Persson che mi sta dando qualche piccola soddisfazione), regalando il libro a vari opinion leader (persone che lavorano nell’ambito della ricerca spaziale oppure nell’ambito della fantascienza; spesso sono le stesse persone), partecipando a dei podcast (come è successo con Mars Pirate Radio), provando qualche promozione a pagamento (che cerco di scegliere con giudizio) e così via. Tutto questo lo sto facendo, mentre mi appresto a pubblicare il mio settimo libro in italiano (il 30 novembre, “ L’isola di Gaia”), continuo a portare avanti la promozione dei libri precedenti, partecipare ad eventi (il prossimo a dicembre all’Università dell’Insubria, a Varese) e svolgo tutte le attività di un editore, quale di fatto sono, dalle semplici pubbliche relazioni, alla programmazione del lavoro per il prossimo anno, a collaborazioni e negoziazioni più importanti, che avranno conseguenze spero positive nei mesi che verranno.
In tutto questo gran lavorare sto forse (e ripeto, forse) iniziando a individuare una strada, una serie di elementi che dovrebbero portarmi a raggiungimento di quell’evento. Gli ottimi risultati raggiunti da altri colleghi (non solo italiani) mi fanno ben sperare. Se ce l’hanno fatta loro, posso riuscirci anch’io. E anche voi.
Nel frattempo ciò che conta è dedicarsi al proprio progetto con passione e umiltà, e soprattutto non smettere mai di divertirsi nel portarlo avanti.
Di Carla (del 17/10/2014 @ 19:22:22, in Eventi, linkato 7712 volte)
Lo scorso 9 ottobre sono stata protagonista insieme all’autore tedesco Matthias Matting e alla manager europea di Kobo Writing Life, Camille Mofidi, di un evento che si è tenuto nell’ambito della Fiera Internazionale del Libro di Francoforte (Frankfurter Buchmesse 2014), intitolato “ Think Local, Act Global: How to Reach a Global and Successful Audience through Self-Publishing”. È stata un’esperienza costruttiva, poiché mi ha permesso di confrontarmi in un contesto internazionale con un autore di un altro Paese e davanti a un pubblico attento di addetti ai lavori dell’editoria, non ostile nei confronti del self-publishing, diversamente da quanto ancora accade in Italia, e da cui sono emerse delle domande rilevanti, segno di una conoscenza approfondita di questo modello editoriale.
La raccolta di “Deserto rosso” tra i libri esposti nello stand di Kobo alla Frankfurter Buchmesse 2014. Nelle foto sotto: Camille Mofidi, Matthias Matting e io durante l'evento.
L’argomento della nostra discussione era relativo all’opportunità per un self-publisher di uscire dai propri confini linguistici e pubblicare i propri libri tradotti in un’altra lingua.
Ogni mercato è diverso e le strategie da seguire variano secondo le sue caratteristiche, ma alcuni aspetti sono dei prerequisiti imprescindibili per riuscire ad avere successo in una tale impresa.
Il primo fra tutti è, come sempre, pubblicare il miglior libro possibile, sia per quanto riguarda il contenuto che la sua confezione (copertina, descrizione, formattazione). Può sembrare una cosa ovvia, visto che parliamo di un autore che ha già pubblicato lo stesso libro nella propria lingua, ma non lo è affatto, poiché il libro deve andare incontro a un processo di traduzione.
Il problema non è solo economico. Tradurre un libro costa tanto per via della sua lunghezza, ma ancora più difficile è trovare il traduttore giusto per quel libro. Pagare poco o molto per il suo lavoro non sempre è un indice della qualità del traduttore, anche se è chiaro che, se si paga poco, non ci si può poi lamentare se il risultato non è perfetto.
In realtà il processo di traduzione di un libro, in particolare se si tratta di narrativa, non consiste semplicemente nel prendere il testo e tradurlo in un’altra lingua. Si tratta, invece, di un processo di transcreazione, cioè il testo deve essere compreso a fondo, il suo contenuto deve essere trasferito nella lingua di destinazione, pur mantenendo, oltre al contenuto, lo stile e la voce dell’autore. E in ultima analisi deve apparire agli occhi di un lettore come se fosse scritto da un autore madrelingua.
Il traduttore letterario deve essere un bravo scrittore nella sua lingua, ma deve anche conoscere il genere letterario in cui il libro è scritto, che può avere una terminologia precisa, deve documentarsi sulle tematiche trattate (luoghi, argomenti storici, scientifici e così via), se già non le conosce, per essere certo di comprendere ciò che sta leggendo e di tradurlo nella maniera corretta, deve revisionare la traduzione più volte per assicurarsi di avere sempre trasferito correttamente il significato, di non aver inserito errori grammaticali o di sintassi dovuti alla lingua d’origine (pensate a quanti libri tradotti dall’inglese sono carenti di congiuntivi: questi errori sono dovuti al fatto che il congiuntivo in inglese non esiste).
Anche se ha fatto bene tutte queste cose, il suo lavoro non sarà mai sufficiente. Allo stesso modo di come il vostro libro originale deve essere letto e giudicato da altre persone oltre a voi durante la fase di revisione e correzione di bozze, anche la traduzione deve essere corretta da almeno un revisore. Il traduttore deve affidarsi ad almeno un’altra persona per assicurarsi che il testo scorra bene, che tutto abbia senso al suo interno, che siano rispettate le regole base di stile e ortografia della lingua di destinazione (es. evitare l’uso smodato di avverbi di modo quando non esiste un verbo specifico corrispondente; la punteggiatura deve essere adattata alle regole della propria lingua, anche per quanto riguarda il discorso diretto, gli incisi, i pensieri, e così via), e soprattutto che non ci siano errori grammaticali, sintattici e i famigerati refusi.
Insomma, si tratta di un lavoro complesso, che deve essere controllato con attenzione. Se l’autore non ha la minima conoscenza della lingua di destinazione o ne ha una conoscenza non approfondita (a meno che non sia bilingue, certe cose comunque non è in grado di coglierle mai), questa fase essenziale della pubblicazione del proprio libro all’estero può diventare molto delicata. La cosa migliore sarebbe rivolgersi sempre ad almeno due professionisti: un traduttore e un correttore di bozze (proofreader) madrelingua.
Chiaramente questo implica dei costi maggiori, ma, se il libro alla fine non è ben tradotto, difficilmente avrà qualche possibilità di essere apprezzato nel mercato di destinazione e potrebbe compromettere l’immagine dell’autore nello stesso mercato anche per libri futuri.
Una volta che si è sicuri di avere un prodotto editoriale di ottima qualità, bisogna risolvere il secondo grande problema: fare in modo che il prodotto arrivi ai potenziali acquirenti. Anche in questo aspetto non ci discostiamo dalle problematiche del nostro mercato d’origine, ma all’estero le regole posso essere diverse. Ed ecco quindi il secondo punto essenziale per andare avanti in un tale processo: conoscere il mercato di destinazione.
Bisogna conoscere quali sono i retailer più importanti. Amazon è il primo praticamente dappertutto, ma non esiste solo Amazon. Come sapete, in Italia Kobo ha un’importante fetta del mercato, grazie all’accordo con inMondadori e laFeltrinelli. Allo stesso modo Kobo ha accordi importanti su altri mercati, come quello britannico. Sul mercato americano c’è anche Barnes & Noble, che è ancora molto forte e col suo Nook sta iniziando a muoversi all’esterno. In Germania c’è Tolino, col suo lettore proprietario. In India ha un ruolo importante Flipkart (ci si arriva tramite Smashwords). E così via.
Questo vale anche per il cartaceo, sebbene per un self-publisher l’attenzione principale vada all’ebook. A parte negli Stati Uniti dove ormai la penetrazione degli ereader o delle app per leggere gli ebook è maggiore che in qualsiasi altro Paese, in altri ci potrebbe essere la possibilità di farsi un piccolo spazio nel mercato dei libri stampati.
Un altro aspetto di cui tenere conto sono i prezzi. In Italia i prezzi medi degli ebook dei self-publisher sono bassi, poiché i lettori sono poco propensi a spendere più di 3 euro per acquistarli, anzi la stragrande maggioranza è poco propensa a spendere più di 99 centesimi.
I prezzi però sono un po’ più alti nel mercato tedesco e ancora di più in quello americano. In generale nei mercati dove i prezzi sono in media più alti, il lettore potrebbe guardare con sospetto un ebook che costa poco e ciò potrebbe avere delle conseguenze importanti sul successo del libro.
In altre parole, bisogna studiare a fondo il mercato di destinazione per individuare la strategia migliore per commercializzare il proprio libro.
E arriviamo al terzo punto fondamentale. Anche questo lo conosciamo bene, se già pubblichiamo nel nostro Paese. Si tratta di fare in modo che i potenziali acquirenti comprino il libro.
La cosiddetta discoverability del libro in parte dipende dai fattori sopra riportati, relativi a retailer, diverse edizioni e prezzi, ma manca l’elemento essenziale che serve per mettere in moto le vendite: la promozione.
Ora, se conosciamo la lingua del mercato di destinazione, le cose sono relativamente più semplici. È necessario rimboccarsi le maniche e, prendendo spunto dalle strategie promozionali vincenti di altri autori (come si è già fatto nella propria lingua), costruire la propria presenza online da zero. Possibilmente sarebbe meglio iniziare a farlo prima di pubblicare. Parlo delle solite cose: blog, social network, associazioni, forum e gruppi di altri autori indipendenti, web magazine, siti e podcast che si occupano del proprio genere, e così via. Ogni mercato è un mondo a parte da scoprire.
In certi mercati, come quello in lingua inglese, ci sono degli strumenti pubblicitari a pagamento basati sul direct e-mailing marketing alla portata delle tasche di un self-publisher (come Bookbub), che possono essere efficaci secondo il target del proprio libro. Niente del genere esiste in Italia (gli strumenti DEM sono carissimi e per niente specifici per il target dei lettori di ebook), per cui sono uno strumento in più da conoscere.
E se non conosciamo la lingua del mercato di destinazione?
Qui le cose si complicano. Non possiamo sperare in un colpo di fortuna, né piazzare il libro su Amazon KDP Select (laddove c’è Amazon) e metterlo gratis per cinque giorni sperando che questo basti per scatenare le vendite. Magari si è fortunati, magari il libro ha un tema così irresistibile che si scatena il passaparola e questo basta, ma nella maggior parte dei casi non sarà così. E non possiamo certo investire tanti soldi per tradurre un libro per poi affidarci alla dea bendata.
Come possiamo fare allora?
Abbiamo bisogno di un alleato, un altro autore nel mercato di destinazione, col quale riusciamo a comunicare bene (conosce la nostra lingua o conosciamo entrambi un’altra lingua, tipicamente l’inglese), che scriva nello stesso genere, che sia popolare (ciò significa che conosce bene il proprio mercato, non solo che ha molti fan) e che abbia almeno un libro pubblicato nella nostra lingua o intenda pubblicarlo e quindi abbia bisogno di noi nel mercato italiano. Con questo alleato possiamo iniziare un proficuo rapporto di collaborazione fatta di scambi di promozione, guest post, interviste, podcast e tutto quello che vi viene in mente.
Possiamo anche pensare di pubblicare qualcosa insieme. Per esempio, possiamo fargli scrivere la prefazione del nostro libro e ricambiare il favore nel suo. Far inserire alla fine di un suo libro un nostro breve racconto (e ancora ricambiare). Possiamo chiedergli di revisionare il nostro libro prima della pubblicazione e fare altrettanto col suo (così si può fare a meno di pagare un proofreader e assicurarsi di avere un prodotto editoriale di alta qualità).
È essenziale che questa persona apprezzi i nostri libri e che noi apprezziamo i suoi, poiché verranno proposti ai rispettivi lettori che nessuno dei due vuole in alcun modo deludere.
Tutto ciò, come potete immaginare, porta via un sacco di tempo, ma solo all’inizio. Una volta che si riesce a innescare il meccanismo del passaparola e il proprio libro prende piede nel mercato straniero, si può ridurre il proprio impegno in questo senso e dedicarsi ad altro.
Se il mercato in questione è particolarmente ricco di lettori nel genere del nostro libro, si possono ottenere delle buone soddisfazioni. Inoltre non bisogna dimenticare che essere presenti in più luoghi possibili aumenta la probabilità di imbattersi di opportunità interessanti, di ricevere proposte, di iniziare nuove collaborazioni, in grado di stimolare la nostra creatività, migliorare la qualità dei nostri libri e la nostra immagine, e di guadagnare di più e soprattutto di divertirci nel portare avanti questo nostro mestiere.
Di Carla (del 29/09/2014 @ 17:58:45, in Eventi, linkato 3688 volte)
Sono stata invitata da Kobo Writing Life a partecipare a un evento in cui parlerò insieme all’autore tedesco Matthias Matting e alla manager europea di KWL Camille Mofidi della possibilità per noi self-publisher di uscire dal mercato linguistico locale e pubblicare le nostre opere in altre lingue. Nello specifico io avrò modo di parlare della mia esperienza con la traduzione di “Deserto rosso” in inglese, resa possibile dalla mia collaborazione con l’autore inglese Richard J. Galloway, che mi ha permesso di iniziare questa avventura senza dover fare veri e propri investimenti in denaro (ma solo in tempo). Attualmente due dei quattro libri della serie sono disponibili in lingua inglese, mentre il terzo e il quarto usciranno nel 2015.
I dettagli sull’evento sono riportati nell’immagine sotto.
Per visionare la lista degli eventi organizzati da Kobo Writing Life, fate clic qui.
Quest’anno la Frankfurter Buchmesse avrà luogo tra l’8 e il 12 ottobre. I primi tre giorni sono riservati ai trade visitor (tutti coloro che lavorano nell’editoria) e ovviamente ai giornalisti e blogger. Per poter partecipare è necessario registrarsi al sito come trade visitor o come stampa. Se si acquista il biglietto d’ingresso online si risparmia il 30%.
Spero che questo evento sia una buona occasione, oltre che per fare un’interessante conversazione con Matthias e Camille, anche per entrare in contatto con altri colleghi e addetti ai lavori dell’editoria europea e mondiale.
Al mio ritorno, ovviamente, vi farò un resoconto di questa esperienza.
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